Guerra fredda tra USA e CINA (1 Viewer)

tontolina

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GLI USA CERCANO FONTI ALTERNATIVE DI TERRE RARE RAFFINATE
L’arma nucleare della guerra commerciale fra Cina e USA è il settore delle terre rare. Come abbiamo già spiegato più volte questi materiali rari sono utilizzati in quantità piccole, ma significative , in una serie di processi industriali e di produzioni e dii componenti elettroniche essenziali nella vita moderna.

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Come possiamo leggere si tratta di materiali importantissimi per la produzione di batterie, componenti elettronici, laser, o come coloranti. Attualmente circa il 70% della produzione di questi materiali proviene dalla Cina, percentuale che cresce al oltre l’80% per gli USA, anche perchè le importazioni da Francia ed Estonia sono in realtà sublavorazioni di materiali cinesi.

In realtà la distribuzione dei minerali rari sulla superficie terrestre è molto meno concentrata della sua attuale estrazione e lavorazione. Semplicemente la Cina, a partire dagli anni 90, ha iniziato a svilupparne l’estrazione e la lavorazione, in modo strategico, con una politica industriale, cosa che gli altri paesi si sono ben visti dal fare.

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Perfino negli USA vi sono consistenti giacimenti di terre rare, con riserve pari a 93 volte la capacità estrattiva attuale, quindi , apparentemente, non ci sarebbero problemi nel superare eventuali controdazi cinesi addirittura sviluppando l’industria estrattiva interna.
In realtà quello che manca è la capacità di raffinazione tanto che il materiale estratto dalla maggiore miniera aperta negli USA, , Mountain Pass, spedisce il minerale estratto in Cina per la lavorazione.
Quindi quella da creare è un settore industriale più complesso rispetto alla semplice apertura delle miniere, e questo richiederà più tempo ed investimenti più consistenti.

Pochi sanno che l’Italia, paese ritenuto povero di materie prime, ha alcuni fra i maggiori depositi di alcune materiali rari come il Titanio,in Liguria, e l’Antimonio, in Toscana.
L’Italia estrae marmo in grandi quantità, materiale le cui cave sono molto invasive, e non materiali ben meno invasivi e molto preziosi, che potrebbero anche dare inizio ad un nuovo settore industriale attualmente assente anche perchè l’Italia dipende al 100% dall’import per questi materiali. Un’altra opportunità che meriterebbe di essere sfruttata.
 

tontolina

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TESLA NON OTTIENE L’ESENZIONE DAI DAZI USA, ED IL TITOLO CADE
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Tesla, la casa automobilistica di Elon Musk, oltre ad impianti di produzione in Cina, ha anche forniture molto importanti dal Paese orientale. Il cuore pensante dell’auto, la centrale elettronica di controllo, e l’interfaccia video relativa sono prodotte proprio in Cina. Per evitare che i dazi voluti dal presidente Trump avessero degli effetti sul prezzo del prodotto americano la società aveva chiesto un’esenzione all’applicazione delle tariffe su queste componenti. Come riporta la CNBC l’ufficio per il commercio ha respinto questa richiesta.

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Elon Musk aveva richiesto questa esenzione sulla base del fatto che gli aumenti del prezzo dovuti ai dazi avrebbero messo strategicamente il pericolo la sopravvivenza e la redditività dell’azienda, ma il diniego è stato motivato con il fatto che queste componenti sono importati per l sviluppo strategico della tecnologia cinese e sono aprte attiva del programma industriale di Pechino 2025, per cui la loro esenzione non è possibile. I dazi di Trump hanno come fine non tanto il riequilibrio della bilancia commerciale USA, quanto il rallentamento della crescita della Cina come competitore politico ed economico globale sino a quando , almeno, le dinamiche demografiche non porranno gli USA in vantaggio.

In quest’ottica anche Tesla è sacrificabile. Il rifiuto è avvenuto a fine maggio, ma è stato reso noto solo ora, con conseguenze sulla azioni del gruppo automobilistico.

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Questo è il piacere della Supply Chain globali, tanto amate da qualche professore. A questo punto o Tesla aumenta i prezzi, riducendo la domanda, o taglia i propri margini operativi lordi.
 

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la Cina risponde "daziando" i tubi d'acciaio ... Tenaris colpita? e Danieli?


Dazi: min. Commercio Cina, tariffe antidumping su tubi da Usa e Ue
MILANO (MF-DJ)--Il Ministero del Commercio cinese ha riferito che estenderà i dazi antidumping sui tubi di acciaio e sulle tubature provenienti dagli Stati Uniti e dall'Unione europea a tassi più elevati.

La Cina imporrà dazi antidumping tra il 57,9% e il 147,8% su tubi e tubature in acciaio legato senza saldatura provenienti dai mercati statunitense e europeo, ha riportato il ministero in una nota. Le nuove tariffe entreranno in vigore da oggi.

Nel 2014, la Cina ha imposto dal 13% al 14,1% le tariffe antidumping su questi prodotti dagli Stati Uniti e dall'Ue. I dazi sono scaduti il 10 maggio. Tuttavia, a seguito di una richiesta da parte dei produttori nazionali, le autorità cinesi hanno iniziato una revisione, ha concluso il ministero.

