Il mais Ogm è veleno (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico

“IL MIO VIAGGIO TRA LE CAVIE UMANE DEL GLIFOSATO”
News, Salute ottobre 7, 2016 Marco Pizzuti
di Chiara Affronte

Basavilbaso, provincia di Entre Ríos, Argentina.

Una donna senza un seno,
una bambina a quattro zampe,
corpi sfigurati, persone colpite da malformazioni conturbanti. In comune hanno due cose: una vita vissuta, fin dalla gestazione, nelle sterminate campagne argentine coltivate intensivamente e un’esposizione esorbitante al glifosato.
Che li ha bagnati con la pioggia e li ha fatti respirare, fin da quando erano dei feti nel grembo delle loro mamme.

In Argentina, un fotografo coraggioso – Pablo Ernesto Piovano – ha ritratto questa gente e i suoi scatti, forti e struggenti, stanno facendo il giro del mondo. Non si tratta di sensazionalismo, ma di un inedito documento a corredo delle ricerche scientifiche – offuscate dai media – che testimoniano una netta correlazione tra esposizione al glifosato e malformazioni, disturbi al sistema endocrino e incidenza tumorale.
In tre viaggi, dal novembre del 2014, Piovano ha percorso 15mila chilometri in queste zone dimenticate, “territori di sperimentazione”, come lui stesso li definisce. Terre in cui l’emergenza sanitaria è allarmante e chi ci vive lancia il suo grido disperato.

Mentre in Europa si aspetta la decisione sull’utilizzo del glifosato per i prossimi 15 anni – con le posizioni di Iarc e Efsa a confronto e in contrasto – la gente guarda queste foto, inorridisce e riflette.

Test-Salvagente lo ha intervistato, in occasione della ricerca condotta dal giornale sul glifosato. E ha pubblicato alcune delle sue foto.




Fracrán, provincia di Misiones Jesica Sheffer soffre di una malformazione del tendine che le impedisce di stare in piedi da quando aveva 7 anni. Nonostante la sua condizione, si esercita l’arte del ricamo cinese, cura il suo orto e, occasionalmente, cucina per tutta la famiglia. La madre, Ramona Angélica de Lima, è di origine africana e ha sei figli. Ramona e suo marito sono venuti al villaggio di Fracrán 30 anni fa, quando pochissime famiglie vivevano lì. Fracrán è una zona dove si coltiva tabacco con un alta incidenza di persone affette da effetti dei pesticidi

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Fabiàn Tomasi (nella foto delle pagine 28-29) è un simbolo degli effetti dei pesticidi. Fabiàn ha lavorato per anni per un’impresa che irrorava i pesticidi, tra i quali il glifosato, per via aerea. Soffre di polineuropatìa grave ed è in cura per atrofia muscolare. Oggi vive a Basavilbaso, provincia argentina di Entre Rios e si dedica a sensibilizzare sui rischi dei fitofarmaci.

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2014/12/11 Fracrán, provincia di Misiones Quando Cándida Rodríguez ha dato alla luce Fabián Piris, a suo figlio è stato dato un anno di vita. Ora ha otto anni e soffre di idrocefalo, un disturbo cerebrale irreversibile che provoca disabilità mentale. Durante la sua gravidanza, candida ha manipolato Roundup nei campi di tabacco insieme al marito. La loro casa si trova a pochi passi di distanza da una segheria dove si utilizzano sostanze chimiche altamente tossiche . Solo nella zona intorno alla National Highway 14, dove vive questa famiglia, milleduecento persone sono nate con il labbro leporino, idrocefalo e altre disabilità che potrebbero essere una conseguenza dei veleni usati nei campi di tabacco e di yerba.

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2014/11/18, Libero, Provincia di Entre Ríos. Marta Elsa Cian (1947). In città, la chiamano “la donna pazza mascherata”, perché ogni volta che lascia la sua casa deve indossare una maschera protettiva per evitare di inalare le continue i pesticidi spruzzati nelle vicinanze della sua casa. Nel 2001, ha subito l’esposizione a molteplici prodotti agrochimici impiegati nelle colture di soia e riso che hanno minato la sua salute e portato a un’insufficienza respiratoria cronica, ipertensione, neuropatie combinati con sintomi cardiologici.

