il TTIP esce dalla porta e rientra dalla finestra con il nome di CETA (1 Viewer)

alingtonsky

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Sicurezza alimentare nell'UE

La politica dell'UE per la sicurezza alimentare riguarda l'intero ciclo della fattoria alla tavola dei consumatori e punta a garantire:

  1. la sicurezza dei generi alimentari e dei mangimi
  2. elevati standard di salute e benessere per gli animali e di tutela per le piante
  3. informazioni chiare sull'origine, il contenuto e l'uso degli alimenti.
La politica alimentare dell'UE comprende:

  • una legislazione esaustiva sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi e sull'igiene alimentare
  • valida consulenza scientifica sulla quale basare le decisioni
  • controlli e verifiche.
Misure speciali sono previste per i settori in cui è giustificata una tutela dei consumatori più specifica:
  • uso di pesticidi, integratori alimentari, coloranti, antibiotici e ormoni
  • additivi alimentari come conservanti e aromatizzanti
  • sostanze che entrano in contatto con gli alimenti, come gli imballaggi di plastica
  • etichettatura di ingredienti che possono causare allergie
  • indicazioni nutrizionali come "a basso contenuto di grassi" o "ricco di fibre".
Sicurezza alimentare nell'UE - Unione Europea - European Commission
 

alingtonsky

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Tutte le bufale sul CETA - neXt QuotidianoneXt Quotidiano

Perché molti degli allarmismi sull'accordo di libero scambio tra UE e Canada sono ingiustificati

Giovanni Drogo - 27 giugno 2017 18:11

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Il CETA consente il libero scambio di beni, servizi e prestazioni di lavoro (ma non con la stessa libertà che c’è all’interno della UE) tra Canada ed Unione Europea. Le stime di chi è a favore del CETA dicono che grazie all’accordo si darà un nuovo impulso all’economia visto che per le imprese europee sarà più facile lavorare e vendere le proprie merci in Canada (e viceversa ovviamente). Dalla parte opposta si teme che l’apertura commerciale nei confronti del Canada favorisca l’ingresso delle aziende statunitensi e delle loro pratiche commerciali. Per la verità il CETA prevede che per poter usufruire dell’accordo un’azienda non possa essere una di quelle che vengono definite “shell” o “mailbox companies“. Insomma l’investitore deve operare attivamente in uno dei territori che hanno sottoscritto l’accordo.

Il Canada ha accettato di riconoscere, difendere e tutelare 41 specificità geografiche (DOP e DOCG) registrate. Certo, sono solo una piccola frazione delle 288 denominazioni di origine protetta del nostro paese ma scorrendo la lista dei prodotti tipici che con il CETA saranno tutelati si nota che sono sono quelli più famosi, più venduti e più soggetti a contraffazioni. L’accordo prevede inoltre il commercio di contingenti limitati per alcuni prodotti come le carni bovine, suine e il granturco dolce, per l’UE, e per i prodotti lattiero-caseari, per il Canada. Il CETA non aprirà il mercato del pollame e delle uova nell’UE o in Canada, e rispetterà il regime dei prezzi d’entrata dell’UE. Inoltre tutte le importazioni dal Canada dovranno essere conformi alla regolamentazione e alle disposizioni dell’UE. Ad esempio, l’importazione di carni nell’UE sarà sempre limitata a quelle non trattate con ormoni.

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Come precisa l’accordo le parti avranno la possibilità di legiferare autonomamente nei propri territori “al fine di conseguire obiettivi politici legittimi come la tutela della sanità pubblica, della sicurezza, dell’ambiente e della morale pubblica, la protezione sociale e dei consumatori nonché la promozione e la tutela della diversità culturale”. Inoltre il semplice fatto che una parte legiferi, anche modificando la propria legislazione, “in modo tale da incidere negativamente su un investimento o da interferire nelle aspettative di un investitore, comprese le aspettative di profitto, non costituisce una violazione di un obbligo“. Per questo motivo il CETA non obbliga gli Stati della UE ad accettare prodotti che non rispettano le prescrizioni fitosanitarie UE. In realtà l’accordo stabilisce che la parte esportatrice (nel nostro caso il Canada) si renda disponibile a fornire le informazioni e la possibilità di ispezionare i prodotti “sensibili” in modo da verificare che siano in regola con le prescrizioni.

