IN QUESTO PERIODO HO LE MANI TALMENTE PULITE, CHE SE DO UNO SCHIAFFO A QUALCUNO LO STERILIZZO! (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Ridotti male....male male.

L'attuale crisi di governo ha mostrato ulteriore esempio di quanto la politica sia distante dalla volontà popolare.

Gli italiani, che nel 2018 elessero questo parlamento, non sono più rappresentati dai governanti attuali.

Appare dunque utile esaminare le ragioni che identificano
il Capo dello Stato quale complice dell’attuale immobilismo politico.

Risaputo che Mattarella non sia sostenitore del sovranismo,
urge chiedersi come egli possa rifiutare l’idea del voto anticipato.


In seguito alla caduta del primo governo Conte, con annesse perplessità dei più,
Mattarella scelse di farsi garante dell’alleanza giallofucsia.

Egli identificò tale occasione come “ultima spiaggia”, annunciando che in caso di immobilismo governativo
non avrebbe esitato a sciogliere le camere.

Inoltre, nello scorso aprile espresse come unica alternativa quella delle urne, nel caso in cui fosse stato sfiduciato il ministro Bonafede.


Nelle ultime settimane, in occasione degli ultimatum di Italia Viva,
tramite le firme dei “quirinalisti” ha annunciato il ritorno al voto in caso di apertura di crisi di governo.

Pertanto, esso apparve avviso ai “peones” che non saranno rieletti, piuttosto che espressione di una reale intenzione.


Dopo giorni dal ritiro dei ministri renziani dall’esecutivo, Mattarella ha abdicato ogni scelta.

Timidi incitamenti alla risoluzione frettolosa della crisi hanno già sostituito i recenti annunci.

Inoltre, serve ricordare che il Capo dello Stato sarebbe da ritenersi
tutore imparziale dela volontà popolare,non complice della nascita di governi traballanti.


Doveroso aggiungere anche che l’attuale assemblea,
pressoché dimezzata dalla vittoria del Sì al referendum sul taglio dei parlamentari,
non potrebbe considerarsi politiamente legittimata ad eleggere il nuovo inquilino del Colle nel 2022.



Pertanto, apparirebbe scelta saggia e consona il ritorno alle urne in primavera, come accade in altre nazioni.


Eventualità auspicabile quanto improbabile,

dato che sembra che più che gli interessi dei cittadini

siano salvaguardati, tra tecnici e voltagabbana, quelli delle altre cancellerie europee.
 

vetro

valgo zero ma non sono scemo
suggerimento per prox titolo........ visto che il filo che unisce tutto e tutti nel mondo è il bisogno di soldi


i soldi se li è portati via la pandemia
 

Val

Torniamo alla LIRA
Lo ripeterò all'infinito - salvo prova contraria - questi non sono vaccini.


Le persone che sono state vaccinate contro il coronavirus potrebbero comunque trasmetterlo a chi non ha ancora ricevuto il farmaco,

per questo è importante continuare a seguire le regole di distanziamento sociale.

E' l'avvertimento del professor Jonathan Van Tam, consulente del governo britannico e vice capo della Sanità inglese.


In Gran Bretagna sono 5,8 milioni le persone che hanno ricevuto la prima delle due dosi di vaccino necessarie,
478.248 soltanto nella giornata di ieri, numero record dall'inizio del programma l'8 dicembre.

Tuttavia, scrive il professore in un articolo pubblicato sul Sunday Telegraph,
"anche se le avete avute entrambe potreste trasmettere il Covid-19 a qualcun altro".


Il vaccino "può evitare di ammalarsi in modo grave", spiega Van-Tam, "ma non sappiamo ancora se impedisce il contagio".
 

Val

Torniamo alla LIRA
Tutta la politica vaccina dell'UE,
tutta la sua programmazione,
tutte le fandonie che ci hanno raccontato per mesi sulla capacità di programmazione e di produzione
di Bruxelles e delle aziende del Big Pharma cadono come un castello di carte.

