Grasso si è girato dall'altra parte per fare carriera (1 Viewer)

tontolina

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non solo Grasso ma tutto il governo è divenuto squadrista ed assassino

Caso Uva, ministero Cancellieri avvia azione disciplinare per pm Varese

Lo scorso 8 ottobre il gip aveva respinto la richiesta di archiviazione e ordinato nuove indagini alla Procura nei confronti di poliziotti e carabinieri accusati di lesioni colpose respingendo l'istanza presentata dal pubblico ministero


di Redazione Il Fatto Quotidiano | 3 dicembre 2013Commenti (26)

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Lo scorso 8 ottobre il gip di Varese aveva respinto la richiesta di archiviazione e ordinato nuove indagini alla Procura nei confronti di poliziotti e e carabinieri accusati di lesioni colpose per la morte di Giuseppe Uva, respingendo l’istanza presentata dal pm Agostino Abate. Oggi arriva la notizia che il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha avviato un’azione disciplinare nei confronti del pubblico ministero. Uva morì nel giugno 2008 dopo essere stato trattenuto per due ore e mezzo all’interno di una caserma dei carabinieri di Varese.
“Non sbagliava Lucia Uva quando chiedeva e chiedeva, e ancora chiedeva, che la Procura di Varese indagasse seriamente sulla morte del fratello Giuseppe. E non esagerava nel denunciare, quasi da sola, le responsabilità di chi non aveva nemmeno voluto ascoltare un testimone oculare e non aveva accertato quanto era davvero accaduto nella caserma dei carabinieri di Varese in quella notte di giugno del 2008″ dice il senatore del Partito democratico Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani a Palazzo Madama -. Finalmente l’operato del sostituto procuratore, Agostino Abate, arriva a un momento di verità. Il fascicolo con i risultati dell’indagine ministeriale è stato inviato alla Procura generale presso la Corte di cassazione per la formulazione dei capi a lui imputati da sottoporre al giudizio della sezione disciplinare del Csm. Sapremo così se vi sia stata negligenza nel modo con cui il Pubblico Ministero ha affrontato il caso della morte di Giuseppe Uva – conclude il presidente della Commissione Diritti Umani – come sembra emergere anche dai gravi rilievi con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese ha chiesto la riapertura delle indagini”.
Lo scorso aprile la sorella della vittima aveva organizzato un presidio per denunciare il rischio della prescrizione delle accuse nei confronti degli indagati.
interrogatorio Manconi

interrogatorio manconi - YouTube
 

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Attilio Manca, una morte senza giustizia. La madre Angela: "Riaprire le indagini"


Venerdì, 11 ottobre 2013 - 12:08:00
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Attilio Manca

di Lorenzo Lamperti
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@LorenzoLamperti

"Mio figlio operò Provenzano alla prostata e sapeva qualcosa che non doveva sapere. Per questo è stato ucciso".

La madre di Attilio Manca, Angela, racconta la sua verità sulla misteriosa morte del medico urologo in un'intervista ad Affaritaliani.it. La Procura di Viterbo ha archiviato il caso come un suicidio ma i dubbi sono tanti: "Il suo corpo era pieno di ecchimosi, i buchi sul braccio sinistro mentre lui era mancino. Sulle siringhe non c'erano sue impronte e sono state ritrovate con ancora sopra i tappi". La famiglia Manca si è rivolta anche all'Antimafia, "ma Grasso si è girato dall'altra parte. Ha preferito evitare un'inchiesta scomoda per fare carriera. Le istituzioni mi hanno delusa". E poi altri misteri: carabinieri trasferiti, telefonate sparite dai tabulati: "Ci fu la mano dei Servizi. D'altronde la latitanza di Provenzano fu protetta da pezzi dello Stato... Ora chiedo la riapertura delle indagini..."
ATTILIO MANCA è stato ritrovato cadavere il 12 febbraio 2004 nella sua abitazione di Viterbo. La causa della sua morte è stata inizialmente ritenuta un'overdose di eroina. Il caso è stato poi archiviato come suicidio.
Vogliono far passare questo per suicidio, non permettetelo, condividete! (Foto per un pubblico forte)

Davanti a tutta l’opinione pubblica chiediamo al Procuratore di Viterbo Pazienti, al pm Petroselli, a Ugo Manca e alla dottoressa Ranaletta moglie di Rizzotto (la dottoressa che effettuò l’autopsia sul corpo di Attilio Manca), se intendono ancora affermare, come fanno da ben 10 anni, che quello che vediamo in foto è un suicidio?

