Ignatius (1 Viewer)

timurlang

Etsi omnes , Ego non
da piccolo , i tuoi hanno mai pensato di portarti a fare la spesa in un campo rom ?

PS debbo aumentare il mio coefficiente di propositività :ciapet:
 

Ignatius

sfumature di grigio
da piccolo , i tuoi hanno mai pensato di portarti a fare la spesa in un campo rom ?

PS debbo aumentare il mio coefficiente di propositività :ciapet:

1) No, e tuttora non sapevo che ci fossero dei beni in vendita.
2) Ho aggiunto al tuo thread il doveroso tag "thread ad personam"
3) Quando passeremo dalla pur giovane analisi quantitativa forumistica a quella qualitativa, non potrai migliorare le tue perfòrmans forumistiche nemmeno barando.

:vicini:
 

timurlang

Etsi omnes , Ego non
1) No, e tuttora non sapevo che ci fossero dei beni in vendita.
2) Ho aggiunto al tuo thread il doveroso tag "thread ad personam"
3) Quando passeremo dalla pur giovane analisi quantitativa forumistica a quella qualitativa, non potrai migliorare le tue perfòrmans forumistiche nemmeno barando.

:vicini:

1. che quello da vendere fosse un "bene" ipotizzo , ma non ne sono certo
2. pardòn
3. definire "qualità"

dovrò farmi vaccinare contro la rabbia :D
 
Ultima modifica:

Ignatius

sfumature di grigio
1. che quello da vendere fosse un "bene" ipotizzo , ma non ne sono certo
2. pardòn
3. definire "qualità"