Zeneca annuncia che non sarà in grado di consegnare il 60% dei vaccini promessi nel primo trimestre 2021:
invece di 80 milioni saranno consegnati 31 milioni, generando, come dice la BBC ,
“Ampia insoddisfazione” nei settori di Bruxelles, e mandando a ramengo
tutta la programmazione fatta sia a livello europeo sia, in Italia, a livello nazionale.

La causa pare identificata nel “Insufficiente livello produttivo in uno stabilimento dell’unione”,
gettando un’ombra sia sull’attività di programmazione di Astra Zenaca,
sia sul controllo operativo condotto dai tecnici dell’Unione che, evidentemente,
hanno regalato un’enorme commessa a una società non in grado di soddisfarla.

Tra l’altro, curiosamente, Astra Zaneca sta concludendo accordi e facendo consegne a diversi paesi,
da Pakistan a Corea: i grandi mediatori di Bruxelles e di Roma si sono fatti prendere in giro?


Arcuri, Speranza e Conte hanno messo tutte le uova vaccinali italiane nelle mani della Commissione che ha “Prenotato 2 miliardi di vaccini”.

Peccato che, come tutte le promesse della Von Der Leyen, siano solo esistenti sulla carta,
e, nella realtà non suffragate da nessuna reale auditing sulle attività svolte da queste grandi società.

Nessuno ha controllato la qualità dei cicli produttivi (Pfizer),

nessuno ha controllato gli stabilimenti (AstraZeneca),

nessuno ha controllato le tempistiche di realizzazione (Sanofi),

con il risultato di mettere la vita delle persone nelle mani del caso, o del caos.


La prima a comprendere il problema è stata la signora Merkel che ha chiesto (e sta ottenendo),
l’omologazione del vaccino russo Sputnik V del Gamaleya institute, ma ora si guarda anche ai vaccini cinesi.

Nessuno sta facendo in Europa quello che, in tempo di guerra, si sarebbe fatto in modo rapidissimo:
un censimento delle industrie con strutture tecnologiche adeguate alla produzione dei vaccini e non ancora impiegate.

Una attività ispettiva che buoni team potrebbero svolgere in una settimana, ma che viene ignorata.



Di chi è la responsabilità per l’Italia?

Vi do un suggerimento: guardate alla protezione civile e a chi la dirige.

Possiamo però capirlo: si tratta di attività che non generano laute intermediazioni, come le mascherine.



Terminiamo sottolineando la fallimentare politica seguita da Prodi in poi,

con folli privatizzazioni che ci hanno reso indifesi contro qualsiasi evento esterno.


Fino agli anni ’90 esisteva la società Antonio Sclavo di Siena,

di proprietà pubblica e specializzata nella produzione di vaccini.

Però questo gioiello doveva essere privatizzato e sacrificato sull’altare dell’Euro.


Dopo una serie di cessioni è ora della GSK, che non si è dedicata ai vaccini Covid.


Senza Prodi e successori avremmo ora la soluzione in tasca.
 

Val

Torniamo alla LIRA
I dati ufficiali mostrano come, fra le comunità straniere,
quella cinese venga a mostrare un numero di casi molto inferiore alla comunità italiana,
ma anche a tutte le altre comunità straniere, con un tasso di positività e di ricoveri bassissimo se non nulla.


Vediamo, proposto da Lavocedinewyork, in un articolo di Fabrizio Rostelli e Roberto Menichini,
l’andamento demografico per alcune comunità nella provincia esempio di Parma.



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I dati forniti permettevano quindi di osservare l’incidenza dei positivi (sintomatici e non),
dei ricoveri e dei decessi su quattro popolazioni straniere (Cinese, Albanese, Rumena, e Marocchina)
come mostrano delle differenze particolarmente marcate.

Da marzo a novembre 2020 nessun cittadino cinese residente a Parma è stato ricoverato per Covid19
e solo 4 persone (2 a marzo e 2 a novembre) sono risultate positive su 1.694 cittadini censiti.


Tra i circa 10mila rumeni invece ci sono stati 80 casi positivi, 29 ricoveri e 4 decessi.

Un miracolo ?


