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mercoledì 10 dicembre 2014

Pell: «Centinaia di milioni di euro di fondi nascosti in Vaticano»




Fonte: http://www.corriere.it/cronache/14_dicembre_04/pell-centinaia-milioni-euro-fondi-nascosti-vaticano-db0e1d9c-7b8c-11e4-b47e-625f49797245.shtml

SUL CATHOLIC HERALD. IN VATICANO, IN CORSO IL LAVORO DI REVISIONE


Fondi extrabilancio. Il segretario per l’economia: «La Santa sede non è in fallimento». «Una gestione del passato, ma stiamo portando le finanze nel 21esimo secolo»

di [FONT=main-condensed_regular]M. Antonietta Calabrò

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[FONT=main-condensed_regular]Il disegno con il quale lo Spectator ha illustrato le dichiarazioni di Pell

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Il lavoro di riforma della finanze vaticane ha fatto scoprire centinaia di milioni di euro che non comparivano nei bilanci ufficiali della Santa Sede. Lo afferma lo Zar delle finanze vaticane, il cardinale australiano George Pell, sul settimanale Catholic Herald in un articolo di oggi e anticipato sul sito dello Spectator sottolineando che paradossalmente a motivo di «fondi neri» le casse della Santa Sede sono più in salute di quanto inizialmente apparissero. «È importante sottolineare che il Vaticano non è in fallimento - scrive Pell -. A parte il fondo pensione, che ha bisogno di essere rafforzato per le richieste su di esso nei prossimi 15 o 20 anni, la Santa Sede sta facendo la sua strada, essendo in possesso un patrimonio e investimenti consistenti».


Il bilancio del 2014: 24 milioni in rosso

Per rendersi conto della portata delle dichiarazioni di Pell , bisogna considerare che il consuntivo consolidato della Santa Sede per l’anno 2013 , approvato nel luglio 2014 , ha chiuso con un deficit di 24.470.549 dovuto soprattutto alle fluttuazioni negative derivanti dalla valutazione dell’oro per circa 14 milioni di euro. Quindi la scoperta di centinaia di milioni di euro extrabilancio dimostra che singole «parti» del Vaticano sono molto più floride della Santa Sede in quanto tale.




Fondi neri e possibili abusi

«In realtà - afferma il Prefetto vaticano per l’Economia -, abbiamo scoperto che la situazione è molto più sana di quanto sembrasse, perché alcune centinaia di milioni di euro erano nascosti in particolari conti settoriali e non apparivano nei fogli di bilancio. È un’altra questione, a cui è impossibile rispondere, quella se il Vaticano dovrebbe avere riserve molto più grandi». Secondo Pell, finora nelle finanze vaticane «Congregazioni, Consigli e, specialmente, la Segreteria di Stato, hanno goduto e difeso una sana indipendenza. I problemi erano tenuti “in casa” (come si usava nella maggior parte delle istituzioni, laiche e religiose, fino a poco tempo fa). Pochissimi erano tentati di dire al mondo esterno che cosa stava accadendo, tranne quando avevano bisogno di un aiuto supplementare». Il porporato sostiene che per secoli personaggi senza scrupoli hanno approfittato della ingenuità finanziaria e delle procedure segrete del Vaticano. Le finanze della Santa Sede erano poco regolate e autorizzate a «sbandare, ignorando i principi contabili moderni». Ma ora non è più così: le nuove strutture e organizzazioni stanno portando le finanze vaticane nel 21/mo secolo e rendendo il loro funzionamento trasparente, con piena responsabilità. Sempre secondo Pell, «chi era nella Curia seguiva modelli a lungo consolidati. Proprio come i re avevano permesso ai loro governanti regionali, principi o governatori di avere quasi mano libera, purché i libri fossero in equilibrio, così hanno fatto i Papi con i cardinali di Curia (come fanno ancora con i vescovi diocesani)». Gli accantonamenti extra-bilancio per importi molto rilevanti come quelli rivelati dal cardinale Pell, naturalmente, costituiscono delle sacche all’oscuro dell’amministrazione centrale che possono dare occasione per possibili abusi

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ricordiamo la fondazione francis spellman,aperta dal monsi... donato de bonis, intitolATA AL POTENTISSMIMO CARD AMERICANO E CAV DI MALTA .ORD MILITARE AMERICANO CHE TENEVA I RAPPORTI TRA ,,,CIA ,VATICATO,AMM USA...sul quale transitarono la tang enimont ecc ecc ecc più i soldi della famiglia f.s.g. con vers cash di miliardi di lire, con prelievi cash allo sportello i..o.r in contemporanea dei signori d. v.c, e l.b.:D:cool::cool::V:specchio:
 

