G7 si spacca: Trump vuole riammettere la Russia (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
G7 si spacca: Trump vuole riammettere la Russia, che intanto vede la Cina
In Quebec è in corso un vertice G7 “in salita”, in cui fa il suo debutto il premier italiano Giuseppe Conte. In agenda la questione dazi, Iran e clima, tre dossier dove c’è una notevole distanza tra i leader mondiali e Trump.
E mentre in Canada il summit è tesissimo per via degli affronti di Donald Trump, il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato il suo omologo Xi in Cina.

Trump ha annunciato due cose importanti alla riunione dei capi di Stato e di governo dei sette Paesi più industrializzati al mondo: di voler porre rimedio alle pratiche commerciali sleali e agli accordi iniqui e di voler riammettere la Russia ai colloqui dei summit tra i grandi del mondo.

Mosca è stata esclusa dal G8 da quando la repubblica di Crimea è stata annessa alla nazione nel 2014. “Hanno cacciato la Russia, dovrebbero farla tornare dentro. Dovremmo riavere la Russia al tavolo dei negoziati”, ha detto il leader della prima potenza economica mondiale prima di lasciare il meeting a Quebec City.

La Casa Bianca ha fatto sapere che si sta valutando se il presidente Trump debba firmare il documento finale. Non solo.
Con una mossa senza precedenti, il presidente Usa lascerà il G7 prima della conclusione dei lavori, già a “metà mattinata sabato” per raggiungere Singapore dove il 12 giugno è previsto il summit con la Corea del Nord.

“Il presidente viaggerà direttamente a Singapore dal Canada dove incontrerà il leader nordcoreano Kim Jong Un” ha comunicato la Casa Bianca in una precisazione sul programma che vede così Trump saltare la sessione sui cambiamenti climatici e l’ambiente al vertice in Quebec.


Tornando all’Italia, quello che da oggi attende il premier Giuseppe Conte al G7 di Charlevoix non è un compito semplice. Catapultato in una sola settimana dalle aule dell’università di Firenze al tavolo dei leader mondiali, il presidente del Consiglio avrà gli occhi puntati su di lui per via dell’etichetta affibbiatagli di premier di un governo euro-scettico, “populista”.

E da Roma, Matteo Salvini detta la linea e smarca l’Italia dall’Ue sulla contrarietà totale ai dazi imposti da Donald Trump: “Le politiche commerciali – afferma il vicepremier – vanno ristudiate. L’Italia è una potenza che esporta e quindi va protetto il Made in Italy e credo che le politiche di Trump siano soprattutto per arginare la prepotenza tedesca. L’Italia non deve subire né l’una né l’altra manovra”. Sulle barriere commerciali l’Italia è ufficialmente schierata con l’Ue e Conte per ovvi motivi di tempo è partito dall’Italia con il dossier preparato dai diplomatici del governo Gentiloni”.

Ma Salvini, ieri entrando al primo Consiglio dei ministri (da lui presieduto), conferma la sua tesi, espressa mesi fa, di essere pronto a seguire la via di Trump per “mettere i dazi” anche in Italia.

A conferma delle tensioni causate dalle politiche protezioniste messe in atto dall’amministrazione Trump, il New York Times scrive in un articolo dal titolo emblematico “Monta la rabbia al G7 in Canada”.

“Raramente c’è stata – se mai – una così unanime e viscerale indignazione nei confronti di un presidente Usa da parte dei più importanti alleati, che per decenni hanno considerato questo legame come un paradigma della propria politica estera”, scrive il quotidiano.

Arrivato in Canada, il presidente francese Emmanuel Macron aveva esordito su Twitter con una bordata rivolta a Trump: “Al presidente americano può non dispiacere rimanere isolato, ma nemmeno a noi dispiace firmare un accordo a 6 se necessario”.

Poco dopo, in conferenza stampa, il premier canadese, Justin Trudeau ha sottolineato: “mostreremo al presidente Usa che le sue mosse inaccettabili stanno danneggiando i suoi stessi cittadini”.

Quasi in contemporanea Macron scrive: “Le tensioni stanno aumentando ovunque. Questo G7 sarà impegnativo”.
 

tontolina

Forumer storico
I suoi avversari, i Maestri del Discorso, erano allarmati dal summit di Kim; ora sono inorriditi alla vigilia dell’incontro con Putin.

