Intervista a William Eckhardt (Market wizard) (1 Viewer)

Fleursdumal

फूल की बुराई
Market Wizard: Intervista a William Eckhardt (parte I) , preso da Cobraf.com

William Eckhardt è una delle figure chiave nella fantasmagorica saga della finanza, pur essendo praticamente ignoto

al grande pubblico. Se gli operatori di elite ci fossero tanto familiari quanto lo sono le personalità leader in

altri campi, uno se lo potrebbe immaginare su una di quelle vecchie pubblicità della American Express (che

reclamizzano nomi importanti ma sconosciuti come quello dell’ assistente di direzione alla vice presidenza di Garry

Goldwater): “Mi riconosce? Ero il socio di quello che è forse il miglior speculatore sui future dei nostri tempi,

Richard Dennis.

Ero io che ho scommesso con Dennis che l’ abilità nel trading non si può insegnare. Il gruppo di operatori

conosciuti nel settore come i Turtles, le Tartarughe, è stata la conseguenza di un esperimento per risolvere questa

scommessa”. A questo punto, il nome WILLIAM ECKHARDT può anche comparire sullo schermo a grandi lettere.

Dunque, chi è William Eckhardt?

E’ un matematico che allorquando gli sarebbe mancato poco a prendere un Ph.D., ha fatto un giretto nel mondo del e

non è più (almeno ufficialmente) tornato al mondo accademico. Eckhart trascorse sul floor i primi anni da operatore.

Come ci si poteva attendere, alla fine abbandonò questa arena di trading spontaneo per il metodo più analitico delle

operazioni a sistema.

Per dieci anni, Eckhart fece fruttare egregiamente il proprio conto, che lui gestiva a partire dai segnali generati

dai sistemi che aveva elaborato, ma integrandoli con le sue valutazioni personali sull’andamento dei mercati. Negli

ultimi cinque anni, ha anche gestito un pugno di conti altrui, la media dei profitti in questo periodo essendo stata

pari al 62 percento, da una perdita del 7 percento nel 1989 ad un guadagno del 234 percento nel 1987. Dal 1978, la

media dei profitti per il proprio conto personale è assommata a più del 60 percento, con un unico anno negativo, il

1989.

Al momento della nostra intervista, dopo una carriera nell’anonimato, Eckhardt era pronto a divulgare ad un pubblico

più vasto la sua passione per la gestione del denaro. Dal 1978, aveva guadagnato in media più del 60 per cento per

anno nel suo trading personale, con il 1989 come unico anno di perdita. Perché ora Eckhardt era intenzionato a

venire alla ribalta cercando attivamente fondi altrui da gestire? Perché non continuava semplicemente ad operare sul

suo conto e su quelli di pochi amici ed associati, come aveva fatto da sempre? Facendo chiaramente accenno alle

Tartarughe [vedi il prossimo capitolo], Eckhart ammise candidamente: “Mi ero stufato di vedere i miei allievi che

amministrano centinaia di milioni mentre io gestivo delle somme in paragone irrisorie”. E chiaro che Eckhardt

sentiva che era arrivato il momento di incassare quello che gli era dovuto.

Ovviamente, la ricerca di sistemi di trading è un qualcosa che piace a Eckhardt e, come è naturale, è questo il modo

in cui si guadagna da vivere, ma si può proprio dire che la sua vera passione probabilmente è la investigazione

scientifica. Anzi, in un certo senso proprio la ricerca di borsa o relativa ad essa è lo strumento con cui Eckhardt

si procura i soldi per quei progetti scientifici che lo affascinano. E’ attratto dall’ esplorazione di alcuni dei

grandi paradossi che continuano a sconcertare gli scienziati.

La meccanica quantistica ha catturato il suo interesse per la sfida che il buon senso pone al teorema di Bell, che

dimostra che misure su sistemi di particelle separati e distanti si possono determinare a vicenda, in situazioni in

cui fra un sistema e l’altro non vi può essere nessun tipo di influenza. L’evoluzione è un altro campo di cui si

occupa, nel tentativo di trovare una risposta all’enigma della riproduzione sessuata: Perché la natura porta avanti

la riproduzione sessuata, laddove un organismo trasmette solo la metà dei suoi geni, mentre nella riproduzione

asessuata vengono trasmessi il 100 per cento dei geni? Ma forse il suo studio più intenso è mirato alla comprensione

del concetto di tempo. Quando intervistai Eckhart, lui stava lavorando su di un libro sulla natura del tempo (la sua

premessa fondamentale era che il trascorrere del tempo fosse un’illusione).

Eckhardt aggiunge molti punti di forza all’arte della progettazione di sistemi di trading: anni di esperienza sia

come operatore sia dentro che fuori sala, una mente chiaramente analitica, una rigorosa formazione matematica. E’

questa la combinazione di fattori che assegna ad Eckhardt un margine di vantaggio sulla maggioranza degli altri

allestitori di sistemi di trading.

Come diventasti partner di Richard Dennis?

Rich [Dennis] ed io eravamo amici di scuola. Probabilmente ci siamo incontrati perché condividevamo l’interesse per

i mercati, ma la nostra amicizia non riguardò mai il trading. Rich cominciò con la borsa ai tempi del college. Io

proseguii gli studi, lavorando in vista di una dissertazione per il dottorato in logica matematica. Nel 1974, rimasi

impantanato per motivi politici.

Cosa intendi dire con “impantanato”?

Stavo scrivendo una dissertazione per un dottorato in logica matematica alla Università di Chicago, per un

matematico di fama mondiale. Tutto stava andando avanti per il meglio fino a che un nuovo membro di facoltà,

specializzato, guarda caso, in logica matematica, non si aggregò allo staff. In teoria, io ero il suo unico

studente. Di conseguenza, il ruolo di supervisore della mia tesi passò dal mio consulente di allora a questo nuovo

membro di facoltà, che a quel punto decise che voleva proprio farmi fare una tesi diversa. Come risultato, dopo che

avevo svolto tutto il programma del corso, che avevo superato i miei esami e finito tre quarti della mia

dissertazione, mi venne messo il bastone fra le ruote. In quel periodo, Rich mi suggerì di prendermi un anno

sabbatico per provare ad operare sul floor. Lo feci, e non tornai mai più all’Università.

Il cambiamento da universitario, studente di matematica ad operatore di borsa parrebbe un cambiamento radicale. Sì,

lo fu. Anche se avevo conservato un certo interesse per la natura dei prezzi speculativi, devo ammettere che la

logica matematica ha a che fare molto alla lontana con il trading sul floor. Se non altro, arrivai sul pit con

troppi preconcetti su come funzionavano i mercati.

Che genere di preconcetti?

Andai lì con l’idea che potevo applicare direttamente ai mercati le tecniche che avevo assorbito come matematico. Mi

sbagliavo a riguardo.

Hai tentato di metterle in pratica?

I trader che operano nella tranquillità del loro ufficio vivono o muoiono in virtù delle loro idee riguardo il

mercato oppure in virtù dei loro sistemi. Questo non vale per i trader sul floor. Come pit trader, devi essere solo

in grado di misurare esattamente quando un mercato poteva fluttuare di uno o di pochi tick. A prescindere dal fatto

se la sottostante teoria sia più o meno accurata, una volta che acquisita questa capacità tecnica, si tende a tirar

avanti con quella. Nei fatti, io conosco un sacco di presunti operatori che si attengono a presunti sistemi: medie

in mutamento continuo, cicli lunari e Dio solo sa quali. Quando ricevono dei segnali da questi sistemi, in sostanza,

servono sulla domanda o comprano impattando l’offerta. Alla fine del mese si ritrovano con un profitto, che

attribuiscono immancabilmente alla bontà dei loro sistemi. E invece alcuni di questi sistemi sono completamente

vacui. Io, forse, facevo delle variazioni sul tema. Avevo le mie idee in fatto di speculazione e di trading, e nell’

arena andavo bene. Ma non credo di aver fatto molti soldi con le mie idee sul comportamento dei mercati.

Su cosa si basavano le tue decisioni di vendere o di comprare sul floor?

Fondamentalmente, compravo quando le mani deboli vendevano e vendevo quando loro compravano. Ripensandoci adesso,

non sono sicuro che la mia strategia avesse qualcosa a che fare con il mio successo. Supponendo che l’autentico

prezzo teorico si debba trovare da qualche parte fra la lettera ed il denaro, allora se si compra alla migliore

domanda , si sta comprando quel mercato ad un po’ meno di quello che vale. Ugualmente, se si vende alla migliore

offerta, si sta vendendo per un poco di più di quello che vale. Di conseguenza, tutto sommato, le mie operazioni

avevano l’esito positivo che mi aspettavo, a prescindere dalla strategia. Il mio successo potrebbe esser dipeso

unicamente da quello.

E’ ciò che pensi veramente?

Penso che il vantaggio operativo probabilmente fu la ragione primaria del mio successo come floor trader. Il fattore

principale che riduce i conti dei piccoli clienti non è che i piccoli operatori abbiano inevitabilmente torto, ma

semplicemente che non sono in grado di abbattere i loro costi personali per le transazioni. Per costi di transazione

non intendo dire solo le commissioni ma anche le oscillazioni al momento di chiudere uno scambio. Come floor trader,

io ero sull’altro versante dell’ oscillazione.

Dato che eri stato un candidato al dottorato in matematica, in quello che facevi ti mancava qualche stimolo

intellettuale?

All’inizio si ma alla fine mi impegnai in serie ricerche sui prezzi e trovai tale compito il problema più tosto in

cui mi fossi imbattuto nella mia carriera accademica

Vi era una qualche area dei tuoi studi matematici che si poteva applicare ai sistemi di borsa?