A queste fotografie mancano le foto dei calci ai testicoli, chiediamo alle persone sopracitate chi ha tirato quei calci? Se li è forse tirati da solo Attilio Manca quando ha deciso di suicidarsi? Signori? Attilio si è preso a calci in faccia deviandosi il setto nasale prima o dopo essersi preso a calci nei testicoli da solo?




Attilio Manca era un fiore di uomo divenuto in giovanissima età un medico luminare, è stato ucciso dalla mafia dopo aver operato a sua insaputa Bernardo Provenzano, quel Bernardo Provenzano protetto dai potenti che lo hanno aiutato nella sua latitanza. Quegli stessi potenti oggi stanno lottando per far passare quest’omicidio per suicidio perchè se venissero fuori i colpevoli di questo omicidio salterebbero troppe teste importanti.
Non permettete che tutto venga insabbiato, urlate perchè l’opinione pubblica è più potente di loro e vincerà!

Helene Benedetti di Informare per Resistere
(fonte foto: redazione di Chi L’Ha Visto RAI)
 

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Ex calciatore muore dopo l’arresto, le ultime grida: «Aiuto sto morendo»

La richiesta di aiuto di Riccardo Magherini, ex di Prato e Fiorentina, è stata registrata con un telefonino da un residente affacciato alla finestra. Pochi minuti prima era stato bloccato mentre vagava in stato confusionale
lutti
calcio
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Riccardo Magherini


Morte di Riccardo Magherini: la famiglia chiede verifiche su eventuali negligenze
La strana morte di Riccardo Magherini

“Aiuto aiuto, sto morendo". Sono le ultime parole di Riccardo Magherini, 40 anni, l’ex giocatore del Prato e delle giovanili della Fiorentina, morto la notte tra il 2 e il 3 marzo in Borgo San Frediano, a Firenze, durante l'arresto dei carabinieri. La richiesta di aiuto - come riporta l'edizione fiorentina di Repubblica.it - è stata registrata con un telefonino da un residente alla finestra. Pochi minuti prima Magherini era stato bloccato mentre vagava in stato confusionale: "Aiuto, vogliono uccidermi", gridava . Arrivati sul posto - si lgge su Repubblica - i carabinieri lo immobilizzano al termine di un concitato parapiglia, davanti a decine di persone affacciate alle finestre e a un gruppo di passanti. Le sue grida riecheggiano in tutto il quartiere. Sono le 1,25: un residente si affaccia alla finestra e gira il video, mentre Riccardo si trova ammanettato a terra in posizione prona, con quattro carabinieri che lo tengono fermo sull'asfalto. Nelle immagini non si vede niente, ma si sentono le invocazioni di aiuto: "Mi sparano","ho un figlio", "sto morendo". Poi, all’improvviso, Riccardo smette di urlare e di dimenarsi. Per chiarire le cause della tragedia la magistratura ha aperto un’inchiesta, al momento senza indagati.
L'AUDIO (le immagini sono nere, ma si sentono le invocazioni di aiuto)
Ex calciatore muore dopo l?arresto, le ultime grida: «Aiuto sto morendo» - Cronaca - il Tirreno
Alcuni testimoni ascoltati dai carabinieri hanno raccontato che l’arresto è stato regolare, ma altri parlano di calci sferrati a Riccardo mentre era a terra ammanettato. Le indagini vanno ora avanti per stabilire eventuali negligenze dei militari e degli stessi sanitari del 118 arrivati sul posto per i primi soccorsi".
 
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Ex calciatore muore dopo l’arresto, le ultime grida: «Aiuto sto morendo»

La richiesta di aiuto di Riccardo Magherini, ex di Prato e Fiorentina, è stata registrata con un telefonino da un residente affacciato alla finestra. Pochi minuti prima era stato bloccato mentre vagava in stato confusionale
lutti
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Riccardo Magherini
Magherini morto dopo l’arresto. Il 118 al medico: ‘Ha due carabinieri sopra, è nudo’

Il calciatore è deceduto nella notte tra il 2 e il 3 marzo per strada a Firenze. Era stato fermato dalle forze dell'ordine. Nei 50 minuti di chiamate i militari e i soccorritori descrivono quanto sta succedendo. L'avvocato prepara la denuncia nei confronti di paramedici e carabinieri


di Luca Pisapia | 28 aprile 2014Commenti (459)


Martedì mattina l’avvocato Fabio Anselmo presenterà al Tribunale di Firenze una denuncia nei confronti dei paramedici e dei carabinieri presenti durante gli ultimi istanti di vita di Riccardo Magherini, l’ex calciatore della primavera della Fiorentina morto la notte tra il 2 e il 3 marzo scorso a Firenze dopo avere incontrato sulla sua strada una pattuglia di carabinieri.