Il Singapore-Helsinki Express
Davide 6 luglio 2018 , 7:55 Attualità, Notizie dal Mondo, Opinione No Comments 658 Viste

DI ISRAEL SHAMIR
unz.com

Helsinki dopo Singapore! Si spera che il summit Trump-Putin si svolga questo mese nella capitale finlandese, dopo esser stato rimandato più e più volte. Ci aspettavamo che i due uomini forti si incontrassero subito dopo la storica vittoria di Trump, ma il vertice non ha avuto luogo, perché il neopresidente americano è stato assediato dalla Gestapo di Mueller ed accusato di essere un agente russo. Questa frivola accusa continua a fluttuare ogni volta che cerca di fare qualcosa di buono: le cose sono però cambiate dopo il suo vertice con Kim, un evento che in prospettiva cresce d’importanza di giorno in giorno.

Il Trump pre-Singapore e quello post sono creature completamente diverse. Prima era il signor lingua lunga, un dominatore del suo account Twitter e di poco altro. Dopo il summit, è diventato un Prometeo Liberato, il regale presidente dei potenti Stati Uniti. Incontrando Kim, ha respinto i saputelli dei media e del Deep State; si è rifiutato di prendere i loro ordini ed ha fatto ciò che riteneva giusto. Incontrando Putin trasformerà la propria disobbedienza in una vera e propria rivolta.

I suoi avversari, i Maestri del Discorso, erano allarmati dal summit di Kim; ora sono inorriditi alla vigilia dell’incontro con Putin.

Diamo una breve occhiata alla loro reazione agli eventi di Singapore (QUI puoi trovare un articolo d’approfondimento).
Il leader del Senato per la minoranza, Chuck (“il guardiano di Israele”) Schumer, ha espresso “estrema preoccupazione”, dicendo che “Trump ha tratto una falsa equivalenza tra le legittime esercitazioni militari congiunte USA-Corea del Sud, e gli illegali test nucleari nordcoreani (“Come si può paragonare!” – tipica risposta ebraica standard)… Non dovrebbe essere dato alcunché ai nordcoreani fino a che non avverrà “uno smantellamento completo, verificabile ed irreversibile del programma nucleare”… Trump ha dato “ad una brutale e repressiva dittatura la legittimità internazionale che da tempo bramava”.

Nicholas Kristof del New York Times si è lamentato del fatto che “Trump ha fatto un’enorme concessione – la sospensione delle esercitazioni militari con la Corea del Sud”, ottenendo nulla in cambio – “nulla sul blocco dei programmi su plutonio ed uranio, nulla sulla distruzione dell’ICBM, nulla sul permettere agli ispettori di tornare, nulla sull’obbligare la Nord Corea a fare una dichiarazione completa del suo programma nucleare, nulla su un calendario, nulla su verifiche, ecc.”. Noah Rothman, co-editore della rivista neocon Commentary, ha definito il summit “una disgrazia”.

E gli “interventisti umanitari”, cioè quelli di sinistra a favore dell’intervento su basi umanitarie, hanno già lanciato sulle prime pagine denunce di essersi comportati da disertori; come preventivabile, esigono che non si acconsenta ad una pace senza un completo regime change e successivo controllo internazionale.

Trump si è trovato davanti un fronte unito di media ed esperti, allarmati da qualsiasi progresso verso la pace.
Per loro, l’unico modo per negoziare con la Corea del Nord è quello usato con la Libia: prima disarmare, poi intervenire e bombardare; d’altronde, è molto più sicuro bombardare un paese disarmato.
Il leader coreano lo sa bene; è improbabile scelga la via Gorbaciov. L’ultimo leader sovietico disarmò il proprio paese, smantellò il trattato di Varsavia, consegnò la Germania Est all’Occidente e permise agli ispettori statunitensi di entrare nelle più segrete installazioni russe dopo un’amichevole conversazione con Reagan.
Kim non lo farà, e la Cina non lo permetterà.

L’ultima cosa di cui i cinesi (o i russi) hanno bisogno è un protettorato americano in Corea del Nord, non lontano da Harbin, Pechino e Vladivostok. Buoni rapporti tra Nord e Sud Corea e Stati Uniti sono però certamente possibili, se Trump dovesse comportarsi come a Singapore.

