Pirelli & C Real Est (PRS) Il Ballo del Matto.o.oneeeeeeeeeee (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Un incendio che brucia la bolla immobiliare
http://mercato-libero.investireoggi.it/california-immobiliare-rovente-391.html


CALIFORNIA: immobiliare rovente!




L’incendio a Malibù (nella foto) distrugge oltre 1500 case. I prossimi dati sulle vendite saranno positivi!!!
In California nell’ultimo mese la vendita delle case ha segnato un –48% rispetto allo scorso anno.
E’ un dato probabilmente falsato, tutto sommato negli stati uniti le vendite di case esistenti sono crollate del “solo” 8%!!!

Ai minimi di oltre 10 anni e ben al di sotto delle attese. Ma la California forse vedrà risultati migliori nei prossimi mesi. Infatti le case distrutte dovranno essere ricostruite e ricomprate. Non sarà il segno del recupero dell’immobiliare ma solo il bisogno di non dormire sotto un ponte.
Ma si sa, di questo le statistiche e i dati non ne tengono conto!

La Fed taglierà i tassi in maniera significava mercoledi’ prossimo?

La domanda è sempre la solita….ma se le materie prime, gli alimentari i prezzi dei trasporti salgono e se il dollaro continua a scendere perché l’inflazione americana non esplode? Per quanto riusciranno a tenere i dati nascosti?

Con il dollaro che ha perso il 4% in due mesi e le materie prime che sono salite anche di più,
stimo che l’inflazione salirà presto al 5%!
Ora, se l’inflazione sale ma la crescita economica è forte allora tutto è abbastanza sotto controllo (quello che sta accadendo nei paesi asiatici e russi).
Tuttavia la discesa dell’immobiliare e di tutti settori legati ad esso (stop alle costruzioni, iai venditori di ascensori, di piastrelle, di legno, di mobili, di scale ecc ecc ) dovrebbe generare una massiccia disoccupazione e un rallentamento economico, altro che crescita!
Quindi inflazione con bassa crescita …che si traduce in dstagflazione.
La cosa peggiore che possa capitare ai mercati azionari.

Nel frattempo l’inflazione fa male anche ai russi. Putin da ordine di blocco dei prezzi fino a gennaio.

Il mercato mondiale che di libero non ha più nulla tranne il nome, lo ribattezzerei con il vero nome: REGIME. o come dice Spallino: PLUTOCRAZIA, o Capitalismo opaco. Insomma una vera schifezza!




Vi ricordo sempre che contro tutto questo non rimane che unirsi in gruppi per competere con chi ci vuole controllare e ci impone prezzi da usura e strozzinaggio. 1000PERCAMBIARE vuole creare un gruppo per ottenere condizioni competitive in Banca. E’ un inizio, ma la direzione è quella giusta.

Se siete daccordo e volete saperne di più venite sul sito e aderite all’iniziativa con un’email.

http://1000percambiare.blogspot.com/
 

tontolina

Forumer storico
ieri
http://ac-finanza.investireoggi.it/dati-usa-negativi-giu-leuropa-164.html

I dati sulle vendite di case esistenti diffusi ieri sono stati peggiori delle attese, d’accordo, e forse oggi la delusione - se così si può dire - riguarderà le vendite di nuove abitazioni. Ma davvero sono dati così inattesi?

Merrill Lynch (-5,8% ieri) ha segnato la prima perdita trimestrale dal 2001 (2,24 miliardi di Dollari, la più alta nei sui 93 anni di storia, dovuta a 8,4 miliardi di Dollari di svalutazioni contabili su mutui subprime, ABS, …) ed è stata downgradata dalle agenzie di rating (da Aa3/AA- a A1/A+) e da numerose case di investimento nei target price, anche quì, direi, tutto secondo copione.

Tornano i rumours (ormai una consuetudine…) sulle difficoltà di Lehman Brothers e di Bear Stearns (quest’ultima mi sembra più a rischio della prima), ed entrambe perdono valore in Borsa, alimentando la discesa degli indici.

Poi, improvvisamente (grazie al piano PPT di Bush spiegato dal dott.Spallino), torna il sereno a Wall Street, tutti puntano sulla Fed e sulla convinzione che taglierà ancora, e molto, ed il mercato alla campanella finale ha pressoché recuperato tutte le perdite intraday.
 

tontolina

Forumer storico
Charlie ha scritto:
La festa è finita, il calo è una realtà, ora ne parla anche l'Espresso:

Immagine sostituita con URL per un solo Quote: http://data.kataweb.it/kpm2eolx/field/foto/foto/1845692

Casa flop
di Maurizio Maggi
Il mercato delle abitazioni si è fermato. Per le famiglie risulta più difficile ottenere mutui. E rallentano anche le grandi speculazioni immobiliari. Così, per la prima volta dopo dieci anni, i prezzi cominciano a scendere

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Casa-flop/1845687&ref=hpstr1

Charlie :cool:

In passato neppure tanto lontano
almeno una volta alla settimana
mi telefonavano e mi chiedevano se volevo vendere la mia casa (una zuppa allucinante)

l'ultima telefonata di circa 1 mesa fa... dopo la solita richiesta, l'immobiliarista mi propose l'acquisto di una abitazione simile alla mia, decisamente fuori città e senza tutte le infrastrutture di cui godo
ad un prezzo folle!
Io sto bene qui.....:up:

quindi se i prezzi scendono non sarà una cosa grave assai
dato che i prezzi hanno raggiunto livelli da super-bolla


allego l'articolo che hai linkato
ciao


Casa flop
di Maurizio Maggi


Il mercato delle abitazioni si è fermato. Per le famiglie risulta più difficile ottenere mutui. E rallentano anche le grandi speculazioni immobiliari. Così, per la prima volta dopo dieci anni, i prezzi cominciano a scendere

GRAFICI: Domanda residenziale Frenata in borsaAndamento dei prezzi Tempi di vendita

E in Piazza Affari è quasi un tracollo
di Maurizio Maggi
Che legnate, in Borsa, per i titoli del settore immobiliare. Se il mattone vero non gode di buona salute, il mattone finanziario se la passa ancora peggio. Dall'inizio del 2007, delle 11 società quotate in Piazza Affari nessuna ha brillato. Qualcuna, tra le più piccole, resta in linea di galleggiamento. Ma tra quelle più punite dall'andamento del titolo sul listino ci sono proprio alcune tra le più note e con ...