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adimir Putin
Caduta libera del rublo: brillante stratagemma dei maghi economici russi? Chi gioca a scacchi?

dicembre 19, 2014 Lascia un commento

Peter Koenig, Vineyard Saker 18 dicembre 2014
Il mondo ancora si affida all’energia basata sugli idrocarburi. La Russia è il maggiore produttore mondiale di energia. La Russia ha recentemente annunciato che in futuro venderà energia non più in dollari, ma in rubli e valute dei partner commerciali. In realtà, questa regola si applica a tutte le transazioni. Russia e Cina staccano le loro economie da quella occidentale. A conferma di questa decisione, nel luglio 2014 la russa Gazprom concluse un accordo da 400 miliardi di gas con la Cina, e a novembre ha firmato un ulteriore contratto leggermente più piccolo, in rubli e yuan. I restanti Paesi BRICS, Brasile, India e Sud Africa e i membri della Shanghai Cooperation Organization (SCO), Cina, Russia, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, ed anche gli osservatori che ne considerano l’adesione, dal settembre 2014, India, Pakistan, Afghanistan, Iran e Mongolia, con la Turchia che attende, useranno la valuta locale, distaccandosi dal sistema dei casinò occidentali del dollaro. Altre nazioni sempre più stanche della decadenza del sistema finanziario occidentale, bloccate, attendono solo che un nuovo regime monetario emerga. Finora i governi possono avere avuto paura della collera dell’imperatore, ma a poco a poco vedono la luce. Sanno della farsa e della debolezza dietro il chiasso di Obama. Non vogliono essere risucchiati nel buco nero, quando il casinò collasserà.
Per punire la Russia sull’Ucraina, Obama firmerà una legge per imporre nuove sanzioni contro la Russia, a seguito dell’adozione unanime al Congresso di una mozione in tal senso. Questo è ciò che MSM vorrebbe far credere. E’ incredibile che dieci mesi dopo che Washington ha istigato il massacro di Majdan e dal colpo di stato nazista voluto da Washington, MSM continui ancora a mentire sull’origine di tale governo e sui massacri che commette nel Donbas, sull’unanimità del Congresso. Quale Congresso e quale unanimità?, dove su 425 deputati, solo 3 erano presenti al momento della votazione. Gli altri si sarebbero già recati nei loro covi di fine anno, o forse avevano ‘vergogna’ o paura ad opporsi al disegno di legge. È un dato di fatto che dei tre presenti al voto, due obiettarono. Solo dopo un po’ di braccio di ferro sul no, furono disposti a dire di sì. Questo è il modo in cui il voto ‘unanime’ s’è avuto, come sbandierato da MSM: l’unanimità di tre voti! Il grande pubblico è ingannato ancora credendo a ciò che non è.
Quali sono le nuove sanzioni che tale disegno di legge così sbandierato comporta? Si rivolge a società energetiche e industrie della Difesa per lo più russe, per le vendite alla Siria, nonché ulteriore propaganda anti-Russia e programmi di “democratizzazione” dell’Ucraina, e della Russia; tutti Paesi obiettivo del cambio di regime. In che modo queste sanzioni colpiscono la Russia, tanto più che tutte le vendite energetiche russe non sono più in dollari? Propaganda pura. L’imperatore nudo ancora una volta gioca un bluff insensato. Mostrare ai suoi tirapiedi occidentali di essere al potere, ma è un esibizionista sempre più debole. Ora, in conseguenza del calo dei prezzi del petrolio e delle “sanzioni” occidentali e naturalmente, di cos’altro ancora?, l’economia russa soffre e il rublo è in caduta libera. Dall’inizio dell’anno ha perso circa il 60%; solo la scorsa settimana il 20%. Il risultato, dopo una seria considerazione, dice MSM, la Banca centrale russa ha deciso qualche giorno fa d’aumentare l’interesse dal 10,5% al 17% per rendere il rublo più attraente agli investitori stranieri. Ha funzionato solo per poche ore. Stimolare l’interesse interbancario è stata la risposta di Putin al bluff di Obama, alimentando allo stesso tempo illusione occidentale sul declino della Russia. I tamburi della propaganda vi dicono che la Russia è impotente perché il mondo ha perso fiducia nel Presidente Putin, naturalmente. Il cambio di regime è all’ordine del giorno. Putin deve esserne incolpato, sperando di screditarlo presso il popolo. Guida la Russia verso una profonda recessione, la peggiore dal crollo dell’Unione Sovietica. I media mainstream mostrano interviste con comuni russi che dicono di aver perso risparmi, che stipendi e pensioni non valgono nulla più e non sanno come sopravvivere all’imminente calamità. In realtà, almeno l’80% della popolazione russa è solidamente con Vladimir Putin. Gli ha riportato istruzione universale, sanità e infrastrutture che erano fatiscenti dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Il Presidente Putin è letteralmente venerato come un eroe dalla grande maggioranza dei russi, anche dagli oligarchi del Paese. In realtà, nessuno nel sistema economico occidentale in questi giorni tratta rubli. In miope connivenza con Washington, il tesoro dei vassalli occidentali rilascia le riserve in rubli, che la Russia non compra inondando così il mercato. La Russia non solo ha grandi riserve di dollari, ma il rublo è sostenuto dall’oro, un fatto costantemente omesso da MSM. Per ora, la Russia preferisce lasciare che il rublo precipiti.
Sotto un altro ‘accordo’ da bullo di Obama, i burattini produttori di petrolio del Medio Oriente, come Arabia Saudita e Stati del Golfo, sono in sovrapproduzione inondando il mercato di benzina e gas, in modo da abbassare il prezzo a detrimento apparente di Russia e Venezuela, due Paesi in cui Washington vuole il cambio di regime. Un doppio smacco per Washington, che pensa di comparsi i complimenti dei tirapiedi. Gli sceicchi che controllano la produzione di energia apparentemente hanno avuto promesse abbastanza chicche da Washington per stringere i denti e andare in perdita. La Russia ha bisogno dei rubli, sono la sua valuta. La Russia ha bisogno di valuta per il commercio futuro, indipendente dal sistema monetario occidentale. Quando la Russia riterrà che la sua moneta ha raggiunto il fondo, riacquisterà i rubli a buon mercato con enormi quantità di dollari. La Russia potrà quindi inondare il mercato occidentale di dollari, e ora sappiamo cosa lo rende una moneta, e contemporaneamente riacquisterà rubli dall’occidente. Una brillante mossa per ristabilire la valuta della Russia nel nuovo sistema monetario emergente, dove l’Europa sarebbe la benvenuta, se lo facesse volontariamente e non tramite un braccio di ferro con Washington. È un altro segnale di guerra? Un confronto nucleare o una seconda Guerra fredda? Segnale di un attacco sotto falsa bandiera per far cadere in trappola Mosca? Non necessariamente. La Russia gioca una partita a scacchi intelligente e con una diplomazia al suo meglio. Invece del tintinnio di sciabole, la Russia sferraglia la moneta. Potrebbe infliggere un fiasco finanziario ai primi del 2015 alle economie occidentali denominate in dollari ed euro. E il vincitore è…?
Peter Koenig è un economista ed analista geopolitico. Ex-dirigente della Banca Mondiale, ha lavorato nel mondo nei settori dell’ambiente e delle risorse idriche. Scrive regolarmente per Global Research, ICH, RT, la Voce della Russia, RIA Novosti, Vigna di Saker, e altri siti. E’ autore di Implosione: un thriller economico su guerra, distruzione ambientale e dominio delle multinazionali, racconto basato su fatti e 30 anni di esperienza nella Banca Mondiale
 

