i conti di ENI (1 Viewer)

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Onore ad Enrico Mattei, uno dei più grandi italiani del Novecento, fondatore dell’ENI e tra i principali strateghi della ricostruzione industriale nel secondo dopoguerra, martire per la difesa dell’indipendenza energetica della nazione.

Esattamente 60 anni fa, l’ing. Mattei fu vittima di un sabotaggio doloso del suo aereo, sulla cui scaletta era stato montato un ordigno che fu azionato nel corso dell’atterraggio sull’aeroporto milanese di Linate.

Solamente nel 1997, il Tribunale Penale di Pavia è giunto ad accertare la genesi dolosa dell’assassinio, pur non essendo riuscito ad identificarne gli autori ed i mandanti.

Secondo alcuni pentiti di Cosa Nostra, tra cui don Masino Buscetta, il velivolo in uso a Mattei sarebbe stato sabotato presso l’aeroporto di Catania Fontanarossa con la regia del clan mafioso di don Beppe Di Cristina.

Quanto ai cervelli dell’operazione, essi probabilmente non saranno mai individuati dagli organismi della Giustizia italiana ma la loro individuazione ideale nel mondo dei grossi soggetti del cartello petrolifero mondiale non risulta affatto difficile per tutti coloro che abbiano saputo coltivare la memoria.

Due altri italiani hanno pagato con la vita il prezzo per essersi avvicinati troppo alla verità sul caso Mattei: Pierpaolo Pasolini e Mauro De Mauro.

Per tutti i giovani desiderosi di comprendere il caso Mattei, due suggerimenti su tutti: la lettura dei libri del prof. Nico Perrone (che personalmente ho avuto l’onore di avere a suo tempo nella mia commissione in seduta di laurea all’Università di Bari) e l’ottimo film IL CASO MATTEI, a cura del compianto regista Franco Rosi.
 

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Eni, utile netto dei 9 mesi a 10,80 miliardi. Perdita di 1 mld per le attività italiane
Il gruppo petrolifero rende noti i risultati del terzo trimestre 2022. L’ad Descalzi: «Risultati positivi grazie a business internazionali»
28 ottobre 2022

L’Eni chiude il terzo trimestre del 2022 l’utile netto adjusted a 3,73 miliardi rispetto a 1,43 (161%) dello scorso anno
e i nove mesi a 10,80 rispetto a 2,63 (311%) dei primi nove mesi del 2021. Lo rende noto la società con una nota sui conti.
L’Ebit adjusted di Gruppo nei primi tre mesi è di 5,77 miliardi rispetto ai 2,49 (+132%) dello stesso periodo del 2021 e nei nove mesi il balzo è a 16,80 miliardi rispetto ai 5,85 dello stesso periodo del 2021 (+187%).

Nel terzo trimestre 2022, «nonostante la flessione del prezzo del petrolio e la rapida caduta dei margini di raffinazione, abbiamo continuato a generare risultati positivi grazie principalmente alla robusta performance dei nostri business internazionali.
Nei nove mesi abbiamo integralmente coperto con l’autofinanziamento gli investimenti e i ritorni di cassa agli azionisti e siamo stati in grado di ridurre il leverage al livello di 0,11, quasi dimezzandolo rispetto alla fine dello scorso anno», Commenta l’ad Claudio Descalzi commentando i conti del terzo trimestre.

«Rispetto all’utile netto consolidato di bilancio dei nove mesi 2022 pari a 13,26 miliardi» di Eni, «le attività italiane registrano una perdita netta di circa 1 miliardo che tiene conto principalmente dello stanziamento del contributo straordinario per il settore energia», rende noto il gruppo petrolifero.
 

