i Parassiti di Bruxelles provocheranno la guerra civile? (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
http://www.rischiocalcolato.it/2015/10/le-euro-oligarchie-provocheranno-la-guerra-civile.html


Saranno 45 mila, ha subito detto la polizia. Forse 100 mila, hanno valutato gli organizzatori. A Berlino, sabato scorso, a scendere in strada per manifestare contro il TTIP, il trattato euro-americano cosiddetto di libero commercio concepito in segreto fra eurocrati globalisti e multinazionali Usa, sono stati 250 mila. “Una delle più grandi manifestazioni nella storia recente di Berlino”, secondo Christoph Bautz di Campact, una delle organizzazioni di base che hanno promosso la manifestazione. Gli altri gruppi promotori erano Verdi, Attac, Greenpeace, partiti di sinistra, i primi a non aspettarsi tanta partecipazione. Il fatto è che ad essere scesa in piazza con loro è stata la classe media, quella che vota – o votava – CDU.


Una manifestazione simile è avvenuta ad Amsterdam.



Impressionante per violenza la reazione dei media mainstream: non potendo sminuire la manifestazione, la Faz ha deriso i manifestanti e i loro sloga; Der Spiegel ha collegato la crescita del movimento contro il trattato di libero commercio o TTIP alla “crescita del bruno-***** di Pegida (il partito tedesco anti-islamico), Marine Le Pen e Donald Trump”.

Un amalgama – chi è contro il TTIP è un nazista di m. – dettato da rabbia e panico. Ed ostinazione a negare legittimità alla protesta.


Mai visto diffamare, e trattare come il male assoluto, una manifestazione che ha raccolto così tante sigle”, ha notato Ulric Schneider di Paritaetische (un’associazione di movimenti sociali “Impegnati a promuovere la giustizia sociale”).



Solo pochi giorni prima la Commissione Europea aveva ricevuto 3,2 milioni di firme di cittadini che esigono il blocco immediato del Trattato.

Per “normativa”, ogni cittadino può partecipare all’elaborazione delle politiche della Commissione presentando un progetto di legge agli oligarchi: deve raccogliere però un milione di firme, dice la “normativa”.



Nel 2014, una formale iniziativa in questo senso era già stata rifiutata dalla Commissione. Questa raccolta di firme non avrà forse destino migliore, perché “fuori dal quadro legale europeo”.



Le oligarchie che hanno occupato il potere hanno deliberatamente dichiarato guerra alla volontà popolare. È possibile che le pecore pretendano di guidare il pastore nella buona direzione, assumendo anche il controllo del cane da pastore?”, ha dichiarato Mario Monti ex commissario, Trilateral, Bilderberg: “Ci si può addirittura chiedere se la democrazia come noi la conosciamo e l’integrazione internazionale siano ancora compatibili”.
E’ impossibile essere più chiari – e più insultanti. La democrazia è incompatibile col mondialismo, dice il parassita.




In Francia le pecore però stan cominciando a mordere?
I capintesta di Air France costretti a fuggire con le camice strappate da lavoratori minacciati di licenziamento hanno suscitato in Hollande una tipica reazione da oligarca: cose del genere, ha detto, “intaccano l’immagine della Francia all’estero”, intendendo che allontanano i famosi investimenti esteri che la globalizzazione porterà ai paesi europei, se si rendono competitivi. “Venendo da uno che ha compromesso l’affidabilità della Francia come partner industriale annullando il contratto o di vendita dei due Mistral alla Russia, è senza dubbio un caso di amnesia”, ha ironizzato l’economista e storico Jacques Sapir.
Vers la guerre civile? | RussEurope


Sapir è il primo ad evocare la parola proibita: “guerra civile”. Questo ottuso senso di onnipotenza delle elites, questa volontaria sordità delle oligarchie verso le basi sociali, la convinzione che non devono più rispondere ai cittadini, è indurre la guerra civile europea.
Non è una soluzione che Sapir auspica, anzi lo giudica uno sviluppo patologico della crisi che infuria, e che le oligarchie non vogliono vedere.