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IL BAZOOKA CHE SPARO' CORIANDOLI



A proposito della BCE e del possibile quantitave easing, ci sono due semplici concetti chiave da dover comprendere.
Il primo è che la BCE non puo' finanziare direttamente i governi e questo pregiudica la possibilità da parte della BCE di comprare direttamente debiti sovrani, cioè di fare un quantitative easing sul debito pubblico; la seconda è che la BCE ha come mandato quello di garantire la stabilità dei prezzi (cioè l'inflazione posta come target al 2%) e la stabilità del sistema finanziario.

Ora, siccome la stabilità dei prezzi è minacciata da spinte deflazionistiche in molti paesi dell'area mediterranea che, peraltro, mettono a rischio anche la stabilità finanziaria dell'intera area poiché rendono i debiti pubblici difficilmente sostenibili, la BCE, in assenza di modifiche ai trattati istitutivi dell'euro e al proprio statuto, potrebbe aggirare il primo divieto (quello di comprare debiti sovrani), facendo leva sulle attribuzioni del suo mandato che è quello di garantire la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria dell'intera area.
https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=3447318220795922183
Quindi, in altre parole, dovrebbe dire: "siccome la deflazione pregiudica la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria dell'intera area, come estrema ratio, non abbiamo alternativa che comprare debito pubblico finanziando direttamente gli stati, pur violando apertamente il principio secondo il quale la Bce non puo' finanziare i singoli governi". Un discorso del genere, benché reso più istituzionale da parte della BCE, è semplicemente qualcosa di logicamente improponibile da ascoltare ed è espressione delle innumerevoli contraddizioni della moneta unica. Non c'è nulla da dire: in questo, i padri fondatori dell'euro sono stati dei veri fenomeni.

