GERMANIA: la locomotiva tedesca rischia di travolgerci (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Svolta tedesca: sì alla garanzia unica dei depositi bancari
In un intervento sul Financial Times il ministro delle Finanze Scholz apre a uno schema condiviso per tutelare i conti correnti all’interno dell’Unione bancaria ma pone condizioni molto severe di revisione delle regole
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(EPA)
https://www.ilsole24ore.com/art/svolta-tedesca-si-garanzia-unica-depositi-bancari-ACqEJ3w

Olaf Scholz ha fatto «un passo per niente piccolo per un ministro delle Finanze tedesco» aprendo a uno schema comune per la garanzia dei depositi dei risparmiatori all’interno dell’Eurozona dopo anni di ostilità della Germania che hanno bloccato il completamento dell’unione bancaria. Nell’intervento sul Financial Times, Scholz ammette che il ruolo dell’Europa verrebbe messo a rischio se non riuscisse a completare l’integrazione del suo sistema finanziario.

«È innegabile il bisogno di completare l’unione bancaria. Dopo anni di discussioni lo stallo deve finire». La Brexit, che porterà alla perdita per l’Unione europea del suo centro finanziario, significa anche che il blocco deve pronuovere una maggiore integrazione delle sue banche.

Lo schema di riassicurazione
Un’ammissione che arriva però accompagnata da molti caveat. Berlino infatti finora ha sostenuto di non voler assumere obblighi di garanzia in caso di dissesti bancari per non mettere a carico dei suoi contribuenti fallimenti derivanti da situazioni di rischio che non può controllare direttamente. Il sistema di riassicurazione di cui adesso parla il ministro Scholz agirebbe come un backstop rispetto ai fondi nazionali di garanzia aiutando ad assicurare che i Governi possano onorare il proprio impegno di proteggere i depositi fino a 100mila euro in caso di fallimenti .[e le banche tedesche hanno enormi problemi]

Le condizioni
Le condizioni poste dalla proposta di Scholz rischiano però di diventare ostacoli insormontabili per i Paesi con un sistema bancario più fragile mentre la proposta potrebbe creare tensioni in Germania. Fonti governative a Berlino hanno detto al Financial Times che la posizione del ministro non sarebbe stata concordata con la cancelliera Angela Merkel. E anche di recente il presidente di un’associazione bancaria tedesca aveva ribadito che l’Europa «non si muoverà meglio insieme trasferendo gli oneri da un Paese all’altro». Per superare questi ostacoli Scholz accompagna la sua proposta a richieste di serie e importanti riforme che assicurino disciplina sia nella supervisione banacaria che nei meccanismi di risoluzione. Tra le richieste, modifiche ai requisiti di capitale a livello europeo per rimuovere gli incentivi alle banche ad acquistare ampi quantitativi del debito pubblico del proprio Paese;  ulteriori azioni per ridurre i crediti in sofferenza e lo stabilimento di regole comuni europee per calcolare i profitti societari. Infine Scholz chiede di armonizzare le leggi sulle insolvenze bancarie.[evidentemente alla germania non piace più il Bailin che serviva per mettere in difficoltà l'Italia ed ora la Germania non vuole sottoporvisi]
 

tontolina

Forumer storico
Conti correnti a rischio: la locomotiva tedesca rischia di travolgerci
1 Novembre 2019, di Leopoldo Gasbarro
Conti correnti a rischio: la locomotiva tedesca rischia di travolgerci | WSI



Il vero rischio per i conti correnti, anche quelli di casa nostra, si chiama Germania.
Il 30 ottobre i risultati registrati da Deutsche Bank hanno messo in allarme il mercato di casa Merkel e non solo quello.
La più importante banca tedesca ha registrato una perdita di oltre 800 milioni di euro, una perdita che si somma a quelle ancor più importanti registrate a luglio e che avevano superato i 3 miliardi di euro. Dall’Istituto fanno sapere che era tutto previsto, che tutto è dovuto alla profonda ristrutturazione avviata dalla banca.
Ma intanto i numeri fanno preoccupare gli analisti che, più che alla calma, invitano gli investitori ad alleggerire le posizioni.