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2014/12/11 Fracrán, provincia di Misiones Nella provincia di Misiones, cinque bambini ogni mille nascono con mielomeningocele (MMC), una grave malformazione del sistema nervoso centrale che ne determina il midollo spinale aperto, incontinenza urinaria e fecale e problemi agli arti inferiori. L’uso improprio di pesticidi provoca la contaminazione di risorse preziose come l’acqua e il suolo. L’inquinamento è più grave nelle aree dove i veleni sono più ampiamente utilizzati (nelle località di Aristobulo del Valle, San Vicente e Colonia Aurora, nel centro della provincia). Si stima che circa il 13 per cento della popolazione abbia una qualche forma di disabilità, una media doppia rispetto a quella nazionale

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12-1- 2014. Roque Sáenz Peña, Provincia di Chaco. I gemelli Aldo e Maximiliano Barrios (2004) e la loro madre Elena Alderete (1977) sulla strada di casa. Entrambi i bambini soffrono di una grave microcefalia congenita, una delle malattie associate con l’uso di sostanze neurotossiche in agricoltura transgenica. I gemelli Barrios partecipano ad uno dei tanti servizi per i disabili, che aumentano di numero sensibilmente anno dopo anno.

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Piovano, come ha avuto l’idea di questo lavoro?
Ero al giornale (Pàgina/12) e mi sono passati sotto gli occhi numeri impressionanti, che tutte le redazioni potevano vedere. Ma nessuno decideva di andare a fondo.
A che numeri fa riferimento?
Alle ricerche scientifiche che sono state fatte in Argentina, che hanno confrontato l’incidenza di certe malattie con l’uso del glifosato, autorizzato nel ’96, quando era ministro dell’Agricoltura Felipe Solà e si diede il via alla coltivazione della soia Ogm. In venti anni ne sono stati utilizzati 200 milioni di litri, su un’area che corrisponde al 60% di quella coltivata in tutto il paese. In queste zone vivono 13 milioni di persone, un terzo della popolazione totale. L’incremento nell’uso del glifosato è stato esponenziale, pari al 983% a fronte di un’espansione dell’area coltivata del 50%. Ciò significa che la concentrazione è enorme: come se ogni argentino ne assorbisse 6 kg a testa all’anno! Del resto, la modalità di distribuzione di glifosato non dà scampo: viene fatta con gli aerei che volano basso, lasciando dietro di sé una scia di veleno lunga 30 km. Le cose peggiorano in caso di vento. Gli studi hanno dimostrato che il glifosato resta nell’atmosfera: la concentrazione nelle prime gocce di acqua piovana è di 60 microgrammi, contro i 2 che vengono registrati negli Stati Uniti.
Sebbene di tutto questo non si parli nei principali organi di informazione, in questi giorni, “El costo humano de los agritoxicos”, la sua opera fotografica, è ospitata in un posto molto prestigioso a Buenos Aires, il Palais de Glace…
L’inaugurazione è stata incredibile, più simile a una manifestazione politica che artistica, c’era tantissima gente. Per il resto il silenzio è totale: mi chiamano le emittenti “alternative”, mi ha contattato la Radio Nacional, ma nessuno dei giornali importanti ne ha parlato, mostrando una evidente complicità.
Complicità nel senso di interessi economici?
Sì.
Né il governo né le istituzioni hanno avuto reazioni rispetto alla sua ricerca…
Ho lavorato in modo solitario, con discrezione; del mio lavoro si è parlato più in Europa che in Argentina. Nessuno ha comprato le foto nel mio paese, neanche dopo i sei premi internazionali che ho ricevuto.
Qual è stata la sua impressione quando si è trovato di fronte a tanta sofferenza?
Fabiàn Tommasi è la prima persona che ho incontrato: un esempio vivo dell’impatto del glifosato sul corpo umano. Caricava e scaricava glifosato: oggi è pelle e ossa, non può camminare. Fabiàn mi ha spinto a fare questo lavoro, perché si conoscesse una situazione drammatica.
Inutile dire che il corpo di una bambina a quattro zampe turba molto…
La ragazza è Jessica Sheffer, 11 anni oggi; sua madre lavorava in una piantagione di tabacco ed è simbolo di uno di quei casi in cui si sviluppano malformazioni molto gravi in bambini le cui mamme sono esposte al glifosato durante i primi sei mesi di gestazione, il cosiddetto “periodo finestra” .
Ha avuto problemi mentre lavorava lì?
Non ho ricevuto minacce dirette ma ho capito che quello che stavo facendo poteva risultare scomodo. Un giorno ho incontrato un giornalista locale che mi ha accompagnato a cena. Ha detto poche cose, ma mi ha raccontato che il sindaco precedente era stato ammazzato con quattro colpi di pistola. Una buona raccomandazione…
Ha paura?
Dovrò fare una decina di esposizioni nei prossimi mesi in Europa. Vado avanti e spero, grazie a questi festival, di raccogliere altri fondi per proseguire la ricerca.
Le sembra che qualcosa stia cambiando nell’opinione pubblica?
La gente comincia a informarsi e capisce. Nei pressi di Cordoba un’associazione di mamme – Madres de Ituzaingò – ha ottenuto il divieto di irrorare entro 1.500 metri dalle scuole. Non ci sono controlli né sulla vendita né sulle autorizzazione: ogni comune fa come crede. Grazie al lavoro di queste mamme e di altri soggetti che le appoggiano è stata ottenuta una sentenza storica a seguito di una denuncia nei confronti di un pilota di un aereo che spargeva glifosato: è stato condannato per contaminazione e danneggiamento alla salute delle persone.