Certamente – la statistica. L’analisi dei mercati sulle materie prime tendenzialmente presenta delle trappole per il

ragionamento statistico classico, e se si usano quegli strumenti senza avere delle buone basi, è facile finire nei

guai. La maggior parte delle applicazioni classiche della statistica si basa sul presupposto che la distribuzione

dei dati sia normale, o segua qualche altra forma conosciuta. La statistica classica funziona bene e permette di

trarre delle conclusioni precise se gli assunti sulla distribuzione dei dati sono corretti. Tuttavia, se i vostri

assunti sulla distribuzione sforano anche di un minimo, l’errore è abbastanza grande per far deragliare i delicati

indicatori statistici e, in parole povere, degli indicatori statistici robusti daranno dei risultati più affidabili.

In generale, i delicati test che gli statistici usano per estrapolare un significato dai dati marginali, non trovano

posto nella borsa. Noi abbiamo bisogno di armi statistiche smussate, di tecniche robuste.

Potresti chiarire cosa intendi per “robusti”?

Un robusto indicatore statistico è un indicatore che non si lascia perturbare in misura significativa da assunti

sbagliati sulla distribuzione dei dati.

Perché credi che queste tecniche siano più adatte per l’analisi di sistemi di borsa?

Perché credo che le distribuzioni dei prezzi siano un fattore patologico.

In che senso?

Per fare un esempio, le distribuzioni dei prezzi presentano una varianza [un parametro statistico sulla variabilità

dei dati] maggiore di quanto ci si aspetterebbe in base alla teoria della distribuzione. Benoit Mandelbrot, il

capostipite del concetto dei frattali, ha ipotizzato che la distribuzione della variazione di prezzo dei prezzi in

realtà abia una varianza infinita. Il campione di varianza [cioè la variazione implicita nei prezzi] non fa altro

che diventare sempre più grande mano a mano che gli si aggiungono dei dati. Se ciò è vero, allora la maggior parte

delle tecniche statistiche standard non sono valide per applicazioni su dati di prezzo.

Non capisco. Come fa la varianza ad essere infinita?

Un semplice esempio può dimostrare come una distribuzione possa assumere un valore medio infinito. (A proposito, la

varianza è una media – è la media dei quadrati dello scostamento da un'altra media). Consideriamo un semplice

percorso ad una dimensione, generato, diciamo, dai lanci di una monetina. Siamo interessati al tempo medio di attesa

fra successive perequazioni di teste e croci – cioè, il numero medio di lanci fra due croci consecutive nell’arco

dei lanci totali di testa o croce. Normalmente, se analizziamo questo processo, riscontriamo che il tempo di attesa

fra croci tende ad essere breve. Non vi è troppo da stupirsi. Dato che cominciamo sempre da una croce per misurare

il tempo di attesa, un’altra croce di solito non è molto lontana.

Tuttavia, a volte, o le croci o le teste si ripetono in continuazione, anche se è raro, e quindi può darsi che

dobbiamo aspettare un enorme lasso di tempo per un'altra croce, specialmente dal momento che è più probabile che i

lanci aggiuntivi aumentino, piuttosto che ridurre, questa discrepanza. Quindi, il nostro campione tendenzialmente

consisterà in molti tempi di attesa relativamente brevi e in alcuni valori erratici inquietantemente grandi.
Quale è la media? Straordinariamente, questa distribuzione non ha una media, ovvero si può dire che la media sia

infinita. Ad ogni stadio preso in esame, la vostra media campione sarà finita, naturalmente, ma mano a mano che

raccogliete più dati campione, la media slitterà in su inesorabilmente. Se raccogliete abbastanza dati campione, nel

vostro campione potete ottenere una media grande quanto volete.

Nell’esempio del lancio della monetina che hai appena fornito, la simulazione del computer consente di generare un

immenso campione di dati che permette di concludere che la media non ha un limite. Ma come fai ad affermare

definitivamente che le varianze delle distribuzioni dei prezzi delle merci non siano finite? I dati a disposizione

non sono assolutamente troppo limitati per trarre una conclusione del genere?

Vi sono dei problemi statistici nel determinare se la varianza del mutamento del prezzo sia infinita. Sotto alcuni

aspetti, queste difficoltà sono simili ai problemi che si hanno nell’accertare se siamo soggetti ad un riscaldamento

del pianeta. Ci sono delle indicazioni che vanno in quel senso, ma è difficile distinguere il recente aumento della

temperatura dalle variazioni casuali. Ottenere dei dati sufficienti per essere sicuri che la varianza del mutamento

del prezzo sia infinita, potrebbe richiedere secoli.

Se la varianza non è finita, significa che da qualche parte là fuori ci sono in agguato degli scenari più estremi di

quello che si potrebbe immaginare, sicuramente più estremi di quanto comporterebbe l’assunto che i prezzi si

conformano da una normale distribuzione – un assunto che sta alla base di molte applicazioni statistiche. Siamo in

presenza di un esempio di fronte alla caduta in un giorno di 8,000 punti della S&P, il 19 Ottobre del 1987. La

teoria della stima normale direbbe che un movimento giornaliero così vasto si potrebbe verificare poche volte in un

millennio. Qui abbiamo visto che si verificò entro dieci anni dalla inaugurazione del contratto S&P. Questo esempio

illustra perfettamente il fatto che dato che i prezzi del mercato non hanno una varianza finita, qualsiasi

valutazione del rischio calcolata in modo classico sarà nettamente sottostimata.

Otre alla conseguenza che gli operatori devono essere molto più cauti nel controllo del rischio di quanto potrebbe

far pensare la diretta interpretazione dei dati statistici, ci sono altre applicazioni pratiche nell’utilizzo di

quello che tu, in contrasto con i metodi che presuppongono una distribuzione delle probabilità normale, definisci un

“approccio robusto”? Una applicazione importante riguarda una situazione in cui si hanno indicatori molteplici per

un dato mercato. La domanda è: come si possono combinare efficacemente degli indicatori multipli? In base a certe

delicate misurazioni statistiche, uno potrebbe assegnare un determinato peso ai diversi indicatori. Ma questo metodo

tende a dipendere fortemente dalle ipotesi di partenza per quanto riguarda la relazione fra i diversi indicatori.

Nella pubblicazioni sulle statistiche robuste si scopre che, nella maggioranza delle circostanze, la miglior

strategia non consiste in una qualche ottimizzazione dello schema del peso, ma piuttosto nell’assegnare a ciascun

indicatore un peso pari a uno o a zero. In altre parole, accettare o rifiutare. Se l’indicatore è abbastanza buono

per essere usato, allora è abbastanza buono per avere lo stesso peso degli altri. Se non è in grado di soddisfare

questi parametri, allora è da lasciar perdere.

Alla scelta del mercato si applica lo stesso principio. Come si dovrebbero ripartire i propri capitali di rischio

fra i diversi mercati? Ancora, direi che la divisone dovrebbe essere uguale. O un mercato è abbastanza buono per

essere accettato, nel qual caso bisogna sostenerlo fino in fondo, oppure non vale affatto la pena di occuparsene.

Hai poco fa parlato di buchi neri nell’analisi di mercato. Ci puoi dare qualche esempio?

Qualsiasi metodo sensato deve rimanere invariante alla scelta di unità. Una violazione eclatante di questa regola si

ha con l’utilizzo di una certa categoria di tecniche con grafico a barre. Alcuni di queste sono semplici (angoli di

45 gradi) e alcune sono cervellotiche (disegnare sulla carta dei pentagoni regolari), ma hanno tutte in comune

l’utilizzo di angoli su di un grafico a barre. Molti dei compendi di tecniche di trading, compresi alcuni che

pretendono di essere sofisticati, contengono delle teorie del genere.

Ma basta una semplice considerazione per invalidare in un colpo solo e senza riserve tutti questi metodi di angoli

di varie misure: L’ampiezza di un angolo su di un grafico a barre non è invariante ai cambiamenti di scala. Ad

esempio, prendiamo in considerazione il metodo di tracciare una linea a 45 gradi a partire punto più in basso di un

movimento. Se lo si fa su due grafici dello stesso contratto ma con diverse scale di tempo e di prezzo, poniamo che

provengano da due agenzie diverse, le due linee di 45 gradi saranno differenti. Di conseguenza intersecheranno le

serie di prezzi in zone diverse.

Di fatto, l’angolo di una linea che congiunge due prezzi su di un grafico a barre non è affatto una proprietà della

serie dei prezzi in punti diversi. Dipende tutto da quali unità vengono utilizzate per il prezzo ed il tempo e da

come vengono dislocate sul grafico, tutte cose peraltro molto arbitrarie. Ci sono buoni metodi e cattivi metodi, ma

queste tecniche con angoli non rappresentano nessun metodo.

Per inciso, si noti che le linee di tendenza che comportano la connessione di due o più punti sulle serie dei

prezzi, sono invarianti ai cambiamenti di scala e, perciò, hanno un certo significato che le linee determinate da

inclinazioni invece non hanno. Su grafici di scala diversa, una stessa linea di tendenza si presenta con una

inclinazione diversa, ma interseca le serie di prezzi esattamente negli stessi punti. La mancanza di un significato

intrinseco degli angoli su di un grafico a barre ha importanza anche per gli operatori inclini all’uso di grafici

che non ricorrono agli angoli.

Il grado di inclinazione di una linea di tendenza su di un grafico spesso gioca un ruolo psicologico nell’effettuare

la operazione. Se si diventa preda di questa influenza, si sta lasciando che le scelte estetiche e pratiche del

disegnatore del grafico abbiano delle ripercussioni sulla nostra operazione. Regolando la scala dei prezzi, si può

far sembrare qualsiasi operazione lieve o vertiginosa.