dovrò farmi vaccinare contro la rabbia :D

1. omissis

2. omissis

3. Bella domanda :up:. Un veloce accenno introduttivo:


C'è un'intera branca della filosofia che si occupa della definizione della Qualità: l'estetica. La domanda che questa disciplina si pone, «Che cosa si intende per bello?», risale ai tempi antichi. Ma Fedro, quand'era studente di filosofia, aveva disdegnato tutto questo campo del sapere. Si era fatto bocciare quasi di proposito all'unico corso di estetica che avesse frequentato, e nelle esercitazioni aveva sottoposto l'insegnante e i testi di studio ad attacchi oltraggiosi, tanto questa disciplina gli era invisa.
Non era un punto di vista particolare che lo faceva indignare, quanto l'idea che la Qualità dovesse essere subordinata a un qualsiasi punto di vista. Il processo intellettuale metteva la Qualità al proprio servizio, prostituendola.
In uno dei suoi scritti Fedro affermava: «Questi studiosi di estetica pensano che la loro materia sia una specie di pasticcino per cui farsi venire l'acquolina in bocca; qualcosa da far fuori in modo molto intellettuale tra soavi apprezzamenti, e a me viene da vomitare. L'acquolina, in realtà, se la fanno venire per il cadavere putrescente di qualcosa che hanno ucciso molto tempo fa».
Ora, alla prima tappa del processo di cristallizzazione, Fedro si accorse che se ci si astiene dal dare una definizione della Qualità, l'intero campo del sapere chiamato estetica viene spazzato via... Rifiutandosi di definire la Qualità, egli l'aveva situata interamente al di fuori del processo analitico.
Questa scoperta lo esaltò. Era come scoprire una cura per il cancro. Basta con le spiegazioni sulla natura dell'arte. Basta con le varie scuole critiche.
Credo che, sulle prime, nessuno avesse intuito dove volesse arrivare. Vedevano un intellettuale che trasmetteva un messaggio dotato di tutti gli orpelli dell'analisi razionale fatta in un contesto accademico. Non si rendevano conto che Fedro aveva uno scopo che esulava dai soliti obiettivi. Non stava affatto sviluppando l'analisi razionale, la stava bloccando. Stava trasformando il metodo razionale in un'arma a doppio taglio che si rivolgeva verso se stessa, e lui la puntava contro la sua stessa gente in difesa di un concetto irrazionale, di un'entità indefinita chiamata Qualità.
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Ma come diavolo si fa a giustificare secondo ragione il rifiuto di definire qualcosa? Le definizioni sono il fondamento della ragione. Per un po' Fedro riuscì ad arginare l'attacco con ricercati minuetti dialettici e con insulti sulla competenza e l'incompetenza, ma prima o poi avrebbe dovuto produrre qualcosa di più sostanzioso.
Giunse così a un'ulteriore cristallizzazione che andava oltre i limiti tradizionali della retorica per spingersi nel regno della filosofia.
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La risposta che Fedro diede alla domanda: «Se non sai definire la Qualità, che cosa ti fa pensare che esista?» era improntata a un procedimento classico della scuola del realismo filosofico. «Una cosa esiste» egli disse «se il mondo non può funzionare normalmente senza di essa. Se riusciamo a dimostrare che un mondo senza Qualità non funziona normalmente, allora avremo dimostrato che la Qualità esiste, che sia definita o no». A questo punto Fedro procedette a sottrarre la Qualità dalla descrizione del mondo così come lo conosciamo.
La prima vittima di questa sottrazione, disse, sarebbero state le arti. Se non si può distinguere tra bello e brutto in campo artistico, le arti scompaiono. Non ha senso appendere un quadro alla parete quando la parete nuda sembra altrettanto bella. Le sinfonie non hanno ragione di esistere, se una qualsiasi canzonetta sembra altrettanto bella. E così per la poesia, l'umorismo e tutto il resto.
Poi Fedro fece sparire lo sport. Il football, il baseball, ogni tipo di giochi. I punteggi non sarebbero più la misura di nulla, non sarebbero che vuote statistiche, come il numero delle pietruzze in un mucchio di ghiaia. Chi andrebbe alle partite? Chi giocherebbe?
Poi eliminò la Qualità dal commercio. Dato che qualità e sapore sarebbero indifferenti, i negozi di alimentari venderebbero soltanto i cereali fondamentali come riso, grano, farina e semi di soia; probabilmente anche la carne, senza differenza di prezzi tra i tagli; il latte per i neonati, le vitamine e i sali minerali per compensare le possibili carenze. Invece sparirebbero le bevande alcooliche, il tè, il caffé e il tabacco.
E così pure i cinema, i balli, le commedie e le feste. Useremmo solo i trasporti pubblici e ci metteremmo scarpe militari.
Molti di noi rimarrebbero senza lavoro, ma solo momentaneamente, perché col tempo troveremmo una nuova sistemazione all'interno di lavori essenziali e non qualitativi. La scienza applicata e la tecnologia ne risulterebbero drasticamente cambiate, ma la scienza, la matematica, la filosofia e soprattutto la logica rimarrebbero immutate.
Questo parve a Fedro estremamente interessante. Se venisse eliminata la Qualità, soltanto la razionalità rimarrebbe immutata. Strano. Come mai? Fedro non lo sapeva, ma sapeva che eliminando la Qualità dalla descrizione del mondo così come lo conosciamo aveva messo in luce l'importanza di questa nozione, che diventava fondamentale in un modo che lui non aveva neanche sospettato. Il mondo può funzionare senza di essa, ma la vita sarebbe così insulsa che non varrebbe neanche la pena di viverla. La locuzione valere la pena di è una locuzione qualitativa.
La vita sarebbe semplicemente un vivere senza nessun valore e nessuno scopo. Fedro valutò la distanza che aveva percorso seguendo questa linea di pensiero e decise che indubbiamente aveva dimostrato il suo punto di vista.
Notò immediatamente la somiglianza di questo mondo privo di Qualità con
alcune situazioni sociali di cui aveva letto: l'antica Sparta, la Russia comunista e i suoi satelliti. La Cina comunista, il Mondo nuovo di Aldous Huxley e 1984 di George Orwell.