Fonte: www.testmagazine.it
 

tontolina

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E’ ufficiale: il glifosato contenuto nella pasta provoca la SLA e il morbo di Alzheimer.


E’ ufficiale: il glifosato contenuto nella pasta provoca la SLA e il morbo di Alzheimer.
Lo si può leggere in uno studio del Massachusetts Institute of Technology (Mit).
La seconda notizia, non meno importante della prima, è che l’associazione di produttori di grano duro del Sud Italia GranoSalus promuoverà autonomamente l’analisi chimica sui prodotti derivati dal grano (pasta, pane e altro). E li renderà pubblici pubblicandoli sulla rete. Sapremo finalmente quale pasta (e quale pane) mangiare. E, soprattutto, quale pasta non dovremo mai più acquistare (con riferimento – con molta probabilità – ai marchi altisonanti e super pubblicizzati).
 

marofib

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be guarda
se giudichiamo in base all'impact factor...stiamo freschi
in argentina, hai sentito il fotografo...nessuno se lo caga ..impact factor 0...per non pestare interessi
e' ovvio che nessuno retwitti studi del genere...dove c'e' tutto da rimetterci e niente da guadagnare.....tutti tengono famiglia
 

tontolina

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19 febbraio 2018
Perrino: «Il DNA Ogm produce nuovi virus, nuovi batteri e nuove malattie»


Dopo la pubblicazione dello studio pisano che "promuove" il mais ogm e la replica del professor Salvatore Ceccarelli che elenca invece i rischi documentati delle colture transgeniche, interviene il dottor Pietro Perrino, genetista al CNR.
Lo studio pubblicato da quattro ricercatori pisani che hanno elaborato e valutato dati esistenti sulle colture ogm ha concluso che le rese del masi ogm sono maggiori del mais convenzionale e che non ci sarebbero danni documentati su salute e ambiente. Dopo la replica precisa e puntuale del professor Salvatore Ceccarelli, ecco il commento del dottor Pietro Perrino, già direttore dell'Istituto del Germoplasma del CNR di Bari e oggi ricercatore al Centro Nazionale delle Ricerche.
«Le preoccupazioni sul mais transgenico rimangono, perché contiene DNA transgenico che è diverso dal DNA naturale (1). Che sia diverso è spiegato anche dal fatto che gli organismi geneticamente modificati (OGM) sono instabili - spiega Perrino - Il DNA transgenico contiene punti caldi alla ricombinazione e ciò alimenta il trasferimento genico orizzontalmente (TGO) anche tra specie lontane. Il TGO naturale è causale e preciso, mentre quello provocato dal DNA transgenico è casuale, impreciso e inaffidabile. Di conseguenza, il DNA transgenico e la ricombinazione producono nuovi virus, nuovi batteri e nuove malattie.
Per gli stessi motivi la coesistenza tra colture convenzionali e transgeniche è impossibile e il cibo transgenico è causa di mutazioni, neoplasie, tumori e cancro. È come giocare alla lotteria: più cibo transgenico mangiamo e più possibilità abbiamo di ammalarci, più individui mangiano transgenico e maggiori sono le possibilità di un’epidemia. Più piante transgeniche ci sono in campo e maggiori sono le probabilità che il DNA transgenico e la ricombinazione causino contaminazione e nuove malattie. I risultati delle ricerche suggeriscono di non coltivare e non usare le piante transgeniche sia per scopi alimentari che non alimentari (1, 4)».