Le violenze all’Air France? Ma è violenza peggiore annunciare il licenziamento di 2900 dipendenti in una società che soffre disoccupazione di massa da otto anni, senza alcuno scrupolo da parte dei dirigenti e nessuna vibrazione da parte del governo.
Vuol dire non vedere “il senso di spossessione di ogni potere che soffrono ormai milioni, anzi la maggioranza dei francesi”, che si vedono “sequestrati gli strumenti di controllo sulle proprie esistenze” da mondializzazione e “costruzione europea” – dove sempre più chiaramente, quello che eufemisticamente chiamano ‘deficit di democrazia ‘ si manifesta per quello che è: negazione di democrazia”. Rifiuto deliberato di dare ascolto al “popolo”. Lo smantellamento delle istituzioni in nome del “ci pensa l’Europa”. Lo svuotamento della politica, lo scivolamento dello Stato verso uno Stato collusivo”. L’anomia generale, dimostrata da ricchezze così eccessive da essere odiose e dalla pretesa di “diritti” dei gay. Tutti i disordini, il senso di essere spossessati del controllo sulle proprie vite, le crisi austeritarie e perdita di orientamento pubblico e privato hanno tutti una causa, in fondo: la perdita della sovranità.
Piaccia o no, solo all’interno di stati sovrani si applica il diritto, e le istituzioni sono legittime. Oggi siamo sotto leggi (meglio: direttive e normative) imposte e escogitate da poteri che non hanno, né cercano di avere, alcuna legittimità. Essi puntano ad un vero totalitarismo arbitrario.

Quale è l’ideologia di questo totalitarismo oligarchico? Attenzione, denuncia Sapir: “è quella tragicamente semplificata dei liberisti e libertari di tutte le risme”. E’ l’ideologia della Tatcher: non esistono le società (come non esistono “idee platoniche”) , la sola realtà sono gli individui che la compongono.. . Ciò equivale a dire che la sola realtà morale collettiva è “il mercato”, perché che la società non ha diritti; titolari di diritti sono solo gli individui, oggi lanciati nella conquista di “diritti narcisistici”.
Questa ideologia è fallace, ha buon gioco a dimostrare Sapir:
In realtà gli individui sono il prodotto della società, e la costruzione della società è simultanea alla costruzione degli individui”.
Cari lettori, se questa asserzione vi sembra scandalosa, statalista-comunista (o bruno-*****, se siete “di sinistra”) è perché vi hanno imbevuto della ideologia “tragicamente semplificata”, liberista e libertaria, oggi imposta come pensiero unico.
In realtà, basta riflettere quanto sia infantile l’illusione che gli individui pre-esistano alla società e la creino loro, con loro decisioni coscienti individuali. In realtà, basta pensare alla lingua nazionale materna che gli individui parlano: è qualcosa che hanno ricevuto dalla società e dalla sua storia, altrimenti non potrebbero nemmeno parlarsi. E ciò vale per tutto: religione, quadro economico, cultura condivisa, la massima parte delle “idee” e della visione del mondo che gli individui hanno, non è stata pensata da loro originalmente, ma l’hanno ricevuta dalla società. Dalla società ricevono anche il “mercato” in cui speculano, anzi – attraverso le istituzioni – il diritto di essere “individui”.
Naturalmente non si nega con ciò che gli individui influiscano sulla società. Tra l’individuo e il collettivo si stabiliscono legami complessi – dice Sapir -che sono irriducibili” alla visione tragicamente semplificata dei liberisti. Iliberisti-libertari quando vedono un muro, ci vedono i mattoni. Ma non riescono a riconoscere che tra un mucchio di mattoni e un muro di mattoni c’è un salto qualitativo essenziale.
Volerlo negare, pretendere che ci siano dei fogli bianchi su cui gli spiriti forti scrivono la storia senza tener conto della storia passata, è la ricetta che conduce a drammi orribili, di cui il peggiore è la guerra civile. Tuttavia è a quello che tendono le istituzioni europee e l’ideologia europeista”, in ciò alleato all’individualismo ideologico liberista: unito all’eurocrazia nello smantellare lo Stato, dichiararlo corrotto e quindi da esautorare, e deridere o demonizzare la Nazione e la sua storia, insultare ogni credenza collettiva come “tabù da superare”. Le due forze congiurano nell’abolire “la politica” – ossia il luogo dove gli individui e la società interagiscono, lo Stato. L’abolizione della sovranità, voluta fortemente dalle multinazionali come dai libertari vogliosi di esporre tutti i loro narcisismi (vedi gay pride), è l’abolizione della democrazia. “Perché ci possono essere degli stati sovrani che non sono democratici; ma non s’è mai visto uno stato democratico che non sia sovrano”.