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tontolina

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Ceta. Parte l'accordo commerciate Ue/Canada Condividi

Articolo di Redazione
21 settembre 2017 8:03

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Scatta oggi 21 settembre l'ora 'X' di quella che alcuni ritengono una grande opportunità per l'agroalimentare italiano mentre altri la denunciano come il 'cavallo di troia' del settore.
Quasi azzeramento dei dazi doganali, riconoscimento per la prima volta di una quarantina di prodotti 'made in Italy' Igp e Dop, apertura alle importazioni di formaggi dove l'Italia è leader, semplificazione per l'esportazione di vini e liquori ma anche di pasta, biscotti, dolciumi, preparati come la salsa di pomodoro.
E' quanto sta per diventare realtà con l'entrata in vigore provvisoria del Ceta, l'accordo di libero scambio Ue-Canada.
A partire da ora crolleranno i costi per le esportazioni del 'made in Italy' in Canada, le quali nel 2015 hanno raggiunto quota di 5,1 miliardi complessivi, di cui 1,4 di servizi, 1 di macchinari, 286 milioni nel settore auto, 301 di calzature e abbigliamento con la pelletteria. E sul fronte agroalimentare circa un altro miliardo, con 528 milioni per i prodotti processati (secondo esportatore Ue), 40 per formaggi e latticini (primo esportatore Ue), 300 per i vini e 39 per acque minerali. Con il Ceta, i dazi nell'agroalimentare saranno tagliati del 90,9% per arrivare al 91,7% in un arco di 7 anni, e negli altri settori il taglio sarà del 98%.
Non solo.
Ottawa aumenterà di 18.500 tonnellate la quota di formaggi libera da dazi, che altrimenti sono del 227%. E ben 11 sono, tra l'altro, gli italiani (tra cui Parmigiano, Grana, Pecorino, Gorgonzola e Mozzarella di bufala) tra quelli che, con il Ceta, saranno per la prima volta tutelati in Canada, Paese storicamente contrario al sistema europeo.
Tra i 39 prodotti Igp/Dop italiani sui 143 complessivi Ue della lista riconosciuta dal Ceta - che contiene quindi quasi un terzo di 'made in Italy - ci sono anche altre eccellenze come il prosciutto di Parma, il San Daniele, la bresaola della Valtellina ma anche l'aceto balsamico di Modena, l'arancia rossa di Sicilia e il pomodoro pachino.
Il Ceta contiene poi disposizioni che rafforzeranno la tutela delle denominazioni dei vini e permetteranno di superare barriere tecniche all'export.
L'Ue apre a sua volta alle carni canadesi, ma con contingenti limitati a dazio zero (50.000 tonnellate di manzo pari allo 0,6% dei consumi europei, e 75.000 per le carni suine pari allo 0,4%), e rigorosamente senza ormoni e in linea con le norme europee sanitarie.
Il Ceta, ha sottolineato il ministro Maurizio Martina, "è una grande opportunità per le nostre produzioni di qualità che per la prima volta vengono tutelate nel mercato canadese". E anche per l'Aicig, l'associazione delle Igp, il risultato "basilare" dell'intesa commerciale è proprio "il riconoscimento da parte del Canada del principio delle denominazioni tutelate".
Resta invece forte l'opposizione di Coldiretti - impegnata nella campagna #stopCETA insieme tra gli altri a Cgil, Arci, Adusbef, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Federconsumatori - secondo cui "è un regalo alle grandi lobby industriali dell'alimentare che colpisce il vero Made in Italy". Il Ceta, infatti, insiste Greenpeace, "dà alle multinazionali canadesi e Usa gli strumenti per minare le regole" Ue dell'agroalimentare.
(di Lucia Sali per agenzia stampa Ansa)
 

tontolina

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Pasta Italiana e grano estero: verità su salute, consumatori in tribunale battono grandi aziende pasta
L'Associazione delle industrie del dolce e della pasta che riunisce i grandi nomi del settore è stata inchiodata dall'associazione GranoSalus. Ecco la vicenda.
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Pasta Italiana e Grano estero




Una storia che aveva fatto parlare molto con una serie di posizioni contestate sulla pasta fatta in italiana con grano estero anche dalle più grandi aziende di osta italiana e le posizioni di alcuni movimenti per consumatori ed esperti relativi alla sicurezza per la salute. E ora la decisione del tribunale.