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Eni ha comunicato infine di aver acquistato, tra il 17 e il 21 ottobre 2022, complessive 10.985.058 azioni proprie, al prezzo medio ponderato di 11,9412 euro per azione, per un controvalore pari a 131.175.309,91 euro, nell’ambito dell’autorizzazione all’acquisto di azioni proprie deliberata dall’Assemblea dell’11 maggio 2022. Dall’inizio del programma, l’azienda che opera in tutta la filiera dell’energia ha acquistato 141.672.337 azioni proprie (pari al 3,97% del capitale sociale) per un controvalore complessivo di 1.662.601.758 euro. A seguito degli acquisti effettuati fino al 21 ottobre, considerando le azioni proprie già in portafoglio e l’annullamento di 34.106.871 azioni proprie deliberato dall’Assemblea dell’11 maggio 2022, Eni detiene 173.403.639 azioni proprie pari al 4,86% del capitale sociale.
 

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FUGA DAL GAS E DAL PETROLIO
Lo scorso maggio, António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, tenne un discorso davanti agli oltre mille laureandi della Seton Hall University di South Orange, nel New Jersey. Guterres disse che il mondo stava affrontando una catastrofe climatica e che spettava a loro fermarla. “Avrete molte opportunità tra cui scegliere”, ha detto ai giovani laureandi. “Non lavorate per coloro che distruggono il clima. Usate il vostro talento per guidarci verso un futuro rinnovabile”.

La crisi climatica sta trasformando anche il mercato del lavoro. Nel settore dell’energia si aprono nuove opportunità legate allo sviluppo delle fonti rinnovabili, mentre nel settore fossile aumentano le difficoltà a trovare personale. L’industria petrolifera ha un problema d’immagine che rende difficile il reclutamento dei giovani: da un sondaggio del 2020 è emerso che il settore del gas e del petrolio è quello con la reputazione peggiore tra i Millennial.

Big Oil La fase attuale, caratterizzata da prezzi alti per la guerra in Ucraina, dovrebbe portare a un’espansione delle attività estrattive, ma manca la manodopera. E molti lavoratori, soprattutto quelli con competenze utili, vorrebbero lasciare il settore per quello delle rinnovabili.
  • Un recente sondaggio di AirSwift ha rilevato che l’82% degli attuali lavoratori del settore petrolifero e del gas nel mondo valuterebbe la possibilità di passare a un altro settore energetico nei prossimi tre anni. Il 54% di coloro che pensano di andarsene ha scelto l’industria delle rinnovabili come destinazione preferita.
Gran parte dei lavoratoti dei settori del petrolio e del gas si avvicina al pensionamento. Secondo un rapporto di Deloitte, il lavoratore medio del comparto negli Usa ha 44 anni. E i numeri degli impiegati del settore hanno avuto una lunga tendenza al ribasso. Nel 2020 i prezzi sono scesi molto, accompagnati da licenziamenti di massa. E questa volatilità del settore, con periodi di rapida crescita e drastico calo dei prezzi, è un altro fattore che rende i lavori poco attraenti.

Il lavoro dei Fridays for Future Nel frattempo, l’energia solare ed eolica sono in pieno boom e attirano i giovani. Nel 2021, 3,2 milioni di americani hanno lavorato nei settori dell’energia pulita e dei veicoli elettrici, ovvero tre volte e mezzo in più rispetto ai combustibili fossili. D’altronde, la generazione che ha scioperato contro i cambiamenti climatici non è per niente desiderosa di unirsi alla forza lavoro petrolifera. Un sondaggio di Ernst & Young nel 2017 aveva già rilevato che il 62% dei giovani tra i 16 e i 19 anni negli Stati Uniti trovava poco attraente una carriera nel settore del petrolio e del gas. Più di due adolescenti su tre intervistati hanno affermato che l’industria causa problemi invece di risolverli.

Banchi vuoti Basti pensare che i corsi di ingegneria petrolifera nelle università americane sono sempre meno frequentati: negli ultimi cinque anni, il numero di laureati è sceso da 2.300 a circa 400, un calo dell’83%. E qualche settimana fa decine di studenti di Harvard e del Mit hanno anche interrotto gli eventi di reclutamento nel campus per ExxonMobil. L’Università di Calgary in Canada e l’Imperial College London hanno entrambi messo in pausa i corsi di ingegneria petrolifera e del gas l’anno scorso. Così come dal 2006 al 2020, il numero di laureati nelle business school che hanno intrapreso una carriera nel settore petrolifero e del gas è diminuito del 40%.