Se consideriamo le comunità nel loro complesso a livello nazionale la situazione non cambia di molto:


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Esaminando le 4 etnie (da un punto di vista meramente numerico)
e incrociando i dati con quelli pubblicati dalla fondazione Gimbe (link Pandemia Coronavirus | GIMBE | Italia),
salta all’occhio come i cittadini cinesi e quelli rumeni in Italia siano stati ricoverati circa 20 volte in meno rispetto agli italiani
e almeno 3 volte in meno rispetto alle altre 2 etnie.

Questo può anche essere dovuto a fattori di carattere sociale per i rumeni
(popolazione residente più giovane e rumeni tornati in patria quando molti lavori stagionali o legati a turismo, ristorazioni e servizi sono cessati),
questo non vale per la comunità cinese.


In realtà il virus uccide indipendente dall’etnia, solo che, dati alla mano,
quella cinese sembra molto meno colpita rispetto a quella italiana, ma anche rispetto alle altre straniere.

  • dal mese di giugno i cittadini cinesi che tornavano in madrepatria avevano iniziato a ricevere il vaccino (SinoPharm o Sinovac)
  • che era, del resto, utilizzato a livello sperimentare a Dubai proprio dalla scorsa estate;

  • come riporta anche l’ANSA sono stati grossi sequestri di medicinali non autorizzati per l’utilizzo in Italia,
  • ma, evidentemente, prodotti e autorizzati per qualche parte del mondo.

  • Quali sono gli effetti, magari positivi, di questi farmaci?

  • Il Fatto che AIFA ed EMA non li abbiano ancora autorizzati non significa per forza che non siano utili,
  • come dimostrano i recentissimi casi Idrossiclorochina e Sputnik V.

Quindi complimenti alla comunità cinese,

ma sarebbe da comprendere meglio il motivo del loro successo terapeutico.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Gli analisti della Defense Intelligence Agency negli ultimi anni hanno acquistato database di dati
sulla posizione degli smartphone statunitensi senza aver prima ottenuto i mandati legittimi da parte dell’autorità giudiziaria,
compiendo quindi uno spionaggio illegittimo su cittadini americani.

La Defense Intelligence Agency (DIA) fa parte del Dipartimento della Difesa
e ha il compito d’informare i responsabili politici militari e civili sulle attività e le intenzioni dei governi stranieri e degli attori non statali.


La ACLU (American Civil Liberties Union) ha deciso d’intervenire sulla materia
e ugualmente diversi politici, sul problema della privacy dei cittadini USA.

I dati sono stati acquistati all’ingrosso da diverse APP che li raccolgono con finalità di carattere commerciale.

Se però è già inquietante che i vostri dati siano venduti al negozio di kebab dell’area,
che così potrà martellarvi di pubblicità, lo è ancora di più quando questi dati vengono venduti ai servizi segreti.


Il senatore Ron Wyden ha chiesto alla DIA di chiarire la sua interpretazione di Carpenter contro gli Stati Uniti,
una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti del 2018 che vieta alle forze dell’ordine
di richiedere informazioni sulla posizione personale a una società di telefonia mobile senza aver prima ottenuto un mandato di perquisizione da un giudice.



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“La DIA non interpreta la decisione di Carpenter di richiedere un mandato giudiziario che avalla l’acquisto
o l’uso di dati disponibili in commercio per scopi di intelligence”, ha risposto l’agenzia,
che, per acquistare i dati, avrebbe trovato una scappatoia acquistandoli non direttamente, ma attraverso un broker.

Un trucchetto legale per aggirare la legge per la tutela della privacy.


Inoltre, Wyden ha chiesto se gli agenti della DIA differenziassero tra i dati sulla posizione del telefono ottenuti negli Stati Uniti e all’estero.

“Il fornitore di dati di DIA non fornisce flussi separati di dati sulla posizione negli Stati Uniti e all’estero”,
ha spiegato l’agenzia, “e quindi DIA elabora i dati sulla posizione quando arrivano per identificare
i punti dati sulla posizione degli Stati Uniti, che segrega in un database separato”.


“Il personale della DIA può interrogare questo database di dati sulla posizione degli Stati Uniti
solo se autorizzato dal capo del personale della DIA e dall’ufficio del consiglio generale della DIA”, ha aggiunto.