Perché questo non sbocchi nella guerra civile europea (la lotta di tutti contro tutti, che darebbe agli euro-oligarchi il pretesto per perfezionare la loro dittatura illegittima), si impone un compito: “la ricostruzione dell’ordine democratico”, attraverso la riconquista della sovranità, l’uscita dall’euro , la deflagrazione e ricomposizione dei partiti attuali, che sono comitati d’affari…e come?
Interessante constatare che Sapir (benché di sinistra) non condivida affatto la demonizzazione del populismo del mainstream progressista: “La rifondazione della democrazia può imporre o implicare elementi di populismo”.
E perché? Risposta: “Per combattere la tendenza delle burocrazie a produrre delle leggi senza curarsi della loro legittimità, il ricorso ad elementi di legittimità carismatica si impone”, è un antidoto. Come lo è il ricorso al referendum, che partecipa a questa legittimità carismatica.
La dittatura è democratica

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tontolina

Forumer storico
Perché Stop TTIP



TTIP, l’accordo di libero scambio prevista tra l’UE e gli Stati Uniti (conosciuto anche con la sigla TAFTA) non servirà gli interessi dei cittadini ma a quelli delle imprese multinazionali:
TTIP mina la democrazia e lo Stato di diritto: le multinazionali straniere possono chiedere cifre esorbitanti, presentando una denuncia contro gli Stati, se gli Stati adottano leggi che riducono i profitti attesi. La causa sarà discussa non da magistrati pubblici, ma da tribunali arbitrali privati
TTIP apre la porta alla privatizzazione dei servizi pubblici: l’accordo privilegia i profitti delle multinazionali, a danno della comunità, sui servizi di distribuzione dell’acqua, della salute e dell’istruzione. TTIP minaccia la nostra salute e il nostro ambiente: ciò che è consentito negli Stati Uniti, sarebbe anche diventata legale in Europa – la via sarebbe aperta per il fracking (shale gas), gli OGM e le carni gonfiate agli ormoni. L’agricoltura contadina sarebbe ulteriormente marginalizzata, mentre crescerebbe ancora il potere dell’agro-industria.
TTIP riduce la libertà: gli utenti di Internet possono essere soggetti a vigilanza e di controllo ancora più gravosi di oggi. Eccessiva protezione del diritto d’autore ostacoleranno l’accesso alla cultura, all’educazione e alla scienza.
TTIP è praticamente irreversibile: una volta votato, il trattato non sarà più modificabile dai politici eletti, in quanto è necessario il consenso di tutti i contraenti per qualsiasi cambiamento. Nessuno Stato membro potrà più recedere dal contratto in quanto è l’Unione europea che lo avrà concluso.
L’articolo Le euro-oligarchie provocheranno la guerra civile? è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.
 

big_boom

Forumer storico
ttip e' il successivo passaggio per creare una unione valutaria fra europa ed usa
e ancora piu' in la si cerchera' di fare un macro strato con ue+usa e relative colonie inglobate come ucraina, filippine, giappone, australia, canada
uniformando il modello sociale in stile fascista. Una cosa un po inquietante e' il controllo delle nascite che rendera' il bambino un prodotto commerciale e quindi 'selezionabile' in base a caratteristiche fisiche e di intelligenza richieste dalla 'famiglia' (anche qui nuovo modello sociale unisex imposto)
 

tontolina

Forumer storico
L’Ungheria non cede. Al politicamente corretto.

Di Maurizio Blondet , il 14 ottobre 2015 16 Comment

La Polonia va’ al voto il 25 ottobre. Nei sondaggi, è in testa il partito della destra nazionalista, PiS (Diritto e Giustizia). Il governo di Budapest guarda al voto polacco con attenzione:

una vittoria della destra permetterebbe di ricostituire l’Alleanza di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) che si è opposta alle “quote” obbligatorie dei migranti e più in generale alle imposizioni di Berlino e Bruxelles nella “accoglienza” senza limiti.

E’ stata la Polonia ad abbandonare il fronte comune, la Polonia antirussa e eurocratica di Tusk, ed accettare le quote volute da Bruxelles.
In Austria, il partito della destra populista non ha vinto contro i socialisti, ma ha tuttavia segnato un31% alle elezioni comunali per Vienna; e i socialisti calano (-4%), mentre il Fpo sale; e il suo leader, Strache, dichiara ad alta voce di essere un ammiratore di Orban. Domani o dopo, potrebbe cambiare i rapporti di forze storicamente vigenti nel partitismo austriaco e costringere i vecchi partiti collusivi a prendere posizioni più vicine a quelle magiare.

In Germania, si vedono sindaci del CDU sollevarsi contro il proprio partito sulla questione dell’accoglienza; la bavarese CSU contro il CDU di cui è alleato, minaccia di trascinare la Merkel in giudizio davanti alla corte costituzionale (e il leader della CSU, Horts Seehofer, ha invitato ostentatamente Orban a Monaco); la crescita in popolarità di Alternative fuer Deutschland (AfD).