E’ legge di mercato: quando le cose vanno male, viene meno la fiducia e gli investitori si allontanano. Sarà importante che DB, nel prossimo trimestre dia chiari segnali di ripresa.
Ma l’eventuale ripresa rischia di passare anche per l’aumento dei costi dei conti correnti dell’istituto tedesco, che dovendo cercare di far quadrare i bilanci, potrebbe essere costretto a fare scelte forti circa il trasferimento del tasso negativo di -0,50%, imposto sui depositi dalla BCE, direttamente ai correntisti.

Indiscrezioni confermerebbero la volontà di cambiare lo status quo imposto da Mario Draghi, anche se ufficialmente non sono state prese posizioni precise.

Martedì scorso, attraverso un suo portavoce, Deutsche Bank, ha fatto sapere di osservare molto attentamente il mercato confermando di essere in stretto dialogo con i clienti che hanno i depositi più elevati, soprattutto quelli di istituzionali o di società internazionali, con i quali ci sarebbe il desiderio di concordare alternative di investimento o modelli di compensazione adeguati.

Cosa vorrebbe dire in parole povere?
Vedremo nelle prossime settimane.
Il vero tema, però, quello che ci riguarda tutti da molto vicino, è quello delle commissioni applicate alle operazioni bancarie.
Secondo un recentissimo studio, 400 istituti in Germania quest’anno le hanno già aumentate in modo significativo, mentre la più grande Volksbank tedesca, la Berliner Volksbank, ha già introdotto tassi di interesse negativi per i nuovi clienti con depositi al di sopra dei 100mila euro. Ma le piattaforme internet, Verivox e Biallo che confrontano i costi dei servizi offerti in più settori commerciali, annunciano nuove prese di posizione da parte degli istituti di credito tedeschi.

Anche Commerzbank vorrebbe evitare di dover applicare i tassi negativi, così come più volte dichiarato, tuttavia né Commerzbank, né DB hanno smentito di potersi ritrovare ad aumentare le commissioni bancarie proprio a causa dei tassi negativi. Horst Biallo, ha spiegato che le banche opereranno più sul fronte commissionale che su quello di un costo secco dello 0,50%. Questo perché i correntisti sono talmente pigri che non vanno a guardare gli estratti conto, mentre l’applicazione di uno 0,50% di costo sarebbe così forte da scuoterli dal torpore portandoli ad eventuali cambi di banca.

Il portale ha verificato come 400 di circa 1300 banche e casse di risparmio abbiano già aumentato i prezzi dei conti correnti privati. In media, per le banche e le casse di risparmio gli aumenti avrebbero sfiorato aumenti fIno al 30%

Molte banche hanno aumentato anche i prezzi per le carte di credito o introdotto nuove tariffe per i servizi che fino all’anno scorso erano ancora gratuiti, come depositi e prelievi in contanti.

Sempre più banche stanno trasferendo lo 0,50 dettato dalla BCE ai clienti con i maggiori depositi. Si tratta soprattutto di imprenditori ed imprese di media dimensione. Molte di queste stanno cercando di evitare di pagare le nuove tassazioni cercando forme d’investimento alternativo o investendo direttamente sulla propria azienda.

Un sondaggio, però, rivela che il 26% delle persone colpite ha risposto, all’applicazione dei tassi di interesse negativi, con un cambio di banca a dimostrazione che si stanno aprendo più scenari e che la pigrizia, nei confronti di impatti così forti dal punto di vista dei costi, finisce per sparire in un lampo.

E da noi?