I ricercatori pisani affermano che la loro meta-analisi mirava ad aumentare le conoscenze sui caratteri agronomici, ambientali e tossicologici del mais GE analizzando la letteratura sottoposta a revisione peer-reviewed (dal 1996 al 2016) su resa, qualità della granella, organismi non bersaglio (NTO), organismi bersaglio (TO) e decomposizione della biomassa del suolo.
«I risultati della meta-analisi degli autori di Pisa - dice Perrino - si riferiscono a 21 anni di prove tra mais transgenico e non transgenico, ma i risultati di un’altra meta-analisi (2) che comprende mais, cotone e colza coltivate in due grandi aree geografiche USA e Canada da una parte e Western Europe dall’altra, nella prima comprendente le suddette colture transgeniche e non e nella seconda solo non transgeniche, considerando le rese per ettaro che vanno dal 1961 al 2011 (quindi per più di 21 anni e su aree ben più vaste e quindi più affidabili), mostrano chiaramente che le colture transgeniche producono meno o non di più di quelle non transgeniche, senza considerare i danni che le prime arrecano all’agroecosistema (2). Altri risultati solo per il cotone transgenico a confronto con il non transgenico (3) confermano il fatto che il non transgenico produce di più del transgenico (3)».
Gli autori pisani affermano ancora che gli NTO analizzati non sono stati interessati dal mais GE, ad eccezione di Braconidae, rappresentato da un parassitoide della piralide del mais europeo, l'obiettivo dei Lepidotteri attivi di mais Bt. I parametri del ciclo biogeochimico come il contenuto di lignina negli steli e nelle foglie non variavano, mentre la decomposizione della biomassa era maggiore nel mais GE.
«Le pubblicazioni prese in considerazione dalla meta-analisi degli autori di Pisa riguardano lavori poco credibili - prosegue Perrino - in quanto condotti da chi ha interesse a nascondere (forse inconsciamente) i risultati sugli NTO, che tra l’altro sono obiettivamente difficili da valutare. Per loro stessa ammissione un NTO, il parassita della piralide (un predatore naturale), viene colpito. Le conseguenze del fatto che viene colpito un predatore naturale non sono da sottovalutare, perché si va ad interferire con diverse altre componenti dell’ecosistema, determinando cambiamenti che possono comportare lo sviluppo di nuovi parassiti e compromettere la resilienza dell’intero ecosistema, incluso l’uomo».