Ora, ammesso che si giunga ad un QE, comprare debito pubblico direttamente dai governi vuol dire assolutamente nulla ai fini della capacità di questa azione di garantire la stabilità dei prezzi e quindi ai fini dell'aumento dell'inflazione fino al 2%.
Per il semplice motivo che l'inflazione potrà avvicinarsi al target della BCE (2%) solamente se la moneta circola nell'economia reale, cioè se potrà essere spesa da famiglie e imprese. Quindi occorre farla circolare.

Se uno stato (ancorché fallito) riceve i soldi della BCE, per fare circolare la moneta nell'economia reale (cioè tra famiglie e imprese) ha solo 2 possibilità: la prima è quella di aumentare la spesa pubblica o la spesa per investimenti, che si si traduce in reddito di qualche altro individuo e quindi in capacità di spesa che non deve essere aggredita da prelievi fiscali; la seconda è quella di diminuire le tasse, in modo che le famiglie abbiano più redditi disponibili da consumare e le imprese maggiori utili da poter reinvestire. Se le regole europee stabiliscono che le nazioni non possono spendere per via del pareggio di bilancio, non si capisce in che modo l'acquisto di debito sovrano da parte della BCE possa giungere all'economia reale e quindi contribuire ad aumentare l'inflazione verso il target della BCE. Quindi, ammesso che non prevalgano le posizioni tedesche contrarie ad un intervento di questo genere, in assenza di un alleggerimento dei vincoli di bilancio, l'acquisto di debito sovrano da parte della BCE sarà strumentale solamente ad alimentare la bolla sul mercato obbligazionario che già quota prezzi del tutto asimmetrici rispetto alle reali condizioni di molte economie.

In molti paesi sta crescendo il consenso elettorale a sostegno di molti partiti anti euro. Proprio ieri, Tsipras, il leader del partito greco Syriza, ha affermato che se dovesse vincere le elezioni cancellerà l'austerità imposta dalla Troika e rinegozierà il debito pubblico. Al netto delle sparate di mera propaganda elettorale del leader, non mi sembra che sia un atteggiamento tanto favorevole e costruttivo ad incentivare i tedeschi ad assumere una posizione più morbida tale da favorire l'acquisto di debito dei paesi mediterranea da parte della BCE.

Sempre in Grecia, nelle ultime settimane la borsa è crollata e i
tassia breve termine hanno subìto un aumento repentino, provocando l'inversione della curva dei rendimenti. I Crediti Default Swap, anch'essi in aumento, sono arrivati oltre i 900 punti.​
Che significa questo? Significa che i mercati non si fidano più della solvibilità del debito sovrano.
Samaras qualche giorno fa ha affermato che la Grecia, in mancanza di nuovi aiuti dalla Ue, riuscirebbe ad avere risorse finanziarie sufficienti solo fino alla fine di febbraio.
I mercati stanno cominciando a prezzare il default della Grecia e anche l'eventuale uscita dalla moneta unica, per via della prospettiva che Syriza vinca le elezioni se si dovesse andare al voto, qualora il parlamento greco non riesca ad eleggere il nuovo Presidente.

In italia l'euroscetticismo sta conoscendo vette non immaginabili fino a qualche tempo fa. La stessa cosa accade in Francia con il partito della Le Pen e in Spagna con Podemos. Insomma, personalmente non scommetterei nulla sul fatto che l'euro tra qualche anno possa ancora esistere.


Quella appena descritta è una semplice rappresentazione del perimetro entro il quale dovrebbe nascere il quatitative easing di Draghi per salvare l'euro da se stesso.
E' chiaro, quindi, che stati cerchino delle soluzioni di compromesso finalizzate ad arginare quanto più possibile l'eventualità di doversi accollare delle perdite prodotte da un eventuale abbandono della moneta unica da parte di alcuni paesi, ammesso che l'euro possa sopravvivere ad un'ipotesi del genere.

Per chi crede che la Bce possa fare un quantitative easing sui debiti sovrani nello stesso stile delle altre grandi banche centrali, la stampa riporta indiscrezioni secondo le quali i paesi deboli dell'eurozona dovrebbero in qualche modo farsi garanti degli acquisti della BCE attraverso la creazione di appositi fondi in seno alle singole banche centrali nazionali, oppure attraverso l'estensione dei fondi già esistenti (presumo l'ESM). Cioè, stati falliti dovrebbero garantire chi garantisce la solvibilità di stati falliti, che sarebbe la BCE. Il trionfo del nulla, verrebbe da dire.


Se dovesse nascere in questo modo, sarebbe un QE farlocco e se i mercati dovessero svegliarsi dalla sbornia soporifera offerta dalle parole rassicuranti di Draghi andando a vedere il bluff, scoprirebbero che c'è assai poco che possa essere fatto da Draghi. Per dirla in parole più semplici: verrebbe giù tutto alla velocità della luce.
 