Questo esempio mette anche in risalto uno dei vantaggi del trading computerizzato. Un computer ignora tutto tranne

quello è stato istruito a non ignorare. Se si volesse che un computer si rendesse conto della inclinazione, lo si

dovrebbe programmare con questa caratteristica. E a quel punto sarebbe del tutto chiaro che il valore della

inclinazione dipende direttamente dalla scelta delle unità e delle scale di prezzo e di tempo.

Sono sempre rimasto stupito da quanta gente o sia all’oscuro della sostanziale dipendenza dalle scale dei grafici ad

angolo o non si preoccupi dei suoi risvolti. La mia presa di coscienza della intrinseca arbitrarietà dei metodi di

angolazione della linea è proprio il motivo per cui non ho mai voluto impiegare nemmeno cinque minuti sugli angoli

di Gann o sugli studi di quelli che propongono questa metodologia.
 

Fleursdumal

फूल की बुराई
Quali sono alcune delle trappole analitiche nella progettazione di sistemi di borsa?

Ci sono moltissime trappole nella progettazione di sistemi. Prima di tutto, è molto facile fare errori

retrospettivi.

Definisci il termine “retrospettivo”.

Utilizzare delle informazioni che possono essere disponibili solo dopo che si è verificato il fatto. A volte, la

retrospettiva è lampante – un errore di programmazione. Per esempio, si utilizza il prezzo di chiusura per un

computo per decidere se dare il via ad una operazione prima della chiusura. Questo tipo di problema, piuttosto

comune, di solito tradisce la sua presenza quando si creano delle statistiche di risultati irrealisticamente

positivi. Ma vi sono dei tipi più subdoli di errori retrospettivi. In una banca dati, ai prezzi più alti seguono,

quasi per definizione, i prezzi più bassi. Se questi prezzi massimi diventano parete di una regola operativa, o vi

si intrufolano dentro attraverso fattori stagionali, la regola funzionerà nella vostra banca dati, ma solo a

posteriori.

Altre trappole?

Una che viene menzionata spesso è costituita dal problema dell’ eccessivo adattamento. Più gradi di libertà si

hanno, più il sistema è capace di adattarsi alle serie di prezzi.

Per favore, definisci il concetto di “gradi di libertà” per i lettori che non sono dei matematici.

Nella sua forma più semplice, un grado di libertà è un numero, un cosiddetto parametro, che produce un sistema

diverso per ciascun valore consentito. Per esempio un sistema che impieghi medie mobili varia a seconda di quanti

giorni vengano scelti per costruire le medie. Questo è un grado di libertà, e i valori che ammette sono dei numeri

interi positivi. Ma ci possono anche essere dei gradi di libertà nascosti. Uno può avere, all’interno dei sistemi,

delle strutture che assumono diverse configurazioni alternative. Se le diverse alternative vengono collaudate, si dà

al sistema un’altra possibilità di conformarsi a precedenti idiosincrasie nei dati.

Non solo è pericoloso avere troppi gradi di libertà in un sistema, esistono anche dei gradi di libertà “pericolosi”.

Supponiamo che un certo grado di libertà in un sistema interferisca solo su casi eccezionali di tendenze

sovra-dimensionate nei dati e che altrimenti non influenzi il modo di operare del sistema. Ma un tale grado di

libertà, se si applica a delle parti casuali di un piccolo campione che si riferisce a grosse operazioni, può dare

un contributo sostanziale alla sovra – adattabilità, anche se di per sé il numero complessivo di gradi di

adattabilità sarebbe gestibile.

Come fai a stabilire fino a che punto la resa di un sistema sia condizionata dalla sovra – adattabilità di dati

passati invece di cogliere la verità sul comportamento dei del mercato?

Il modo migliore è quello di osservare centinaia di esempi. Aggiungere gradi di libertà ad un sistema e vedere fino

a che punto si riesce ad uscirne. Aggiungerne alcuni artificialmente e vedere cosa si ottiene. Non conosco nulla che

in questo settore possa sostituire l’esperienza. Provare un sacco di sistemi. Provare dei sistemi che per voi hanno

un senso, e altri che non ne hanno. Sperimentare sistemi con pochi parametri e sistemi che ne sono pullulanti. Dopo

un po’, si sviluppa un intuito sulle possibilità di scelta fra diversi gradi di libertà e sulla affidabilità di

rendimenti passati come indicatore di rendimenti futuri.

Hai un limite a quanti gradi di libertà ammetteresti in un sistema?

Sette o otto probabilmente sono troppi.

Quale è la tua opinione a proposito di ottimizzazione? [l’ottimizzazione si riferisce al processo di collaudo di

molte variazioni di un sistema per il passato per poi selezionare per le operazioni presenti la versione che ha reso

meglio].

E’ una valida parte del repertorio dell’operatore meccanico, ma non si fa uso di metodologia nell’ottimizzazione,

otterrai risultati che sono semplicemente non riproducibili.

Cosi si può evitare questa trappola?

Ci si trova davvero in mezzo a degli obiettivi contrastanti. Se si evita completamente di ottimizzare, si finisce

con l’ avere un sistema che è largamente al di sotto delle sue possibilità. Se si ottimizza troppo, tuttavia, si

finisce con un sistema che dice più in fatto di passato che di futuro. In qualche modo, bisogna mediare fra questi

due estremi.

Oltre alle cose d cui abbiamo già parlato, che consiglio hai da dare a quelle persone che sono coinvolte nella

elaborazione di un sistema?

Se il rendimento del sistema non ti balza all’occhio, allora probabilmente non vale la pena di starci dietro. Deve

trattarsi di un risultato eclatante. Inoltre, se si ha bisogno di tecniche statistiche delicate e funzionanti per

assunti, allora si dovrebbe essere molto cauti sulla validità del sistema.
Come regola generale, siate molto scettici sui risultati. Tanto più il sistema sembra buono, tanto più si dovrebbe

essere inflessibili nel cercare di contestarlo. L’idea va decisamente contro la natura umana, che vuole far sembrare

una memorabile prestazione di un sistema come la migliore possibile.

Karl Popper è stato un campione dell’idea che tutto il progresso della conoscenza viene fuori dagli sforzi di

dimostrare la falsità, e non di cercare la conferma delle nostre teorie. Sia che questa ipotesi sia vera in generale

sia che non lo sia, è certamente l’atteggiamento giusto da avere verso le ricerche di mercato. Bisogna cercare di

uccidere la nostra piccola creazione. Cercare di pensare a tutto quello che può esserci di sbagliato nel vostro

sistema, e a tutto quello che vi è di sospetto. Se si sfida il proprio sistema tentando sinceramente di confutarlo,

allora forse, dico forse, è valido.

Usi dei disegni grafici nei tuoi sistemi?

La maggior parte di cose che sembrano valide su di un grafico – diciamo il 98 per cento – non funzionano.

Come mai?

La mente umana è stata fatta apposta per creare delle raffigurazioni. Alla fine del secolo scorso i libri di

statistica la mettevano in questo modo: sul grafico si vede più di quello che c’è realmente. Inoltre, noi non

osserviamo i dati con spirito neutrale – vale a dire, quando l’occhio umano scorre su un grafico, non pondera allo

stesso modo tutti i punti dei dati. Piuttosto, tenderà a focalizzarsi su determinati casi eclatanti, e noi tendiamo

a formare la nostra opinione sulla base di quei casi speciali.

E' nella natura umana di cogliere gli strabilianti successi di un metodo e di trascurare le piccole perdite

giornaliere che ci rosicchiano fino all’osso. Dunque, anche uno scrutinio abbastanza prudente dei grafici è propenso

a lasciare il ricercatore con l’idea che il sistema sia molto meglio di quello che è. Anche il ricercatore più

onesto tenderà a far coincidere i dati con le sue ipotesi. Non se ne può fare a meno. Quando facevo le ricerche a

mente, valutai che avrei dovuto ridimensionare i miei risultati del venti o del 50 per cento.

Mi ricordo che una volta quando ero su un volo da San Francisco a New York, ero molto entusiasta di un nuovo tipo di

sistema che volevo mettere in pratica per la prima volta. Il sistema comportava l’utilizzo non convenzionale di un

indicatore convenzionale (stocastico, credo). Provai il sistema in numerosi mercati diversi e parve funzionare

egregiamente. Quando alla fine feci verificare il sistema dal computer, scoprii che in realtà perdeva soldi. Il

problema era che il mio allineamento fra l’indicatore in fondo al grafico e il prezzo in cima, era avanti di un

giorno o giù di lì.

Dato che i segnali tendenzialmente arrivavano durante periodi di rapido movimento dei prezzi, essere avanti di un

giorno poteva significare la differenza fra il trovarsi sul lato sbagliato del mercato per un movimento di 500 punti

(mettiamo, in un mercato come quello del S&P) invece che sul latoo giusto – complessivamente con una differenza di

1,000 punti ($5,000 nel S&P). Pertanto, quello che era davvero sembrato un sistema grandioso si rivelò senza alcun

valore. Da allora, sono sempre stato molto cauto nel trarre alcuna conclusione dai collaudi artigianali. Ora aspetto

fino a che non ci sono i risultati del computer.

Il desiderio di scoprire dei modelli è riconducibile allo stesso vezzo umano che convince la gente che vi sia

validità nelle superstizioni, o nella astrologia o negli indovini. I successi sono molto più sconcertanti dei

fallimenti. Ci si ricorda del momento in cui l’oracolo è stato davvero precisissimo, e si ha la tendenza a

dimenticare il casi in cui le predizioni erano ambigue o errate.

Sembrerebbe che il tuo commento in sostanza lasci intendere che la lettura del grafico sia solo carica di trappole e

supposizioni infondate.