In America la crisi durerà fino al 2011
di Paolo Pontoniere
È guerra di trincea sul fronte immobiliare statunitense, con gli analisti che prevedono un calo che si protrarrà ben oltre il 2009. Nel caso di Ivy Zelman, la principale esperta americana del mercato della casa, le previsioni di crisi si prolungheranno fino al 2011 con perdite dei valori immobiliari che oscilleranno tra il 16 e il 22per cento di quelli attuali. ...



Milano, via Chopin, strada alberata di periferia di un quartiere sorto negli anni Settanta. Un appartamento di 4 locali, doppi servizi e il box passa di mano nel 2006 per circa 400 mila euro. Un anno dopo, nella primavera del 2007, un alloggio dello stesso tipo, viene messo in vendita per 370 mila euro. Rimane in carico all'agenzia per parecchi mesi e viene infine piazzato a 330 mila euro, ma senza box. Eccola qui la testimonianza di una svolta che, fino a qualche mese fa, si riteneva quasi impossibile: i prezzi delle case possono calare, anche in Italia.

Lo confermano i dati dell'Ufficio Studi UBH, la holding che controlla le reti di agenzie immobiliari Grimaldi e Professione Casa: nei primi mesi del 2007, i prezzi hanno tirato il freno a mano. Sono calati in media in quasi tutta l'area di Firenze, e sono arretrati anche del 2%nelle zone semicentrali di Roma.
Ormai i segnali della retromarcia innestata si moltiplicano. Tecnocasa, il network di intermediazione immobiliare con il maggior numero di agenzie in Italia (sono 2.640), monitora con attenzione dieci grandi città italiane: in cinque di queste città le contrattazioni, già nei primi sei mesi del 2007, si sono chiuse su valori inferiori rispetto a quelli dello stesso periodo del 2006. I cali più marcati si sono verificati a Genova (meno 2,1 per cento) e a Bologna (meno 1 per cento) e più contenuti a Napoli (meno 0,9 per cento), Firenze (0,6 per cento) e Bari (0,4) per cento. Non è un tracollo, ma la svolta è storica dopo dieci anni di sbornia rialzista. La morale, banalizzando, potrebbe annidarsi in un proverbio rivisitato: chi di mutui ferisce, di mutui perisce.

Aveva galoppato per anni, il mercato italiano della casa, grazie a un costo del denaro avvicinabile quasi da chiunque. I tassi però, da un paio d'anni, hanno imboccato la direzione opposta e reso più care le rate del prestito contratto per farsi la casa. Così, chi li aveva già accesi deve sganciare un bel pacco di euro in più ogni mese, mentre chi stava per decidersi prende il calcolatore in mano e, in molti casi, capisce di non farcela. Morale: meno trattative che giungono a conclusione, dilatazione dei tempi necessari per piazzare un alloggio, prezzi in frenata, se non in calo.
L'Italia è dunque alla vigilia di un fenomeno che non si verificava da oltre dieci anni, la discesa dei prezzi nominali degli immobili residenziali. Peraltro, la crisi del mattone non colpisce solo i privati.
Il rialzo del costo del denaro sta rendendo assai più onerosi i grandi progetti che gli sviluppatori di business immobiliari hanno avviato, soprattutto a Milano. Sei grandi iniziative del valore complessivo di 7 miliardi. Denari che, ha recentemente sottolineato 'Il Sole 24 Ore' in un lungo articolo, per l'85 per cento sono stati presi a prestito.

Va anche ricordato che il dietro-front del mattone non è ovviamente un caso solo italiano.
In Spagna, i prezzi delle case hanno cominciato a scendere in luglio, dopo un decennio che aveva visto raddoppiare il valore medio degli immobili.
Anche la Francia sta vivendo, dopo dieci anni, il primo calo trimestrale delle quotazioni. E in Irlanda si è verificato in agosto un passo indietro dell'1,9 per cento rispetto a un anno prima. Secondo l'agenzia Standard & Poor's, in questi tre paesi insieme agli arretramenti dei prezzi inizia a farsi vedere una certa tendenza al rallentamento nella costruzione di nuovi appartamenti.

E in una simulazione che mette sul tappeto una gamma di possibili scenari, l'ipotesi peggiore avanzata in un'analisi di economisti della Deutsche Bank è di un arretramento dei prezzi delle case in Europa dell'8%. È assai probabile che in Italia non ci saranno i crolli che Alan Greenspan, l'ex governatore della Federal reserve, immagina per le abitazioni americane. Il rinculo, altra cosa da non dimenticare, non colpirà in egual misura, ovviamente, tutti i tipi di abitazioni.
Ma la lunga rincorsa del mattone è agli sgoccioli e in alcune zone di certe grandi città, come dimostra la tabella in questa pagina, l'andamento dei prezzi, elaborato sulla base di compravendite realmente effettuate, l'inversione di tendenza c'è già stata nei primi nove mesi del 2007. A rivestire con i crismi dell'ufficialità il raffreddamento di un mercato che è stato troppo caldo per troppo tempo - i prezzi crescono in media da quasi un decennio - ci pensa l'Agenzia del territorio. Stando ai dati dell'organismo pubblico, nel primo semestre del 2007 c'è stato un generalizzato calo delle compravendite immobiliari rispetto allo stesso periodo del 2006.
Il settore residenziale è arretrato del 3,7%, quello terziario del 7,8%, quello commerciale dell'8,6%.
Per il settore residenziale si tratta del primo passo indietro dal 2000, quando avvenne solo perché una nuova normativa fiscale sulla casa aveva spinto molte persone a posticipare gli acquisti. La limatura più consistente negli scambi è avvenuta al Sud (-4,6%), mentre al Nord il calo è stato del 3,1%. Continua la tendenza a spostarsi in provincia e i capoluoghi di provincia pagano dazio: secondo l'Agenzia del territorio, le compravendite nei capoluoghi sono diminuite del 7% nella prima metà dell'anno. Dati che si sposano perfettamente con la stima di Nomisma sui nuovi mutui, che sarebbero già calati del 5-6%nel corso del secondo trimestre di quest'anno. Quando calano considerevolmente gli scambi, vuol dire che la domanda è in netta contrazione.
E la rarefazione dell'interesse si fa vedere anche nei cantieri dove sono in costruzione le nuove realizzazioni. Da un sondaggio effettuato pochi giorni fa dalla società di ricerca Scenari Immobiliari in dieci città italiane, emerge che, soltanto rispetto al mese di luglio, il numero di compromessi, cioè di impegni all'acquisto, stipulati direttamente negli uffici vendite dei cantieri si è drasticamente ridotto, con percentuali comprese tra il 25% e il 50%.