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Il Rublo, Il Petrolio, lo Shale Gas, I Derivati e l’Egemonia Americana

Pubblicato su 21 Dicembre 2014 da cm in ECONOMIA
Di: Federico Pieraccini

Ci sono due nodi centrali relativi alla svalutazione del Rublo e nel deprezzamento del dollaro da tenere in considerazione: la conservazione dell’egemonia Americana e la bolla speculativa dei derivati legati all’industria dello Shale Gas. Senza questi elementi interconnessi tra loro, risulta impossibile comprendere quali siano le motivazioni e le conseguenze di queste azioni economiche artificiali.
Questa vicenda va quindi necessariamente affrontata da prospettive diverse, una geopolitica e una prettamente economica.
Il crollo del Petrolio
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Il deprezzamento del petrolio pare essere una strategia implementata di comune accordotra il dipartimento di stato USA e la casa reale Saudita. Come si evince da questo articolo, gli incontri di Settembre 2014, tra Kerry e il principe Abdullah hanno posto le basi per una diminuzione del prezzo del greggio (rispetto al valore di mercato) e contemporaneamente un diniego nella riduzione della produzione quotidiana. Una manipolazione artificiale del prezzo del petrolio a tutti gli effetti. Parrebbe essere questo il principale motivo per cui, nonostante un crollo interno delle borse negli emirati (Tra Dubai, Q8, Ryad e Doha vi sono stati perdite tra l’8% e il 20% in una singola giornata ieri 16/12), non ci siano intenzioni a breve termine di diminuire la produzione giornaliera.
Gli effetti immediati di questa situazione sono tangibili in paesi in cui il break-even ( “Il punto di pareggio è un valore che indica la quantità, espressa in volumi di produzione o fatturato, di prodotto venduto necessaria a coprire i costi precedentemente sostenuti, al fine di chiudere il periodo di riferimento senza profitti né perdite.”) per l’estrazione di greggio varia sopra i 100$. Dall’Iran al Venezuela, passando per la Russia, tutte queste nazioni stanno risentendo del crollo nel valore del greggio. Gli emirati meno, dato che il loro punto di pareggio si attesta intorno ai 65$.
E’ una situazione che per alcuni paesi non è sostenibile a lungo, naturalmente non parliamo del Russia che comunque ha una buona base economica (debito pubblico basso, riserve auree elevate, molta liquidità in valuta estera), ma piuttosto di paesi come il Venezuela (break even a 160$) che ricevono molto dei propri introiti dai guadagni sulla vendita del petrolio. Unendo a questa situazione, le sanzioni imposte su Caracas, ecco che potremmo trovarci di fronte ad un crack economico venezuelano (Zero Hedge pone al 93% la possibilità di un default). Senza dimenticare che anche il petrolio Iraniano è colpito da questi ribassi (break-even a 136$), con grande soddisfazione di Ryad, suo competitor regionale.
Inondare il mercato di un bene con una richiesta molto bassa (Siamo al peak della richiesta di greggio?) ha effetti di deflazione e questo risulta tangible anche agli osservatori meno attenti. Se l’economia mondiale rallenta, di conseguenza anche la necessità di energia calerà contestualmente. Se questo calo non viene corrisposto da una diminuzione nella produzione (come richiesto all’OPEC 2 settimane fa), ecco che il prezzo crolla fino al valore attuale. In un certo senso, il cittadino comune potrebbe obiettare che il prezzo al barile attuale è molto più in linea con i valori di mercato in questa fase mondiale economica. Purtroppo è solo uno dei tanti punti di vista da cui osservare questo scenario e certamente non offre una spiegazione completa.
Il deprezzamento del Rublo
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Indubbiamente vi è una correlazione abbastanza forte tra la caduta nel prezzo del greggio e il crollo nel valore del Rublo. Ma anche questa teoria non offre una spiegazione sufficiente. Ci sono altri fattori che non possono essere ignorati.
Le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti e l’Unione europea impediscono concessione di prestiti a società russe, con termini di pagamento oltre i 30 giorni. Dato che le imprese russe ottengono denaro dell’occidente a basso prezzo sin dalla fine della Guerra Fredda, le sanzioni attualmente impediscono una ristrutturazione dei prestiti precedenti e ulteriori rifinanziamenti degli stessi. Le conseguenze sono che queste aziende devono adesso comprare euro e dollari per prendersi cura dei loro prestiti , creando così più domanda di valuta estera nel mercato russo e quindi indebolendo il rublo. Da un punto di vista puramente affaristico, le aziende Russe vorrebbero vedere un comportamento diverso della banca centrale Russa, come ci spiega Alexander Mercourius:
“Quello di cui ho il sospetto, riguardo a ciò che sta succedendo, è che i maggiori speculatori contro il rublo siano proprio le banche e aziende russe che hanno una grande quantità di prestiti in dollari da ripagare prima della fine dell’anno. Invece di pagare questi debiti con le loro riserve, stanno mettendo pressione sul governo e la Banca centrale convertendo i rubli in dollari e speculando contro il rublo. E’ questo aspetto più di ogni altro fattore che ha causato la recente disfatta del rublo. A giudicare da quello che Ulyukaev dice, il governo e la Banca Centrale hanno sostanzialmente capitolato e hanno deciso di aiutare le banche conferendo loro alcune delle riserve della Banca centrale. Questo potrebbe spiegare perché l’aumento dei tassi di ieri (15/12) sia stato così inefficace e perché nelle ultime ore il rublo si sia invece rafforzato.”
In effetti analizzando gli effetti collaterali del Bond emesso dalla Rosfnet il 12 Dicembre 2014 (625 Miliardi di Rubli – pari a 11 Miliardi di dollari al 15/12), sembrerebbe che alla fine la Banca Centrale Russa abbia ceduto e siano stati proprio loro ad acquisire questo enorme Bond, rifinanziando le scadenze dei prestiti, con le banche occidentali, della Rosfnet. Si potrebbe obiettare che gli Stati Uniti utilizzino la medesima tattica economica con la FED semplicemente stampando denaro. Il comportamento della banca centrale Russa, analogo a quello della FED , è stata una mossa obbligatoria, sia chiaro. Il problema è che il sistema globale è tarato sul Dollaro, non sul Rublo. La Russia ha utilizzato un metodo occidentale per creare soldi e ne paga le conseguenze che tanto spaventa gli Americani con il processo di De-Dollarizzazione.
Il fattore geo-politico di questa crisi
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“Non avremmo mai potuto immaginare quello che sta accadendo, si materializzano i nostri incubi peggiori. E nei prossimi giorni penso che la situazione sarà paragonabile al periodo più difficile del 2008″ – Serghiei Shvetsov, primo vice governatore della Banca centrale Russa.
La domanda più interessante da porsi è: Le Autorità Russe potevano prevedere questo attacco combinato petrolio-rublo-sanzioni ? La risposta è si e lo hanno fatto. Peccato che nessuno potesse immaginare un’accelerazione così immediata di questa strategia. Nemmeno nei più profondi incubi Russi, in 6 mesi il petrolio sarebbe diminuito di metà del suo valore e il rublo deprezzatosi per oltre il 50% in 12 mesi. Quella americana è una tattica che impone un fattore di rischio elevatissimo e che mette in pericolo l’intera economia globale, come vedremo.
Per quale motivo allora gli Stati Uniti e i loro partner sono arrivati ad intraprendere questa via così piena di incognite ? Anche in questo caso la vi sono risposte multiple. Certamente la spinta principale riguarda la strategia geopolitica del ‘regime-change’ in paesi come Venezuela, Iran e Russia (ovvero quelli più colpite dal crollo del prezzo di Petrolio). Se con i normali metodi di softpower i risultati sono stati poco apprezzabili (l’Iran vola verso l’accordo 5+1, Assad è sempre più solido in Siria, Putin sempre più apprezzato in patria e Maduro è riuscito a riguadagnare le redini del paese dopo un periodo di instabilità seguita alla morte di Chavez e alla porteste artificiali estive), in chiave economica la leva per ottenere questi cambiamenti aumenta notevolmente, ma anche i rischi. Il crollo della valuta, la diminuzione delle revenues dal greggio, l’aumento dei prezzi, l’aumento dell’inflazione, la diminuzione potere di acquisto e così via sono l’arma con cui l’America è convinta di poter continuare il suo ruolo egemone nel mondo. Indurre ad un crollo interno nazioni rivali grazie ad una combinazione di fattori (Sanzioni, Petrolio, Valuta).
Quali sono i rischi di questa strategia ?
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Dopo aver analizzato le motivazioni e i metodi utilizzati per perseguire questa strategia Kamikaze, passiamo alla parte certamente più interessante ma anche più inquietante: i rischi. La crisi Ucraina, l’unione eurasiatica, la de-dollarizzazione e i mega accordi stipulati tra i paesi Brics hanno spinto ad una reazione violenta Washington, in un gioco da ‘rischia tutto’.
Il fattore che si porta dietro le maggiori incognite ma anche i maggiori timori è il mercato dello Shale Gas/Oil americano. Innalzato come vessillo dell’indipendenza energetica americana, bramato come arma per transitare dal medio-oriente verso l’asia (parte della strategia del “Asian Pivot”), innegabilmente ha giocato (e tutt’ora recita) un ruolo primario nei piani dei policy makers a Washington.
Eppure ciò che viene abilmente taciuto dai media mainstream riguarda gli effetti collaterali, sul mercato dello shale gas, di un prezzo così basso del petrolio. Il punto di pareggio per questi nuovi metodi di estrazione è intorno agli 80-85$ a barile. Risulta semplice comprendere quindi che con un prolugarsi dei prezzi così bassi, gli effetti saranno devastanti per tutto il mercato dello Shale in USA (il primo caso di questo genere è già avvenuto, la Red Fork Energy Australiana ieri è entrata in amministrazione controllata). Se fossero solo queste le conseguenze, potremmo anche considerarle irrilevanti. I problema nasce quando ci si focalizza sui prestiti che questa aziende non riusciranno a restituire alle banche creditrici. Un default del settore scatenerebbe un meccanismo a cascata che finirebbe per intaccare la madre di tutte le bolle speculative: i derivati in pancia alle Banche occidentali.