Insomma, presto altri partiti in altre parti d’Europa saranno portati al potere dagli elettori, che si sentono traditi dai vecchi partiti nella loro volontà espressa: no all’immigrazione di massa senza limiti.



Per intanto, alla piccola Ungheria resta il compito di non cedere e continuare solitaria la sua battaglia.
Là, è diventato una celebrità Laszlo Toroczkai, sindaco di un paesino sulla frontiera con la Serbia, Asotthalom; per aver postato un video dove dice agli immigranti: “Noi diamo il benvenuto a chiunque, rispettando le nostre leggi, entri nel paese attraverso i posti di frontiera internazionali; ma quelli che passano i nostri confini illegalmente, finiscono in prigione”. Il video è rivolto, più che ai profughi, ai mercanti di carne che li fanno passare e trasportano a pagamento.
Credetemi, conclude: “L’Ungheria è una cattiva scelta. Asotthalom, la peggiore”.
Per nulla intimorito dalle reazioni immaginabili in Europa, il sindaco dice a Sputnik News, a proposito del fatto che l’83% dei profughi sono maschi giovani e solo il 17% donne e bambini: dicono di venire da paesi in guerra.

“Ho chiesto a questi clandestini: dove sono le vostre donne e i vostri bambini? Ma se venisse la guerra nel mio paese, noi faremmo partire mogli e figli; loro diverrebbero dei profughi; noi resteremmo a combattere per il nostro paese”.
Tipicamente ungherese.
Ma quelli che ha visto (e ne ha visti, il sindaco Toroszkai, facendo pattuglie lungo la frontiera di notte con la polizia) “vengono anche dal Bangladesh, dal Pakistan, dall’Africa…da paesi non in guerra. Vengono senza un piano, sognano di avere soldi, cibo, non lavorare. Li ha invitati la Merkel. Ma l’immigrazione illegale è un reato, reato grave, e un affare per le mafie; la UE sostiene e approva questo reato”.
Ce l’ha con gli Stati Uniti “Ci criticano per il nostro reticolato – il muro, lo chiamano – e loro hanno un muro enorme alla frontiera col Messico, il nostro fa’ ridere a confronto. Gli Usa hanno distrutto il mondo. Tantissimi clandestini vengono da Siria e Afghanistan; se gli americani non avessero portato la guerra là, non si sarebbero mossi”.
Anche lui aspetta un cambio di clima in Europa. “Ho ricevuto incoraggiamenti da tutt’Europa, dall’Irlanda alla Russia; la English Defence League mi ha chiesto di restare in contatto. Non ho ancora risposto perché sto riflettendo a fare una proposta di azione comune per tutta Europa”.
Un’azione comune.

Interessante l’analisi che Gergeli Guyàs, vice-presidente di Fidesz (il partito di Orban) ha esposto all’inviato di Die Welt: i partiti dominanti in Europa mantengono da trent’anni posizioni che la maggioranza dei loro concittadini non approvano – dalle cessioni di sovranità ad enti burocratici alle immigrazioni. Sono una casta che non risponde più ai suoi elettori e agli interessi dei cittadini. Però la reazione di rigetto di questa casta, fino ad oggi, non ha provocato altro che ad un calo della partecipazione al voto; una reazione di passività. Passività insoddisfatta, ma che ha retto perché il potere politico ha continuato ad assicurare bene o male le prestazioni sociali e una certa sicurezza economica; finchè “la gente non ha dovuto provare sulla propria pelle le conseguenze delle loro politiche sbagliate”. Oggi, l’inondazione dei clandestini colpisce così direttamente la vita quotidiana delle persone, che la gente capisce di non poter più tollerare una politica con cui non sono d’accordo. La crisi, conclude, “potrebbe portare alla fine del politicamente corretto in Europa”.



Simile la diagnosi del presidente del parlamento magiaro, László Kövér, amico di Orban dall’università. I politici conservatori europei sono, per lui, semplicemente dei vili, che non hanno il coraggio di rappresentare gli interessi e le posizioni dei loro elettori, per paura di essere bollati come politicamente scorretti. In Europa vige “il Terrore del politicamente corretto”, dice.
Per quanto sommaria possa sembrare l’analisi, essa riflette una battaglia culturale che avviene alcune frontiere più ad ovest: in Francia, come abbiamo già raccontato giorni fa, tutto uno schieramento di intellettuali da differenti posizioni ex-progressiste ha preso deliberatamente e rigettare ed irridere alla dittatura del politicamente corretto, e viene invitato nei talk show proprio per questo: perché la gente resta senza fiato, e applaude, a vedere con quanto ardire sfatano i tabù più intoccabili nel discorso pubblico, che sono: quanta immigrazione islamica ancora? L’Islam è un problema o no per l’identità francese? Eccetera.
Naturalmente fioccano le accuse di intolleranza, razzismo islamo-fobia ..E la schiera dei malpensanti (quelli che Libération ha chiamato “réacs”, reazionari) è disparata. Fra loro ci sono ebrei (come Alain Finkelkraut) che portano l’acqua al mulino del sionismo, si dichiarano terrificati dall’”antisemitismo dei musulmani nel Paese” (l'antisemitismo dei semiti) e mirano, coscientemente o no, a instillare nella società francese l'odio e la paura che in Israele gli israeliani sentono per i musulmani.