“Il permesso di interrogare il database DIA dei dati sulla posizione dei dispositivi statunitensi acquisiti commercialmente
è stato concesso cinque volte negli ultimi due anni e mezzo, quando DIA ha iniziato ad acquistare questa fonte di dati”.


Come riportato da The Hill venerdì, Wyden prevede di introdurre una legislazione, definita “Il quarto emendamento non è in vendita”,
che proibirebbe alle agenzie governative di acquistare informazioni personali da intermediari di dati,
in modo da fornire una maggiore tutela ai cittadini americani.


Però togliere la geolocalizzazione no ?
 

Val

Torniamo alla LIRA
Probabilmente " è stato suicidato".


Christopher Stanton, il supporter di Trump della Georgia entrato, durante le proteste a Capitol Hill,

nell’ufficio di NancyPelosi, presidente democratico della Camera dei Rappresentanti

e sospettato di aver rubato il laptop dell’esponente dei democratici, è morto.

L’uomo è stato trovato suicida per un colpo di arma da fuoco al petto, nella sua abitazione in Georgia.



Lo ha trovato la moglie nello scantinato di casa sua, in un mare di sangue.

Christopher era fra i personaggi arrestati dopo il raid al Campidoglio dalla polizia,
ma rischiava una condanna tutto sommato mite: 1000 dollari di multa a cui potevano aggiungersi sino a 6 mesi di prigione,
il tutto dipendente dalla sua fedina penale, per aver preso delle proprietà federali senza permesso.


Il medico legale della contea di Atlanta ha dichiarato la morte per omicidio e,
benché la moglie lo vedesse teso, non sono chiari i motivi del suicidio stesso.

La polizia ha trovato due armi semiautomatiche SKS nell’abitazione.



Stanton era in questo momento in una sorta di libertà vigilata,
e poteva uscire di casa dalle 7.15 del mattino per lavorare per poi rientrare entro le 6 di sera.

Una sorta di coprifuoco obbligatorio .

Comunque i vicini ne parlano come una persona tranquilla che non ha mai avuto discussioni con nessuno
e che viveva la sua tranquilla anonimia sino al giorno in cui è entrato al Congresso, senza permesso.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il Paese è ostaggio di Giuseppe Conte e dei comunisti che, alla faccia della democrazia e della libertà, festeggiano 100 anni.


Tanto è vero che sulla Rai è andato un servizio di commenda al comunismo, l’ennesima offesa all’onestà intellettuale.


Perché ha descritto solo una faccia del Partito Comunista italiano e di Palmiro Togliatti,

omettendo i crimini che quest’ultimo al fianco di Stalin commise,

l’aiuto e l’appoggio ai titini delle foibe istriane e

che il Pci andava a braccetto con l’Urss dei gulag, delle persecuzioni razziali.

Omettendo che i comunisti si spellarono le mani per applaudire ai carri e i morti che vi furono in Ungheria,

la storia degli eccidi di innocenti dal ‘46 al ‘49 in Emilia dei partigiani,

omettendo i baci e gli abbracci affettuosi che i capi del Pci davano sempre ai vari Nicolae Ceausescu, Erich Honecker, Stalin, Nikita Krusciov

e così a tutta una serie di comunisti che notoriamente erano spietati e criminali contro i dissidenti e non solo.

Omettendo che il Pci era nell’Internazionale comunista che sostenne e appoggiò l’erezione del muro di Berlino,

la Palestina contro le ragioni d’Israele,

i militari russi a Praga per soffocare nel sangue la Primavera di libertà, testimoniata dal tremendo sacrificio di Jan Palach,

che stava col patto di Varsavia nemico della Nato e dunque dell’Italia,

che era contro gli euromissili per proteggere l’Italia e l’Europa da quelli dell’Urss.


Quel Pci de “L’oro di Mosca” di Giovanni Cervetti oppure Valerio Riva, di “La toga rossa” Carlo Bonini e Francesco Misiani,
oppure dei tanti libri di Giampaolo Pansa.

Insomma, sulla Rai è andata la storia del Pci raccontabile, diciamo,
perché evidentemente dell’altra meno se ne parla e meglio è,
visto che testimonierebbe di un comunismo che della libertà,
della democrazia e del pluralismo ha fatto strame come tutte le peggiori dittature, del resto.