Il grande rischio globale che gli Stati Uniti si stanno prendendo in carico per mantenere la loro egemonia globale non è molto diversa da un attacco nucleare preventivo (pare una dottrina da first strike in chiave economica). Se il prezzo del petrolio (artificiosamente manipolato) dovesse trascinarsi nell’abisso l’industria dello Shale Gas Americano, tutti i prestiti da rimborsare alle banche USA andrebbero in fumo. Con loro tutto il mercato dei derivati.
Diamo dei numeri a queste parole e vediamo QUANTI di questi strumenti finanziari, le banche americane possiedono:
JPMorgan Chase
Attività totali: $ 2,520,336,000,000 (circa 2,5 triliardi di dollari)
L’esposizione totale ai derivati: $ 68,326,075,000,000 ( più di 68 triliardi di dollari )
Citibank
Attività totali: $ 1,909,715,000,000 (poco più di 1,9 triliardi di dollari)
L’esposizione totale ai derivati: $ 61,753,462,000,000 ( più di 61 triliardi di dollari )
Goldman Sachs
Attività totali: 860.008 milioni dollari (meno di un trilione di dollari)
L’esposizione totale ai derivati: $ 57,695,156,000,000 ( più di 57 triliardi di dollari )
Bank Of America
Attività totali: $ 2,172,001,000,000 (un po ‘più di 2,1 triliardi di dollari)
L’esposizione totale ai derivati: $ 55,472,434,000,000 ( più di 55 triliardi di dollari )
Morgan Stanley
Attività totali: 826,568 miliardi dollari (meno di un triliardo di dollari)
L’esposizione totale ai derivati: $ 44,134,518,000,000 ( più di 44 triliardi di dollari )
Un paragone utile per realizzare pienamente di quali numeri stiamo parlando: il debito pubblico americano ammonta a 18 Triliardi di dollari. Il mercato dei derivati delle sole 6 banche più grandi d’america ammonta a quasi 16 volte il debito americano.
Siamo di fronte quindi all’ennesimo dilemma già posto nella crisi finanziaria del 2008: lasciar fallire le banche o salvarle ? In questo caso ci sono due possibili strade da percorrere: Stampare moneta (la FED) senza preoccuparsi dell’aumentare proprio debito pubblico (l’esempio usato è il Giappone con il 300% di debito pubblico) oppure lasciar fallire le banche, trascinando nel vortice tutta l’economia Americana, Europea e probabilmente globale.
Dando per assodato che la manipolazione del Petrolio e di conseguenza del Rublo sono una mossa geopolitica, qual è la strategia vincente che Washington spera di ottenere, senza provocare un collasso globale dell’economia ? Favorire un regime change in Venezuela, Iran e Russia in breve tempo oppure obbligare queste nazioni a scendere a patti con i diktat occidentali. E’ importante notare che il tempo NON è dalla parte dell’occidente. Il motivo è legato alle argomentazioni esposte sopra: un prezzo del greggio così basso manderebbe in malora il mercato dello Shale gas, causando un effetto a catena che annienterebbe le maggiori banche USA e potrebbe attivare la più grande bolla speculativa della storia umana, i derivati, che provocherebbero una crisi economica di fronte a cui quella nel 2008 verrebbe ricordata come una passeggiata.
C’è un fattore che conta più di ogni altra ed è considerata dagli USA come la vera chiave di volta di questa strategia. Se anche il mercato dello Shale arrivasse al collasso e le banche USA dovessero essere salvate nuovamente (come richiesto da loro stesse già l’11 Dicembre ), la soluzione potrebbe essere quella di semplicemente stampare più soldi dalla FED e aumentare il debito pubblico americano. Si potrebbe obbiettare che questo diminuirebbe nettamente la credibilità del Dollaro stesso. E’ un argomento di dibattito e nessuno ha una risposta certa. Sicuramente in USA sono convinti che se questa tattica dovesse avere successo e portare ad un regime change e collasso economico della Russia, la Cina sarebbe costretta a “ritornare all’ovile” (avendo perso il suo alleato numero 1), garantendo quindi solidità ai buoni del tesoro USA (la credibilità del dollaro dipende molto dalla Cina a causa dell’elevata quantità di BTP americani detenuti dai cinesi) e quindi alla credibilità del dollaro stesso (persino in una situazione in cui il debito pubblico dovesse passare da 16 a 36 triliardi di dollari).
Il problema di fondo resta sempre geopolitico. La visione egemonica che gli USA hanno e che vogliono mantenere. Al momento non hanno altri mezzi per combattere un cambiamento globale che sta transitando l’umanità in una fase non più unipolare (in cui gli americani erano l’unica super-potenza) ma multipolare (più attori sulla scena mondiale). Siamo alla resa dei conti e la deriva attuale ci pone davanti ad un rischio incalcolabile per l’intera economia globale… ne vale davvero la pena ?
Tratto da:Fractions Of Reality | ?La verità non è ciò che è dimostrabile, ma ciò che è ineluttabile?.
 