La risalita dei tassi d'interesse, spiega un altro studio della stessa Scenari Immobiliari, che 'L'espresso' è in grado di anticipare, ha spiazzato nettamente proprio le fasce che maggiormente avevano sfruttato la nuova opportunità rappresentata dai mutui a tassi bassi: i giovani e gli immigrati. Secondo l'istituto di ricerca presieduto da Mario Breglia, l'anno scorso i lavoratori immigrati e i giovani hanno comprato più della metà delle circa 800 mila abitazioni messe in vendita. Più precisamente, attribuisce il 18% degli acquisti di alloggi agli stranieri venuti in Italia per lavorare e il 35% ai giovani alla ricerca della prima casa (un gruppo che comprende sia quelli che vanno a vivere da soli che coloro che formano una coppia, per amore o per convenienza).

"Nel trimestre luglio-settembre la propensione di queste due macrocategorie a comprar casa si è praticamente dimezzata, toccando il minimo dell'ultimo triennio. Ciò significa che sul mercato immobiliare, a fine anno, potranno venire a mancare da 50 mila a 80 mila scambi", spiega Breglia. Secondo il quale i giovani e gli stranieri, quando nel marzo 2006 pianificavano l'acquisto dell'alloggio contavano per il 75% sul mutuo e per il 10% sulle proprie risorse. Dodici mesi dopo, il peso del mutuo è sceso al 52%. Senza l'aiuto dei genitori o un improvviso aumento dei propri guadagni, il sogno casa dev'essere quindi riposto nel cassetto.
La conferma arriva dal campo.
Racconta Fabrizio Fontana, supervisor della Gabetti per una zona di Milano che comprende anche diverse aree periferiche molto battute dagli immigrati: "Al Corvetto, nella periferia meridionale di Milano, l'aumento del costo dei mutui ha tagliato le gambe alla parte trainante del mercato, che in vasti settori di quel quartiere erano soprattutto gli immigrati".
Ma spostandosi di qualche chilometro, passando dal fronte dell'acquisto a quello della locazione, il clima non cambia. In uno stabile d'epoca di viale Toscana, l'ex portineria è sempre stata affittata con facilità. Con l'ultimo contratto a 750 euro al mese.
L'agenzia della Pirelli RE, da tempo incaricata di reperire gli inquilini, stavolta fa fatica e dice ai proprietari: "Il mercato è cambiato, dovete scendere a 600 euro". Una bel passo indietro del 20%.
Episodi come questi sono ormai all'ordine del giorno un po' dovunque nelle grandi città. "Si è tutto complicato, la situazione non è drammatica, ma chi vende non ha ancora capito che la crescita dei prezzi non è più automatica come fino a poco tempo fa", sostiene il gestore della rete di agenzie Grimaldi per Roma e per il Lazio, Giuseppe Pieretti.

Spiega Fabiana Megliola dell'ufficio studi Tecnocasa: "Le fasce più povere della popolazione sono in difficoltà grave, è sparito del tutto il piccolo investitore che vuole un appartamento da mettere a reddito. Di fatto, ormai, c'è solo una categoria a interpretare il ruolo del compratore: quella di coloro che hanno già un alloggio e ne vogliono uno più bello. Il problema, per chi deve vendere, è che questo tipo di acquirente non ha fretta". E ha tutto il tempo di aspettare che i prezzi calino davvero.
"Il coltello dalla parte del manico non ce l'ha più il venditore, come succedeva fino a qualche mese fa, ma non è ancora totalmente dalla parte del compratore: viviamo una fase di transizione in cui l'unica cosa certa è che le compravendite sono destinate a calare e i tempi necessari per cedere un immobile ad allungarsi", sottolinea Alessandro Ghisolfi, capo ufficio studi del gruppo UBH.
Chi riesce a vedere il lato buono della medaglia è Giuseppe Caruso, l'amministratore delegato della Pirelli RE Franchising (604 agenzie immobiliari con l'obiettivo di arrivare a mille): "Dopo i grandi rialzi il mercato deve metabolizzare gli eccessi, non mi preoccuperei più di tanto. Ci sono già state delle flessioni, soprattutto dove le sopravvalutazioni erano evidenti. Per certi versi, dopo l'arrivo dell'euro con le case è successo come con le pizze: la "Margherita" è passata da 4 mila lire a 4 euro, i prezzi al metro quadro da 2 milioni di lire a 2 mila euro. Ma non credo che nei centri storici delle grandi città ci potranno essere sostanziali ribassi.
Però, in altre situazioni, oggi chi decide di vendere deve prepararsi a una realtà diversa e sapere che, se un anno fa avrebbe magari chiuso l'affare con uno sconto del 10%, adesso dovrà abituarsi a un 20%".

È paradossale, l'altalena del mattone. Per anni i prezzi crescevano, ma c'erano i mutui sempre più bassi e anche chi aveva pochi soldini da parte poteva buttare il cuore oltre l'ostacolo e provare a farsi la casa. Adesso i prezzi scendono, ma i mutui sono più cari, e ai poveri fanno più fatica a concederli. Gli affaroni, in pratica, li farà chi non ha bisogno.
 

tontolina

Forumer storico
E in Piazza Affari è quasi un tracollo
di Maurizio Maggi

Da Pirelli Real Estate a Coppola e Zunino, i titoli degli immobiliaristi hanno perso nel 2007 più del 30 per cento

Che legnate, in Borsa, per i titoli del settore immobiliare. Se il mattone vero non gode di buona salute, il mattone finanziario se la passa ancora peggio. Dall'inizio del 2007, delle 11 società quotate in Piazza Affari nessuna ha brillato. Qualcuna, tra le più piccole, resta in linea di galleggiamento. Ma tra quelle più punite dall'andamento del titolo sul listino ci sono proprio alcune tra le più note e con controvalori borsistici di un certo peso, come la Pirelli Real Estate guidata da Carlo Puri Negri e la Risanamento di Lugi Zunino. Che capitalizzano entrambe intorno a 1,4 miliardi di euro e perdono entrambe più del 30 per cento.