Ecco perché vorremmo che in nuova Costituzione, assieme all’antifascismo, ci fosse l’anticomunismo.

Anche perché e qui torniamo a bomba:

mentre il fascismo e i suoi orrori indegni è morto e sepolto,

il comunismo esiste ancora e assieme ai suoi eredi Pci,

Partito Democratico della Sinistra,

Democratici di Sinistra.

Leu.

Il Partito Democratico sostiene Conte, così come lo sostengono i cattocomunisti e i grillini che, infatti,
sono amici di Nicolás Maduro e della Cina dove notoriamente libertà, giustizia, pluralismo e democrazia trionfano.

Però, fatto strano, quando si tratta di affari e di interessi la democrazia e la libertà,
la giustizia e il pluralismo vanno a farsi fottere e il commercio prende il sopravvento.

È quello che è successo da noi con la via della seta,
con la Cina nel Wto (World trade organization) voluto da Bill Clinton
e confermato da Barack Obama e adesso poi con Joe Biden,
il Covid,
il Gran Reset o quel che sia, non ne parliamo.


Anzi a proposito di Biden, è un politico che all’inizio della campagna Usa dai dem era considerato così incapace da essere una quarta scelta.
Mentre oggi è considerato un guru: pensate l’ipocrisia fin dove arriva,
insomma Biden come primo atto ha tolto dallo studio ovale il busto di Winston Churchill per metterlo in fondo a un corridoio.

Honoré de Balzac diceva che l’invidia era un’ammissione d’inferiorità.


Ecco perché dei sinistri bisogna aver paura,

perché si ritengono i migliori ma in realtà sono i peggiori

e il governo Conte è sostenuto proprio dai più sinistri della storia repubblicana.



Ed è per questo che, in questi giorni di teatrino per via delle sbruffonate di Matteo Renzi,
Conte va cercando qualche moderato voltagabbana per darsi un tono liberale e riformista.

E per farlo tiene in ostaggio l’Italia.

Tiene in ostaggio un Paese che, se votasse, manderebbe a pedate nel sedere a casa l’attuale maggioranza-minoranza.

Tanto è vero che il capo dello Stato sta consentendo a Conte ciò che almeno all’apparenza non consentì al centrodestra,
cioè di cercarsi un po’ di voti in Parlamento per arrivare in Senato a superare i 161 di maggioranza assoluta.


Ebbene, viene da chiedersi perché, perché si tira a fisarmonica la Costituzione,
ben sapendo che i padri della Carta mai avrebbero accettato una cosa del genere ?

Mai avrebbero consentito il commercio dei posti, tanto è vero che i gruppi misti nascono dopo la Carta e nei regolamenti delle Camere.

Insomma, perché si lascia che l’Italia sia ostaggio di un accrocco simile che non potrà che fare peggio del precedente ?

La prima risposta che ci viene in mente è che, pur di evitare di ritrovarsi il centrodestra al governo,

i cattocomunisti, gli eredi di Togliatti e gli amici di Maduro e della Cina farebbero di tutto.


Perché sia chiaro: a parti invertite, come insegna la storia comunista che si festeggia, ci saremmo ritrovati i carri armati.

Sia chiaro: i carri armati del terzo millennio per i comunisti di oggi 4.0 non sono più i cingolati, i militari armati, i gulag e così via.


Sono i media, i social, la censura, le sardine, gli arcobaleni, i viola, i girotondi, i salotti radical chic, gli intellettuali e addirittura i preti.


Insomma, tutto ciò che possa sparare ad alzo zero contro il centrodestra fascista, razzista, xenofobo, sovranista, populista e pericoloso per l’Italia, specialmente adesso.


Come se ora fossimo in buone mani e Conte avesse fatto il bene dell’Italia,
quando nella iattura giallorossa ci ha portati alla deriva e ridotti al lumicino.

Insomma, l’esperienza scellerata con Renzi e Zingaretti del 2019 dovrebbero insegnare che ad offendere la democrazia,
rinunciando al giudizio popolare, si crea solo la rabbia elettorale e il male nazionale.