Poche settimane dopo Singapore, sembra tuttavia che, come spesso accade, gli oppositori abbiano prevalso. Gli Stati Uniti si sono rifiutati di lavorare per revocare le sanzioni nel Consiglio di Sicurezza ONU, ed hanno respinto la proposta russo-cinese di iniziarne lo smantellamento, mentre i media occidentali hanno iniziato a passare al setaccio tutte le trasgressioni di Kim. Così, ancora una volta, un’aura di inaffidabilità ha circondato il presidente americano.

L’incontro di Putin aveva prodotto risposte simili. Orrore, la pace si sta raggiungendo!

“Crescono timori alla prospettiva del ‘patto di pace’ tra Trump e Putin”, ha scritto il Times in un editoriale.
“La Gran Bretagna teme che Trump minacci la NATO portando a casa un “accordo di pace” con Putin…
I ministri del governo temono che possa essere convinto a ridurre gli impegni militari statunitensi in Europa…
Figure della NATO temono che possa cercare di replicare il suo “accordo di pace” con Kim, che ha avuto responsi così positivi.
Un ministro del governo ha detto: “Quel che temiamo è una specie di accordo di pace con Trump e Putin che dicono: ‘Perché abbiamo tutto quest’attrezzatura militare in Europa?’, e che congiuntamente accettino di rimuoverla”.
Altri media e politici sono egualmente insoddisfatti e preoccupati. “Gli alleati europei sono estremamente preoccupati per questo vertice”, afferma MSNBC; idem l’Atlantic, il Guardian, ecc.

Il più vicino ad un atteggiamento positivo all’incontro di Singapore è stato Anshel Pfeffer, giornalista ebreo britannico di Ha’aretz: un accordo con il sanguinario tiranno ovviamente non è auspicabile, ma c’è la speranza che, una volta riconciliatosi con Kim, Trump andrà più facilmente in guerra con l’Iran. Ha rassicurato i guerrafondai che, per una guerra in Corea sfuggita, ce ne sarà una in Iran. Questa è la linea che i fiduciosi hanno preso nei confronti della riunione di Helsinki: il vertice Trump-Putin potrebbe essere perdonato se portasse alla guerra contro l’Iran. Questa è l’alternativa presentata dai media mainstream occidentali: i guerrafondai condannano entrambi i vertici, i fiduciosi dicono che “non tutto è perduto, c’è ancora l’Iran”.

Per capire perché gli americani riluttanti vengono portati in guerra, ci rivolgeremo ad un recente importante articolondi Ron Unz. Fa parte della sua serie American Pravda, che indaga la storia americana moderna e la sua [errata] presentazione nei media e nella memoria pubblica. “Our Great Purge of the 1940s”, nonostante il titolo, è una decifrazione dei codici segreti nel discorso pubblico americano e britannico del 20° secolo. Dopo aver passato in rassegna un immenso numero di giornali e riviste, Unz è giunto alla conclusione che chiunque nella vita pubblica americana si sia schierato contro le guerre, nella maggior parte dei casi si è trovato emarginato, espulso, dimenticato o persino assassinato.

Racconta che gli scrittori che credeva fossero degli estremisti marginalizzati in realtà avevano ricoperto posizioni apicali nei media mainstream e nella politica dei propri tempi, fino a quando appunto non sono stati emarginati e presentati come estremisti.
Un esempio è H.E. Barnes, commentatore molto stimato e popolare sulle tribune più prestigiose, fino a quando “verso fine anni ’30 divenne un forte critico del proposto coinvolgimento americano nella Seconda Guerra Mondiale. Come conseguenza, “scomparse” permanentemente, escluso da tutti i principali mezzi di informazione, mentre una grande catena di giornali venne pesantemente spinta ad interrompere bruscamente nel maggio 1940 la sua rubrica nazionale di lunga data”. È scomparso dalla memoria, dice Unz.
Un esempio politico è Charles Lindbergh, forte voce per la pace a fine anni ’30 – inizi anni ’40. Solo una volta menzionò che tre gruppi, in particolare, stavano “spingendo questo paese verso la guerra [:] gli inglesi, gli ebrei e l’amministrazione Roosevelt”, scatenando così un’enorme tempesta di attacchi e denunce da parte dei media. Quella fu la fine della carriera politica di Lindbergh, e gli Stati Uniti entrarono in guerra.
Ad Hollywood (strumento fondamentale nella propaganda di massa), l’unico proprietario di studios non ebreo, Disney, convinto pacifista, ebbe i propri uffici occupati dall’esercito americano, dice Unz, il giorno dopo Pearl Harbor.