In Borsa è un periodo difficile per gran parte delle società immobiliari quotate anche all'estero. "Però la tendenza al rialzo dei tassi d'interesse ha un effetto maggiore su quelle italiane perché sono molto indebitate e i loro titoli non troppo liquidi sul mercato", sostiene Davide Squarzoni, direttore generale di Prometeia Advisor. Aggiunge Patrizio Pazzaglia, direttore investimenti dell'olandese Bank Insinger: "Nonostante abbiano perso parecchio, le società immobiliare non esercitano un grande appeal sui risparmiatori, né grandi né piccoli. E gli investitori istituzionali internazionali, se vogliono puntare sul mattone tricolore, preferiscono farlo attraverso i fondi immobiliari chiusi ed espressamente dedicati a loro". In effetti, il settore dei fondi immobiliari è in grande espansione: erano sette nel 2001 e sono arrivati a quota 155 alla fine del 2006, quando il loro Nav, cioè il valore del patrimonio netto, era pari a 19,3 miliardi.

Ma torniamo alle delusioni dell'immobiliare 'classico'.

La Risanamento di Zunino è stata stroncata qualche mese fa dagli analisti Merrill Lynch. Il pollice verso degli esperti della banca d'affari anglosassone è motivato da varie ragioni: i progressi troppo lenti nello sviluppo della nuova area di Milano Santa Giulia, uno dei grandi progetti in cui l'immobiliarista piemontese è impegnato; la limitata visibilità sui prezzi delle vendite e sull'andamento degli affitti dei nuovi spazi; infine, dal fatto che gran parte dei costi complessivi previsti per le faraoniche iniziative (3,5 miliardi di euro , se si considera anche l'area Falck di Sesto San Giovanni) debbano ancora essere sostenuti. E il titolo, che all'epoca dello studio degli analisti di Merrill Lynch era già in difficolta, ha continuato a scivolare.

Pirelli Real Estate, la società del gruppo di Marco Tronchetti Provera, dallo scorso mese di gennaio ha tentato di allargare la propria sfera d'azione, puntando forte soprattutto sulla Germania, dove ora gestisce un patrimonio immobiliare stimato in circa 3 miliardi di euro. Prima ha acquistato una società di Amburgo, la Dgag, poi ha rilevato assieme alla Deutsche Bank la Baubecon, ricca di un patrimonio di circa 27 mila abitazioni sparse tra Berlino, Hannover e Magdeburgo. L'obiettivo era quello di diversificare su un mercato che in Europa era rimasto più indietro, replicando il lancio dei fondi immobiliari effettuato in Italia. Non è bastato: il titolo è piombato a livelli che non vedeva dal lontano novembre 2004.

La maglia nera della performance 2007 la indossa la Ipi di Danilo Coppola. L'azienda, che avrebbe dovuto diventare la corazzata dell'immobiliarista romano, finito in carcere a Regina Coeli lo scorso marzo con le accuse di bancarotta e riciclaggio (ora è agli arresti domiciliari), in meno di dieci mesi ha perso il 45,10 per cento del suo valore di Borsa. E ora la società, un tempo tradizionale espressione della gestione sabauda dei patrimoni immobiliari, ha un controvalore di 178 milioni di euro.
 

tontolina

Forumer storico
OBBLIGAZIONI: rendimenti in stallo

http://michelespallino.investireoggi.it/obbligazioni-rendimenti-in-stallo-318.html


Tra Scilla (crescita) e Cariddi(inflazione), in un mare sempre più grosso (liquidità in aumento), il transatlantico obbligazionario mondiale è restato sostanzialmente immobile questa settimana. Il livello dei rendimenti mostra il prevalere dell’idea che l’economia entrerà in recessione, ma la ripidità della curva indica che non mancano i timori per l’inflazione. Chi invece è convinto che le prospettive 2008 dell’economia sono rosee dirotta la liquidità sull’azionario. Al fondo di tutto resta la fede religiosa nelle capacità taumaturgiche della Fed, ed il mito teorico che se c’è recessione non ci può essere inflazione, e viceversa se ci sarà aumento dell’inflazione vorrà dire che la crescita sarà brillante. Pochissimi pensiamo, invece, che è già iniziata una fase di stagflazione: contemporaneità di recessione ed inflazione stile anni 70 e che nel 2008 si vedrà l’aumento dell’una e dell’altra.
Come saldo settimanale, negli USA, i BOT a 3 mesi al 3,95%(+3 cts.) , il biennale fermi al 3,76% come il quinquennale al 4,04%, ed il decennale al 4,39% ed il trentennale al 4,69%. Pertanto tutto fermo, la curva resta crescente e il differenziale tra il 2 e il 10 anni a 63 cts. La FED ha continuato a iniettare liquidità ma l’overnight interbancario è salito nel finale al 4,85%; invece il libor a 3 mesi scende progressivamente per tutta la settimana concludendo sotto al 5% (-15 cts.).
In Europa il bund decennale scende di 3 cts. al 4,19% per cui il differenziale con il bond USA analogo sale a 20 cts. Anche - 3 cts. per l’euribor a 3 mesi sceso al 4,6%, e +2 cts. per quello a 1 mese al 4,15%. Fermo anche in Giappone il decennale a 1,61%, e fermi i rendimenti sugli emergenti.