Unicredit ha aperto una breccia importante sul fronte bancario che non appare compatto sull’applicazione e sulle modalità d’applicazione dello 0,50% direttamente ai correntisti. Ma siamo convinti che la strada aperta da Mustier verrà imboccata anche da altri. Intanto però, la ricerca di Banca d’Italia sui costi dei conti correnti ci fa comprendere che, dal punto di vista commissionale, la strada dell’aumento è stata già ben introdotta anche da noi e non ha nulla da invidiare a quella delle banche tedesche in quanto a forza ed entità dell’aumento determinato.

Forse, la pigrizia, di cui parlava la piattaforma tedesca dovremmo scrollarcela di dosso, dovremmo cominciare a guardarci attorno a comprendere, una volta per tutte, che se tutto è cambiato è giusto cominciare a considerare altre strade da seguire per gestire il nostro denaro: guidare una vecchia “Seicento” oggi, del resto, non ci porterebbe da nessuna parte.

Ebbene, i nostri soldi tenuti in conto rischiano di fare come la “Seicento”, di fare un viaggio anacronistico fuori dalla realtà, un viaggio che allontana sempre di più dal benessere persone e famiglie.

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tontolina

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La Germania finalmente vuole l’Unione bancaria, ma la proposta non piace all’Italia
Dopo anni di veti, Berlino parla per la prima volta della riforma chiave dell’eurozona. Angelo Baglioni professore di Economia Politica alla Cattolica: «Al di là dell’apparenza, la responsabilità di tutelare i risparmiatori rimane agli Stati»
La Germania finalmente vuole l’Unione bancaria, ma la proposta non piace all’Italia - Linkiesta.it

Dopo anni di avversione, veti e rinvii, la Germania ha aperto per la prima volta alla riforma chiave dell’eurozona: l’unione bancaria. Con una lettera al Financial Times il ministro dell’Economia tedesco Olaf Scholz ha ceduto sulla possibilità di creare una garanzia unica europea dei depositi bancari. Tradotto: un sistema comune per tutelare i risparmiatori che possiedono fino a centomila euro in una banca in fallimento. «Non è stato un piccolo passo per un ministro delle finanze tedesco» ha ammesso Scholz. È vero, l’apertura è epocale, ma pur sempre alla tedesca. Perché in cambio di uno schema paneuropeo di condivisione del rischio in caso di una crisi bancaria, la Germania chiede che i singoli Stati siano i principali responsabili della tutela dei risparmiatori. «Mi sembra una falsa apertura. Basta guardare cosa consiglia concretamente Scholz.
Nel suo schema di assicurazione europea dei depositi, dovrebbero intervenire
in prima battuta i fondi nazionali di assicurazione.
Poi esauriti questi, subentrerebbero altri governativi dello Stato in cui la banca è fallita.
E solo alla fine si potrebbe accedere ai fondi erogati da un ente europeo, ma a prestito.
Al di là dell’apparenza, è la solita proposta tedesca», spiega con disincanto Angelo Baglioni professore ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano. «In teoria in un sistema di assicurazioni comune europeo, il fondo di assicurazione per rimborsare i depositanti dovrebbe essere a fondo perduto, finanziato da tutti gli Stati. Qui non si parla di rimborsi, ma di prestiti».

Ci sono altri aspetti della proposta di Scholz che non convincono gli esperti. Per esempio nel primo punto del suo manifesto, il ministro tedesco in cambio di un meccanismo europeo comune di assicurazione dei depositi chiede di rendere uguale in tutti gli Stati Ue la procedura di insolvenza e risoluzione di una banca in crisi. Per farlo chiede di applicare alle piccole banche di solito soggette alle leggi di insolvenza nazionali, la stessa regola europea che si fa valere per gli istituti di credito grandi: come la bridge bank.
«Scholz cita come modello di riferimento la Federal Deposit Insurance Corporation, ma sembra dare per presupposto che negli Stati Uniti ci sia un comune strumentario di risoluzione e gestione delle banche in crisi. Ma il quadro è più complesso», cita come modello la Federal deposit insurance ma dà per scontato che negli Stati Uniti questa autorità federale agisca con una sola procedura di insolvenza. Non è così», spiega il professore di diritto pubblico comparato all’Università di Perugia Andrea Pierini, autore di Unione bancaria europea come federalizing process (Cedam). «Dal 2010 col Dodd Frank Act è stata introdotta una procedura speciale per la risoluzione delle crisi della grandi banche e istituzioni finanziarie più grandi, con una rilevanza sistemica, come la bridge bank, il bail in o la bad bank che è stata applicata dopo l'insolvenza delle banche venete». Il nodo sta tutto qui. Individuare delle procedure più uniformi e con minori margini d'incertezza e discrezionalità. Ma quale scegliere? Su questo terreno ambiguo si giocherà la battaglia politica. Come sempre, il diavolo si nasconde nei dettagli.