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Il mondo, secondo Fedro, era dunque composto di tre elementi: mente, materia, e Qualità. Sulle prime, il fatto di non aver stabilito tra questi elementi alcun rapporto non lo turbò affatto. Se il rapporto tra mente e materia era oggetto di discussione da secoli e il problema non era ancora stato risolto, perché doveva essere proprio lui a dire, nel giro di poche settimane, qualcosa di conclusivo sulla Qualità? Sapeva benissimo che prima o poi la trinità metafisica di soggetto, oggetto e Qualità avrebbe dovuto essere interrelata, ma non aveva nessuna fretta. Era una tale soddisfazione
essere riuscito a superare il pericolo di quelle corna, che Fedro si rilassò e se la godette il più a lungo possibile.
Alla fine, comunque, esaminò il problema più da vicino. Benché non ci sia alcuna obiezione logica all'ipotesi di una trinità metafisica, una realtà a tre teste, trinità del genere non sono né comuni né popolari. Il metafisico normalmente cerca o un principio monistico, come Dio, che spieghi la natura del mondo quale manifestazione di una singola entità, o un principio dualistico, come quello di mentemateria, o si affida al pluralismo, che considera la realtà come la manifestazione di un numero imprecisato di principi. Ma tre è un numero scomodo. Vien subito da chiedersi: «Perché tre principi, e in che rapporto sono tra loro?». Domanda che cominciò a incuriosire anche Fedro, non appena ebbe recuperato le forze.
Egli notò che, benché normalmente la Qualità sia associata agli oggetti, talvolta le sensazioni di Qualità si verificano senza la loro presenza. Questo, sulle prime, lo aveva indotto a pensare che forse la Qualità era soggettiva, ma d'altra parte il piacere soggettivo non era quello che lui intendeva per Qualità. La Qualità fa diminuire la soggettività. La Qualità fa uscire da se stessi, rende consapevoli del mondo circostante. La Qualità è l'opposto della soggettività.
Alla fine Fedro si rese conto che la Qualità non poteva essere collegata singolarmente né al soggetto né all'oggetto: la si riscontrava solo nel loro rapporto reciproco. La Qualità è il punto in cui soggetto e oggetto s'incontrano.
Fuochino.
La Qualità non è una cosa. È un evento.
Fuochetto.
È l'evento che vede il soggetto prendere coscienza dell'oggetto.
E dato che senza oggetto non ci può essere soggetto — sono gli oggetti che creano nel soggetto la coscienza di sé — la Qualità è l'evento che rende possibile la coscienza sia dell'uno che degli altri.
Fuoco!
Questo vuoi dire che la Qualità non è solo conseguenza di una collisione tra soggetto e oggetto. L'esistenza stessa di soggetto e oggetto è dedotta dall'evento Qualità. L'evento Qualità è causa del soggetto e dell'oggetto, erroneamente considerati causa della Qualità! E adesso finalmente aveva preso quel dannato dilemma per la gola.
«Il sole della Qualità» scrisse «non gira intorno ai soggetti e agli oggetti della nostra esistenza. Non si limita a illuminarli passivamente. Non è loro subordinato in nessun modo. È lui che li ha creati. Ed è a lui che essi sono subordinati!».
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Una nuova ondata di evocazioni filosofiche gli si presentò alla mente. Hegel, con il suo Spirito Assoluto, si era espresso allo stesso modo. Anch'esso era indipendente sia dall'oggettività sia dalla soggettività.
Comunque, Hegel aveva detto che lo Spirito Assoluto era la fonte di ogni cosa, poi però aveva escluso l'esperienza romantica dal «tutto» di cui esso era la fonte. L'assoluto hegeliano era completamente classico, completamente razionale e completamente ordinato.
La Qualità no.