Si veda: Contre la «pensée Finkielkraut» | L'Opinion )
Ma altri, consapevoli che l’Islam è la seconda religione di Francia, si volge ai “compatrioti di fede musulmana” per “vincere insieme la sfida repubblicana contro integrismi e fanatismi”: è la posizione per esempio di Alain Soral (quello della “sinistra del lavoro, destra dei valori”).
La critica al politicamente corretto si precisa e si approfondisce. “Il concetto di integrazione, che presuppone di integrarsi ad una società esistente, e implicava una normatività, è stata giudicata assimilazionista, intollerante, razzista”, scrive la filosofa Jacqueline Costa-Lascoux; il risultato, “prevedibile, è questa società che si spezzetta in gruppi d’appartenenza religiosa, etnica, sessuale…si disintegra essa stessa”.


Ma Pierre Manent (“il più profondo dei filosofi euroscettici” secondo il Weekly Standard) oppone: davanti al “pieno dell’Islam” non si può proporre agli immigrati il cavo, il vuoto della “laicità. La laicità è un dispositivo, utile del resto, ma non è un luogo. Il luogo, è la nazione francese, nazione d’Europa in mezzo ad altre nazioni d’Europa”. E “spiritualmente, l’Europa non è un vuoto. Non è un recipiente. I musulmani devono avvertire che arrivano nella “ terra di un’altra religione, il cristianesimo, esso stesso incassato sul supporto greco-romano”. E’ dal cristianesimo che noi abbiamo appreso la divisione tra l’autorità spirituale e il potere temporale, tra Dio e Cesare, e quindi la laicità (e la sovranità, e gli stati nazionali), e in generale il diritto, la politica, la cultura e la civiltà a cui vogliamo integrarli – anzi, cui abbiamo il diritto di integrarli.
Da cui s’intuisce a quale punto centrale si avvicinino i “réacs” che sfidano il politicamente corretto in Francia, e perché le sinistre cerchino di censurarli e demonizzarli. La loro domanda è: la risorsa a cui agganciare la nostra identità di fronte alla marea islamica è la radice cristiana.
Il punto è che gli intellettuali malpensanti sono, in proprio, per lo più atei. Riconoscono la necessità di un ordine che nacque da una fede, che hanno perduto. E’ la tragica questione posta da Michel Houellebecq, il più grande scrittore francese d’oggi. Il suo primo romanzo, Le Particelle Elementari, suscitò odio e scandalo per sospetto cristianesimo: descriveva il vuoto, l’impotenza ad amare, l’ossessione del sesso, la devastazione della generazione del ’68 che aveva creduto di concedersi tutte le “libertà”. In realtà, Houellebecq denuncia con disperata analisi la dannazione di una vita senza Dio che distrugge la civiltà europea, e le vite di tutti noi, ma non ha lieto fine. Il Dio che riconosce necessario è, nello stesso tempo, morto per lui.