Da una parte c'erano i grandi nomi dell'industria della pasta in Italia, dall'altra un'associazione di consumatori. Da una parte c'è la macchina della produzione che va avanti senza soste e dall'altra c'è chi chi invita a rallentare perché a rimanere compromessa può essere la salute dei cittadini. E per dimostrare che fa sul serio si difende all'ultima colpo nei tribunali. Andando a scoprire i nomi e i cognomi di questa vicenda che investe da vicini gli attori protagonista di una della specialità tutte italiane, scopriamo che da una parte c'è Aidepi ovvero l'Associazione delle industrie del dolce e della pasta, che riunisce nomi del calibro di Barilla Fratelli, Fratelli De Cecco, la Divell, La Molisana e il pastificio Lucio Garofalo. Dall'altra c'è GranoSalus, il sodalizio che riunisce consumatori e produttori di grano duro del Mezzogiorno, insieme ai Nuovi Vespri, protagonista di una battaglia in difesa del grano duro del Sud Italia.


La guerra della pasta: la vicenda

Succede allora che l'Associazione delle industrie del dolce e della pasta denuncia GranoSalus per le analisi effettuate ovvero per i risultati che ne sono venuti fuori. In buona sostanza, otto marche di pasta industriale prodotta in Italia mostrerebbe livelli di contaminanti più alti rispetto a quella dei grani siciliani. Si tratterebbe dei vari glifosato (erbicida disseccante), don (composto tossico prodotto da alcuni funghi appartenenti al genere Fusarium) e cadmio (metallo pesante che penetra nell'ambiente sia da fonti naturali sia dalle attività industriali e agricole). Ma Aidepi ha respinto al mittente le accuse e la campagna di informazione sui media. Ha proposto ricordo al Tribunale di Roma che ha dato però ragione a GranoSalus e ai Nuovi Vespri. Ed è proprio dalle motivazione dei giudici che sono emersi gli aspetti più interessanti di questa vicenda.

In prima battuta scrivono di utilizzo di grano duro estero per produrre pasta con marchio italiano. In seconda battita GranoSalus, Coldiretti e più in generale i produttori italiani si lamentano del prezzo del grano crollato per via della presenza di quelli più economici provenienti dal Canada e dall'Ucraina. E qui entrano in ballo anche le norme italiane che presenterebbero falle nella tracciabilità delle materie prime.
Inoltre - mettono nero su bianco i giudici - essendo questioni di salute pubblica, nessuna censura sarebbe ammissibile. E nel caso specifico non sarebbero stati superati i confini della continenza espositiva.

Cosa hanno rivelato le analisi sulla pasta?
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Tenendo conto che sono stati analizzati gli spaghetti, secondo GranoSalus questa è la situazione:
  1. De Cecco. Gli spaghetti della De Cecco presenterebbero 80 ppb di micotossine don, 0,052 milligrammi per chilogrammo di glifosate e 0,042 milligrammi per chilogrammo di Cadmio.
  2. Divella. Gli spaghetti Divella presenterebbero 381 ppb di micotossine don, 0,110 milligrammi per chilogrammo di glifosate e 0,044 milligrammi per chilogrammo di Cadmio.
  3. Garofalo. Gli spaghetti della Garofalo presenterebbero 199 ppb di micotossine don, 0,062 milligrammi per chilogrammo di glifosate e 0,021 milligrammi per chilogrammo di Cadmio.
  4. La Molisana. Gli spaghetti della Molisana presenterebbero 253 ppb di don, 0,033 milligrammi per chilogrammo di glifosate e 0,035 di Cadmio.
  5. Spaghetti a marchio Coop. Questi spaghetti presenterebbero 128 ppb di micotossine don, 0,013 di glifosate e 0,027 di Cadmio.
  6. Granoro 100% Puglia. Anche questa pasta presenterebbero 99 ppb di micotossine don, 0,039 di glifosate e 0,018 di Cadmio.
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Le aflatossine (o afflatossine) sono micotossine prodotte da specie fungine appartenenti alla classe degli Ascomiceti (genere Aspergillus), Fusarium, oppure da altre muffe. Le aflatossine sono altamente tossiche e sono ritenute essere tra le sostanze più cancerogene esistenti.
 

tontolina

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“IL MIO VIAGGIO TRA LE CAVIE UMANE DEL GLIFOSATO”
News, Salute ottobre 7, 2016 Marco Pizzuti
di Chiara Affronte

Basavilbaso, provincia di Entre Ríos, Argentina.

Una donna senza un seno,
una bambina a quattro zampe,
corpi sfigurati, persone colpite da malformazioni conturbanti. In comune hanno due cose: una vita vissuta, fin dalla gestazione, nelle sterminate campagne argentine coltivate intensivamente e un’esposizione esorbitante al glifosato.
Che li ha bagnati con la pioggia e li ha fatti respirare, fin da quando erano dei feti nel grembo delle loro mamme.