Dopo MGIC(vedasi Speciale il peggio che arriva) questa settimana è stato il turno di altri due grandi assicuratori di bond (MBIA e AMBAC) annunciare per la prima volta perdite cospicue. Val la pena notare che i due hanno assicurato bond per 1,9 trilioni, dunque non si parla di noccioline: il costo per l’assicurazione di titoli strutturati si è sestuplicato passando da 50 mila dollari ogni 10 milioni a 300 mila dollari.
Sono invece noccioline i subprime e le SIV se paragonate al gigantesco mostro dei CDO (obbligazioni emesse su debiti collaterali, a garanzia: indovinate quali? i mutui ipotecari). Qui stiamo parlando di svariati trilioni di dollari, e di uno dei mercati più opachi e meno prezzati del mondo. L’esposizione a questi CDO è globale, cioè tutto il mondo li ha comprati, nella fase d’oro in cui si moltiplicavano come funghi. Inutile dire che le speranze di evitare un disastro sono appese alla tenue possibilità che il mercato dei mutui ipotecari americani non imploda. Ci tornerò in un prossimo Speciale (cosa sono gli ARM’s). Nel frattempo il Joint Committe del Congresso USA formula una previsione ufficiale: 2 milioni di persone perderanno la propria casa entro il 2009 perché non saranno in grado di evitarne il pignoramento. Se lo dicono pure loro….

MBIA
http://www.mbia.com/international/int_milan.html
La nostra attività:

Finanza pubblica globale
Assicuriamo obbligazioni finanziarie di enti locali, organizzazioni senza scopo di lucro, banche, società d'assicurazioni e finanziarie ed altri enti privati nei mercati primari e secondari.

Finanza strutturata globale
Cartolarizziamo e assicuriamo un'ampia gamma di classi d'investimento nei mercati primari e secondari.




AMBAC
http://translate.google.com/transla...=firefox-a&rls=org.mozilla:it:official&hs=W8R





Il danno peggiore può affiorare, come spesso capita, lontano da quello che si ritiene essere l’epicentro di un sisma. Merril Lynch può limitare le conseguenze del crollo del valore degli strumenti di finanza strutturata, trattandosi fondamentalmente di un intermediario con dei problemi di valutazione delle “giacenze di magazzino”; molto meno bene vanno le cose per una delle categorie più peculiari nel mondo delle assicurazioni : le monoline insurance.


Dopo i risultati di Merrill e quelli di AMBAC, i grandi riassicuratori “monoline” stanno soffrendo pesantemente. Le monoline sono compagnie assicuratrici che forniscono garanzie ad un tipo particolare di clienti: gli investitori in obbligazioni. In cambio di una commissione, garantiscono il rimborso di determinate emissioni obbligazionarie. Nate negli anni ‘70 per assicurare le emissioni degli enti locali contro l’insolvenza, i loro servizi sono particolarmente apprezzati per le emissioni di prodotti finanziari complessi: la struttura e le attività sottostanti possono essere estremamente problematiche, ma le porzioni di debito garantite dalle monoline divengono molto più semplici da valutare e più appetibili per gli investitori avversi al rischio, in quanto il rischio di insolvenza viene assunto dall’assicurazione.

Finché il mercato era in buona salute, le assicurazioni hanno raccolto commissioni e mantenuto senza difficoltà i propri ottimi rating, divenendo nel contempo a loro volta importanti investitori, per mettere a reddito le proprie riserve. Adesso, la crisi dei subprime e l’implosione dei prodotti strutturati (quali CDO e SIV) li ha posti nella stessa condizione di una compagnia assicuratrice dopo un uragano: il crollo dei prezzi espone al rischio di dover rifondere grosse somme agli investitori assicurati.

I risultati di Merrill Lynch sono stati devastanti, perché hanno evidenziato quanto difficile sia valutare il prezzo di tali strumenti e quindi stimare in maniera certa le perdite per chi ha assicurato il rimborso integrale. Ed i mercati, come gli assicuratori, detestano l’incertezza, più che ogni altra cosa.
 

tontolina

Forumer storico
A.Fugnoli: il Rosso e il Nero - Il funk delle case, 26.10.20

A.Fugnoli: il Rosso e il Nero - Il funk delle case, 26.10.2007 09:29

Riporta il Telegraph inglese che a Detroit è stato recentemente venduto un quadrilocale in centro (vicino alla sede storica della Motown, la casa discografica della musica soul) per settemila dollari (4900 euro).
Si tratta di un caso limite, ma il costo di una casetta (non di un appartamento) in molti quartieri di Detroit non supera i 25mila dollari (17,600 euro).
Siamo in linea con Soweto o con le favelas ristrutturate di Sao Paulo.


Sta venendo in mente a più d’uno di investire nell’immobiliare americano. Dopo tutto il dollaro è sempre il dollaro, l’America è sempre l’America e il mattone è sempre il mattone. Se poi sono a sconto tanto meglio. Proprio per questo discorso e’ probabile che ci sia già una certa collocabilità di prodotti legati al settore. E tuttavia, salvo eccezioni anche rilevanti (come dice la Fed, il real estate è sempre un mercato locale che fa storia a sé, da un punto di vista macro ci saranno condizioni ancora più convenienti fra un anno, come minimo.
In primo luogo il dollaro, fra un anno, difficilmente sarà più forte di oggi. Certo, se tutto andrà davvero bene l’economia americana (come ha detto Evans della Fed di Chicago) sarà in riaccelerazione moderata a partire dalla metà del 2008 e il dollaro potrà apparire più interessante, ma l’eventuale recupero sarà con ogni probabilità da una base ancora più debole di quella attuale.
In secondo luogo i bear market immobiliari, storicamente, durano delle eternità se comparati ai bear market azionari medi (se cioè escludiamo i ribassi La sede storica della Motown monstre degli anni Trenta e degli anni Settanta). Il bear market immobiliare americano della prima metà degli anni Novanta, ad esempio, è durato in California 54 mesi (in gran parte dei quali, per inciso, il mercato azionario si mosse al rialzo). E’ del resto ben nota la posizione a riguardo di Greenspan, che ancora oggi ha ribadito che i prezzi delle case scenderanno a lungo e “in modo piuttosto significativo”.
In realtà, a scendere dal piano continentale a quello regionale, si nota nell’immobiliare americano una dinamica che ricorda per certi aspetti quella dello sboom azionario del 2000-2002. Così come allora furono i titoli di crescita a sopportare tutto il peso del ribasso (molti value, per contro, ressero bene o addirittura salirono), così è già evidente come il bear market immobiliare stia infierendo nell’ovest e nel sud degli Stati Uniti, ovvero là dove era esploso (il centro e l’est, per contro, sono molto più tranquilli).
Phoenix, la Florida e San Diego sono l’equivalente odierno dei titoli Internet e telecom ai tempi della bolla.