Houellebecq deriso da Libération Così il suo ultimo romanzo, Soumission, dove immagina una Francia del 2022 sotto un presidente islamico. Uscito nei giorni della strage di Charlie Hebdo, è stato preso per una polemica anti-islamica. Invece è qualcosa di più tremendamente profetico: è la descrizione di una nazione occidentale che si sottomette all’Islam (e insieme, ai divieti del politicamente corretto) perché, avendo perso il “suo” Dio, non ha più nulla di difendere, nulla per cui combattere e resistere.
E’ esattamente ciò che sta avvenendo in Germania, almeno secondo l’ultimo saggio di Udo Ufkotte, Mekka Deutschland. Ufkotte è il giornalista di Frankfurter Allgemeine Zeitung che ha rivelato di essere stato sul libro-paga della Cia per decenni, insieme a molti altri giornalisti europei. Adesso mostra come, in nome dell’accoglienza, la polizia non reagisce quando gruppi di musulmani urinano in chiese cattoliche, i media hanno ridicolizzato un pastore protestante per aver osato dichiarare che “l’Islam non è proprio della Germania”, e tacciono i crimini e gli stupri e le violenze di cui si macchiano gli immigrati. Il fenomeno più agghiacciante è che i tribunali tedeschi, quando hanno da giudicare dei musulmani magari per delitti di sangue, delitti d’onore, poligamia, non applicano le leggi tedesche; no, applicano la sharia, la legge coranica. Si è arrivati al punto che mentre un austriaco viene arrestato se gridas che Hitler fece bene a sterminare gli ebrei, un turco che ha gridato questa frase è stato assolto: comica e miserabile violazione del “politicamente corretto” in nome di un super—poltiicamente corretto?
Peggio: Ufkotte mostra nel suo libro che sono meno le “masse islamiche” a forzare questi mutamenti, che il governo germanico ad abbandonare deliberatamente le proprie leggi per compiacere questi stranieri. E’, in qualche modo, il primo esempio di un governo che abbandona la civiltà europea, il suo diritto di famiglia, i suoi principii giuridici, la sua cultura, le sue festività (e non parliamo delle sue radici cristiane); una civiltà che si suicida stanca di esistere. Come aveva previsto Houellebecq, si “sottomette” perché non ha più nulla che ritenga degno di esser difeso.
La piccola Ungheria resiste sull’antemurale, rifiuta il politicamente corretto, e guarda con attenzione ai movimenti che in Europa, qua e là, hanno qualcosa da difendere in questa civiltà di tre millenni. In attesa di un risveglio.
L’articolo L’Ungheria non cede. Al politicamente corretto. è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.
 

tontolina

Forumer storico
Lungimiranti, i nostri leader

Di Maurizio Blondet , il 5 gennaio 2016 68 Comment



Prima di tutto la buona notizia. La dà il Telegraph: “Il più fitto reticolo mondiale di oleodotti corre nel territorio dell’Arabia Saudita abitato dagli sciiti”.
Sono almeno dodici tubature che servono i giganteschi terminali di Ras Tannura e Dharan, vicini a città e strade importanti, che quindi li rendono ancor più vulnerabili alla guerriglia sciitaminoranza oppressa che fino ad ora era stata tenuta a freno dallo sceicco Nimr: la cui predicazione “ha sempre chiamato alla resistenza non violenta”, politica e non settaria. La decisione dell’impulsivo (ossia idiota figlio di papà trentenne) Mohamad bin Salman di decapitarlo, ha decapitato il freno rispettabile alla guerriglia, ovviamente sarà armata ed istigata da Teheran. Se la monarchia saudita – che militarmente è una nullità, nonostante sia piena di F-16 – spera di trovarsi a fianco l’alleato americano in uno scontro diretto con l’Iran, nulla è meno certo: l’”impulsivo” (cretino) ha condotto la politica di ribasso del greggio apposta per distruggere l’industria Usa dello shale oil, ed anche per “punire” l’America di aver aperto all’Iran, la potenza rivale per l’egemonia regionale. D’altra parte, se sperava di provocare una guerra con gli accorti ayatollah ha sbagliato calcolo: quelli sono vecchi, per niente impulsivi, non mettono a rischio il loro potere in Iran in un’avventura militare diretta. E vedono benissimo che il metodo dell’attrizione distruggerà una monarchia che, economicamente, è già alle corde ed ha dovuto cominciare a tassare il suo popolo di fannulloni viziosi, che nulla sanno fare e fanno lavorare la servitù; ne hanno comprato l’assenso sociale facendone dei mantenuti; adesso non più.

Le infrastrutture saudite sono concentrate Greggio a 200 dollari?

La cattiva notizia è che in quei 12 oleodotti passa quasi tutto il greggio (10,3 milioni di barili al giorno) dei sauditi: “Una interruzione di qualche giorno può provocare una violenta impennata del barile, fino a 200 dollari”.
E quando avverrà, stroncando una economia che non riesce a rialzarsi nonostante il greggio a 38 e gli interessi zero, e ci lascerà al freddo il prossimo inverno, ci congratuleremo con la lungimiranza delle nostri classi dirigenti. Quelli che, obbedendo agli ordini di Washington, ci hanno reso nemici della Russia, nostro fornitore principale energetico, colpendola con sanzioni che hanno colpito soprattutto noi, ma – peggio- mostrando apertamente che cercavamo di rimpiazzare le forniture Gazprom con qualunque altro fornitore, purché non russo. Che so, un Mattei avrebbe profittato dei prezzi bassi per stipulare con Mosca un accordo di durata decennale a 60 dollari a barile, con vantaggio reciproco; ma le grandi intelligenze perspicaci che ci governano si sono goduti il greggio sotto i 40 come se dovesse essere eterno. Non sto parlando di Renzi, o solo di Renzi; l’ eurocrazia di Bruxelles, i cervelloni della BCE, la casalinga-dittatrice di Berlino hanno dimostrato le capacità previsionali a lungo termine che si attribuiscono, di solito, ai boscimani. Cacciatori-raccoglitori che vivono alla giornata, come usava nel Paleolitico: se ammazza un facocero la tribù s’ingozza, e poi per giorni – a pancia vuota – a cercare bacche, lumache e vermi, e in caso di necessità carogne spolpate dai leoni – l’idea di mettere da parte per i giorni cattivi, allevare, coltivare il futuro, essendo estranea a questa felice umanità.