In Argentina, un fotografo coraggioso – Pablo Ernesto Piovano – ha ritratto questa gente e i suoi scatti, forti e struggenti, stanno facendo il giro del mondo. Non si tratta di sensazionalismo, ma di un inedito documento a corredo delle ricerche scientifiche – offuscate dai media – che testimoniano una netta correlazione tra esposizione al glifosato e malformazioni, disturbi al sistema endocrino e incidenza tumorale.
In tre viaggi, dal novembre del 2014, Piovano ha percorso 15mila chilometri in queste zone dimenticate, “territori di sperimentazione”, come lui stesso li definisce. Terre in cui l’emergenza sanitaria è allarmante e chi ci vive lancia il suo grido disperato.

Mentre in Europa si aspetta la decisione sull’utilizzo del glifosato per i prossimi 15 anni – con le posizioni di Iarc e Efsa a confronto e in contrasto – la gente guarda queste foto, inorridisce e riflette.

Test-Salvagente lo ha intervistato, in occasione della ricerca condotta dal giornale sul glifosato. E ha pubblicato alcune delle sue foto.




Fracrán, provincia di Misiones Jesica Sheffer soffre di una malformazione del tendine che le impedisce di stare in piedi da quando aveva 7 anni. Nonostante la sua condizione, si esercita l’arte del ricamo cinese, cura il suo orto e, occasionalmente, cucina per tutta la famiglia. La madre, Ramona Angélica de Lima, è di origine africana e ha sei figli. Ramona e suo marito sono venuti al villaggio di Fracrán 30 anni fa, quando pochissime famiglie vivevano lì. Fracrán è una zona dove si coltiva tabacco con un alta incidenza di persone affette da effetti dei pesticidi

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Fabiàn Tomasi (nella foto delle pagine 28-29) è un simbolo degli effetti dei pesticidi. Fabiàn ha lavorato per anni per un’impresa che irrorava i pesticidi, tra i quali il glifosato, per via aerea. Soffre di polineuropatìa grave ed è in cura per atrofia muscolare. Oggi vive a Basavilbaso, provincia argentina di Entre Rios e si dedica a sensibilizzare sui rischi dei fitofarmaci.

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2014/12/11 Fracrán, provincia di Misiones Quando Cándida Rodríguez ha dato alla luce Fabián Piris, a suo figlio è stato dato un anno di vita. Ora ha otto anni e soffre di idrocefalo, un disturbo cerebrale irreversibile che provoca disabilità mentale. Durante la sua gravidanza, candida ha manipolato Roundup nei campi di tabacco insieme al marito. La loro casa si trova a pochi passi di distanza da una segheria dove si utilizzano sostanze chimiche altamente tossiche . Solo nella zona intorno alla National Highway 14, dove vive questa famiglia, milleduecento persone sono nate con il labbro leporino, idrocefalo e altre disabilità che potrebbero essere una conseguenza dei veleni usati nei campi di tabacco e di yerba.

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2014/11/18, Libero, Provincia di Entre Ríos. Marta Elsa Cian (1947). In città, la chiamano “la donna pazza mascherata”, perché ogni volta che lascia la sua casa deve indossare una maschera protettiva per evitare di inalare le continue i pesticidi spruzzati nelle vicinanze della sua casa. Nel 2001, ha subito l’esposizione a molteplici prodotti agrochimici impiegati nelle colture di soia e riso che hanno minato la sua salute e portato a un’insufficienza respiratoria cronica, ipertensione, neuropatie combinati con sintomi cardiologici.

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2014/12/11 Fracrán, provincia di Misiones Nella provincia di Misiones, cinque bambini ogni mille nascono con mielomeningocele (MMC), una grave malformazione del sistema nervoso centrale che ne determina il midollo spinale aperto, incontinenza urinaria e fecale e problemi agli arti inferiori. L’uso improprio di pesticidi provoca la contaminazione di risorse preziose come l’acqua e il suolo. L’inquinamento è più grave nelle aree dove i veleni sono più ampiamente utilizzati (nelle località di Aristobulo del Valle, San Vicente e Colonia Aurora, nel centro della provincia). Si stima che circa il 13 per cento della popolazione abbia una qualche forma di disabilità, una media doppia rispetto a quella nazionale

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12-1- 2014. Roque Sáenz Peña, Provincia di Chaco. I gemelli Aldo e Maximiliano Barrios (2004) e la loro madre Elena Alderete (1977) sulla strada di casa. Entrambi i bambini soffrono di una grave microcefalia congenita, una delle malattie associate con l’uso di sostanze neurotossiche in agricoltura transgenica. I gemelli Barrios partecipano ad uno dei tanti servizi per i disabili, che aumentano di numero sensibilmente anno dopo anno.