Giusto o sbagliato, dal punto di vista attuale?
Dovremmo fare una rigorosa distinzione tra il periodo prima e quello dopo l’inizio delle ostilità in Europa.
Prima, chi era per la pace aveva ragione, perché la Seconda Guerra Mondiale poteva essere evitata del tutto: se la Polonia (incoraggiata da americani e britannici) non avesse provocato la Germania, Hitler se ne sarebbe rimasto a casa, a trasformare il proprio paese nel paradiso nazista. Quando la guerra scoppiò seriamente, gli Stati Uniti dovettero intervenire in Europa per impedire una vittoria tedesca e la successiva dominazione germanica dell’intero continente eurasiatico, dalla Manica fino a Vladivostok. Per quel che riguarda la guerra col Giappone, poteva essere evitata se gli USA non l’avessero provocato con l’embargo petrolifero.

Unz scrive che gli ebrei e l’amministrazione Roosevelt prevalsero su Gran Bretagna e Polonia, facendo prendere una forte linea anti-tedesca. Gli ebrei erano certamente anti-nazisti e disposti a rischiare una guerra mondiale. Roosevelt però era stato eletto perché aveva promesso pace e neutralità – dopo esser stato eletto TRADì le promesse e fece invece un’inversione ad U andando in guerra.

Proprio il TRADIMENTO sembra essere una caratteristica permanente della politica americana: i presidenti vengono eletti promettendo pace, per poi scegliere la guerra dopo la propria elezione.
  • FDRoosevelt sostenne l’Atto di Neutralità, ma poi condusse gli USA alla Seconda Guerra Mondiale.
  • Clinton scatenò la guerra alla Serbia bombardandola a tappeto
  • Bush jr promise una “umile politica estera”, per poi andare a conquistare Afghanistan ed Iraq.
  • Obama ci teneva così tanto alla pace che aveva persino ricevuto il Nobel in anticipo, ma poi ha portato guerra in Libia e Siria.
  • Ora abbiamo Trump, la cui campagna elettorale includeva la promessa di “mai più un cambio di regime” e l’amicizia con la Russia. La sua presidenza verrà però ricordata, perlomeno fino a questo punto, per le minacce di guerra ad Iran e Nord Corea.
 

tontolina

Forumer storico
Unz, nell’articolo menzionato, si riferisce anche alla guerra in Iraq.
Chi si è opposto a questa guerra distruttiva e senza senso è stato emarginato ed ostracizzato:

  • Phil Donahue faceva ottimi ascolti su MSNBC, ma all’inizio del 2003 il suo programma venne cancellato; trapelò una nota che indicava che la causa era la sua opposizione alla guerra incombente.
  • Il conservatore Pat Buchanan ed il liberale Bill Press, entrambi critici della guerra in Iraq, tennero sulla stessa rete un dibattito molto seguìto, ma venne anch’esso cancellato per analoghe ragioni.
  • Bill Odom, il generale a tre stelle che gestiva l’NSA ai tempi di Reagan, venne anch’egli inserito nella lista nera dei media per la sua opposizione alla guerra.

Numerose importanti voci dei media “scomparvero” nello stesso periodo, ed anche dopo che l’Iraq venne universalmente riconosciuto come un enorme disastroro, la maggior parte di loro non riacquisì mai il proprio ruolo.

C’è quindi una forza che costantemente spinge alla guerra, perlomeno dal 1914 fino ai giorni nostri. Questa forza coincide con il principale vettore della politica americana, e, dal ’91, con la politica occidentale tout court. Ha una forte componente ebraica, basata su media ed università; una nuova Chiesa d’Occidente che cerca di abbracciare il mondo. Le sue guerre sono “crociate” (“guerre per la fede”, in stile Joshua). Questa è la spinta degli ebrei alla dominazione del mondo. Non vogliono ammetterlo, ma prima o poi lo faranno; tanto più che la loro pulsione è intrecciata con la quella americana al dominio del mondo (“Manifest Destiny”) e con quella britannica (“il Fardello dell’Uomo Bianco”).