Ebbene: vediamo adesso che la nostra classe dirigente europoide ha questo livello culturale primitivo, l’avvedutezza e previdenza di scimpanzé. Senza nemmeno la scusa di essere “impulsivi” come il figlio di papà saudita: mica siamo wahabiti, noi. Noi qui abbiamo il potente patrimonio culturale greco-romano-cristiano, abbiamo “i valori”, la “demokràzia”, la misericordia e bontà e “accoglienza” di papa Pampurio. E naturalmente, l’America che pensa per noi e per loro: che ci detta il nostro interesse nazionale, per il nostro bene.
Adesso vediamo come ha pensato al nostro bene. Anzi, nemmeno siamo capaci di vedere dove ci ha portato il globalismo di mercato: quante Ferrari venderà ai ricchi sauditi, massimi clienti, il furbissimo Marchionne? Che ha scelto il giorno giusto per quotare il titolo con la grancassa mediatica e del “capo del governo” (cosiddetto) Renzi a cantare la rinascita del Paese.
Il quale paese ha puntato tutto su cosa? “L’export del lusso”. Bellissimo e previdente, con la Cina che crolla nella recessione facendo esplodere tutte le bolle, e trascinando

Wall Street ai livelli in cui cadde nel 1932,
il Medio Oriente in guerra,
l’impero del caos che sparge miseria e profughi famelici e stupratori nelle nostre terre.

Il capo della Superpotenza La sola cosa che mi trattiene dall’inveire contro Renzi è pensare che può sostituirlo Monti, o Bersani. O Casaleggio. Volevo criticarlo, ma poi ho letto il fondo di Angelo Panebianco, pagatissimo (450 mila l’anno) e intelligentissimo opinion leader del Corriere, ascoltatissimo dalle (chiamiamole) classi dirigenti italiche. Egli schernisce “gli amici italiani di Putin” che sono anche “filo-americani che si barcamenano, Renzi e Berlusconi”. “Devono sentirsi affranti” , gongola, perché “pochi giorni fa’ Putin ha varato il nuovo piano strategico, ribadendo che Nato e Usa sono il nemico principale”. In breve, il cervellone pensatore da prima pagina rimprovera a Renzi di non partecipare alla guerra guerreggiata “contro il terrorismo”, per esempio “ha preso le distanze da Hollande negandogli l’appoggio militare che il presidente francese gli aveva chiesto”. A parte il fatto che l’azione militare di Hollande in Siria è nulla (la Charles De Gaulle sostanzialmente non ha sparato un colpo), dal pezzo di Panebianco spira la convinzione che Hollande sia ancora nostro alleato, e non quello che ci ha fregato la Libia insieme agli inglesi;

peggio, che esista ancora una NATO che tende su di noi l’ombrello protettore,

che esista una Unione Europea…
mentre le stesse pagine del Corriere urlano le novità: la Danimarca chiude le frontiere con la Svezia per non farsi invadere dai “siriani”, i quali in Germania si abbandonano – come ammette la polizia locale – “alla più grande aggressione sessuale mai registrata”, una dimensione “completamente nuova della violenza, qualcosa che non conoscevamo” : bellissima capacità previsionale della Cancelliera, che non aveva immaginato che torme di maschi giovani di sarebbero buttati a pesce sulle “donne liberate” europee.
https://francais.rt.com/internation...rants-agressent-sexuellement-femmes-nouvel-an
Ma questa notizie il Corriere non la dà, naturalmente. Si lamenta che la Danimarca distrugge Schengen e dà “un duro colpo all’idea di Europa”. Incapaci di capire che questa “Idea” non solo era scema e insostenibile fin dall’inizio,

ma non c’è più,
e c’è invece il caos,
la prepotenza contro gli stati deboli,

e la paura e la viltà de tedeschi che adesso si armano comprando pistole contro gli “ immigrati”, quella “risorsa” salutata dalla loro Merkel – che hanno votato vedendo che era a più furba del paniere – fra l’altro, facendo affari sottobanco con la Russia, ma senza avere il coraggio di aprire una politica estera europea di aperta collaborazione e rovesciamento di alleanze che sono peggio di palle al piede, sono macine da mulino al collo.