Infatti lo è. Da qualche parte ci sarà anche qualcuno che ci riesce, io no di certo. Tutti quelli che io conosco che

operano sul riconoscimento dei disegni grafici, investono di più sulle operazioni che preferiscono rispetto a quelle

che non gradiscono così tanto. In generale, questa non è una buona idea. Non si dovrebbe affatto essere troppo

dediti alle singole operazioni. Ed è sicuramente sbagliato dedicarsi di più ad alcune operazioni che ad altre.

Inoltre, se si crede di creare una situazione di profitto tenendo un occhio sui grafici, è molto difficile non

sentirsi eccessivamente in colpa se l’operazione non va a buon fine.

Cosa che, immagino, sia sbagliata.
Sì, è molto destabilizzante.

Mentre se si dispone di un sistema automatico, non vi è questo problema.

Esatto. Il tuo lavoro è quello di attenerti al sistema. Ci si può anche aspettare che il sistema possa fare qualcosa

che causa delle perdite. Si può criticare la tua valutazione sulla prestazione complessiva del sistema, ma non ha

senso criticarla per ogni singola operazione.

Comprendo pienamente i vantaggi psicologici dell’approccio meccanico (ovviamente, premesso che funzioni), ma tu stai

anche dicendo di essere scettico sulla lettura dei grafici come metodo borsistico in generale?

Quando ho un’ idea che si fonda su di un disegno grafico, cerco di ridurla ad un algoritmo che posso verificare su

computer. Se il metodo è realmente valido, dovrebbe sempre essere possibile spiegarlo ad un computer. Anche se non

si riesce a definirlo con precisione, si dovrebbe ancora essere in grado di formulare un algoritmo che descriva

approssimativamente il disegno. Se il vostro algoritmo vi dà una aspettativa di guadagno vicina allo zero – che è il

caso tipico – allora non ostinatevi a credere che il modello grafico abbia una validità che dipende da una qualche

indescrivibile interpretazione che voi gli date!

In altre parole, il computer non mente; credete a lui piuttosto che alla vostre intuizioni sulla affidabilità di un

disegno.

Si, perché, come ho accennato prima, la mente umana tende a crearsi dei modelli dove non ne esiste alcuno.

Segui il tuo sistema in modo assoluto, oppure a volte intervieni?

A questo livello del gioco, i sistemi di trading computerizzati sono degli algoritmi di routine. Possono essere

complessi, ma sono ancora ingenui ed impreparati. Qualunque sistema che io conosca, se viene adottato per operazioni

abbastanza grosse, finirà a vagare in un terreno eccessivamente rischioso. Naturalmente, questa vulnerabilità può

essere evitata operando molto in piccolo – vale a dire, regolandosi sui casi peggiori – ma questa è una soluzione

molto costosa in termini di rendimento globale.

E’ meglio operare ad un livello ragionevole e quando ci si trova troppo esposti, lasciar perdere il proprio sistema

e fare un passo indietro. Inoltre, un buon sistema ogni tanto vi farà fare qualcosa di stupido. In questi casi, il

vostro giudizio personale è essenziale. In termini generali, comunque, se il vostro sistema serve a qualcosa, non

scavalcatelo, tranne quando va chiaramente contro il proposito per cui è stato fatto. Non prendete l’abitudine di

cambiare sistema un giorno sì e un giorno no. Riservate il vostro ingegno e la vostra creatività per il lavoro di

ricerca.

Puoi fornirmi l’esempio di un sistema che vada contro le intenzioni per cui è stato creato?

Il giorno del crollo [19 Ottobre 1987], ero allo scoperto di S&P, ed ero anche allo scoperto di Eurodollari. Alla

chiusura, gli S&P erano sotto di 8,000 punti, ma gli Eurodollari erano sotto solo di cinque punti. La mia mentalità

di operatore mi disse che gli Eurodollari avrebbero dovuto essere sotto di almeno 40 o 50 punti in concomitanza con

il collasso delle S&P. Anche se il mio sistema indicava ancora un ribasso di Eurodollari, io coprii la mia posizione

perché non mi piaceva l’andamento del mercato.

E fu la cosa giusta da fare?

Si. Il giorno dopo il mercato aprì più in alto di quasi 300 punti.

Quando scopri che il tuo sistema fa un qualcosa che non è ottimale per dei precisi motivi, come nell’esempio

dell’Eurodollaro che ha i appena citato, tu allora modifichi il sistema per incorporare una nuova regola per

affrontare queste situazioni?

Se ci si imbatte ripetutamente in un certo tipo di problema, o se si trova un difetto strutturale al sistema, allora

è il momento di cambiarlo. Ma non va cambiato ogni volta che fa qualcosa che non ci piace. Non esiste un sistema di

una certa complessità algoritmica che si comporterà secondo le intenzioni del progettista in ogni circostanza. Un

progettista non può anticipare tutte le possibili situazioni. Anche se potesse, sarebbe poco saggio aggiungere al

sistema un grado di libertà per qualcosa che si verifica meno di una volta all’anno.

Ti è rimasta in mente qualche altra occasione in cui ti sei sovrapposto al tuo sistema?

Si, era nel periodo della Guerra del Golfo. Si trattava di una situazione senza precedenti. Prima di quella, non

avevamo mai avuto una dichiarazione di guerra ad ultimatum. Il mio istinto mi diceva di operare, ma in me giocavano

anche degli altri fattori. Mi misi nell’ottica che lasciarsi sfuggire un affare importante sarebbe stato un errore

molto più grave che fare un cattivo affare. In qualsiasi sistema valido, vi sono tutti i tipi di supporto per

proteggervi (vale a dire, garantire che vi ritiriate) quando fate un cattivo affare.

Dall’altra parte, di regola, se vi lasciate sfuggire una buona operazione, non avete niente per proteggervi – vale a

dire, non vi è nulla nel vostro sistema che vi garantirà che alla fine vi rientrerete. Inoltre, perdere una buona

operazione può essere destabilizzante e demoralizzante, soprattutto se vi trovate nel mezzo di un ciclo di perdite.

E come molte decisioni operative sbagliate, finisce per costarvi di più dei soldi che avete perso o che non avete

guadagnato nell’operazione. Lasciarsi sfuggire una operazione importante tendenzialmente ha un effetto di risonanza

che si ripercuote su tutta la vostra strategia di trading. A volte possono passare delle settimane prima di

ritornare in pista. Per tutti questi motivi, mi sembrava che non fosse il caso di fermarmi.

Veramente pensavo che mi avessi detto che questa fu un’ occasione in cui avevi ignorato il sistema…
Accettai gli scambi, ma ridussi di metà la mia posizione normale.

Che cosa accadde?

Subii un tracollo, o, più esattamente, un mezzo tracollo.

Allora, ancora una volta, sembra che il tuo intervento andò a beneficio del tuo rendimento. Vi furono delle

situazioni in cui esserti mosso contro il sistema ti si ritorse contro?

Parecchie. Ne spicca una in particolare, che capitò tanti anni fa dopo che avevo subito un ciclo di perdite più

lungo del solito. In quel periodo, mi trovavo con una posizione valutaria lunga. Durante il fine settimana emerse un

panorama internazionale che causò un deciso innalzamento dei valori delle valute. Per il lunedì mattina, mi ritrovai

con quello che sembrava essere un guadagno fortunato. Presumendo che stesse arrivando il momento di ridurre la mia

esposizione a causa dell’aumento di volatilità, incassai profitti per la metà della mia posizione.

In realtà, la mia esposizione sui mercati in quel momento era lieve, e mi sarei potuto permettere tranquillamente di

rischiare di più con la posizione valutaria. Si trattava semplicemente del fatto che venendo da un periodo di forti

perdite, non reggevo all’idea di rimettere in gioco tutti quei profitti. In effetti, avevo fatto il ragionamento che

le valute erano salite abbastanza – il “richiamo della controtendenza”. Poco dopo, le valute subirono un altro

rialzo esplosivo, che andò anche oltre il primo. L’aver deliberatamente mancato questa opportunità fortunata fa

soffrire anche più delle perdite.

Facendo un bilancio, trovi che il tuo intervento abbia giovato o abbia ostacolato la tua prestazione?

Ho provato ad operare contemporaneamente per conto mio, cosa che ho fatto per tutta la mia carriera, mentre

amministravo anche il capitale di rischio di un associato, sul quale operavo esclusivamente per mezzo di un sistema

meccanico. Anche se il rendimento nel mio conto andò bene, il capitale gestito unicamente con il sistema meccanico

andò decisamente meglio. Avevo sempre saputo che un buon sistema avrebbe reso meglio di me in caso di guadagni

fortuiti (forse una volta sarei stato io a superarlo, ma negli anni i miei sistemi erano migliorati). Questa

esperienza indicò il contrario.

Tuttavia, mi sembra di capire che prima dell’esperimento inatteso, devi aver pensato che i tuoi interventi personali

giovassero al rendimento.

Questo perché i momenti in cui fai qualcosa che si rivela più intelligente del sistema sono quelli che ti rimangono

impressi. Il logorio giornaliero è quello che ti dimentichi. Chiaramente, il mio mettermi contro al sistema mi stava

costando dei soldi, anche se ero convinto del contrario.

Da allora hai cambiato il tuo punto di vista in fatto di ignorare il sistema?

Certamente, ora penso che si tratti di un percorso molto più selettivo rispetto a come mi comportavo io anni fa. Si

dovrebbe cercare di esprimere il proprio entusiasmo ed il proprio ingegno facendo ricerche la notte, e non mettersi

contro al proprio sistema durante il giorno. L’intervento personale è un qualcosa che andrebbe fatto solo di fronte

a circostanze inattese – e comunque solo con grande cautela. Se ci si trova ad ignorare periodicamente il sistema, è

un segnale sicuro che si vorrebbe che nel sistema ci fosse un qualcosa che invece non è stato inserito.


Puoi dirci qualcosa su come scegli le tue operazioni, al di là dell’uso del sistema?