La sensazione è che solo una nuova crisi dei debiti sovrani possa far uscire gli Stati Ue dalle loro posizioni

Anche il secondo punto rischia di essere poco digeribile per banche come quelle italiane o spagnole che possiedono ancora molti non performing loans. Ovvero quei mutui, finanziamenti e prestiti che i debitori non riescono a ripagare in modo regolare e che gli istituti di credito sanno di non poter mai riprendere del tutto. Scholz chiede di rafforzare il settore bancario europeo riducendo il numero dei crediti deteriorati: «È un modo per responsabilizzare gli Stati e i loro sistemi bancari.

Ma se la questione dei crediti deteriorati fosse affrontata in modo non graduale, imponendo regole più stringenti di quelle attuali implicherebbe anche una rapida svalutazione degli stessi portafogli crediti. Verrebbero così ceduti sui mercati secondari dei titoli deteriorati a prezzi irrisori in favore di gestori specializzati, sempre più diffusi grazie ai notevoli utili che si ottengono da quest'area di business. Ci sarebbero così effetti negativi sui bilanci e sul valore di mercato degli Istituti bancari dei Paesi più esposti su questo fronte»», spiega Perini. Anche se a dire il vero il rapporto degli npl nelle banche europee è diminuito molto, e a giugno è sceso a un nuovo minimo del 3,04%.

Forse il punto più controverso della proposta Scholz è la richiesta d'introdurre dei requisiti di capitale che riflettano il rischio di concentrazione sulle esposizioni delle banche ai debitori sovrani, soprattutto gli Stati.
In teoria le regole di Basilea II impongono alle banche di detenere un capitale di vigilanza che viene ponderato in base al rischio delle operazioni ma non vale per esempio quando gli istituti di credito comprano titoli di Stato come Btp italiani, bonos spagnoli o bund tedeschi. «A oggi tutti i titoli di Stato vengono trattati allo stesso modo e hanno peso zero nella misurazione del rischio nel calcolo del coefficiente di capitale. Ma bisogna stare molto attenti perché se si introducono in maniera drastica e rapida dei coefficienti di capitale positivi sui titoli di Stato, le banche italiane sarebbero molto danneggiate», spiega Baglioni. Soprattutto dopo che il 29 ottobre Standard and Poor’s ha confermato il rating sul debito sovrano dell'Italia a BBB. Solo due gradini sopra il livello spazzatura. Per questo il tema rimane tabù nonostante da anni Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, la Banca centrale tedesca, chieda di passare a un ponderamento del rischio per i titoli sovrani.