Non ti difendo Ma a scarseggiare sono anche agenzie pubblicitarie e avvocati disposti a lavorare con il settore. Circa 400 agenzie pubblicitarie e di Pr hanno firmato un impegno da parte del gruppo Clean Creatives a tagliare i legami con i clienti di combustibili fossili. E poiché le compagnie petrolifere devono affrontare una serie crescente di cause legali legate al clima, alcuni giovani avvocati potrebbero ora essere riluttanti a difenderle.

Quale futuro Sull’altro fronte, però, la distribuzione geografica dei posti di lavoro nel campo delle rinnovabili non è ancora omogenea. Nel fotovoltaico, per esempio, il Paese che offre più opportunità è la Cina. Nell’eolico, invece, ci sono centri importanti nell’Europa settentrionale e negli Stati Uniti. In futuro, quando si costruiranno impianti di energia rinnovabile su larga scala, il livello di specializzazione richiesto potrebbe diminuire. Ma anche il salario offerto.

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AGENDA MELONI
 

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Gli stoccaggi pieni al 93,6% che hanno garantito quel calo drastico dei prezzi, infatti, sono stati resi possibili da un aumento su base annua del 41% delle importazioni europee di LNG russo nei dodici mesi conclusisi il 31 agosto scorso. Tradotto, l’Europa sta comprando gas liquefatto dalla Russia, perché questo non è soggetto alle sanzioni che toccano quello via pipeline.
Al largo delle coste iberiche, del Mediterraneo e del Nord-Ovest dell’Ue, oggi ci sono 60 tankers carichi di gas liquefatto russo: si tratta di oltre il 10% del totale di quei charters attualmente in circolazione nel mondo.
da SPY FINANZA/ Le prospettive sul gas che svelano il bluff della Bce
 

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ENI - Dettagli sulla Tassa sugli extra-profitti
Oggi 09:03 - WS

FATTO
Sono arrivati i dettagli sulle tasse sugli extra-profitti con il governo che alla fine ha deciso di introdurre una modifica alla tassazione sul 2022 attraverso un incremento retroattivo dell’aliquota dal 25% al 35% (il conguaglio del dovuto andrà saldato entro il 31 marzo 2023), mentre per quanto riguarda il 2023 la nuova tassa - che si rivolgerà davvero agli extra-profitti misurati sugli utili - l’aliquota è stata fissata al 33% coerentemente con il regolamento approvato un mese e mezzo fa dalla Ue.
EFFETTO
In termini complessivi, il gettito dall’aumento dell’aliquota sul 2022 è stimato dal governo in 2.4 mld (questo significa che l’introito massimo della vecchia aliquota al 25% è stato rivisto al ribasso a 6 mld) e con l’aliquota al 35% il gettito aggiornato dovrebbe attestarsi a 8.4 mld.
Per quanto riguarda il settore Energy stimiamo dall’incremento dell’aliquota al 35% un impatto del 4% sugli utili adjusted 2022 di
Eni: la tassa passerebbe da 1.4 mld a 1.96 mld)
e del 7% per Saras (da 96 mln a 134 mln).

La raccomandazione su ENI (ENI.MI) è INTERESSANTE, con target price a 16 euro.
www.websim.it
 

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e lo WEF si adopera contro di noi rei di essere vivi e di consumare
da Il WEF : le persone non hanno il diritto di possedere la propria auto: "O vai a piedi o condividi"
In un articolo pubblicato all’inizio di questo mese, il WEF ha lanciato un appello alla sua legione di giovani leader globali, affermando che i prezzi del gas che stiamo sperimentando nel 2022 semplicemente non sono abbastanza alti. Come se la gente comune non stesse soffrendo abbastanza alla pompa di benzina, Klaus Schwab afferma che i prezzi attuali sono decisamente ” sottovalutati “.
 

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