Uno dei motivi per cui gli ebrei si sono allontanati dai russi è la mancanza di aggressività di questi ultimi. Sia nel calcio che in guerra, i russi di solito giocano in difesa.
Persino Stalin, il cui nome ancora incute timore, non ha quasi mai avviato una guerra d’aggressione; non ha mai sognato di conquistare l’Europa o il mondo. Altri sovrani russi erano ancor più difensivi, nel migliore dei casi. Gli ebrei invece preferiscono l’azione.

Anche la civiltà anglo-americana ha la propria aggressività intrinseca. Non è un giudizio di valore, una condanna di per sé: c’è chi mangia erba e chi carne; abbiamo in casa cani e gatti, predatori, e non docili agnelli e vitelli. L’aggressività deve tuttavia trovare i propri limiti, altrimenti il mondo sarà distrutto. Si sta ora cercando questo limite, e Trump, che ha lanciato ballon d’essai per lasciare la NATO e smantellare altre alleanze aggressive, sta facendo proprio questo.

L’accordo sulla Siria

Ci sono segnali che Trump voglia fare in Siria quel che Nixon fece in Vietnam, vale a dire uscirne. Mossa saggia, se gli verrà concesso di farla.

Secondo i media, Trump deve discutere di due cose con Putin.


  • La prima è l’Iran. Gli Stati Uniti vogliono che la Russia limiti la sua collaborazione con l’Iran o addirittura lo cacci dalla Siria. Per questo, gli USA stanno proponendo di abbandonare la richiesta di un nuovo governo siriano, provvisorio e senza Assad. Sono pronti ad accettare che la Siria svolga regolari elezioni nel 2021, rimuovendo l’argomento dall’agenda fino a quel momento. Tentano inoltre la Russia promettendo di revocare alcune sanzioni. Questo affare era stato proposto ai russi alcune settimane fa, e da allora è stato sviluppato.

L’Iran è il nemico prediletto di Israele. Trump aveva stretto una temporanea alleanza coi sionisti, un gruppo ebraico principalmente interessato al Medio Oriente, al contrario degli ebrei “liberali” che perseguono il dominio del mondo. Questi ultimi sono fortemente contrari a Trump; per gli ebrei sionisti l’agenda liberale negli Stati Uniti ed in Europa (delocalizzazione, gender, immigrazione, libero scambio, …) è meno importante, mentre il Medio Oriente (Iran, Israele, Siria) lo è di più. Trump cerca di soddisfare gli appetiti sionisti, sperando che loro in cambio limitino gli attacchi dei loro fratelli contro di lui. Detto che anche Putin è amichevole coi sionisti mentre i liberali gli sono ostili, i due presidenti possono trovare un compromesso accettabile. Non sarà però ciò che Israele sogna.

La Russia non vuole litigare con l’Iran; non può peraltro cacciarlo dalla Siria, anche qualora lo volesse. Non appena questo tema è stato discusso dalla stampa, è apparsa una lunga intervista del presidente Assad, che ha sottolineato che l’alleanza con l’Iran è per lui la più importante. Gli iraniani, dopotutto, hanno combattuto al suo fianco quando i russi stavano a guardare.

Gli Irakeni sono però dinnanzi ad un dilemma. Non vogliono uno scontro con la Russia, né con gli Stati Uniti, né con Israele. Quando Putin lanciò il suo ballon d’essai, dicendo che tutte le truppe straniere dovevano ritirarsi dalla Siria, gli iraniani non obiettarono, ma dissero: “Siamo aperti ad andarcene, se ci venisse chiesto”. Damasco però non vuole.

L’Iran ha tuttavia accettato di non partecipare all’attuale lotta per il sud-ovest della Siria, per il territorio adiacente ai confini della Giordania e di Israele. Lì, il legittimo esercito siriano sta conducendo un’offensiva di successo contro i ribelli, col solo supporto aereo russo.
Questa assenza di iraniani vicino ai confini israeliani verrà forse presentata da Trump ad Israele come una sua realizzazione. Il presidente americano vuole che la Russia crei una zona priva di iraniani accanto ai confini giordano ed israeliano. La Russia non controlla la situazione in Siria a tal punto da poterla promettere. Può però negoziare per impedire alle milizie sciite di entrare in questa regione. L’ha peraltro già fatto in passato: quando le truppe siriane si sono avvicinate al confine israeliano nella zona di Kuneitra, Israele ha chiesto che le milizie sciite rimanessero a 50-70 km di distanza. I russi hanno detto: “No, ma appresteremo per voi qualche chilometro di separazione”. Questo tipo di accordo è quindi possibile, se le parti saranno sufficientemente condiscendenti. È sicuro però che la Russia però non tradirà l’Iran.