Da un punto di vista sociale e politico la crisi immobiliare è la crisi dei proprietari subprime, cioè dei poveri. Da un punto di vista economico, tuttavia, l’impatto maggiore, in assoluto, è sui ceti medioalti. La casa è certamente un bene più diffuso tra la popolazione rispetto all’azionario, ma l’effetto economico e le ripercussioni sui consumi dello scoppio della bolla si distribuiscono socialmente su una linea simile a quella dei bear market azionari.
La cosa non è priva d’importanza dal punto di vista macro. L’elemento psicologico che induce ad accrescere potentemente i consumi o a contrarli non è il gonfiarsi o il contrarsi dei propri asset azionari o immobiliari (entro certi limiti, naturalmente) quanto il conquistare o perdere il posto di lavoro (o il considerarlo sicuro oppure a rischio). Se questo è vero, i dati sull’occupazione dei prossimi mesi continueranno a essere più importanti dei dati sui prezzi delle case, per pesanti che possano essere, per valutare la possibilità o meno di recessione negli Stati Uniti.
 

tontolina

Forumer storico
UNICATO STAMPA http://www.adusbef.it/consultazione.asp?Id=6067&T=P

SUB PRIME:
ADUSBEF STIMA CRESCITA MEDIA 19% PIGNORAMENTI ED ESECUZIONI IMMOBILIARI NEL 2007, CON 1,8 MILIONI FAMIGLIE, SU 3,5 MILN DI MUTUI A RISCHIO
INSOLVENZA, CON CONTRATTI A TASSO VARIABILE (91%) PER RESPONSABILITA’ PRECISA DELLE BANCHE, ENTRATE NEI TRIBUNALI CON SOCIETA’ VEICOLO.
BANCHE CHE NON RINEGOZIANO GRATUITAMENTE I MUTUI, NE’ APPLICANO
IL DECRETO BERSANI SU PORTABILITA’ O SURROGA, PERCHE’ POSSONO PILOTARE, TRAMITE “ASTEIMMOBILIARI” (SOCIETA’ABI-BANCHE) LE ESECUZIONI, CON GRAVISSIMO CONFLITTO DI INTERESSI, DENUNCIATO DA ADUSBEF ALLE PROCURE.

La crisi dei mutui sub-prime americani, i cui nefasti effetti contagiosi dispiegati anche in Italia, erano stati negati da Bankitalia, Abi ed autorità monetarie (CICR) con rassicuranti dichiarazioni, indecorosamente smentite subito dopo da primarie banche (Intesa San Paolo con una quota del 20% del mercato),che dal 1 ottobre 2007 ha aumentato i tassi sui mutui fino all’1% proprio a causa dei sub-prime, non ha messo in ginocchio soli i consumatori americani, ma anche gli europei, specie se utenti italiani molto più esposti ai rialzi dei tassi, a causa della rapacità del sistema bancario e della cattiva,interessata consulenza agli sportelli.
Se infatti la crisi dei mutui sub-prime Usa, ha coinvolto sempre più americani che non riescono più a pagare le rate del proprio mutuo, con ritardi superiori ai 60 giorni nei pagamenti delle rate mensili, aumentati del 30% nel mese di agosto, raggiungendo la quota di 58.441, con aumenti record del numero dei pignoramenti,i più alti da 15 anni, che nel mese di agosto - secondo i dati di Realty Trac- sono saliti del 36 per cento su luglio,con 243.479 pratiche di pignoramento, il 115% in più rispetto a un anno fa, determinando un crollo nelle richieste di nuovi mutui ed un aumento della domanda di rifinanziamento,
in Germania ed Italia aumentano procedure esecutive e pignoramenti.

E mentre in Italia,i soliti pompieri tendono a tranquillizzare ed a rassicurare, su mezzi di informazione controllati dalle solite banche, negando l’evidenza, l’ultimo bollettino BCE (12/10/07) fotografa una contrazione delle richiesta dei mutui nel terzo trimestre di un -15%, dopo che nel trimestre precedente (marzo giugno) era stata registrata una flessione del 22%, con un crollo della domanda di mutui, che in parte deriva dall’aumento dei tassi (e del parametro Euribor ndr), in parte da maggiori garanzie richieste, dopo la crisi dei mutui sub-prime americani, pretendendo un rapporto tra valore delle garanzie e ammontare del prestito sempre più alto, con un rincaro dei tassi per chi non è in grado di offrire solide garanzie (oltre l’immobile) per compensare il maggiore rischio.
Secondo l’agenzia federale di statistica Destatis,ad ottobre 2007 i tedeschi (la prima economia UE) hanno registrato un +20% di insolvenze nel 2007, con famiglie sempre più appesantite da crescenti livelli di indebitamento legati soprattutto a disoccupazione, difficoltà del lavoro autonomo e problemi più personali, come infortuni o lutti familiari, determinando nei primi sette mesi dell’anno, 61.931 casi di insolvenza tra i privati, il 20% in più rispetto allo stesso periodo del 2006,con un incremento del 21,2% nel mese di luglio. Dal 1999 ad oggi ben 400 mila tedeschi non sono riusciti a onorare i debiti contratti, un quarto solo nel 2006, quando sono state registrate 92 mila dichiarazioni di insolvenza (ma quest'anno potrebbero sfondare quota 100 mila), ben il 35% in più rispetto alle 68 mila di tutto il 2005. Gli esperti dell'ufficio di statistica federale sottolineano inoltre che l'indebitamento medio di coloro che si sono rivolti agli uffici governativi di consulenza sui problemi finanziari era, nel 2006, di 37 mila euro. Questa fascia di consumatori, si legge nel rapporto, aveva un reddito netto di 1.150 euro al mese.
In Italia non ci sono statistiche dettagliate, ma per alcuni Istituti di ricerca come Nomisma, sarebbero ben 3,6 milioni le famiglie italiane in difficoltà per il caro casa, 1,7 milioni hanno problemi con l'affitto,mentre 1,9 milioni, faticano a pagare la rata del mutuo, per l’eccessiva onerosità delle rate: Adusbef rammenta che mentre negli altri Paesi europei,con banche più portate ad offrire buona consulenza,il 50% dei mutui sono stati erogati a tasso fisso,contro il 9% dell’Italia.
Adusbef accusa le banche di aver costretto milioni di consumatori, ad accendere mutui a tasso variabile quando,specie nel 2004,i tassi di interesse erano ai minimi storici e non si doveva consigliare o imporre (molte banche non erogavano proprio i tassi fissi) agli utenti bancari, di essere gravati di pesanti prestiti di lungo periodo (30-40 anni) a costi apparentemente più bassi che però, con il rincaro del costo del denaro, solo due anni dopo diventavano sempre più insostenibili.
In Italia non esistono statistiche precise sulle insolvenze relative ai mutui, né dati aggiornati sulle procedure esecutive immobiliari o pignoramenti, che secondo alcune stime sarebbero pari al 3,5% del totale dei mutui, quindi a circa 120.000 su 3,5 milioni del totale, perché la maggior parte di essi è stato erogato a tasso variabile e risente del rialzo dei tassi Bce,quando negli anni 2003-2004 i tassi di interesse erano arrivati ai minimi storici e tutti gli indicatori stimavano un loro aumento.