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Piovano, come ha avuto l’idea di questo lavoro?
Ero al giornale (Pàgina/12) e mi sono passati sotto gli occhi numeri impressionanti, che tutte le redazioni potevano vedere. Ma nessuno decideva di andare a fondo.
A che numeri fa riferimento?
Alle ricerche scientifiche che sono state fatte in Argentina, che hanno confrontato l’incidenza di certe malattie con l’uso del glifosato, autorizzato nel ’96, quando era ministro dell’Agricoltura Felipe Solà e si diede il via alla coltivazione della soia Ogm. In venti anni ne sono stati utilizzati 200 milioni di litri, su un’area che corrisponde al 60% di quella coltivata in tutto il paese. In queste zone vivono 13 milioni di persone, un terzo della popolazione totale. L’incremento nell’uso del glifosato è stato esponenziale, pari al 983% a fronte di un’espansione dell’area coltivata del 50%. Ciò significa che la concentrazione è enorme: come se ogni argentino ne assorbisse 6 kg a testa all’anno! Del resto, la modalità di distribuzione di glifosato non dà scampo: viene fatta con gli aerei che volano basso, lasciando dietro di sé una scia di veleno lunga 30 km. Le cose peggiorano in caso di vento. Gli studi hanno dimostrato che il glifosato resta nell’atmosfera: la concentrazione nelle prime gocce di acqua piovana è di 60 microgrammi, contro i 2 che vengono registrati negli Stati Uniti.
Sebbene di tutto questo non si parli nei principali organi di informazione, in questi giorni, “El costo humano de los agritoxicos”, la sua opera fotografica, è ospitata in un posto molto prestigioso a Buenos Aires, il Palais de Glace…
L’inaugurazione è stata incredibile, più simile a una manifestazione politica che artistica, c’era tantissima gente. Per il resto il silenzio è totale: mi chiamano le emittenti “alternative”, mi ha contattato la Radio Nacional, ma nessuno dei giornali importanti ne ha parlato, mostrando una evidente complicità.
Complicità nel senso di interessi economici?
Sì.
Né il governo né le istituzioni hanno avuto reazioni rispetto alla sua ricerca…
Ho lavorato in modo solitario, con discrezione; del mio lavoro si è parlato più in Europa che in Argentina. Nessuno ha comprato le foto nel mio paese, neanche dopo i sei premi internazionali che ho ricevuto.
Qual è stata la sua impressione quando si è trovato di fronte a tanta sofferenza?
Fabiàn Tommasi è la prima persona che ho incontrato: un esempio vivo dell’impatto del glifosato sul corpo umano. Caricava e scaricava glifosato: oggi è pelle e ossa, non può camminare. Fabiàn mi ha spinto a fare questo lavoro, perché si conoscesse una situazione drammatica.
Inutile dire che il corpo di una bambina a quattro zampe turba molto…
La ragazza è Jessica Sheffer, 11 anni oggi; sua madre lavorava in una piantagione di tabacco ed è simbolo di uno di quei casi in cui si sviluppano malformazioni molto gravi in bambini le cui mamme sono esposte al glifosato durante i primi sei mesi di gestazione, il cosiddetto “periodo finestra” .
Ha avuto problemi mentre lavorava lì?
Non ho ricevuto minacce dirette ma ho capito che quello che stavo facendo poteva risultare scomodo. Un giorno ho incontrato un giornalista locale che mi ha accompagnato a cena. Ha detto poche cose, ma mi ha raccontato che il sindaco precedente era stato ammazzato con quattro colpi di pistola. Una buona raccomandazione…
Ha paura?
Dovrò fare una decina di esposizioni nei prossimi mesi in Europa. Vado avanti e spero, grazie a questi festival, di raccogliere altri fondi per proseguire la ricerca.
Le sembra che qualcosa stia cambiando nell’opinione pubblica?
La gente comincia a informarsi e capisce. Nei pressi di Cordoba un’associazione di mamme – Madres de Ituzaingò – ha ottenuto il divieto di irrorare entro 1.500 metri dalle scuole. Non ci sono controlli né sulla vendita né sulle autorizzazione: ogni comune fa come crede. Grazie al lavoro di queste mamme e di altri soggetti che le appoggiano è stata ottenuta una sentenza storica a seguito di una denuncia nei confronti di un pilota di un aereo che spargeva glifosato: è stato condannato per contaminazione e danneggiamento alla salute delle persone.

Fonte: www.testmagazine.it
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e a bari arriva grano tossico dal canada... ma guarda un po' che strano... non l'avrei mai detto


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