  • Il secondo è il destino dei ribelli.


Trump non vuole che il ritiro dei soldati americani sia accompagnato da un bagno di sangue. Mentre il rappresentante USA all’ONU ha accusato la Russia di aver violato il cessate il fuoco e di non aver osservato la zona di de-escalation, la Casa Bianca ha affermato che l’America avrebbe sostenuto moralmente i ribelli, ma che non avrebbe combattuto per loro. “Non basate le vostre decisioni sull’aspettativa di un intervento militare da parte nostra”, era il messaggio.
È stato questo un segnale di una vicina fine della ribellione. Robert Fisk pensa che il loro crollo sia imminente. I russi hanno vinto set e partita. Alcuni gruppi ribelli si sono già arresi e schierati dalla parte di Damasco. I più ostinati si sono ritirati a migliaia sui confini giordani ed israeliani, ma nessuno dei due paesi intende lasciarli entrare.
Trump ragionevolmente non vuole che vengano macellati. Non ha bisogno di media che gridino al massacro dei combattenti per la libertà siriani, i loro figli e le donne incinte tradite dall’agente russo Trump. Ha bisogno di un accordo per il quale le truppe siriane consentano ai ribelli di riappacificarsi col legittimo governo o di andarsene illesi. Questa richiesta è quel che anche la Russia vuole. Fin dall’inizio e fino ad oggi, i russi hanno creduto ed hanno insistito sul fatto che è necessario trascinare le disparate bande ribelli al lato di Damasco. Anche Assad lo vuole, perché ovunque le truppe siriane sono giunte come liberatrici o conquistatrici, sia a Ghuta est che ad Aleppo, non si sono lasciate andare a vendette o rese dei conti. Sono sicuro che Putin aiuterà Trump a lasciare la Siria senza perdere la faccia.

Capisco che per molti dei miei lettori sia difficile se non impossibile supportare Trump. La tragedia di Nixon potrebbe ripetersi, perché il presidente che fece pace con Cina e Vietnam era odiato dai guerrafondai e da tutti gli americani influenzati dai media, e costretto ad andarsene. È stato l’ultimo presidente indipendente e pacifista; chi lo condannò è stato punito da una lunga serie di governanti inferiori. Trump ha molti difetti, ma vuole evitare una grande guerra. Merita una possibilità.

Per quel che riguarda Putin, sono certo che sarà amichevole con l’americano, e non sarà compassionevolmente tentato di fargli grandi concessioni, nonostante i poteri ancora piuttosto limitati dell’altro; le sue decisioni infatti verranno probabilmente bloccate dal Congresso e forse rovesciate dal suo successore. Solo una persona avventata farebbe con lui un complicato accordo a lungo termine. Putin probabilmente si accontenterà di accordi a breve respiro.


Israel Shamir

Foonte: www.unz.com

Link: www.unz.com/ishamir/the-singapore-helsinki-express/
 

tontolina

Forumer storico
L'Europa trema

Trump stringe la mano a Putin, Ue teme nuovo ordine mondiale
Alessandra Caparello

Grande attesa oggi per lo storico vertice tra Trump e Putin in programma a Helsinki, i due leader che tengono in sospeso gli equilibri globali. L’Unione Europea è preoccupata e implora i due, che si sono stretti la mano in Finlandia (vedi video sotto) prima di discutere di commercio, esercito e Cina, di “non sovvertire l’ordine mondiale“.

L’obiettivo dell’incontro, secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, sarà quello di ricucire i rapporti in deterioramento tra le due potenze mondiali. “Negli ultimi anni non siamo andati molto d’accordo”, ha detto Trump, aggiungendo però che “in futuro avremo una relazione straordinaria”.


“Penso sul serio che il mondo preferisca che Usa e Russia vadano d’accordo”, ha continuato Trump precisando che “siamo due delle maggiori potenze nucleari. Non è una cosa positiva, è negativa. Parleremo anche di questo, tra le altre cose”.