E ancora, i ricercatori pisani che hanno promosso il mais ogm, concludono a favore della sua coltivazione principalmente per la maggiore qualità del grano e la riduzione dell'esposizione umana alle micotossine.
«Ma la qualità della granella non si può valutare solo in base a parametri di convenienza, come la presenza di micotossine (fumonisina, ecc.) e magari trascurare la presenza del DNA transgenico, che come sappiamo contiene, fra l’altro, i geni (indicatori) per la resistenza agli antibiotici - prosegue Perrino - Gli autori di Pisa considerano solo le micotossine e ignorano l’effetto cancerogeno del DNA transgenico. Ma anche a voler considerare seriamente il problema delle micotossine, esistono tante strategie diverse e più efficaci di quella proposta dall’ingegneria genetica. Strategie più accessibili, meno costose e che non sconvolgono l’ecosistema (4)».
«Ci sarebbe molto da dire contro la tecnologia del DNA ricombinante, tanto che non dovremmo consentirne la coltivazione ne in Italia ne altrove (5) - conclude il dotto Perrino - Gli effetti collaterali del DNA transgenico non conoscono confini geografici (1, 5). Proporre gli OGM per risolvere i problemi di fame nel mondo sottosviluppato, cioè senza risorse finanziarie per produrre cibo, equivale a proporre i vaccini per risolvere problemi di salute a popolazioni che muoiono di fame, cioè senza cibo ed energie per produrre anticorpi. La ministra Beatrice Lorenzin ha mostrato di essere incompetente in materia di piante transgeniche votando, il 27 gennaio scorso insieme al ministro Martina, a favore degli OGM (6). La salute dei singoli organismi viventi dipende dalla salute dell’ecosistema in cui essi vivono e la salute dell’ecosistema dipende da quella degli altri ecosistemi e/o biomi. Sappiamo da sempre che chi da salute agli ecosistemi è la biodiversità, su piccola e grande scala. La cosiddetta Rivoluzione Verde, iniziata, negli anni '40 e '50 del Ventesimo secolo, avrebbe dovuto insegnarci la lezione che uniformità delle coltivazioni è sinonimo di vulnerabilità dei campi coltivati alle malattie e biodiversità delle coltivazioni è sinonimo di resistenza alle malattie, ma per molti di noi, in primis accademici e ricercatori, questa lezione sembra non sia sufficiente».
«Visto che gli OGM (piante transgeniche) sono organismi che derivano tutti da una sola cellula selezionata in laboratorio e quindi geneticamente identici è ovvio che proporre la coltivazione di OGM significa proporre modelli agricoli di massima omogeneità, che, come sottolineato prima, significa massima vulnerabilità delle coltivazioni alle malattie - prosegue Perrino - Infatti, la favola che il mais transgenico è più resistente alla piralide dura solo qualche anno, poi, dopo qualche anno, subentrano superparassiti e nel caso di mais resistente all’erbicida, sviluppo di super infestanti e sterilità del suolo, causata dall’erbicida che oltre a uccidere le erbe fa fuori anche la microflora del suolo. Quella microflora che aiuta le piante ad assorbire i microelementi per vivere e sviluppare i meccanismi di difesa contro eventuali parassiti. È con vero dispiacere che si assiste al perseverare delle multinazionali nel proporre gli OGM come la panacea dei problemi agricoli e alla distruzione di intelligenze che potrebbero essere utilizzate per studiare e sperimentare modelli agricoli a basso impatto ambientale. Penso a quei giovani ricercatori che per fare carriera devono occuparsi per forza di OGM, altrimenti non pubblicano e non hanno i requisiti per partecipare e vincere concorsi progettati apposta per incentivare ricerche che servono solo alle multinazionali e non alla collettività. Speriamo che questi giovani aprano gli occhi prima che sia troppo tardi per il loro futuro e per quello dell’agricoltura a livello mondiale».
Bibliografia
1. Pietro Perrino, 2010. Il DNA Transgenico: Il Vero Problema Dell’ingegneria Genetica . Atti del Convegno “Task Force per un’Italia Libera da OGM”, svoltosi presso l’Auditorium Ara Pacis di Roma, il 20 luglio 2010.
2. Jack A. Heinemann, Melanie Massaro, Dorien S. Coray, Sarah Zanon AgapitoTenfen & Jiajun Dale Wen, 2014. Sustainability and innovation in staple crop production in the US Midwest . International Journal of Agricultural Sustainability, 2014 Vol. 12, No. 1, 71 –88.
3. Jost, D. Shurley, S. Culpepper, P. Roberts, R. Nichols, J. Reeves, and S. Anthony, 2008. Economic Comparison of Transgenic and Non transgenic Cotton Production Systems in Georgia P. Agronomy Journal • Volume 100, Issue 1: 42-51.
4. Wageh Sobhy DARWISH1, Yoshinori IKENAKA, Shouta M.M. NAKAYAMA and Mayumi ISHIZUKA, 2014. An Overview on Mycotoxin Contamination of Foods in Africa . J. Vet. Med. Sci. 76(6): 789–797, 2014.
5. Pietro Perrino, 2009. Gli OGM SONO DANNOSI E INUTILI - Ora abbiamo bisogno di sistemi agricoli biologici, alimentari ed energetici sostenibili, 2009.
6. Allarme OGM in Italia , Task Force per un’Italia Libera da OGM, gennaio 2018.
Fonte: Terranuova.it
Alba Kan a 10:14
 

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Di maicolengel butac
-17/07/2017

Pietro Perrino, genetista CNR “Non sono state le vaccinazioni di massa a salvarci dalle malattie infettive, ma le condizioni igieniche e l’uso di acqua potabile.”


Non ci vorrà molto oggi, perché l’affermazione fatta da Perrino rientra tra le storie che circolano sui vaccini di cui BUTAC si è giù occupato in passato. Vediamo di fare una passeggiata sul viale dei ricordi. Scrivevo nel 2013, in relazione alla diceria che il morbillo sia diminuito per merito della maggiore igiene, leggenda urbana che gira da tempo evidentemente:

Non mi sembra che i bagni di casa e le condizioni igienico sanitarie siano così drasticamente variate dal 1963 ad oggi, si forse laviamo la frutta di più, forse usiamo precauzioni diverse, ma sono modifiche minime, non così impattanti: quel crollo nei casi di morbillo è chiaramente dato dall’introduzione del vaccino.