Il tutto dopo che settimana scorsa, in una conferenza stampa al Senato, i legali della famiglia avevano mostrato un video atroce nel quale si vedeva Riccardo, schiacciato a terra da quattro carabinieri, gridare: “Aiuto, non ammazzatemi, ho un figlio piccolo”.
E si sentiva la voce di un testimone inveire contro i militari che, a suo dire, lo stavano prendendo a calci. Insieme al video erano anche state mostrate delle foto di una violenza inaudita, in cui il cadavere di Riccardo presentava ecchimosi ed escoriazioni, sulle braccia, le gambe, le tempie, l’addome e, soprattutto, alla schiena. Per questo la famiglia chiede giustizia, e ha deciso di procedere con la denuncia contro noti.


Nel frattempo è stato anche possibile di accedere alle telefonate intercorse di tra i carabinieri e il 118, dalla 1.21 di quel maledetto 3 marzo, quando nella prima telefonata i militari che hanno immobilizzato Riccardo chiedono l’intervento dei medici, fino alle 2.12 quando il medico comunica alla centrale del 118 che l’uomo è in “arresto cardiaco”.

Grazie a questo materiale a disposizione, ora diventa anche possibile raccontare cosa successe quella notte in un ordine cronologico abbastanza lineare.

Alle 1.21 un carabiniere chiede l’intervento del 118 spiegando che sono intervenuti su una persona “che sta completamente fuori, a petto nudo, e urla”.

L’ambulanza parte pochi minuti dopo ma, evidentemente, non riesce a trovare la via, tanto che alla 1.31 i militari richiamano il 118 spiegando che sentono le sirene ma nessuno è ancora arrivato sul posto, e che “l’uomo continua a fare il matto”.

Tre minuti dopo, alla 1.34 uno dei volontari dell’ambulanza della Croce Rossa inviati sul posto chiama il centralino del 118, dice di essere arrivato e che l’uomo “ha reagito in maniera violenta, gli sono addosso in due per tenerlo fermo e vogliono il medico”.
Parole strane, che contrastano con la drammaticità della situazione riportata dal video, e con le numerose testimonianze che vogliono, a quell’ora, Riccardo Magherini essere già inerte e silenzioso. Forse morto. Tra l’altro da queste ed altre testimonianze pare che uno dei paramedici sul posto abbia cercato il suo battito cardiaco di Riccardo, collegando l’apposita macchinetta al dito e, non ricevendo risposte, se non una linea piatta, abbia detto: “Sarà rotta la macchinetta anche perché sembra che respiri”.

Poco dopo questa telefonata infatti, la centralinista del 118, del tutto inconsapevole della gravità della situazione, chiama il medico dicendo: “Ci vogliono due uomini forti, c’è uno che ha tirato le manette ai carabinieri, ha due carabinieri sopra, è nudo”.
Alla 1.44 infine giunge la seconda ambulanza, stavolta con il medico a bordo, che arriva credendo di dover sedare Magherini, e invece si trova a dovere fare un lungo massaggio cardiaco ad una persona che non dà più segni di vita.
L’ultima chiamata alle 2.12 è quella del medico che chiama il 118 per comunicare che “il ragazzo che era stato immobilizzato dai carabinieri è in arresto cardiaco, sono per strada”.

Quando il medico ipotizza che il ragazzo abbia una trentina di anni, l’interlocutore gli chiede: “Ha preso roba?”. Il medico risponde: “Poi ne parliamo”.
Invece sulla vicenda cala il silenzio, Riccardo è l’unica persona che viene indagata, per morte in conseguenza di altro reato (probabilmente spaccio), in quella che il presidente della Commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi, definisce una ‘doppia morte’.

“La morte fisica – spiega – è seguita da una seconda morte, una stigmatizzazione del defunto che deve deformare la vittima agli occhi dell’opinione pubblica, per potere poi dire: se l’è cercata”.