Fedro rammentò che Hegel era stato ritenuto il ponte tra la filosofia occidentale e quella orientale. Il Vedanta degli Indù, la Via dei Taoisti, persino il Buddha erano stati descritti come monismi assoluti simili alla filosofia hegeliana. In ogni caso, a quell'epoca Fedro non era sicuro che le Unità mistiche e i monismi metafisici fossero intercambiabili, dal momento che le Unità mistiche non seguono regole mentre i monismi metafisici sì. La sua Qualità era un'entità metafisica, non mistica. O invece era mistica? Qual era la differenza?
Si rispose che la differenza stava nella definizione. Le entità metafisiche sono definite. Quelle mistiche no. Ed era questo che rendeva mistica la Qualità. No. In realtà era l'uno e l'altro. Fino a quel momento l'aveva considerata metafisica in termini puramente filosofici, e tuttavia si era sempre rifiutato di definirla. E anche questo la rendeva mistica. L'indefinibilità la liberava dalle regole della metafisica.
Allora, d'impulso, si avvicinò a uno scaffale e prese un quadernetto blu su cui, anni prima, non riuscendo a trovarne una copia in vendita da nessuna parte, aveva ricopiato l'antico Tao Te Ching di Lao Tzu: risaliva a duemilaquattrocento anni prima.
Incominciò a leggere le righe che tante volte aveva letto in passato, ma questa volta le studiò per vedere se avrebbe funzionato una certa sostituzione
...
...
...
Lesse:
La Qualità che può essere definita non è la Qualità Assoluta.
Era quello che aveva detto lui.
I termini che le possono venire attribuiti non sono termini Assoluti.
È l'origine del cielo e della terra.
Quando ha un nome è la madre di tutte le cose.
Esattamente.
La Qualità [la Qualità romantica] e le sue manifestazioni [la Qualità classica] condividono la medesima natura. Essa è designata con termini diversi [soggetti e oggetti] quando diventa classicamente manifesta.
L'insieme di Qualità romantica e Qualità classica può essere definito il
«mistico».
Procedendo di mistero in mistero, andando sempre più a fondo, si giunge alla
porta dei segreti di tutta la vita.
La Qualità è dappertutto.
Ed è inesauribile!
Insondabile!
Come l'antenata di tutte le cose...
E tuttavia che resti limpida come acqua.
Generata da non so chi,
essa è l'immagine di ciò che fu prima di Dio.
...Perenne, perenne resta tra le cose. Accostatevi ad essa, e non avrà difficoltà a servirvi.
Ciò che si guarda ma non si vede, ciò che si ascolta ma non si ode... ciò che si afferra ma non si tocca... sfugge alle nostre indagini e quindi si fonde e si fa uno.Il suo sorgere non ci da la luce, né il suo tramonto ci da le tenebre. Continua,
incessante, ineffabile,
essa torna al Nulla.
Ecco perché si chiama forma dell'informe,
immagine del Nulla.
Ecco perché si chiama elusiva.
Valle incontro e non ne vedrai il volto,
seguila e non ne vedrai il dorso.
Se ti attieni alla Qualità di ciò che è vecchio,
puoi conoscere gli esordi primordiali.
Che sono la continuità della Qualità
Proprio così. Questo era ciò che lui aveva sempre detto, anche se in modo
dimesso e meccanico. In questo libro non c'era niente di vago o di inesatto. Il
linguaggio era diverso, e così le radici e le origini. Fedro era di un'altra valle e vedeva quello che c'era in questa: non come una storia raccontata da stranieri, ma come parte della sua valle. Ora capiva tutto.
Aveva decifrato il codice.
Continuò a leggere. Non una discrepanza. Quello che lui aveva sempre chiamato Qualità, qui era il Tao, la grande forza centrale generatrice di tutte le religioni, dell'Oriente e dell'Occidente, del passato e del presente, di tutto lo scibile, di tutto.
Poi l'occhio della sua mente alzò lo sguardo e colse la sua immagine e capì dove lui era e ciò che vedeva e... non so che cosa sia veramente successo... ma ora il cedimento che aveva avvertito prima, la frattura interna della mente, prese velocità come i massi in cima alla montagna. Prima che potesse fermarlo, il subitaneo cumulo di consapevolezza cominciò a crescere, a crescere fino a diventare una valanga incontrollabile, finché non rimase in piedi più niente.
Niente di niente.
Gli franò tutto sotto i piedi.