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“Al Comune spettano tutte le funzioni che riguardano la popolazione ed il territorio, in particolare è il Comune stesso che deve farsi carico delle esigenze nascenti in determinati settori specificamente delineati dal dettato normativo. “
A conferma di quanto sopra infatti, l’articolo 112 del T.U.E.L. enuncia che: “Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.
Queste ampie funzioni che come abbiamo visto vengono in diversi modi attribuite all’ente comunale, comportano uno serie di problematiche:
a) in primo luogo sono frequenti le controversie circa la definizione dei confini dei ruoli tra i livelli di governo in alcuni settori chiave quali, ad esempio, quello della tutela della salute, governo del territorio e dell’ambiente nonché in tema di servizi sociali.
b) In secondo luogo risulta problematico delineare il rapporto tra le nuove competenze attribuite al Comune e le effettive risorse che al Comune stesso vengono messe a disposizione.
Tutto questo in attuazione dell’art. 119 Cost. il quale prevede per i Comuni (Province, Città Metropolitane e Regioni) autonomia finanziaria di entrata e di spesa, tributi ed entrate propri, compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio nonché un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Prevede altresì il medesimo articolo che le risorse di cui sopra consentono al Comune di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Inoltre l’art. 7 del Decreto Legislativo 112/1998 prevede la “devoluzione alle regioni e agli enti locali di una quota delle risorse erariali tale da garantire la congrua copertura […] degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto
dell’autonomia politica e di programmazione degli enti; in caso di delega regionale agli enti locali, la legge regionale attribuisce ai medesimi risorse finanziarie tali da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni delegate, nell’ambito delle risorse a tale scopo effettivamente trasferite dallo Stato alle Regioni”. Dal dettato dell’art. 54 T.U.E.L. emerge altresì che il Sindaco, sempre nella sua funzione di ufficiale di Governo: emana atti in materia di ordine e sicurezza pubblica, svolge funzioni in
materia di polizia giudiziaria, vigila sulla sicurezza e l’ordine pubblico, adotta Ordinanze contingibili ed urgenti in caso di pericolo per l’incolumità dei cittadini.
E’ necessario ricordare inoltre che il Sindaco opera come Ufficiale di Governo anche relativamente ad altre funzioni sulla base di norme di settore (ad es. in base alla Legge 833/78 in materia di sanità).
Proprio in merito alle funzioni svolte quale Ufficiale di Governo è utile svolgere qualche breve considerazione.
Prima di tutto occorre chiarire che il Sindaco che esercita le funzioni di Ufficiale di Governo o di autorità sanitaria non è un organo del Comune, ma dello Stato.
Tale principio viene chiaramente sostenuto dalla giurisprudenza, ultimamente si è pronunciata in proposito la Corte di cassazione.
In tema di poteri e funzioni del Sindaco la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi più volte; punto di notevole interesse è quello relativo al potere di ordinanza del Sindaco medesimo.
Circa tale aspetto, il Consiglio di Stato ribadisce che: “… i presupposti che si richiedono per l’adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti, da parte della massima Autorità comunale, sono – ai sensi dell’art. 38 comma 2, l. 142/1990 – da un lato, l’impossibilità di
differire l’intervento ad altra data in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente (donde il carattere dell’urgenza); dall’altro, l’impossibilità di provvedere con gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione (
 

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