Del resto, quest’anno in Europa si vota ovunque, dunque la scusa del virus è una bugia,
come è una bugia che in questo momento sotto Recovery sarebbe assurdo perdere tempo.

Insomma, più perdita di tempo di quella indecorosa che vediamo sarebbe difficile da trovare, perché sia chiaro: la tarantella squallida durerà ancora.

Ecco perché vorremmo dire, come disse al Parlamento Oliver Cromwell
assieme ai suoi round head durante la Prima rivoluzione inglese, “in nome di Dio andatevene”.

Il condottiero voleva una classe politica integra, giustizia, libertà, pluralismo, diritti e garanzie per tutti i cittadini contro l’assolutismo Reale.

Ci riuscì qualche decina di anni dopo, nel 1688, con la Seconda e gloriosa rivoluzione inglese, un evento eccezionale per il mondo intero.

Nacque così infatti the Bill of rights, la Carta dei diritti, lo Stato di diritto, la separazione dei poteri.

Nacque così molto di quello straordinariamente ovvio giusto e naturale che, nonostante tutto e in larga parte, manca da noi:

uno Stato veramente liberale.


Viva l’Italia, la libertà, la democrazia, il garantismo, il pluralismo, la sovranità popolare e il suo giudizio.
 

Val

Torniamo alla LIRA
L’epidemia della metà del Trecento è nota anche con l’epiteto di “Morte nera” (dal latino mors nigra).

Fu chiamata così perché la malattia produceva macchie nere sulla pelle, chiamate carbonchi,
che sono versamenti sottocutanei di sangue che potevano essere molto grandi;
uscivano anche gonfiori chiamati bubboni o tumori ghiandolari, da cui deriva l’altro suo nome di peste bubbonica.

Il termine venne utilizzato per la prima volta nel 1350 da Simon de Covino (o Couvin),
astronomo belga autore del “De judicio Solis in convivio Saturni”, un componimento in cui ipotizzò
che il morbo fosse l’esito di una congiunzione tra Saturno e Giove :
“Cum rex finisset oracula judiciorum. Mors nigra surrexit, et gentes reddidit illi.”
(Quando il re mise fine agli oracoli del giudizio, nacque la Morte Nera e le nazioni si arresero ad essa).


L’epidemia venne chiamata “Morte nera” anche nella “Rerum Danicarum Historia
dello storico fiammingo Johannes Isacius Pontanus, edita nel 1631, anche se in tal caso
l’espressione venne resa in latino con atra mors: “Vulgo e ab effectu atram mortem vocitabant”.
(Comunemente e per i suoi effetti, l’hanno definita la morte nera).


Menzionando alcuni grandi classici della letteratura occidentale o testimonianze di storici contemporanei,
anche la peste del Trecento è un luogo letterario che compare sotto diversi aspetti:
come resoconto di uno storico,
come ammonimento all’uomo a non lasciarsi sopraffare dalla paura della morte,
come segno della fragilità dell’uomo e metafora del male di vivere e di molto altro ancora.

In tutta la penisola italiana e più particolarmente in quelle regioni in cui si andava creando
o erano già solidamente stabilite delle comunità rette da oligarchie mercantili i cronisti, particolarmente prolifici,
hanno registrato e raccontato i terribili giorni della peste nera.


Autori come il lucchese Giovanni Sercambi, il senese Agnolo di Tura
o ancora i fiorentini Matteo Villani, fratello del più celebre Giovanni, Marchionne di Coppo Stefani e Donato Velluti
hanno riportato, talvolta con descrizioni lunghe, dettagliate e cariche di pathos i tristi giorni del 1348.

Si pensi ad esempio alla “Cronaca senese” di Agnolo di Tura che racconta nei particolari l’arrivo della peste e la sua diffusione,
aggiungendo alla dimensione universale del flagello la testimonianza della propria esperienza personale:
“E io Agnolo di Tura detto il grasso, sotterrai cinque miei figliuoli co’ le mie mani; e anco fuoro di quelli che furono si mal cuperti di terra,
che li cani ne trainavano e mangiavano di molti corpi, per la città”.
“…Non è possibile a lingua umana a contare la oribile cosa, che ben si può dire beato a chi tanta oribilità non vidde.
E morivano quasi di subito, e infiavano sotto il ditello e l’anguinaia e favellando cadevano morti”.