Con grande fatica Adusbef ha monitorato le procedure esecutive immobiliari di alcuni principali Tribunali, come Roma, Milano, Monza, Como,Venezia,Mantova,Rovigo, dove risultano consistenti aumenti di richieste di pignoramento che non risparmiano neppure i pastori sardi (ubicati soprattutto nel comprensorio Sassari-Carbonia, cagliaritano),con 5.000 aziende messe all’asta dagli istituti di credito, anche per favorire gli interessi di tanti affaristi che cercano di comprare le aziende, spesso per alimentare la speculazione edilizia lungo le coste o in aree di investimenti turistici, con contadini e pastori messi inginocchio e costretti a pagare mutui con tassi d'interesse sino al 13%, per un controvalore di 700 milioni di euro.




Se aggiungiamo a questi dati allarmanti frutto di un rilevante disagio sociale iniziato nel 2002, quando con il pretesto dell’euro sono stati sfilati dalla speculazione organizzata,ben 70 miliardi di euro dalle tasche dei consumatori a favore di coloro che hanno avuto la possibilità di determinare prezzi e tariffe,comprese banche ed assicurazioni,un gravissimo conflitto di interesse, da parte della “Repubblica delle banche”,che profittando della carenza dei fondi statali ha messo le mani sulla informatizzazione della giustizia, si è compiuto un gravissimo misfatto sulla pelle delle famiglie.
Le principali banche hanno infatti costituto apposite società denominate Asteimmobiliari, nei principali Tribunali (Roma,Milano,Genova),con la finalità di chiudere il cerchio quando i tartassati e maltrattati utenti non hanno la possibilità di adempiere alle obbligazioni,specie su mutui e prestiti.
Abi e banche si sono quindi ritrovate ben presto, con personale impiegato nella società costituita “Asteimmobiliari” a fare lavoro di cancelleria come altri pubblici ufficiali (con la non piccola differenza di non essere entrati per concorso e di non aver dovuto "prestare giuramento di fedeltà" allo Stato) in gangli alquanto delicati come le esecuzioni immobiliari, le procedure fallimentari, gli uffici dei giudici di pace, le corti d'appello sia civili che penali, le stesse procure.
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bah
in passato ad una persona che conosco
hanno messo all'asta la casa ... lui l'aveva pagata 700 milioni di lire
e fu dattuta a 180 milioni


credo che con le asteimmobiliari online
sarà difficile che situazioni così "convenienti" possano succedere ancora
 

tontolina

Forumer storico
In USA almeno li cacciano
Maurizio Blondet
06/11/2007
Prince25012007.jpg

Charles O. "Chuck" Prince, III

Citigroup ha ammesso che i prestiti e muti concessi a debitori sub-prime, e che aveva come «attivi» nei libri contabili, hanno perso 17 miliardi di dollari del loro presunto valore pre-crisi. Conseguenza immediata: il suo presidente e direttore esecutivo (CEO) Charles Princes III detto Chuck, è stato messo alla porta.
«Chuck» era per Wall Street il «padrone dell’universo», a capo della più grande banca del mondo: Citigroup ha 200 milioni di clienti in un centinaio di Paesi, 340 mila dipendenti, e un valore di mercato - anche dopo la batosta - sui 200 miliardi di dollari.
«Chuck» Prince aveva esagerato in acquisizioni all’estero (come Tanzi): solo per comprare la banca giapponese Nikko aveva da poco speso 12 miliardi di dollari, ovviamente a credito.
Era potente, la banca gli passava il jet privato, immensi benefit e colossali bonus: ora è entati dalla crisi possono valere, fra un anno o due, anche 70. Questi ardimentosi possono trovare banche disposte a prestare loro il denaro per comprare a 50 ciò che può valere di più.
Conseguenza: il denaro riprende a scorrere.
L'incubo della crisi di liquidità, anzi d’insolvenza, che paralizza il business, può essere superato.
Brutale ma chiaro.
In USA.

Ma cosa credete che accadrà in Italia?
Abbiamo Comuni e Regioni intere che si sono messe nella pancia incredibili derivati, e che ora diventano perdite via via colossali, estese per decenni futuri.
Bisognerebbe sbattere via i sindaci e i governatori colpevoli, contabilizzare le perdite che hanno fatto subìre a noi contribuenti, farli pagare coi loro patrimoni quel che è possibile, e per il resto incassare la perdita.
Anche le banche italiane sono nelle stesse condizioni: cacciare i presidenti sarebbe la prima cura. Poi, gli azionisti, di tasca loro, dovrebbero coprire le perdite.
Invece no.
Qui, Bankitalia e tutti gli altri mentitori banchieri ci ripetono che le loro esposizioni sono «marginali».
I Comuni e le Regioni fanno finta di niente, alcuni perché sicuri che le loro clientele camorristiche li faranno rieleggere, altri perché sicuri che ad affrontare il problema dei derivati nascosti e sempre più costosi (l’effetto-leva) sarà il sindaco o governatore dell’opposizione, quando salirà sulla poltrona.
Funzione, segretezza, irresponsabilità.