Quella conferenza stampa in Senato – le dure parole di Manconi e dell’avvocato Anselmo che paragonavano la morte di Riccardo a quelle di Uva, Aldrovandi, Ferulli – non è andata giù alla Procura della Repubblica, che ha subito diffuso un comunicato in cui si sosteneva “nei filmati in possesso di questo ufficio non si evidenziano violenze di alcun genere nei confronti di Magherini”.
Eppure da quanto emerso qualche giorno fa su Repubblica il 17 marzo il pm Luigi Bocciolini, incaricato delle indagini, mandava all’allora legale della famiglia Magherini, Luca Bisori una mail privata in cui era scritto: “Sotto il profilo del segreto investigativo, Le rappresento la situazione: vi è in fondato (questo errore di battitura sta per infondato? o forse: il fondato? o ancora, data la vicinanza delle lettere sulla tastiera, di: un fondato? ndr) motivo di ritenere che almeno uno dei militari intervenuti abbia colpito il ragazzo con dei calci al fianco mentre era a terra ammanettato. Non appare essere, allo stato, una condotta influente sotto il profilo eziologico con l’evento “morte”, ma le indagini proseguono per individuare il militare (quanto meno sussiste l’art. 581 c.p., percosse)”.
Un cambiamento di verso piuttosto curioso e repentino, che l’avvocato Fabio Anselmo, mentre prepara la denuncia che sarà depositata domattina, a ilfattoquotidiano.it spiega così: “Siamo basiti da questo atteggiamento contraddittorio della Procura di Firenze, sono curiose dichiarazioni scadenzate che sembrano essere dirette all’opinione pubblica dimenticando che della vicenda ci sono molti testimoni. Qui nessuno vuole mettere in dubbio il prestigio dell’Arma dei Carabinieri, si parla piuttosto di un arresto immotivato e ingiusto, che per giunta ha portato alla morte di un uomo. Se tutti i cittadini italiani che, in un momento di difficoltà, necessitano assistenza psichiatrica devono essere condotti alla morte, allora lo stato di diritto è finito”.
twitter @ellepuntopi
 

tontolina

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UN ALTRO ASSASSINIO

ma è ritornata la pena di morte in Italia?

Cosenza, dà in escandescenze e muore durante l’intervento dei carabinieri

E' successo a Mirto di Crosia, la vittima è un 29enne. Il pm ha disposto l'autopsia per stabilire le cause del decesso che, per il medico legale, potrebbe esser stato causato da un infarto [il solito infarto causato dall'intervento pesante delle forze dell'ordine assassino di uomini senza onore]




di Redazione Il Fatto Quotidiano | 24 maggio 2014Commenti (65)

Più informazioni su: Autopsia, Carabinieri, Cosenza, Indagini, Infarto.

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Un ragazzo dà in escandescenze per motivi tutti da chiarire, i testimoni chiamano i carabinieri. Che arrivano e cercano di calmarlo. Nasce una colluttazione e il giovane, colto da malore, muore. E’ questa la prima, parziale ricostruzione di quanto accaduto in tarda mattinata a Mirto di Crosia, paese in provincia di Cosenza. Secondo i primi rilievi del medico legale, il decesso di Vincenzo Sapia (è il nome del 29enne) potrebbe essere stato causato da un infarto.

Il pm della Procura di Castrovillari sta sentendo le persone che hanno assistito al fatto e disporrà l’autopsia per stabilire le cause della morte. Stando ad una prima ricostruzione, l’uomo, che in passato avrebbe sofferto di disturbi psichici, stamani ha sfondato il portoncino di un edificio situato davanti all’ufficio postale di Mirto Crosia dicendo che stava cercando un cane smarrito. Alcuni passanti, vedendo la scena, hanno chiamato i carabinieri. Quando i due militari sono giunti sul posto, hanno trovato Sapia, descritto come un uomo di corporatura molto robusta, fermo davanti all’ufficio postale, apparentemente tranquillo, ed hanno iniziato a parlarci.
Improvvisamente l’uomo, secondo le testimonianze raccolte da pm e carabinieri, si è denudato rimanendo in mutande. Quindi ha aggredito un carabiniere, mettendogli le mani al collo e colpendolo. Anche l’altro militare è intervenuto. Ne è nata una colluttazione durante la quale Sapia si è accasciato a terra. Sul posto sono subito intervenuti i medici del 118, che hanno anche usato un defibrillatore, ma per l’uomo non c’è stato niente da fare.

L’Arma mantiene un riserbo assoluto sulla vicenda, ma dal Comando provinciale di Cosenza trapela la volontà di massima trasparenza su quanto accaduto e l’assoluta fiducia nell’ autorità giudiziaria che coordina le indagini.
 

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