L’unico punto del piano Scholz su cui Italia, Germania e Francia sarebbero d’accordo è il superamento delle differenze nei regolamenti bancari. Sembra sensato evitare la competizione sleale tra banche in un mercato che si basa sull’integrazione. Tutti, tranne quei Paesi che hanno approfittato delle regole e tassazioni che variano tra Stato e Stato per creare una sorta di paradiso fiscale legale all’interno dell’Ue, come Irlanda e Lussemburgo. Qualche maligno fa notare che si è tornati a parlare di unione bancaria con condivisione rischi lo stesso giorno in cui si vocifera del fallimento di Deutsche Bank, ma c’è un’altra coincidenza da notare. La lettera di Scholz viene pubblicata negli stessi giorni in cui a Francoforte il board della Bce e alcuni regolatori si sono riuniti al Forum on Banking Supervision, presieduto dalla Banca centrale europea, in cui si è discusso di come applicare il terzo pilastro dell'Unione bancaria: l'assicurazione europea dei depositi. «Essere dipendenti dai servizi finanziari dagli Stati Uniti o dalla Cina non è un'opzione. Se l'Europa non vuole essere in balia della scena internazionale, deve avanzare con progetti chiave dell'Unione bancaria» scrive Scholz nella lettera al Financial Times, ma non basterà a uscire dallo stallo. La sensazione è che solo una nuova crisi dei debiti sovrani possa far uscire gli Stati Ue dalle loro posizioni.
 

tontolina

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Conti correnti a rischio, il trucco della Germania
di Leopoldo Gasbarro circa 23 ore fa 33.3k Visualizzazioni
8 Commenti

Perché oggi la Germania apre ad un meccanismo unico europeo di assicurazione sui depositi bancari?
Non sembra strano?
Perché proprio adesso?
Quanto c’entrano le difficoltà del sistema bancario tedesco ed in particolare quelle di Deutsche Bank sulla proposta fatta qualche giorno fa dal ministro delle Finanze, Olaf Scholz?
Quanta voglia c’è di evitare che banche italiane sempre più forti, come Intesa, (che ha appena pubblicato utili in forte crescita) non diventino sempre più protagoniste sulla scena internazionale proprio a sfavore di quelle tedesche ora in difficoltà?

E soprattutto, chi pagherà per eventuali e non auspicabili, fallimenti bancari in Germania? Ancora una volta i risparmiatori italiani?

La cronaca. Non si può dire che quanto dichiarato da Scholz non abbia colto un po’ tutti di sorpresa. Anche gli stessi tedeschi se ne sono meravigliati, tanto che, più di qualche cronista ha evidenziato come la presa di posizione di Scholz non sarebbe stata concertata neanche con la Merkel. Ma sarà vero? È possibile che su un aspetto così importante, un ministro faccia una dichiarazione a cuor leggero senza averla almeno condivisa ai massimi vertici?

La storia. Non va dimenticato che era stato proprio Walfgang Schauble, l’ex ministro delle Finanze tedesco, il nemico più acerrimo dell’idea di assicurare a livello europeo i depositi di tutti i cittadini dell’Unione. Proprio poco prima della scadenza del suo mandato Schauble ha realizzato un documento: “Non-paper for paving the way towards a Stability Union”, in cui evidenziava i tre punti imprescindibili su cui costruire un possibile ombrello di tutela europea ed erano punti di difficile applicazione per i sistemi bancari più deboli. Schauble e neanche poi Scholz si è mai soffermato sui problemi delle banche tedesche, soprattutto non si sono mai preoccupati di parlare nè di titoli tossici presenti per miliardi nei portafogli delle più grandi banche tedesche, né del rischio di leva praticato dagli stessi istituti.

Il predecessore di Scholz aveva, invece, più volte dichiarato con estrema fermezza, come non ritenesse giusto che la Germania si accollasse il rischio di dover ripagare i cittadini di altri stati dell’Unione che non rispettavano i parametri di solidità bancaria e di stabilità del debito pubblico. In un modo o nell’altro i riferimenti, soprattutto alla situazione italiana, erano sempre molto chiari. Ecco perché oggi meraviglia ancor di più l’apertura di Scholz.
Cosa è cambiato da allora?
Il ministro delle finanze tedesco ha parlato dell’importanza di completare il processo di unificazione bancaria soprattutto in vista della Brexit, ma onestamente, non appare come una falsa motivazione?
E allora cosa è cambiato davvero?
Ed è vero che non ci sia una concertazione sul tema all’interno del governo tedesco?