Non amo le inversioni di tendenza. Se il mercato sta salendo e io credo che farei bene a mettermi lungo, preferirei

comprare mentre il mercato è ancora forte piuttosto che aspettare una correzione. Comprare in una inversione di

tendenza è psicologicamente seduttivo perché si ha la sensazione che si stia facendo un affare rispetto al prezzo

che si è appena visto. Tuttavia, penso che questo metodo contenga più di un pericolo. Se il mercato si è ritirato al

punto tale da permettere un prezzo d’acquisto sostanzialmente diverso, allora non c’è neanche paragone fra quanto

l’operazione era valida prima e quanto lo è adesso.

Anche se l’operazione può ancora andare a buon fine, è più alta la possibilità che la tendenza stia cambiando. Ma

quello che forse è anche peggio, è che una strategia di tentativo di acquisto sulle correzioni spesso vi porterà a

rinunciare completamente all’operazione o ad essere obbligati a riacquistare a prezzo più alto. Comprare su

inversione di tendenza è uno di quegli stratagemmi che vi da una soddisfazione psicologica invece di darvi dei

benefici in termini di aumento dei profitti. Come regola generale sui devono evitare quelle situazioni che ti danno

una sensazione di comfort e tranquillità: normalmente si tratta di un falso comfort.

Sei in grado di dare una spiegazione razionale al perché i sistemi che seguono il trend funzionano?

La gente tende a concentrarsi sui pochi grandi risultati che appaiono più probabili e ignora gli scenari a bassa –

probabilità. Mano a mano che i vari grandi risultati possibili diventano meno probabili, alcuni di bassa

probabilità, che erano stati trascurati, balzano all’occhio – una fenomeno di soglia. Il mercato deve concedere, con

una certa discontinuità, queste “nuove” possibilità. Evidentemente, il successo dei sistemi orientati al trend

significa che non è solo un caso che i movimenti di una determinata grandezza costituiscano le fasi iniziali di tali

aggiustamenti discontinui. Ovviamente, il problema di interferenza che si pone per l’operatore orientato al trend, è

quello di saper distinguere le parti iniziali di questi aggiustamenti dalle oscillazioni casuali.

Che cosa sai dei sistemi che vengono venduti al pubblico?

Un tempo ci lavoravo di pari passo, ma, vista la preponderanza della spazzatura che si trova in giro, la trovai una

cosa estenuante. Ci si deve muovere attraverso così tante cose che sono complicate ed inutili che credo che mettersi

a pensare sia un modo migliore di impiegare il tempo.

Come mai consideri questi sistemi “inutili”?

Perché tendono a sovra – adattare i dati passati.

Pensi che il sovra – adattamento sia una conseguenza dell’ingenuità? O di un desiderio irrefrenabile di vendere più

sistemi?

Arrivati a questo punto, probabilmente si tratta in prevalenza di disonestà.

Hai esaminato molti sistemi esterni?

Ne ho visti una cinquantina.

Di questi cinquanta, quanti valevano qualcosa?

Uno! In realtà non penso che come sistema fosse realmente valido, ma conteneva un elemento che utilizzai con grande

profitto in un secondo momento.

Hai la sensazione che acquistare sistemi sia uno spreco di denaro?

Per lo più, penso di sì. Mi da fastidio pensare a quanti soldi una persona dovrebbe spendere per poter puntare su

qualcosa di buono. Se si hanno le risorse per valutare i sistemi, a questo punto tanto vale impiegare il proprio

tempo a sviluppare le proprie idee. Io non raccomanderei di comprare sistemi.

C’è dietro l’idea che se un sistema dovesse davvero funzionare – e con questo mi riferisco ad una combinazione

giusta di buona profittabilità, bassa volatilità e durata, nessuno avrebbe alcuna convenienza finanziaria a

venderlo?

A volte, può capitare che qualcuno venga fuori con qualcosa di veramente valido e lo venda perché ha bisogno di

soldi. Ma nella mia esperienza, nessuno fa una scoperta valida mentre viaggia su un autobus di linea e sta

sfogliando le carte; è un qualcosa che si sviluppa in un arco di anni. Normalmente, se una persona ha investito

tempo e denaro sufficiente nello sviluppo di un sistema, lo vorrà usare per conto proprio, non venderlo.

Che opinione hai dell’operare tramite la cosiddetta contrarian opinion?

La dottrina della contrarian opinion cerca di propagandare l’idea di operare in contrasto con la maggioranza [dei

mercati] in operazioni singole. Anche se in teoria questo approccio potrebbe funzionare una volta che si ha il tipo

giusto di informazioni sulla composizione dei mercati, in pratica le informazioni a disposizione degli operatori in

controtendenza sono di importanza discutibile.
Ad esempio, prendiamo gli indicatori di consenso. Questi si basano su raccomandazioni provenienti da bollettini,

servizi di consulenza e così via. Pertanto, questi numeri si modellano su di un gruppo di operatori assolutamente

non rappresentativo – quelli che operano su servizi di consulenza via market letter. Non ne conosco neanche uno. In

ogni caso, poniamoci una domanda empirica: Le cifre di consenso funzionano? Le nostre ricerche indicano che è

leggermente conveniente comprare – non vendere – in un mercato con un consenso fortemente al rialzo.

Hai una tua opinione sui popolari indicatori tecnici sul genere “eccesso di vendite/eccesso di acquisti”, tipo il

RSI e gli stocastici?

Penso che questi indicatori siano quasi inutili. Non voglio insinuare che non si dovrebbero neanche condurre

ricerche basate su questi indicatori – puoi dar prova di grande promiscuità nella fase di ricerca, ma non nel

trading.

Dato che hai fatto queste ricerche, te la sentiresti di definire questi metodi come degli “indicatori fasulli”?

Direi di sì, in termini di aspettative di profitto sono vicini allo zero. Quello che questi modelli fanno durante

gli assestamenti del mercato, lo perdono durante i periodi di tendenza.

Perché credi che questi metodi siano così popolari se sono inefficaci per il trading?

Per un motivo: che quando si osservano questi indicatori in sovrimpressione su di un grafico di prezzi, appaiono

molto migliori di quello che sono veramente. L’occhio umano tende cogliere i momenti in cui questi indicatori

segnalano accuratamente le punte di minima e di massima, ma si perde tutti i falsi segnali e fino a che punto erano

sbagliati durante i periodi di tendenza.

Sul piano formale, l’errore risiede nella confusione fra le probabilità a priori e a posteriori. Ad esempio, è vero

che molti estremi presentano dei giorni di inversione [un “giorno di inversione” è una giornata in cui il mercato

raggiunge una nuovo picco di massima o minima e poi inverte la direzione, finendo col chiudere uno o più punti al di

sopra o al di sotto in prossimità della chiusura della giornata]. Tutto quello che ti sta dicendo è la probabilità,

con un dato prezzo estremo, di ritrovarti con un giorno di inversione. Quello che si avrebbe davvero bisogno di

sapere è quale sia la probabilità di avere un estremo di prezzo – cioè, un sostenuto cambiamento di tendenza del

mercato – nel momento in cui ci si trova in un giorno di inversione.

Si tratta di un tipo di probabilità molto diverso. Solo perché una delle due probabilità è alta, questo non implica

che anche l’altra sia altrettanto alta. Se l’ottantacinque per cento di tutti gli alti e i bassi hanno una proprietà

x, ma la proprietà x ricorre abbastanza di frequente anche in altre occasioni, usare quell’indicatore come segnale

vi ridurrà a brandelli. Inoltre, quei metodi sono attraenti perché giocano con delle potenti pulsioni umane che

inducono una persona ad operare controcorrente o ad abbreviare le operazioni orientate alla tendenza. Si è sempre

tentati di liquidare una buona operazione senza alcuna ragione.

E circa la analisi ciclica, che è un’altra tecnica che gli operatori usano per tentare di cogliere i picchi di

rialzi o di ribassi?

Ci sono dei metodi scientifici molto forti di analisi ciclica, particolarmente la analisi di Fourier che fu

inventata nel diciannovesimo secolo, essenzialmente per capire la trasmissione di calore. La analisi di Fourier è

stata sperimentata insistentemente sul mercato dei prezzi, a cominciare dalla fine del diciannovesimo secolo con il

lavoro del matematico Francese Louis Bachelier. Tutte queste ricerche scientifiche non sono riuscite a scoprire

nessuna componente sistematica ciclica nei dati di prezzo.

Questo insuccesso mina fortemente la validità dei vari sistemi di borsa basati sui cicli. Inoltre, vorrei

sottolineare che le tecniche per trovare i cicli hanno una maggior consistenza rispetto alle tecniche per

individuare le tendenze di mercato. L’individuazione dei cicli rappresenta un problema scientifico classico.

Che dire di tutti i vari studi che hanno la pretesa di riscontrare dei cicli di prezzi?

Il mercato sale e scende. Pertanto, in senso lato, i cicli esistono. Il fatto è che anche dei modelli praticamente

casuali si possono far combaciare con una buona approssimazione alle curve dei prezzi. Se si lascia che i periodi

ciclici si espandano e si contraggano, cambino ritmo e addirittura si invertano, – come fanno molte di queste teorie

di cicli (o, forse per dirla meglio, questi marchingegni ciclici) – allora si possono far andar bene per qualunque

serie di dati che fluttuino. Il punto di fondo è che le tecniche statistiche rigorose, come la analisi di Fourier,

dimostrano che questi presunti cicli sono sostanzialmente casuali.

Tu credi che i tentativi di applicare l’intelligenza artificiale alla borsa possano avere successo?