Quando si parla della peste del 1348 non si può non evocare Giovanni Boccaccio,
che nelle pagine introduttive alla prima Giornata del “Decameron” (Dieci giorni, deka emeron in greco), racconta a suo modo la pandemia.

Boccaccio è a Firenze nel 1348, anno in cui imperversa il flagello.

Giovanni perde tra gli amici Matteo Frescobaldi, Giovanni Villani e Franceschino degli Albizzi.

Lutti dolorosi investono anche la stretta cerchia famigliare, con la scomparsa del padre e della matrigna,
in seguito alla quale Boccaccio eredita l’intero patrimonio parentale e ne assume la gestione assieme alla tutela del fratello minore.

Evento storico di tragica rilevanza e punto di snodo nella biografia boccacciana,
per l’adozione forzata delle piene responsabilità famigliari, la peste ritorna nelle pagine iniziali del Decameron:
l’“orrido cominciamento” diventa il motore capace di innescare l’azione del racconto, che incornicia le cento novelle del libro.

La finzione vuole che dieci giovani, sette donne e tre uomini, incontratisi nella chiesa di santa Maria Novella
durante l’imperversare del morbo, decidano di allontanarsi da Firenze e di attendere in campagna l’estinguersi dell’epidemia, dilettandosi con giochi, danze e racconti.


Lo scenario della terribile pestilenza che egli ci fornisce, è percorso da un senso di attonito sbigottimento
per il violento e rapido propagarsi della malattia, che è causa non solo di morte ma di disgregazione del tessuto sociale della città,
di ricerca di illeciti guadagni, di scomparsa degli affetti più solidi, poiché
“li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano”.

Il comune denominatore alle efferatezze presentate da Boccaccio, con il rigore del cronista
e la partecipazione del testimone oculare, è indicato nell’infrazione delle leggi naturali e sociali.

Firenze, afflitta dal morbo, conosce un abbruttimento degli esseri umani,
che per timore del contagio disdegnano di soccorrere, come nel brano qui sopra riportato, anche i parenti più prossimi, figli inclusi.

Alla rottura dei vincoli famigliari si associa il sovvertimento dell’ordine morale e religioso,
con la dissacrazione del culto dei morti e l’instaurarsi di regimi di vita dissoluta.


Di questo flagello, Boccaccio lascia insoluto il dubbio circa la causa:
punizione divina per i peccati degli uomini o maligni influssi astrali ?

Scrive infatti: “…pervenne la mortifera pestilenza: la quale, per operazion de’ corpi superiori
o per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali,
alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle d’inumerabile quantità de’ viventi avendo private,
senza ristare d’un luogo in uno altro continuandosi, verso l’Occidente miserabilmente s’era ampliata”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Sembra ieri, che oggi abbiano preso spunto da quell'evento ?


In realtà, “l’orrido cominciamento” è solo l’inizio dell’iter narrativo,
impervio all’inizio come la scalata di una “montagna aspra”,
ma poi estremamente piacevole quando si arriva sul pianoro.

L’allontanamento dalla città dei giovani fiorentini per evitare il contagio
è il pretesto narrativo che muove la storia ma, al tempo stesso,
rappresenta anche il riaffermare la speranza di poter ricostruire quel senso di comunità sociale
fondata su valori condivisi e riaffermare il prevalere della vita, nelle sue molteplici potenzialità espressive,
sul senso di morte fisica e di oscuramento della ragione.

Ė una visione di tipo laico e terreno che, per certi aspetti, anticipa l’atteggiamento dell’Umanesimo di fronte alla vita,
specie nell’abbandonarsi alla piacevolezza del vivere per contrastare e accettare la sofferenza e il dolore.


Sempre Boccaccio scrisse che “non altramenti si curava degli uomini che morivano, che ora si curerebbe di capre”.