Nuove regole: nuove penalità per le banche italiane. Olaf Scholz non si è limitato alla semplice proposta di adozione dell’assicurazione sui depositi a livello europeo, ma ha fissato anche dei parametri molto dettagliati, perché questa possa realizzarsi, parametri che non sono per nulla favorevoli alle banche di casa nostra. Il ministro tedesco ha infatti fatto capire che tutto sarebbe subordinato al raggiungimento di una serie di step che imporrebbero ancora forti cure dimagranti, dal punto di vista degli utili, a molte banche del sud-Europa. In particolare si richiederebbe ancora una forte riduzione dei “crediti deteriorati” che nelle casse delle banche italiane rappresentano ancora una voce di rischio. In più quello dei crediti deteriorati è un tema quasi esclusivamente italiano ed è un tema esploso dalla forte crisi scaturita nel nostro Paese a causa della stretta fiscale determinata dal governo Monti. Ma non dimentichiamo da dove arrivava la forte richiesta di austerità piovuta sull’Italia in quegli anni. Non dimentichiamo le lettere di richiamo continue che arrivavano dall’Unione all’Italia sui conti pubblici.
Numeri alla mano, prima dell’arrivo del commissariamento di Monti i crediti deteriorati per le banche italiane erano ancora su valori fisiologici.
L’esplosione è arrivata dopo, quando l’eccesso di austerità e di aumento dei parametri di fiscalità hanno fatto collassare i conti di imprese e famiglie.
Quella condizione di sfiducia è sfociata a fine 2015 e negli anni successivi nei fallimenti bancari che hanno messo a dura prova la tenuta emotiva di milioni di risparmiatori italiani che hanno perso masse enormi di denaro tra azioni azzerate ed obbligazioni subordinate non rimborsate.
In realtà, al di là di situazione al limite della legalità di alcuni banchieri italiani finiti sotto inchiesta, il sistema bancario italiano, fino ad allora si era dimostrato sufficientemente solido e gli unici errori che erano stati fatti erano più di prospettiva, più di incapacità nella lettura dello sviluppo tecnologico-digitale, che speculativi o legati al tema della finanza creativa che aveva travolto prima il sistema bancario americano e poi buona parte di quello europeo, anche e soprattutto tedesco.

Eppure le banche italiane sono finite sul banco degli imputati ed i risparmiatori ne hanno pagato e ne continuano a pagare le conseguenze.
Questa è storia.
Ma nonostante tutto, le banche si sono rialzate e, in silenzio, in questi anni, hanno fatto uno splendido lavoro di pulizia di crediti deteriorati. Del resto basta far riferimento all’ultimo report del mese di ottobre di ABI per comprendere quanta strada in questa direzione sia già stata fatta.

(Da ABI Monthly Outlook ottobre 2019)
QUALITÀ DEL CREDITO
Le sofferenze nette ad agosto 2019 si sono attestate a 32,5 miliardi di euro, in calo rispetto ai 40,5 miliardi di agosto 2018 (-8 miliardi pari a -19,8%) e ai 65,6 miliardi di agosto 2017 (-33,1 miliardi pari a -50,5%). Rispetto al livello massimo delle sofferenze nette, raggiunto a novembre 2015 (88,8 miliardi), la riduzione è di oltre 56 miliardi (pari a -63,5%). Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali si è attestato all’1,87% ad agosto 2019 (era 2,36% ad agosto 2018, 3,84% ad agosto 2017 e 4,89% a novembre 2015). Ma vendere crediti deteriorati non è un gioco da ragazzi.
Un credito deteriorato rappresenta un prestito non restituito. Immaginiamo un mutuo da 100 mila euro che non rientra. La banca cede (vende) quel credito a terzi (società specializzate nella gestione degli stessi) che naturalmente lo acquisiscono per un valore inferiore a quello iniziale, ad esempio 60 mila. Quindi la banca in questione per liberarsi di quel credito deteriorato, che lei non può più gestire, avrà una perdita in bilancio di 40 mila euro. Si tratta di un lavoro di cesello e di trattative lunghe per perdere meno possibile.
Ma se si fosse costretti ad accelerare le vendite?
Cosa succederebbe in questo caso?
Quante perdite verrebbero generate dal recupero frettoloso dei 32,5 miliardi rimasti?