Measles cases reported in the United States, 1944-2007, represented as thousands of cases per year vs. year, with an inset 1983-2007 as cases vs. year. Data are from the US Centers for Disease Control. Cases 1944-1983


Negli anni 60 e 70 in Italia, paese che era già industrializzato e con regole sanitarie valide morivano per morbillo circa 180 bambini all’anno, non grandi numeri, ma pur sempre 180 bimbi che oggi hanno una chance in più, la tabella qui sotto viene da questo PDF dell’Unicef coi dati raccolti dall’ISTAT:

Manca il dato di quanti fossero i nati nel 1961, ma diciamo fossero come negli anni 60 (circa 900 mila bimbi nati all’anno) ne morivano 0,2 ogni mille, quindi 180 bambini, nel 2008 erano zero, così come zero sono oggi. Merito di condizioni igieniche migliori ? Non credo come dimostrano i due bei grafici americani e inglesi di cui sopra, l’introduzione dei vaccini è stata la causa scatenante di quel crollo nella mortalità da morbillo. I siti che pubblicano altri dati non so quali fonti ufficiali abbiano, le mie vengono da Organizzazione Mondiale della sanità, Unicef , Ministero della sanità ed ISTAT.
Non era una dimostrazione che necessitasse di grande lavoro, senza bisogno di lavorare al CNR ero riuscito a pescare i dati da solo, senza grande fatica. Ma allora come mai un genetista che sostiene di occuparsi a tempo pieno di salute non ne fa cenno? In tutta la “lettera aperta” che viene pubblicata su Medicina a piccole dosi non c’è un singolo dato scientifico, ma tante inutili parole che non dicono nulla che in maniera seria supporti la tesi che sia stata l’igiene e non i vaccini a salvarci dalle malattie infettive.

Ma chi è questo Dott. Perrino?
Non siamo di fronte ad un eminente virologo, sì è vero che è un genetista ma laureato in Scienze Agrarie, non in Medicina. Il Prof. Lo Palco sulla sua bacheca Facebook commentava le dichiarazioni di Perrino così:
Non parlo di cose che non conosco. Io seguo fermamente questa regola di vita. In questi ultimi mesi a parlare di vaccini ci si è messo chiunque. Nutrizionisti, laureati in nano-farmacia, cantanti, (ovviamente) politici. Recentemente vedo girare un post che è molto ambiguo in quanto viene spacciato come l’opinione di un Genetista del CNR, inducendo pertanto l’errore che possa trattarsi di un medico genetista. Il soggetto in questione è un genetista, sÌ, ma laureato in scienze agrarie. In pratica è come se io scrivessi una lettera al Ministro dell’Agricoltura per criticare il loro piano di lotta alla peronospora. Amen
Xylella

Io purtroppo a differenza del Prof. Lo Palco ho scelto un hobby che mi porta spesso ad esprimermi su argomenti che non conosco, cerco di farlo sempre con in testa una sola cosa: le fonti e la corretta informazione, conscio però che se sbaglio è sempre colpa mia. Ma in questo impicciarmi di cose che non rientrano nelle mie competenze avevo già incontrato il Dott.Perrino, ai tempi delle dispute sulla Xylella.
Perrino è quello che in una lettera aperta a Vendola nel 2015 sosteneva che:

la soluzione del problema non sta nello sradicamento degli ulivi né nell’accanirsi contro eventuali patogeni, ma nel ripristino di un’agricoltura a basso impatto ambientale, suggerito dai salentini più avveduti e che hanno tutto il diritto di essere ascoltati, anche perché sono loro che vivono in empatia con le piante di ulivo. Senza nulla togliere a burocrati e accademici, i legami che loro hanno con il territorio e gli ulivi sono meno forti e quindi meno indicati a suggerire la giusta terapia.

Io non vorrei fare tristi paragoni, ma suona tanto come quelli che dicono che le mamme sono le uniche titolate a curare i figli in quanto mamme, i medici non possono capire in quanto non emotivamente coinvolti. Perrino aveva torto nel 2015, e oggi direi faccia solo disinformazione, peccato vedere il solito studente di medicina continuare nella strada del condividere roba che non ha a nulla a che vedere con la medicina e la scienza ma solo con la fuffa.

Non credo sia necessario aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

Genetista CNR contro i vaccini — BUTAC - Bufale un tanto al chilo
 
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