L’effetto finale sarà la crisi «alla giapponese».
Perché anche il Giappone, negli anni ‘90, si trovò ad affrontare un crollo dei prezzi immobiliari, saliti alle stelle.
Le banche giapponesi, che avevano prestato a man bassa a chi comprava beni immobili sopravvalutati fino all’assurdo (un solo quartiere di Tokio, la Ginza, valeva allora quanto l’intera California), non vollero scrivere «50» nei loro libri contabili, là dove avevano scritto 100.
Non riconobbero le perdite dei loro «attivi», perché meno attivi significa meno creazione di moneta dal nulla.
Tutti gli altri investitori che avevano comprato quegli attivi a 100, ovviamente, non furono disposti a vendere a meno, visto che le banche continuavano ad insistere che quegli immobili valevano 100. Ma le banche non compravano più a cento dagli speculatori-investitori: mercato fermo.
Le compagnie immobiliari, a ricomprarsi le loro obbligazioni a 100, non ci pensavano nemmeno, ben sapendo che il valore era diminuito.
Le banche giapponesi si rallegrarono del trucco: non stavano perdendo niente.

Questo fu vero, ma solo all’inizio.
I prezzi degli immobili calavano, inesorabili.
Le compagnie immobiliari, coi profitti via via limati, finirono sull’orlo della bancarotta: il fiume degli yen che serviva loro per pagare i loro ratei di debiti contratti con le banche s’era ridotto ad un rigagnolo.
Le banche dovettero fare prestiti nuovi a quelle aziende in agonia: soldi che servivano alle moribonde per pagare i ratei alle banche stesse, in modo che le banche potessero dichiarare che quei prestiti erano ancora «funzionanti», che rendevano, dunque che non dovevano essere svalutati.
A poco a poco - anzi, fin troppo rapidamente –- tutta l’attività delle banche giapponesi si ridusse a fare prestiti, sempre più colossali, a quei loro debitori sull’orlo della bancarotta, anzi già di fatto fallite.
Con ciò, dovevano rifiutare credito ad altre imprese che l’avrebbero meritato, dovettero rinunciare a finanziare nuove idee e nuove aziende.
Anche gli investitori nelle immobiliari decotte, ma che ancora pagavano i loro ratei di debito con denaro prestato dalle banche creditrici (dei veri morti viventi), si guardarono bene dal dichiarare le perdite subìte, che sapevano benissimo di aver subito: perché farlo, se le banche avevano ancora quei valori nei libri a 100?
Aspettiamo, aspettiamo: forse il mercato risale.
O se no, forse riusciamo a trovare qualche gonzo disposto a comprare a 100, prezzo garantito (sulla carta) dalle banche.
Naturalmente, in questa attesa, gli investitori persero l’appetito - e persino i mezzi - per qualunque nuovo investimento.
Di fatto, si chiusero ad ogni occasione di finanziamento migliore e ulteriore.
Risultato: la paralisi e il declino dell’economia nipponica, che negli anni ‘70-80 era la più dinamica della storia.
L’attività bancaria (apertura di nuovi fidi) si ridusse praticamente a nulla.
Conseguenza, deflazione, riduzione della velocità del sistema-Paese, suicidi di manager messi in una stanza a far nulla per evitare loro la vergogna di essere licenziati.

Tassi d’interesse bassissimi, e nessuno che voleva più indebitarsi.
Tanto bassi che sulla rovina del Giappone è prosperato il «carry trade»: gli speculatori mondiali prendevano a prestito a tasso zero a Tokio, e compravano BOT americani, o qualunque altro titolo di debito, che rendeva il 4%.
Un puro parassitismo, che ha alimentato il falso boom finanziario di questi anni, e una quantità di bolle in giro per il mondo.
Ancor oggi, nonostante la ripresina indotta dalla Cina che compra macchinari giapponesi, le banche nipponiche soffrono di questo strano male: esibiscono attivi enormi, che sono - assurdamente - addirittura superiori al loro valore di mercato come banche; le loro azioni infatti sono calate, perché tutti sanno che quegli attivi valgono non più cento, e nemmeno forse 50, anzi forse nemmeno 30. Nessuno lo sa, finchè le banche non si decidono a svendere, come imbonitori al mercato: «Non ve lo dò a 90, non ve lo dò a 60, ma ve lo dò a 30. Mi voglio rovinare. Chi compra a 30?».
Magari qualcuno comprerebbe, a 30.
Ma prima, bisognava licenziare i grandi capi, e in Giappone non si fa.
Bisognava dichiarare che era stata fatta un’immensa cretinata, e le banche non lo ammettono.
La stessa cosa avviene da noi in Italia.
Bisognerebbe sbattere fuori i governatori irresponsabili, i sindaci incapaci che ci hanno indebitato a nostra insaputa per cifre inaccertabili; bisognerebbe che la Polizia li arrestasse e li obbligasse a rispondere coi loro patrimoni personali (ne hanno accumulato un bel po’), non perché quei patrimoni bastino a colmare il buco che hanno scavato nelle nostre tasche, ma almeno per dare una lezione di responsabilità.
Bisognerebbe che Bankitalia dichiarasse interdetti i banchieri di grido, mettesse in piazza i loro panni sporchi, rivelasse la vera natura dei loro «attivi», e la vera entità della loro «sofferenze».
Vi pare possibile?
No, da noi non si fa.

Risultato: per salvare la Casta, dieci anni di declino.
Riduzione ulteriore degli investimenti sani per imprese che hanno bisogno di credito per crescere (per i Tanzi e i furbetti del quartierino targato PCI i fidi ci saranno sempre), disoccupazione e precariato sempre più profondo, tasse più esose, rincari e riduzioni dei salari reali e dei consumi.
E’ quel che stiamo vivendo sulla nostra carne, in fondo.
Solo, durerà di più, e farà male in misura maggiore.


Maurizio Blondet
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2384&parametro=
 

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