Io credo che alla fine i congegni cibernetici saranno in grado di superare gli umani in qualsiasi lavoro, trading

compreso. Non credo che solo perché siamo fatti di carbonio e fosforo noi possiamo fare delle cose che silicio e

rame non sono in grado di fare. E dal momento che i dispositivi cibernetici non hanno molti dei nostri limiti umani,

un giorno lo potranno fare anche meglio. Non ho dubbi che il miglior operatore del mondo sarà un automa. Non sto

dicendo che ciò accadrà a breve, ma probabilmente entro le prossime generazioni.
 

Fleursdumal

फूल की बुराई
Market Wizard: Intervista a William Eckhardt (parte II)

Una buona parte del mondo accademico insiste che la natura casuale del comportamento dei prezzi significa che è impossibile sviluppare dei sistemi operativi capaci di seguire il mercato nel lungo termine. Qual è il tuo responso?

Esistono delle prove schiaccianti contro la teoria dell’andamento casuale del mercato. Centinaia di operatori e di uomini d’affari hanno guadagnato con i sistemi meccanici basati sul prezzo.

E cosa dire del ragionamento che se si ha un numero sufficiente di operatori, alcuni di loro andranno per forza bene, se non altro per una questione di probabilità?

Potrà anche essere vero, ma la probabilità di avere il grado di successo che noi abbiamo avuto e che continuiamo ad avere solo per una questione di fortuna sarà vicino allo zero. Il sistema ha lavorato per noi anno dopo anno. Noi abbiamo insegnato alcuni di questi sistemi ad altri, e anche a loro è andata bene. Poi loro hanno gestito i soldi di altra gente, ed è andata ancora bene. Rimane sempre la possibilità che sia tutta stata una questione di fortuna, ma sarebbe una probabilità infinitamente piccola.

C’è stato un cambiamento davvero radicale nella visione accademica di questo problema. Quando cominciai ad occuparmi di questo settore, operare con un sistema veniva considerata una stranezza. Da allora, un numero in crescita costante di prove scritte ha dimostrato che la teoria dell’andamento casuale del mercato è falsa. Il trading a sistema, dall’essere un’ idea d’avanguardia è diventato una sorta di un nuovo tipo di ortodossia. Non credo che ciò sarebbe potuto succedere se non ci fosse qualcosa di vero. D’altra parte, confesso di trovare disarmante che ciò che all’inizio era una idea improponibile sia entrato a far parte del buon senso comune.

Naturalmente, non è possibile dimostrare che il comportamento del prezzo sia casuale.

Esatto. Ci si scontra con il problema di riuscire a dimostrare una proposizione negativa. Anche se la affermazione che i mercati siano casuali è una preposizione positiva, in effetti si sta cercando di dare una prova in negativo. Si sta cercando di dimostrare che non vi sarebbe una componente sistematica nel prezzo. Qualunque proposizione negativa è molto difficile da confermare perché bisogna cercare di dimostrare che qualcosa non esiste. Ad esempio, consideriamo la proposizione negativa che non ci sono delle torte al cioccolato che ruotano attorno al pianeta Giove. Può ben essere vero, ma è molto difficile da dimostrare.

La teoria dell’andamento negativo del mercato ha lo svantaggio di consistere in una proposizione negativa. Tuttavia, in assenza di qualunque prova contraria poteva anche essere una teoria plausibile da sostenere. Ma arrivati a questo punto, chiunque sposi l’idea che i mercati sono casuali, non sta guardando la realtà.

Negli ultimi anni, c’è stato un aumento impressionante di capitali che vengono investiti da operatori professionisti avvalendosi di strategie computerizzate di adeguamento alla tendenza. Questa proliferazione, finirà con l’uccidere la proverbiale gallina dalla uova d’oro?

Che la preponderanza di operatori a sistema, specialmente il gruppo dei manager di grosso calibro, stia rovinando l’operazione a sistema, è una domanda difficile da rispondere perché vi sono due tipi molto diversi di prove che portano a conclusioni opposte. Per prima cosa, sul piano quantitativo vi sono delle prove statistiche che il sistema continua a funzionare.

Poi però vi è l’argomentazione qualitativa secondo la quale una preponderanza di operatori a sistema finirà col modificare il mercato nel senso che non si potrà più ricavare il profitto in questa maniera. In altre parole, è ancora possibile che i teorici dell’andamento casuale ridano per ultimi. E’ difficile ricondurre questa eterogeneità di prove ad una cornice definitiva in modo che un gruppo di prove possa essere ponderato con quell’altro.

Insomma, entrambe le affermazioni potrebbero essere vere. Tu a quale delle due credi?

Gli operatori a sistema possono ancora contare su di un tradizionale alleato: la natura umana. La natura umana non è cambiata. Fortunatamente, c’è ancora un sacco di gente che opera ad istinto. Ma non vi è dubbio che il gioco sia diventato molto più difficile.

Nella biologia dell’evoluzione, una delle risposte che vengono date alla domanda se la riproduzione sessuata (invece di quella asessuata) sia tanto diffusa in natura, è l’Ipotesi della Regina Rossa, che si ispira al personaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie, dove, solo per rimanere fermi, bisognava correre più veloce che si può. L’idea è che la selezione è così dura che una specie deve evolversi più veloce che può solo per rimanere al suo livello; la riproduzione sessuata dà un marcia in più nell’evoluzione. Allo stesso modo, nella nicchia della operazione a sistema vi è una competizione così forte che l’operatore deve elaborare un sistema più in fretta che può solo per poter rimanere in gioco.

Ti stai forse riferendo all’idea secondo la quale l’aumento del numero di professionisti nell’universo globale della borsa cambierà la natura del mercato in modo tale che sistemi precedentemente validi potrebbero non funzionare più?

Sono d’accordo. Ecco perché sono ben disposto ad accettare i sistemi che in teoria rendono in qualche modo meno, se penso che abbiano la caratteristica di essere diversi da quello che secondo me stanno utilizzando gli altri operatori. Quando pongo dei presunti progettisti di sistemi di fronte alla questione che molta ricerca storica può essere invalidata dalla natura mutevole dei mercati dei future, loro replicano invariabilmente che la soluzione sta nell’elaborare dei sistemi basati su dati recenti – come se fosse così facile.

Questo metodo comporta un serio problema. I dati recenti devono per forza essere statisticamente meno significativi dei dati storici a lungo termine per il semplice fatto che ce ne sono molti di meno. I sistemi elaborati solo con dati recenti hanno delle fondamenta fragili. Non si può prescindere da questo dato elementare.

Se tu dovessi ricominciare da capo, faresti qualcosa di diverso?

Mi concentrerei di più sulla gestione del denaro. Con mio rimpianto, si tratta di una cosa che ho ignorato nei miei primi anni. Ironicamente, anche se la gestione di capitali è più importante del modello dei prezzi, è un problema più trattabile matematicamente.

Il tuo metodo di gestione del capitale ha un qualcosa di particolare?

Un inconveniente di molti schemi di gestione del denaro è che sono ancorati all’ipotesi di una funzione logaritmica di utilità. Essenzialmente, secondo questo modello l’aumento dell’utilità marginale per un aumento marginale della ricchezza della gente, ad aumenti di ricchezza costanti, si mantiene costante. Il problema di questo modello è che non ha limiti, un bel momento ti dirà di scommettere anche i calzoni.

C’è una obiezione tecnica contro le funzioni illimitate di utilità, che è conosciuta come il Paradosso di San Pietroburgo. Posso rendere l’idea con un esempio semplificato. Supponete di avere un miliardo di dollari. Se la vostra funzione di utilità è senza limite, ci deve essere una somma di denaro che ha una utilità tanto grande per la quale voi sareste disposti a scommettere tutto il valore netto del vostro miliardo di dollari. Non esiste nessuna somma di soldi – anche se potrebbero esserci delle considerazioni non economiche, tipo cento anni di vita in più – per la quale una persona sana di mente scommetterebbe la cifra di un milione di dollari su di un testa e croce.

Perciò vi deve essere qualcosa di errato nelle funzioni di utilità non limitata.
Noi usiamo solo delle funzioni di utilità limitata nel nostro lavoro di gestione di capitale di rischio. Le particolari funzioni di utilità che usiamo, hanno anche l’ auspicabile caratteristica che le frazioni di investimento ottimale che adottano sono indipendenti dal livello assoluto di ricchezza.

Fino a quanto rischiate in una singola operazione? Avete una formula alla quale attenervi?

Per un’ operazione, non si dovrebbe pianificare un rischio che va oltre al due percento. Anche se, naturalmente, si può perdere di più se il mercato si estende oltre al vostro punto di uscita previsto. In materia di entità della puntata, se si pianifica un rendimento contro una posizione, si ottiene un grafico che assomiglia ad una di quelle balene dei cartoni animati viste di profilo, con la fronte alta. La parte sinistra del grafico, che corrisponde ad una posizione relativamente piccola, è quasi lineare; in quest’area del grafico un aumento del volume d’affari produce un aumento costante del rendimento. Ma mano a mano che si ingrandisce il rendimento oltre quest’area, la pendenza che sta sopra si appiattisce; ciò è dovuto al crescente prosciugamento dei capitali, che costringono ad operare più in piccolo, e inibiscono la vostra capacità di ritorno dopo serie di perdite.

Si raggiunge l’ottimale teorico giusto nel punto dove ci sarebbe lo sfiatatoio della balena. A destra di questo punto ottimale, il grafico precipita; una posizione media di dimensioni appena un po’ più grandi dell’ottimo teorico produce un rendimento negativo. Non è il caso di ottimizzare le grandezza della operazione. Il punto ottimo compare appena prima di un precipizio. Piuttosto, sarebbe bene che la grandezza della vostra operazione giaccia sul margine alto dell’area entro la quale il grafico è ancora praticamente diritto.

Quanto conta l’intelligenza nel trading?