...
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...
...
...
Come prima cosa bisogna abbandonare l'idea che tra l'ultimo uomo delle caverne e i primi filosofi greci l'intervallo sia stato breve. Prima che i filosofi greci arrivassero sulla scena, varie civiltà avanzate si svilupparono per un arco di tempo cinque volte maggiore di quello abbracciato dalla nostra storia scritta. Il fatto che gli uomini del tempo non facessero la cronaca delle loro giornate o che comunque i loro scritti non siano arrivati fino a noi può talvolta trarre in inganno. In realtà il Medioevo fu semplicemente il riaffermarsi di un sistema di vita naturale momentaneamente interrotto dai greci.
La filosofia greca arcaica è la prima ricerca cosciente di ciò che è imperituro nella vita degli uomini. Fino a quel momento ciò che era imperituro riguardava gli dèi, i miti. Ma col passare del tempo i greci, con animo sempre più sgombro nei confronti del mondo che li circondava, andarono maturando una maggiore capacità di astrazione, che permetteva di vedere nel vecchio mythos greco non una verità rivelata ma una fantasiosa creazione dell'arte. Questa consapevolezza, che mai prima d'allora era esistita sulla scena del mondo, dava alla civiltà greca un livello di trascendenza del tutto nuovo.
Ma il mythos prosegue e ciò che distrugge il vecchio diventa il nuovo; a sua volta il nuovo mythos, trattato dai primi filosofi ionici, si trasforma in filosofia, e la filosofia serba la permanenza in modo nuovo, come qualcosa di sacro. La
permanenza non faceva più parte del dominio esclusivo degli Dèi Immortali. La si trovava anche nei Principi Eterni: la nostra legge di gravita, per esempio, è divenuta uno di questi principi.
Al Principio immortale fu dato da Talete il nome di acqua. Da Anassimene, il nome di aria. I pitagorici scelsero i numeri, e furono quindi i primi a vedere il Principio Immortale come entità non materiale. Eraclito diede al Principio Immortale il nome di fuoco e sancì l'importanza fondamentale del divenire. Disse che il mondo esiste come conflitto e come tensione degli opposti. Disse che c'è l'Uno e che c'è il Molteplice, e che l'Uno è la legge universale immanente a tutte le cose. Anassagora fu il pi imo a identificare nell'Uno il nous, vale a dire la mente.
Parmenide fu il primo a chiarire che il principio immortale — l'Uno, la Verità, Dio — è separato dall'apparenza e dall'opinione umana; l'importanza di queste separazioni in rapporto alla storia successiva non sarà mai sottolineata abbastanza. È qui che la mente classica, per la prima volta, abbandona le sue origini romantiche e dice: «Il Bene e la Verità non sono necessariamente la stessa cosa» , proseguendo poi per la sua strada. Anassagora e Parmenide avevano un ascoltatore che si chiamava Socrate, il quale portò le loro idee a piena maturazione.
Ciò che a questo punto bisogna assolutamente capire è che, fino a quel momento, la dualità di spirito e materia, soggetto e oggetto, sostanza e forma, non esisteva. Queste divisioni non sono che invenzioni dialettiche venute dopo. La mente moderna a volte è restia a crederci e dice: «Be', le divisioni c'erano, ai greci non restava che scoprirle» ; la risposta è: «Dove? Mostrate dove!». Come ha detto Fedro, quelle divisioni sono solo fantasmi, dèi immortali del mythos moderno che ci appaiono reali perché anche noi siamo dentro quel mythos. In realtà sono una creazione artistica, proprio come gli dèi antropomorfi che hanno sostituito.