La classe della cultura europea Il motivo chiama in causa l’ancor più notevole lungimiranza americana.



L’imposizione del mercato globale e del capitalismo finanziario terminale ha prodotto il crollo che s’è verificato lunedì i tutti “mercati”; un crollo che avrà effetti epocali, perché succede al crollo del 2008, mai curato se non con “Iniezioni di liquidità”. Senza mai mettere le redini alla speculazione selvaggia che ha distrutto la classe meda e indebitato tutti fino all’impossibile, rendendo paralitica l’economia reale.
Compiere le stesse azioni che hanno portato al disastro, e aspettarsi un risultato diverso, è la definizione stessa dell’idiozia; ma il potere americano ha dato un nuovo e più alto senso all’idiozia: non solo ha ripetuto le azioni che hanno portato alla depressione, ma ha aumentato le dosi: 247 mila miliardi di derivati, credito ai subprime, consumi a debito. Bravi, previdenti boscimani del 21esimo secolo.


Ma forse dovremo applaudire la previdenza strategica della classe dirigente (diciamo) cinese, quei maoisti arricchitisi col capitalismo globale?

Splendido piano, il loro: produciamo le merci a basso prezzo e le vendiamo agli americani – i nostri maggiori client anche se avversari strategici. Non hanno soldi gli americani? Ma noi compriamo loro Buoni del Tesoro, finanziamo i nostri consumatori e clienti! Astutissimo: in pochi anni sono passati dal sottosviluppo contadino a primo produttore mondiale di roba e di inquinamento. Peccato che i mercati di sbocco si siano nel frattempo impoveriti, avendo perso industrie e competitività.

Ormai da anni il Baltic Dry Index, l’indicatore dell’export asiatico verso l’Occidente, cala ; da ultimo è crollato. I maoisti di Pechino hanno sperato di portare avanti il business ancora un po’, pur vedendo che era insostenibile; il fatto è che si son legati mani e piedi al capitalismo globale (sistema radicalmente sbagliato) e peggio: all’America. Se cade quella, anche l’economia cinese cade con essa. E’ il bello di avere fatto del nemico il proprio cliente e mercato di sbocco a credito.


Vero è che, un po’ più previdenti di noi boscimani d’Europa, i caporioni maoisti stanno investendo forte in Africa, e ancor più nella “Via della Seta” nuova, l’immane corridoio intermodale ferro-autocamionabile che genererà – sperano loro – 2,5 trilioni di dollari in scambi commerciali annui. Connettendo la Cina, ma anche Giappone e Taiwan e loro merci all’Europa. Un “corridoio” che da Lianyungang passerà per Kazakhstan, Azeirbaigian, Georgia, il Caspio, per scaricare le merci, dopo 14 giorni, ad Istanbul.
Istanbul? Visto chi è andato al potere in Turchia, Pechino dovrebbe chiedersi se il progetto Via della Seta può andar d’accordo col progetto Nuovo Impero Ottomano della famiglia Erdogan. Il quale ha gà dal 2013 stretto accordi con Azerbaigian, Kazakstan, Mongolia, in un una alleanza (TAKM, dall’iniziale dei nomi delle nazioni) che è militare: salvo la Mongolia, gli altri tre sono turcofoni. E si configura come “la versione turca della NATO e dello SCO” (la Shanghai Cooperation Organization) e in quanto tale sta attraendo la Georgia, che non vede l’ora di trovar un protettore anti-russo, a anche l’Uzbekistan (turcofono) e l’Afghanistan.

A Tashkent, coi turchi Joint armed forces of Turkic-speaking countries created


Siamo nell’Asia centrale, quello che dovrebbe essere il cortile di casa di Pechino. Il quale sta cercando di fare il pesce in barile (per esempio col non-intervento in Siria) per non rovinarsi il business, essendo la Turchia un alto dei massimi clienti delle merci cinesi. Prudentissimi, i dirigenti di Pechino continuano ad usare il soft power, almeno nell’area; fra di loro c’è chi ritiene che l’alleanza ottomana possa andar d’accordo con la Via della Seta? Vediamo se sono più intelligenti e previdenti di Panebianco o dei boscimani di Bruxelles. Suvvia non ci vuole troppo


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L’articolo Lungimiranti, i nostri leader è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.
 

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