Quanto allo zar del Cremlino Vladimir Putin, ha dichiarato che “è giunto il momento di intrattenere colloqui bilaterali significativi”, aggiungendo che è “periodicamente in contatto con Trump“.

Il presidente americano ha infiammato gli animi della vigilia quando ha affermato che uno dei veri “nemici” dell’America dal punto di vista commerciale è l’Europa. “Abbiamo tanti nemici. Penso che l’Unione Europeasia uno di questi, per quello che fanno nei nostri confronti nel commercio. Anche la Russia lo è sotto certi punti di vista. Economicamente lo è la Cina. Ma questo non significa che siano ‘cattivi’, significa che sono competitivi”, ha dichiarato Trump da un campo di golf a Turnberry, in Scozia.

Immediata la replica del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.
Dopo le ultime parole al vetriolo del tycoon immobiliare, i partner europei guardano con particolare apprensione al vertice con Putin di oggi, summit peraltro anticipato dall’ennesima svolta nel Russiagate con il procuratore speciale Robert Mueller che ha formalizzato l’incriminazione di 12 agenti dei servizi militari russi, accusati di aver violato nel 2016 la rete informatica del partito democratico americano.

Trump: Ue tra i “nemici”, con Russia “rapporto sarà straordinario”
Trump è in cerca di nuovi alleati, una circostanza confermata anche a seguito dell’incontro con la premier inglese Theresa May a cui avrebbe detto di “fare causa all’Ue” e di non intavolare negoziati sulla Brexit.

“Mi ha detto che dovrei citare in giudizio la Ue, non entrare in trattativa, denunciarli. Ciò che il presidente ha detto è stato anche: ‘Non andare via, non allontanarti dai negoziati, altrimenti rimani bloccata‘”.

A rivelarlo è stata la stessa premier May parlando alla Bbc. Cosa dirà invece a Putin? Resta un mistero. Come volevasi dimostrare, Trump però ha spiazzato ancora una volta tutti e alla vigilia della partenza per Helsinki da Twitter scrive:

“Il nostro rapporto con la Russia non è mai stato peggiore, grazie a molti anni di follia e stupidità degli Stati Uniti e ora, la caccia alle streghe!”

Il summit con il leader del Cremlino non ha un’agenda predefinita, come ha riferito il consigliere americano per la sicurezza nazionale John Bolton, e lo stesso Trump, giunto ieri sera nella capitale finlandese, ha detto che le sue “aspettative sono basse”. Non si prevede una dichiarazione congiunta di Vladimir Putin e Donald Trump in occasione del summit, dice il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.

Non sono previste dichiarazioni. Fondamentalmente, non sono un elemento obbligatorio di questo tipo di incontri. I presidenti prevedono una conferenza stampa congiunta. Parleranno lì”.


Trump stringe la mano a Putin, Ue teme nuovo ordine mondiale | Wall Street Italia
 

big_boom

Forumer storico
gli europei non capiscono un c. ma non da ora ma da anni e anni

perche' essere ostili alla russia e continuamente chinarsi agli Usa come il recente acquisto di 30 inutili e costosi F35 da parte dell'Italia?
come non capire le critiche alla Germania dagli Usa per il gasdotto dalla russia e la contemporanea proposta di Trump di riammettere la Russia nel G7/8

sintetizzo:
i russi cercano di riaffermare il ruolo ruolo di superpotenza indipendente
gli Usa sono i soliti cazzari e ballisti in declino economico e sociale
e noi europei senza alcun leader siamo come un cagnolino che abbaia fastidioso mentre a causa sempre degli Usa stiamo diventano un centro onlus per l'africa

ma scusate abbiamo fatto questa europa solo per avere sta cosa che si chiama euro e non abbiamo: frontiere, esercito, un leader, politica di difesa comune, politica economica!
 

marofib

Forumer storico
ma roba da matti, non conosce nemmeno da chi e' composta la nato :D

Trump ha dichiarato che "La Nato non è mai stata così forte come oggi", compiendo poi una gaffe con lo stesso finlandese: Trump gli ricorda il bel vertice trascorso insieme, circostanza improbabile dato che la Finlandia non fa parte dell'Alleanza atlantica.
 

tontolina

Forumer storico
grave accusa di Putin contro un partito americano che spaccia menzogne
Vladimir Putin: Voglio il dialogo, un'Europa forte, ma chi sono coloro che lo impediscono?
 

Users who are viewing this thread

Alto