(END) Dow Jones Newswires

June 14, 2019 03:07 ET (07:07 GMT)
 

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Le società tecnologiche statunitensi aggirano i divieti di Trump per fare affari con Huawei
Intel, Micron e altri produttori di microchip hanno già trovato il modo di continuare a fornire i loro componenti
hanno adottato soluzioni alternative per continuare a fornire i loro componenti a Huawei, la grande società cinese e il secondo produttore al mondo di smartphone, a cui il governo di Donald Trump ha impedito di fare affari negli Stati Uniti. Intel, Micron e altri produttori di microchip hanno aggirato i divieti iniziando a vendere a Huawei i loro prodotti costruiti fuori dagli Stati Uniti e che non contengono tecnologie che interessano la sicurezza nazionale statunitense; il divieto si applica infatti solo ai componenti prodotti direttamente negli Stati Uniti.

Questa soluzione ha permesso a Intel e agli altri di continuare a fare affari con uno dei loro principali clienti esteri: Huawei lo scorso anno aveva speso circa 11 miliardi di dollari per acquistare i componenti prodotti da aziende statunitensi, indispensabili per i suoi smartphone e per le attrezzature con le quali costruisce le reti di telecomunicazione. Huawei ha beneficiato di una parziale sospensione dei divieti fino a luglio per quanto riguarda l’utilizzo di Android, nella versione più ricca e completa realizzata da Google, ma non è chiaro che cosa accadrà alla scadenza del divieto.

Le società tecnologiche statunitensi aggirano i divieti di Trump per fare affari con Huawei - Il Post
 

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G20, Trump: "Huawei potrà riacquistare le forniture negli Usa"
Vedi l'allegato upload_2019-6-29_18-19-25.gif

Huawei potrà tornare ad acquistare i prodotti dai fornitori americani, in quella che appare a tutti gli effetti una concessione da parte del presidente Donald Trump nei colloqui avuti a Osaka con l'omologo cinese Xi Jinping. "Le compagnie statunitensi possono vendere attrezzature a Huawei, nel caso non emergano grandi problemi con la sicurezza nazionale", ha affermato il tycoon.

G20, Trump: "Huawei potrà riacquistare le forniture negli Usa" - Tgcom24
 

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Huawei: il ban di Trump è l'inizio del sorpasso tecnologico della Cina ai danni degli USA
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Parole pesanti del CEO e fondatore di Huawei nei confronti degli USA, all'interno di quella che è stata battezzata come la trade war

di Nino Grasso pubblicata il 22 Luglio 2019, alle 10:41 nel canale Telefonia

Huawei: il ban di Trump è l'inizio del sorpasso tecnologico della Cina ai danni degli USA


All'interno di una lunga intervista della durata di un'ora con Yahoo Finance il CEO e fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, ha parlato senza peli sulla lingua della situazione della multinazionale cinese in relazione al ban dell'amministrazione Trump.
Secondo il dirigente Huawei non era del tutto preparata alla cosiddetta Entity List, e nelle due settimane successive all'azione degli USA le vendite degli smartphone sono calate del 40%.

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Ad oggi però la situazione è cambiata e Huawei si dichiara "pienamente in grado di scrollarsi di dosso la dipendenza dagli Stati Uniti per i prodotti principali della line-up".
Secondo quanto descritto dalla fonte l'azienda cinese ritiene che la sua aggiunta alla Entity List sia un tentativo da parte degli USA di contenere la diffusione delle tecnologie più avanzate di Huawei.
La sensazione di Huawei è che le supposizioni di Trump nei confronti di Huawei nascano dalle accuse penali presentate a gennaio secondo cui Huawei ha rubato segreti commerciali e violato le sanzioni contro l'Iran.

Ren sottolinea però che Huawei non può rappresentare una minaccia di sicurezza per gli USA: "Non abbiamo reti in America, né intendiamo vendere i nostri prodotti commerciali in 5G in quel paese. Trump non può accusarci di nulla, e spera di usare Huawei come pedina per la contrattazione. Ma la Cina non sembra volerci cadere".
Con il ban, secondo Ren, a perderci sarebbero più gli USA che la Cina, soprattutto in termini di reti 5G (che è poi fondamentalmente il motivo principale per cui è nata tutta la questione).

"Anche se hanno supercomputer e connessioni a grandissima capacità gli USA potrebbero essere superati perché non hanno connessioni super-veloci", ha dichiarato il dirigente durante l'intervista.
"Sospendere le attività di Huawei potrebbe rappresentare l'inizio del sorpasso ai danni degli Stati Uniti" in termini tecnologici. Il ban di Trump impedisce a Huawei di accedere alle tecnologie americane e, di riflesso, impedisce alle aziende americane di fare affari con Huawei andando così ad eliminare un'enorme opportunità di guadagno.

Il ban potrebbe inoltre ridurre il numero di posti di lavoro nel settore tecnologico americano oltre a ridurre l'entità degli investimenti di un colosso in rapida ascesa come Huawei sul suolo USA. Lo stesso Ren ha ammesso di aver licenziato diversi impiegati in una divisione di ricerca e sviluppo con sede negli USA all'interno della quale era stato pianificato un investimento di 600 milioni di dollari. Ren comunque continua ad avere fiducia nel sistema legislativo americano, al fine di risolvere in maniera opportuna tutte le questioni rimaste aperte.

Di recente il CEO di Huawei ha anche dichiarato che alla peggio il ban potrebbe costare all'azienda circa 30 miliardi di dollari, ma nonostante ciò l'azienda potrebbe riprendersi dalle perdite "in pochi anni". Non è chiaro quale sarà il futuro dei rapporti fra Cina e USA in ambito tecnologico e, dopo un inizio terribilmente burrascoso, la tempesta si sta progressivamente trasformando in quiete. Difficile, però, stabilire adesso quale sarà l'epilogo.
 

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