Alcuni si nascondevano in casa, mentre altri rifiutavano di riconoscere la minaccia e ritenevano che l’unica soluzione fosse
“il bere assai e il godere e l’andar cantando attorno e sollazzando e il sodisfare d’ogni cosa all’appetito che si potesse, e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi”.


In quegli anni, il compito di proteggere dalla peste era assegnato alla Vergine e a San Sebastiano
(le ferite delle frecce scagliategli contro durante il suo martirio corrispondevano per analogia ai segni sul corpo dei malati).

Nondimeno la Chiesa nel Trecento uscì dalla peste più ricca in beni materiali lasciati dai morenti per assicurarsi il paradiso, ma meno popolare di prima.

Incapace di dare una risposta più convincente che non fosse il solito castigo divino,
non sempre era stata vicina al suo gregge nel momento della necessità.

La peste nera causò la crisi delle concezione medievale di uomo e di universo, scuotendo le certezze della fede.


Dal punto di vista medico veniva ritenuto plausibile che l’aria potesse favorire il trasferimento dell’infezione,
in quanto dopo aver attaccato un’area e portato la morte, l’aria poteva circolare e portarsi in una regione adiacente.

L’idea della infezione dell’atmosfera era già stata formulata da Galeno:
ciò che è stupefacente è che nessun medico medievale aveva potuto formulare una ipotesi (più) logica per la spiegazione della Morte Nera,
che avrebbe potuto interferire o contraddire la teoria della atmosfera avvelenata.


Secondo il medico bolognese Tommaso Del Garbo, testimone oculare dell’epidemia,
il primo e più sicuro rimedio era quello di fuggire dal luogo in cui infestava la pestilenza,
e recarsi in un luogo dove l’aria “fosse più sana”.

A coloro che rimanevano in città, soprattutto preti, medici e notai, veniva consigliato prima di entrare in camera del malato
di aprire porte e finestre in modo da far cambiare l’aria: “è ‘l lor alito velenoso, per mezzo del quale l’ aria della camera diventa putrida e infetta”.

Inoltre veniva loro consigliato di lavarsi le mani, il naso, la faccia e la bocca con aceto ed acqua rosata e tenere in bocca due granelli di garofani.

Non bisognava avvicinarsi all’ammalato per evitare il contagio.


Non ci sono ovviamente dati precisi sul numero di morti,

ma secondo ricostruzioni e rapporti giunti fino ai giorni nostri si ritiene l’epidemia di peste,

esauritasi dopo sette anni nel 1353, possa aver ucciso più di un terzo della popolazione europea,

quindi circa 20 milioni di persone.



È interessante scoprire quali conseguenze ha lasciato l’epidemia su un tessuto sociale così degradato.

Sono infatti completamente cambiati, dopo l’epidemia, i modelli culturali medioevali:
le gravissime perdite in vite umane causarono una ristrutturazione della società dagli effetti positivi nel lungo termine.

Il crollo demografico, fece sì che i terreni meno redditizi vennero abbandonati
e in alcune zone ciò portò all’abbandono di interi villaggi ma, allo stesso tempo,
rese disponibile a una percentuale significativa della popolazione terreni agricoli e posti di lavoro remunerativi;
le corporazioni, per necessità, ammisero nuovi membri, cui prima si negava l’iscrizione;
inoltre i fitti agricoli crollarono, mentre le retribuzioni nelle città aumentarono sensibilmente.

Per questo, dopo la peste un gran numero di persone poté godere di un benessere in precedenza irraggiungibile.

L’aumento del costo della manodopera richiese una maggiore meccanizzazione del lavoro,
così il tardo Medioevo divenne un’epoca di notevoli innovazioni tecniche.


Infine, come conseguenza della pandemia,

le autorità incominciarono a sviluppare, e continuarono a farlo nei secoli successivi,

ordinanze e regolamenti atti a tentare di prevenire o curare la peste
che, ciononostante,

continuò a ripresentarsi a cadenza quasi periodica.



Ogni qualvolta ci fosse un’avvisaglia di una nuova epidemia,

si prese l’abitudine di limitare i movimenti di merci e persone istituendo quarantene,

certificati sanitari e migliorando le condizioni igieniche delle città.
 

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