Ma non basta.[dà fastidio al krukko che le banche italiane siano riuscite laddove le banche tedesche perdono una marea di denari... e cerca di ricominciare a farele soffrire con nuove regole... ma questi attacchi non finiscono mai?]
Il ministro delle finanze tedesco chiede anche di affrontare il rischio legato ai titoli di stato.
E questo apre un altro fronte delicatissimo sia per le banche di casa nostra che per il “sistema Paese”. Senza temere di essere smentito, basta prendere i dati del 2011-2013, proprio dalla Germania arrivò l’ordine, alle proprie banche, di vendere titoli di stato italiani quei titoli che, se non fossero stati riacquistati proprio dalle banche di casa nostra, senza acquirenti, avrebbero rischiato di determinare una situazione di estrema difficoltà per i conti del Paese. E ora Olaf Scholz dichiara che: “I titoli sovrani non sono un investimento privo di rischio. Le banche dovrebbero prevedere un accantonamento per i rischi derivanti dal debito sovrano entro un periodo di transizione appropriato”.
Quali sono le banche più esposte anche in questo caso?
Quelle italiane soprattutto per i motivi che ho detto prima.
 

tontolina

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Il miglioramento dell’indice Zew semina ottimismo sui mercati europei
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Mercato azionario33 minuti fa (12.11.2019 12:14)


Investing.com – Ventata di ottimismo sui mercati dopo la diffusione dei dati relativi all’indice Zew in Germania e nell’Unione europea.

Le rilevazioni Zew hanno indicato che le aspettative di crescita dell’economia tedesca è risalito a -2,1 punti, nettamente migliore rispetto al precedente -22,8 di ottobre e alle previsioni che parlavano di un -13,2. Germania - Rilevazione ZEW del sentimento sull'economica

Migliora, seppur di poco, l’indice relativo al sentiment sulla situazione economica attuale in Germania, che sale a -24,7 punti, mentre il precedente dato era di -25,3.

"Anche se, in Germania, i dati delle condizioni attuali non sono così buoni perché si passa da -25,3 a -24,7 quando ci si aspettava -22, il mensile segna il miglior livello in 6 mesi", osserva José Luis Cárpatos, CEO di Serenity Markets. Germania - Indice ZEW delle condizioni economiche


Stesso trend per l’indice sull’economic sentiment della zona euro, in risalita a -1 punto, rispetto al precedente dato di -23,5 punti e a -11,5 atteso dagli esperti.

Si spera che la situazione economica internazionale migliorerà nel prossimo futuro, il che spiega il forte aumento dell'indicatore ZEW del sentiment economico a novembre. Nel frattempo, le possibilità di un accordo tra la Gran Bretagna e l'UE e quindi un ritiro regolamentato della Gran Bretagna sono notevolmente aumentate. Anche le tariffe sulle importazioni di automobili dall'UE negli Stati Uniti sono meno probabili delle proiezioni di alcune settimane fa ed un accordo nel conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina appare anche più probabile", ha spiegato il Presidente dello ZEW Institute Achim Wambach per contestualizzare il recupero dell'indicatore.

Sui mercati, intanto, i principali indici europei accelerano dopo la diffusione dei dati, proseguendo la scia positiva di inizio sedute.