I filosofi presocratici che ho nominato tentarono tutti di trovare un principio immortale e universale nel mondo che li circondava, e questo ci permette di situarli in una categoria unica che si potrebbe chiamare categoria dei cosmologi. Tutti erano convinti che un simile principio esistesse, ma sembrava impossibile superare il disaccordo su quale esso fosse. I discepoli di Eraclito insistevano nel dire che il principio immortale era il divenire. Zenone, invece, discepolo di Parmenide, mediante una serie di paradossi dimostrò che qualunque percezione del divenire è illusoria. La realtà dev'essere immobile.
La soluzione dei cosmologi venne da una direzione del tutto nuova, grazie a un gruppo che agli occhi di Fedro era quello dei primi umanisti. Erano insegnanti, e ciò che insegnavano non erano i principi, ma le credenze degli uomini. Il loro scopo non era una singola verità assoluta, ma il miglioramento degli uomini. Dicevano che tutti i principi e tutte le verità sono relativi. «L'uomo è la misura di tutte le cose». Erano questi i famosi insegnanti di «saggezza» , i sofisti dell'antica Grecia.
Secondo Fedro questa luce di fondo nel conflitto tra sofisti e cosmologi da una dimensione del tutto nuova ai dialoghi di Platone . Socrate non enuncia nobili idee nel vuoto, ma nel bel mezzo di una guerra tra quelli che credono che la verità sia assoluta e quelli che credono che sia relativa.
Adesso l'odio di Platone per i sofisti ha un senso. Lui e Socrate difendono la verità, la conoscenza, ciò che non dipende dall'opinione del singolo. L'ideale per cui morì Socrate. L'ideale che, per la prima volta nella storia del mondo, la Grecia sola possiede. Platone aborre e maledice i sofisti perché essi minacciano il primo, fragile tentativo dell'umanità di afferrare l'idea della Verità.
Il risultato del martirio di Socrate e della prosa inimitabile di Platone non è altro che il mondo dell'uomo occidentale così come noi lo conosciamo. Se l'idea di Verità fosse morta e il Rinascimento non l'avesse riscoperta, oggi non saremmo molto più avanti dell'uomo preistorico. Le idee della scienza e della tecnologia e tutti gli altri sforzi umani organizzati sistematicamente sono centrati sull'idea di Verità.
E tuttavia Fedro capisce che la sua concezione della Qualità si oppone in qualche modo a tutto ciò. Sembra più vicina alla visione del mondo dei sofisti.
«L'uomo è la misura di tutte le cose». Sì, questo lui dice della Qualità. L'uomo non è la fonte di tutte le cose, come direbbero gli idealisti soggettivi. E non ne è nemmeno l'osservatore passivo, come direbbero gli idealisti e i materialisti. La Qualità che crea il mondo emerge come rapporto tra l'uomo e la sua esperienza.
L'uomo è partecipe della creazione di tutte le cose. La misura di tutte le cose... i conti tornano. E insegnavano retorica...
L'unico conto che non torna è che i sofisti — per bocca di Platone — dichiaravano di insegnare la virtù. Tutte le fonti indicano che questo era il punto assolutamente centrale del loro insegnamento, ma come è possibile insegnare la virtù quando si sancisce la relatività di tutte le idee morali? La virtù implica un assoluto morale. E come facevano a estrarre la virtù dalla retorica? A questo non c'è nessuna spiegazione. Deve mancare qualcosa.


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timurlang

Etsi omnes , Ego non
1. omissis

2. omissis

3. Bella domanda :up:. Un veloce accenno introduttivo:

...[/INDENT]

beh io avevo pensato più prosaicamente a questo
grado con cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfano i requisiti

ma rileggerò Pirsing con piacere , anche se temo rialimenterà la mia mania monotematica :rolleyes:
 

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