Non ho trovato una grande correlazione fra le operazioni di borsa e l’intelligenza. Alcuni operatori eccezionali sono davvero intelligenti, ma alcuni non lo sono. Molte persone incredibilmente intelligenti sono dei pessimi operatori. E sufficiente un intelligenza media. Al di là di quello, l’aspetto emozionale è più importante.

Suppongo che anche tu fossi coinvolto nella elaborazione del sistema che fu insegnato alle Tartarughe.

Certo, lo ero!

Da quanto capisco, la molla per il programma di formazione delle Tartarughe è stato un disaccordo fra te e Richard Dennis, sul fatto che l’arte del trading si possa o meno insegnare.

In effetti, sì. Io ero dell’opinione che non si potesse proprio insegnare. Sostenevo che non era detto che saremmo stati capaci di insegnarlo solo perché eravamo capaci di farlo. Io supponevo che un operatore avesse un qualcosa in più che non si poteva incapsulare in un programma meccanico. Risultò che avevo torto. Il programma Tartarughe ebbe un successo straordinario.

Complessivamente, impararono il trading fin troppo bene. La risposta alla domanda se l’arte della borsa può essere insegnata deve essere un sì incondizionato.

Credi che i sistemi che Dennis e tu avete presentato alle Tartarughe abbiano perso un po’ del loro valore perché oggi ci sono venti nuovi discepoli che usano gli stessi metodi?

Con centinaia di milioni in gestione, se stanno ancora operando allo stesso modo non vedo perché non dovrebbe essere vero. Tuttavia, è difficile dire fino a che punto le Tartarughe stiano ancora operando nello stesso modo. Sarei dell’idea che molti di loro ora si stiano comportando diversamente.

Se il trading si può insegnare, lo si può insegnare a chiunque abbia una certa intelligenza?

Chiunque abbia una intelligenza media può imparare ad operare. Non è una scienza astronomica. Comunque, è molto più facile imparare quello che si dovrebbe fare per operare che metterlo in pratica. I sistemi validi tendono a violare le normali tendenze umane. Fra tutti quelli che sono in grado di apprendere i fondamenti, solo una piccola percentuale saranno degli operatori di successo.

Se un certo numero di persone partecipa per un tempo sufficiente ad un gioco di scommesse, alla fine il denaro andrà tutto da un giocatore. Se è anche una questione di abilità, il processo di concentrazione di tutte le puntate in poche mani sarà ancor più breve. Nel mercato accade qualcosa di simile. Nel complesso il patrimonio tende a passare in continuazione da molti a pochi possessori. Nel lungo termine, la maggioranza perde. Ne consegue che l’operatore per vincere deve comportarsi come la minoranza. Se si portano le normali tendenze umane nel trading si graviterà inevitabilmente verso la maggioranza.

Puoi spiegarti meglio su quelle che tu consideri le normali abitudini umane che portano a perdere?

Gli studiosi di capacità decisionali hanno compiuto degli esperimenti nei quali a delle persone venivano offerte diverse scelte fra cose sicure (somme di denaro) e pure e semplici lotterie per vedere se le preferenze dei soggetti seguivano un ordine logico. Hanno riscontrato che la gente generalmente sceglieva un guadagno sicuro rispetto ad una lotteria con delle aspettative di guadagno maggiori ma che si sottraevano ad una perdita sicura in favore di una lotteria ancora peggiore (fin tanto che la lotteria gli offriva una possibilità di ritornare ancora in attivo). Queste tendenze umane, dettata chiaramente dall’istinto, segnano il destino dell’operatore – intascare i profitti, ma giocare con le perdite.

Questo atteggiamento è anche incoraggiato dalla cultura, come riassume il detto: cogli le opportunità, ma non cedere di fronte alle avversità. Per l’operatore, sarebbe meglio il consiglio: stattene tranquillamente a guardare quando emergono delle opportunità di guadagno, ma nei momenti avversi corri come un coniglio.

Su questo argomento esiste un modo di dire che è completamente fuorviante: “intascare profitti non ti può far saltare”. E’ proprio così che molti operatori saltano davvero. Mentre i dilettanti saltano incassando grosse perdite, i professionisti saltano incassando profitti piccoli. In sostanza, il problema è che la natura umana non si muove per massimizzare il profitto quanto piuttosto per massimizzare la possibilità di profitto. Il desiderio di massimizzare il numero di operazioni vincenti (ovvero di minimizzare il numero di operazioni perdenti) rema contro l’operatore. Il tasso di operazioni di successo è il risultato statistico meno importante e può anche essere inversamente proporzionale al rendimento.

Secondo te, ci sono delle altre tendenze naturali dell’uomo che minano il successo nel trading?

C’è quella che io chiamo “il richiamo del trade contro trend”. Esiste una costellazione di fattori cognitivi ed emozionali fanno sì che le persone usino il loro metodo in contro tendenza. La gente vuole comprare a poco e vendere caro; ciò di per sé genera tendenza contraria. Ma la nozione di basso prezzo o caro prezzo deve ancorarsi a qualcosa. Gli individui tendono a vedere i prezzi a cui sono abituati come dei prezzi normali e i prezzi che si discostano da questi livelli come una cosa aberrante. Questa prospettiva li spinge ad operare in controtendenza all’inizio di un trend, supponendo che i prezzi torneranno prima o poi ad un valore normale. Ed ecco tracciata la perfetta strada per il disastro!

Quali altri lati della natura dell’uomo si frappongono al successo nel trading?
Ciò che conta davvero è la distribuzione sul lungo termine dei risultati delle vostre tecniche operative, dai vostri sistemi e dalla vostre procedure. Ma, psicologicamente, ciò che all’apparenza ha il massimo dell’importanza, è se stanno funzionando le posizioni che si hanno in quel preciso momento. Le posizioni correnti ci appaiono cruciali, al di là di ogni giustificazione statistica.

Vi è la forte tentazione di piegare le proprie regole alle necessità delle operazioni in corso, supponendo che ai i guadagni futuri ci penseranno le previsioni ottimistiche delle statistiche di lungo termine. Due dei peccati cardinali della borsa – dare troppa corda alle perdite e incassare prematuramente i profitti – consistono entrambi in tentativi di garantire maggior successo alle posizioni correnti, nettamente a scapito della rendita a lungo termine.

Dopo aver visto alcuni che come operatori sono sopravvissuti ed altri no, quali credi che siano le caratteristiche che distinguono queste due categorie?

Quelli che ce la fanno evitano le situazioni a valanga nelle quali delle cattive operazioni li destabilizzano emotivamente e li inducono a fare operazioni sempre peggiori. Riescono anche a sentire il dolore per le perdite. Se non si sente il dolore di una perdita, si è nelle stesse condizioni di quegli infelici che non hanno i recettori del dolore. Se lasciano la mano su un fornello caldo, si brucerà completamente.

Senza il dolore, non c’è modo di sopravvivere in questo mondo. Anche nei mercati, se le perdite non fanno male, la sopravvivenza finanziaria è fragilissima. Conosco dei multi-miliardari che hanno cominciato ad operare con delle ricchezze ereditate. In tutti i casi, le hanno perse perché non sentivano il dolore quando stavano perdendo. In quei primi pochi anni formativi di attività borsista, credevano di poter permettersi di perdere. E’ molto meglio entrare nel mercato molto tirati, con la sensazione che non ci può permettere di perdere. Io punterei su uno che comincia con poche migliaia di dollari piuttosto che su chi ci arriva con milioni.

Che cosa può fare per migliorare un operatore che perde?

Posso fare riferimento a due tipi di situazioni. Se un operatore non sa perché perde, allora è senza speranze fino a che non scopre che cosa sta sbagliando. Nel caso dell’operatore che sa dove sbaglia, il mio consiglio è che, visto che non riesce a modificare il suo comportamento, questo tipo di persona dovrebbe cominciare a pensare di attenersi dogmaticamente ai sistemi.

Nella tua esperienza, ti sono mai capitate delle operazioni che sono risultate particolarmente difficili sul piano emozionale?

Un giorno, nel mio primo anno di trading, mi misi lungo sulla soia ad appena pochi centesimi dal massimo. Il mercato continuò ad andare dal massimo verso il minimo senza toccare un’ oscillazione massima. Durò circa tre minuti. Nel vederlo mi convinsi a mettermi corto verso il minimo. Due minuti dopo, il mercato era di nuovo al massimo.

Questa esperienza che cosa ti ha insegnato?

E’ stata la mia prima esperienza di gestione del rischio. Persi più di metà del mio capitale di borsa in quelle due operazioni nel giro di cinque minuti.

Come ti sei ripreso da quella perdita?

Giocando poco, prendendo molte piccole decisioni invece che tentare di fare qualche affare clamoroso.

Trovi che sia difficile affrontare l’impatto emotivo di grosse perdite?
Sotto molti aspetti, i grossi profitti sono anche più insidiosi delle grosse perdite, in termini di destabilizzazione emotiva. Penso che sia importante non rimanere emotivamente legati a grossi profitti. Senza dubbio ho fatto alcune delle mie peggiori operazioni in seguito a lunghi periodi di vincite. Sulla scia di una grossa vincita, sei tentato di credere di fare delle cose eccezionali, che ti permettono di darti sempre la spinta. Si comincia a pensare che ci si può permettere di prendere delle decisioni affrettate. Che si riesce ad immaginarsi quello che accadrà. Come regola generale, le perdite ti rafforzano e i profitti ti indeboliscono.

Permettimi allora di ampliare la mia domanda. Trovi che sia difficile affrontare l’emotività dell’attività borsista – sia che essa sia dovuta a grosse perdite sia che sia dovuta a ingenti profitti?