Il Ftse Mib guadagna lo 0,90%, ancora guidato dal settore bancario (FTSE Italia All Share Banks +1,20%), seguito dal Dax (+0,60%), dal Ftse 100 (+0,40%), a cui si aggiungono il Cac 40 (+0,32%) e l’Ibex 35 (+0,30%).
 

tontolina

Forumer storico
Ministro finanze tedesco si aspetta maggiore crescita economica 2020
Reuters Staff
1 IN. DI LETTURA


Il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz. REUTERS/Michele Tantussi
BERLINO (Reuters) - Il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz ha detto oggi di aspettarsi che la crescita in Germania, la più grande economia europea, guadagnerà slancio il prossimo anno.
I dati pubblicati in mattinata hanno mostrato che il paese ha registrato un’espansione dello 0,1% nel terzo trimestre, evitando una recessione.

“Siamo cautamente ottimisti. Avremo una crescita maggiore il prossimo anno”, ha detto Scholz intervenendo durante una conferenza di Bloomberg a Berlino.
Scholz ha aggiunto che anche se la Germania sta crescendo più lentamente, non siamo in presenza di una crisi economica.

Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia
 

tontolina

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attualita' Dicembre 6, 2019 posted by Guido da Landriano
DISASTRO GERMANIA: la manifattura e gli investimenti a picco. Recessione in vista?

DISASTRO GERMANIA: la manifattura e gli investimenti a picco. Recessione in vista?


Notizie drammatiche dal punto di vista della manifattura in Germania. La produzione industriale tedesca viene a crollare del 5,3% su base annua un valore che non si vedeva dal 2009, cioè dalla grande crisi finanziaria



Qui l’andamento dal punto di vista mensile





La produzione industriale tedesca è diminuita inaspettatamente dell’1,7% mese su mese nell’ottobre 2019, mancando le aspettative del mercato di una crescita dello 0,1% e dopo una flessione dello 0,6% nel mese precedente. Si è trattato di un calo molto forte, anche perchè gli investimenti fissi extra settore auto sono scesi del 5,9%. mentre le costruzioni sono calate del 2,8%. Il calo dei beni capitali è stato fortissimo del 4,4% su base mensile.

Si tratta di una situazione molto preoccupante che sembra preparare la strada ad un ultimo trimestre 2019 negativo dal punto di vista del PIL.
Il fatto che calino in modo così forte la produzione dei beni capitali al netto dell’auto è significativa di una contrazione che non colpisce più solo il settore dei mezzi di trasporto, ma che si sta allargando ad altri settori di carattere industriale.

La causa può essere sia la crisi internazionale, con il problema della guerra commerciale fra USA e Cina ed i dazi internazionali, a cui si sommano le forti tensioni politiche e commerciali con la Turchia, altro paese con forti legami con Berlino. Però non scartiamo a priori anche il caso in cui ci sia una crisi di sistema industriale, che la Germania abbia puntato troppo su settori maturi, come il chimico tradizionale ed il meccanico. Oppure la crisi di un sistema economico che si è basato solo sull’export e sulla depressione dei consumi ??



Vedremo cosa diranno i dati del PIL.
 

tontolina

Forumer storico
Dati Macroeconomici
Germania: Bundesbank dimezza stima Pil 2020 a +0,6%, crescita sostenuta a partire dal 2021
Oggi, 10:01 di Valeria Panigada
La Germania non entrerà in recessione, anche se la crescita rimarrà molto contenuta questo inverno e il prossimo anno. Lo prevede la Bundesbank nel suo ultimo rapporto sulla congiuntura. "Come nei trimestri precedenti, è probabile che l'economia rimanga molto contenuta questo inverno - ha scritto la banca centrale tedesca nello studio - tuttavia, non è prevedibile una recessione". Secondo le nuove stime della Bundesbank, il Pil tedesco dovrebbe crescere soltanto dello 0,6% nel 2020, contro la precedente stima di un +1,2% formulata a giugno. La crescita dovrebbe accelerare nei due anni successivi. Il Prodotto interno lordo dovrebbe infatti aumentare sensibilmente nel 2021 e 2022 dell'1,4% ciascuno.
Fonte: Finanza.com
 

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