baleng
Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Eh sì, è una pandemia cerebrale. Nel senso che è difficile staccare dall'argomento serpeggiante sotto ogni pensiero: lui, mr. Virus. Di conseguenza questa sezione del forum ha subìto una continua metamorfosi, riflesso, com'è naturale, delle metamorfosi che ci hanno stravolto la vita.
Non parlo solo delle ovvie discussioni sul merito, tra complottisti e razionali, tra incubo e "non è quasi nulla", quelle che hanno colorato di nero il nostro bar, il quale non ha chiuso come quelli reali, ma inzomma ...
Intendo anche riferirmi allo spegnersi delle gioie dellla scoperta nel 3d dei mercatini, al sempre più esitante entusiasmo verso il potere luminoso dell'arte, alla serpeggiante sensazione di cupo materialismo che impedisce alla nostra immaginazione visuale di volare alto. Abbiamo tentato di aggrapparci alla musica, persino alla poesia, un po' come naufraghi, riconosciamolo, non certo come tranquilli estimatori.
Chiedo profondamente scusa se, contrariamente ai miei principi, uso il noi: sarà un'altra delle magagne addebitabili all'iInnominabile. Ma mi conforta un articolo di Houellebecq pubblicato oggi, dove egli riporta una querelle tra Flaubert e Nietsche, se cioè fosse più consono alla creatività dello scrittore lo stare seduto al tavolino o il passeggiare. Poiché è abbastanza arduo scrivere un libro camminando, va da sé che avevano ragione tutti e due, le due situazioni appaiono complementari. Oggi sappiamo che non lo sono solo per lo scrittore, ma anche per l'amatore d'arte, e questo appare come una mezza condanna proprio verso le opere viste solo attraverso lo schermo del computer, nonché nel video di quelle telenovelas barocche e indecenti che sono le televendite.
Che si tratti di andar per gallerie o mercatini, per città d'arte o per musei, ecco la scoperta: il nostro muoversi è parte essenziale del godimento di un'opera d'arte. Naturalmente c'è chi vuole approfittare della situazione per ulteriormente sterilizzare le nostre esperienze (e non solo quelle artistiche), proprio come nel video riportato qui sotto (che, devo pur dirlo a qualcuno, riprende esattamente un'esperienza personale dello scrivente). La realtà virtuale è, per questo motivo, non solo uno strumento aggiuntivo, ma anche, come tutti gli strumenti della modernità, una pistola carica puntata verso di noi. Che quindi questo forum non abbia preso il posto delle nostre vite e gli interventi dei singoli continuino ad essere quantitativamente moderati, è un buon segno. L'arte ci ha cresciuti bene.
Per questo, anche se nessuno riponderà a questo post, la cosa sarà da leggersi in senso positivo Resta comunque il possibile argomento: che cosa è cambiato, con questa orrida esperienza, peraltro tuttora in atto, nel nostro rapporto con l'arte, e pure nella nostra comprensione di questo rapporto?
Non parlo solo delle ovvie discussioni sul merito, tra complottisti e razionali, tra incubo e "non è quasi nulla", quelle che hanno colorato di nero il nostro bar, il quale non ha chiuso come quelli reali, ma inzomma ...
Intendo anche riferirmi allo spegnersi delle gioie dellla scoperta nel 3d dei mercatini, al sempre più esitante entusiasmo verso il potere luminoso dell'arte, alla serpeggiante sensazione di cupo materialismo che impedisce alla nostra immaginazione visuale di volare alto. Abbiamo tentato di aggrapparci alla musica, persino alla poesia, un po' come naufraghi, riconosciamolo, non certo come tranquilli estimatori.
Chiedo profondamente scusa se, contrariamente ai miei principi, uso il noi: sarà un'altra delle magagne addebitabili all'iInnominabile. Ma mi conforta un articolo di Houellebecq pubblicato oggi, dove egli riporta una querelle tra Flaubert e Nietsche, se cioè fosse più consono alla creatività dello scrittore lo stare seduto al tavolino o il passeggiare. Poiché è abbastanza arduo scrivere un libro camminando, va da sé che avevano ragione tutti e due, le due situazioni appaiono complementari. Oggi sappiamo che non lo sono solo per lo scrittore, ma anche per l'amatore d'arte, e questo appare come una mezza condanna proprio verso le opere viste solo attraverso lo schermo del computer, nonché nel video di quelle telenovelas barocche e indecenti che sono le televendite.
Che si tratti di andar per gallerie o mercatini, per città d'arte o per musei, ecco la scoperta: il nostro muoversi è parte essenziale del godimento di un'opera d'arte. Naturalmente c'è chi vuole approfittare della situazione per ulteriormente sterilizzare le nostre esperienze (e non solo quelle artistiche), proprio come nel video riportato qui sotto (che, devo pur dirlo a qualcuno, riprende esattamente un'esperienza personale dello scrivente). La realtà virtuale è, per questo motivo, non solo uno strumento aggiuntivo, ma anche, come tutti gli strumenti della modernità, una pistola carica puntata verso di noi. Che quindi questo forum non abbia preso il posto delle nostre vite e gli interventi dei singoli continuino ad essere quantitativamente moderati, è un buon segno. L'arte ci ha cresciuti bene.
Per questo, anche se nessuno riponderà a questo post, la cosa sarà da leggersi in senso positivo Resta comunque il possibile argomento: che cosa è cambiato, con questa orrida esperienza, peraltro tuttora in atto, nel nostro rapporto con l'arte, e pure nella nostra comprensione di questo rapporto?