La borsa può anche essere un buon gioco monetario, ma è un cattivo gioco emotivo. A volte, ho avuto quest’ esperienza: un gruppo di mercati sui quali mi sono pesantemente esposto aprono nettamente contro di me, quasi al mio punto di uscita prefissato. Le perdite sembrano schiaccianti; comincio anche a pensare se magari non ho fissato il limite di rischio troppo in là. Poi, miracolosamente, evito di venire espulso ed entro mezzogiorno questi mercati sono venuti dalla mia parte più o meno quanto prima mi erano contro. Come ci si sente?

Nessuna euforia potrà mai compensare la angoscia della mattina. Il profitto mi sembra grosso, naturalmente, ma non mi sembra che possa neanche lontanamente far bene quanto le perdite di prima fanno male. Fino a un certo punto, l’esempio precedente può anche essere una pura e semplice esagerazione delle emozioni, ma il discorso sulle reazioni asimmetriche rimane perfettamente valido.

Per esempio, se un movimento di prezzo porta il mercato al tuo punto di uscita, non è il caso di pensare in termini di ritracciamenti. E’ proprio il genere di speranze vane che fanno si che un operatore continui a dare alla perdita un po’ di spazio. Naturalmente, il mercato può anche ritracciare (invece che invertire la tendenza), ma è meglio non pensarci quando viene il momento di uscire. Ora consideriamo il caso in cui il mercato sia nettamente con noi, invece che contro di noi. Qua va bene pensare alle correzioni.

La forza del movimento indica che la volatilità è appena aumentata; da qui, anche un profitto fortuito può facilmente dissiparsi. La situazione è asimmetrica. Quando si sta perdendo, il pensiero che il mercato sia sul punto di ritracciare è fuori discussione. D’altra parte, quando si ha un ingente profitto e l’idea del ritracciamento è un pensiero sconfortante, dovrebbe essere la prima considerazione da fare. La borsa è così piena di asimmetrie del genere da far sì che una “somma di emozioni” sia di segno negativo.

Se il trading dà così poca soddisfazione sul piano emotivo, l’unica ragione per farlo è di tipo economico?

Non riesco a pensare perché uno dovrebbe farlo se non fosse economicamente conveniente. E’ una delle poche industrie dove si può ancora ambientare una storia di arricchimento dal nulla. Richard Dennis cominciò con solo qualche centinaio di dollari e finì col farne centinaia di milioni – è un bello stimolo.
Se si gioca per la gratificazione emotiva, si finisce per forza col perdere perchè quello che sembra buono, è spesso la cosa sbagliata da fare. Richard Dennis diceva sempre, per una sorta di scaramanzia: “se ti piace, non farlo”.

In effetti, una regola che abbiamo insegnato alle Tartarughe è stata: quando non prevale nessun criterio, fai la cosa che ti piace di meno. Si deve decidere fin dall’inizio se si gioca per il divertimento o per il successo. Che lo si misuri in denaro o in qualche altro modo, per vincere in borsa bisogna giocare per il successo. La borsa dà anche una forte dipendenza. Quando gli psicologi del comportamento hanno paragonato la relativa assuefazione di diversi programmi di rinforzo, hanno verificato che il rinforzo intermittente – positivo o negativo a secondo di come capita casualmente (ad esempio, un topo non sa se quando colpisce la sbarra gli verrà somministrato del piacere o del dolore) – è la combinazione più assuefante di tutte, molto più del solo rinforzo positivo.

Il rinforzo intermittente descrive cosa provano tanto il giocatore d’azzardo quanto l’operatore di contratti a termine. La differenza sta solo nel fatto che, forse, l’operatore può anche far soldi. Comunque sia, come vale anche per la maggior parte degli altri “aspetti emotivi” del trading di merci, la sua forza di assuefazione minaccia sempre di distruggerti. La assuefazione è il motivo per cui tanti giocatori che fanno una fortuna abbandonano la scena a pezzi.

Quale è il tuo consiglio per affrontare le trappole emotive presenti nel trading?

Alcune persone riescono bene a non investire energia emotiva in situazioni sulle quali non hanno controllo (io non sono fra quelle). Un veterano della borsa una volta mi disse: “Non pensare a quello che farà il mercato; ciò sfugge completamente al tuo controllo. Pensa a quello che farai tu se lui arriverà a quel dato punto”.

In particolare, non si dovrebbe assolutamente sprecare del tempo a pensare a quegli scenari rosei in cui il mercato va nella direzione giusta, dal momento che in quelle situazioni non c’è bisogno di fare più niente. Piuttosto, bisogna concentrarsi su una di quelle cose che si vorrebbero proprio evitare e su come si dovrebbe reagire.

Un consiglio per gestire i periodi di perdita?

Giova non continuare a pensare alle proprie perdite. Se si è preoccupati, meglio incanalare quell’ energia nello studio. Durante gli anni alla C&D [la società nella quale Dennis e Eckhardt erano soci] abbiamo fatto le nostre migliori indagini di ricerca quando stavamo perdendo.

Questo perché sono proprio i momenti in cui si ha la motivazione più forte a migliorare il proprio metodo?

Mi pare proprio di sì.

Fra le osservazioni che avete fatto a proposito di mercati e di attività di borsa nel corso degli anni, ve ne è una che si distingue per essere particolarmente sorprendente o inaspettata?

Alcuni anni addietro, una società organizzò un concorso di previsioni grafiche su base annuale. I concorrenti dovevano predire, entro una determinata scadenza, i prezzi di liquidazione di numerosi contratti a termine per una certa data. Qualcuno nei nostri uffici [Dale Dell’Utri] decise, credo per scherzo, di usare il nostro modello di andamento casuale. In altre parole, la sua previsione consisteva semplicemente nei prezzi di liquidazione raccolti entro la scadenza. Con questa procedura, ci mancò pochissimo che incassasse il premio. Il suo nome compariva fra i primi cinque di una lista di più o meno cinquanta persone in cima alla classifica.

Questo concorso contava centinaia di iscritti. Pertanto, oltre il 95 percento, e forse anche più del 99 percento dei concorrenti aveva fatto meno punti della casualità pura. Non è un’ impresa da poco. La drasticità dell’esito di questa vicenda sembra dimostrare un fenomeno evidente che io ho osservato per anni, ma per il quale non ho delle prove decisive: la maggior parte delle persone operano peggio di un operatore che agisce puramente a caso.

La tua ipotesi implica che la maggioranza degli operatori farebbe meglio a tirare le freccette al posto di utilizzare i loro metodi attuali – una opinione provocatoria. Come ti spieghi questo fenomeno?

Il mercato si comporta proprio come un antagonista che sta cercando di convincerti ad operare male. Non voglio far pensare che il mercato abbia davvero delle sue intenzioni, perché non ne ha. Una analogia appropriata è la teoria evolutiva, della quale si parla come se l’evoluzione mirasse ad uno scopo. Per esempio, gli uccelli svilupparono le ali al fine di volare.

Tecnicamente è sbagliato. Gli uccelli non sono Darwinisti, e si può star certi che nessun uccello o proto – uccello ebbe mai l’intenzione di sviluppare un’ ala. Ciononostante, la selezione naturale si comporta molto come se volesse che …evolvessero delle cose che sono vantaggiose. Con i mercati puoi avere un approccio simile. Chiunqueoperi da un po’ comincia ad avere l’impressione che i mercati abbiano certe caratteristiche personali. Molto spesso l’impressione che si ha è che “ce l’ hanno proprio con te”; il che non è altro che una personalizzazione della situazione. E’ una illusione ben motivata. Il mercato si comporta proprio come un tutore che sta cercando di instillare delle tecniche di trading scarse. La maggioranza della gente impara anche troppo bene questa lezione.

Ti dispiace sviluppare il concetto? Che cosa è che starebbe insegnando, il maestro?

Dato che i profitti che vanno dal piccolo al medio tendono a dileguarsi, il mercato ti insegna ad incassarli prima che se ne vadano Dato che il mercato passa più tempo in assestamenti piuttosto che in tendenza, insegna a comprare in flessione e a vendere in recupero. E dato che il mercato attraversa in continuazione gli stessi prezzi e dà l’impressione che, con un po’ di pazienza, ritornerà al prezzo che ha visitato prima, ti insegna ad insistere sulle cattive operazioni. Il mercato ama cullarti nella illusione rassicurante delle tecniche di breve corso di grande successo, che invece spesso perdono disastrosamente nel lungo periodo. Il concetto generale è che tutto quello che si può applicare per la maggioranza dei casi è praticamente l’opposto di quello che va bene nel lungo termine.

Una tema che ricorre nei commenti di Eckhardt è che ciò che piace di solito è la cosa sbagliata da fare. Per fare un esempio, gli studiosi dei processi decisionali hanno dimostrato che la gente preferisce nettamente mettere al sicuro un guadagno certo piuttosto che giocare con delle aspettative di guadagno più elevate. Inoltre, preferisce giocare d’azzardo con una perdita, anche quando la posta in gioco prevede delle perdite assai peggiori della perdita sicura data in alternativa. Queste preferenze istintive remano contro quello che è forse il principio basilare del trading di successo: tagliar corto sulle perdite e lasciar correre i profitti. Il fatto che questo aforisma sia diventato un cliché, non lo rende meno valido.

Un altro esempio di istinti controproducenti è ciò che Eckhardt definisce “il richiamo della controtendenza”. Vendere sulla forza e comprare sulla debolezza fa leva sul desiderio della gente di comprare per poco e vendere caro. Anche se questi operatori probabilmente si sentiranno momentaneamente soddisfatti in fase di esecuzione, seguire una strategia di controtendenza porta quasi inevitabilmente al fallimento. (Questa opinione, tuttavia, non implica che la strategia opposta – l’adeguamento alla tendenza – garantisca il successo, dal momento che entrambi i metodi incorrono in costi di transazione.
 

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