Figurativo vs astratto. Come si crea, come si "legge" (1 Viewer)

HollyFabius

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Penultimo esempio: opera del '87, quadrata (sinistra luce solare, destra luce nera) 90x90cm
Qui lo sviluppo è evidente dall'alto verso il basso.

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baleng

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Penultimo esempio: opera del '87, quadrata (sinistra luce solare, destra luce nera) 90x90cm
Qui lo sviluppo è evidente dall'alto verso il basso.

Vedi l'allegato 387973
Forse in questi casi potremmo dire che vi è una sovrapposizione tra struttura centripeta/centrifuga e struttura dall'alto in basso, e infatti si crea come una trasparenza, una quinta terrestre dietro la quale avvengono i miracoli del cosmo.
Infatti la verticalità richiama sempre la presenza delle terrestri forze di gravità, come è evidente in quelle parti fisiche che più sono evolute, nell'uomo, attraverso il suo incarnarsi nella terra (ugualmente nell'ontogenesi dal bimbo all'adulto), vale a dire negli arti, braccia e gambe, caratterizzati da sviluppo in lunghezza, con cui l'uomo reagisce al peso e si muove nel mondo in risposta alle forze centripete della gravità.
Ma anche negli alberi ecc la verticalità è in risposta alle forze opposte gravitazionali.
 

baleng

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(continua)

Similmente alla pittura geometrica, anche la pittura di tessitura (tipo Tobey o Tancredi, e poi mille) si pone sul piano bidimensionale, ma senza alcun riferimento centripeto/centrifugo. Potremmo però dire che tale pittura si rivolge alla superficie del quadro come ad una pelle, e dunque non vuole guidare lo spettatore in alcuna direzione, ma lasciarlo libero di godere della trama, dello speciale effetto nel suo ripetersi sempre [quasi] eguale.

(continua)
 

HollyFabius

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Giustino ha gentilmente anticipato alcune osservazioni (grazie), soprattutto quando ha parlato di geometria. E' infatti evidente che lavori come quello di Delaunay o di Mondrian (superfluo postare esempi) sono creati tenendo ben presente le regole, le caratteristiche e il modo di operare della geometria, in particolare i disegni della geometria bidimensionale (non dei solidi, cioè, per i quali comunque si usano delle convenzioni che negli anni 60/70 vari autori si incaponirono a contestare).
Quello che non è subito evidente è che tale modo di operare ha come principalissimo modello operativo ... la testa, in certo modo corrispondendo al disegno/ritratto della sola testa. Nella testa il cervello sta, galleggia senza subire le offese della gravità; la testa ha come modello di esistenza le forze cosmiche, è tondeggiante come i pianeti, come le stelle ... sta nello spazio estranea all'esperienza triste del peso. Molta pittura astratta, quasi tutta quella geometrizzante, ha come riferimento l'esistenza del capo, come staccata da quella dei sentimenti e del corpo fisico. Essa sarà dunque in gran parte costruita secondo il modello del Delaunay citato, o di quanto dichiarato da Giustino.
Si è pure dato il caso di una pittura di questo tipo che però cercava di esprimere un certo sentire, e fu detta Astrattismo Lirico. Nel quale con colori, rotture di forme e altro (spesso comunque con il ritorno di una certa figurazione rientrata dalla porta di servizio, come in Klee, Marc, Licini) si cerca di recuperare, se non la fisicità terrestre, quantomeno il sentimento e la sua espressione emotiva da uomo a uomo.
Un passo ulteriore verso la fisicità lo fa la pittura di gesto, l'astrattismo, quasi mai completo, però, di Cobra (persino Jorn partiva dal caos ma poi lo organizzava intorno a forme almeno subconsciamente riconoscibili), e dall'altra parte Pollock, e Mathieu, ben più liberi dalla figurazione. Come diretta conseguenza viene a mancare ogni attenzione verso l'elemento luce nel quadro. Siamo sempre in una costruzione centripeta/centrifuga, solo che i pensieri geometrici hanno lasciato il posto al lavoro sporco della mente, al capo che cerca di recuperare il corpo perduto (cosa evidente poi a livello addirittura sociale per tutti gli anni 60/70, con il Living Theatre, gli happenings ecc). In questa ricerca del corpo taluno crede di potersi aiutare con sostanze stupefacenti: ma queste lo respingono verso il cervello, verso un loop di immagini bidimensionali non più meditative, cioè attive, ma, ahimè, indotte. Tutta la cultura visiva degli ultimi 50 anni è minata nel profondo da questo ricorso alle "facilitazioni" dei moderni paradisi artificiali.
A chi obiettasse che la cosa ha origini antiche, l'assenzio della Belle Epoque ecc ecc, devo rispondere che allora l'essere umano era strutturatissimo, quasi rigido, tanto da abbisognare volentieri di una spintarella per muoversi, mentre oggi solo pochi rari personaggi sono così "solidi" da potersi permettere l'aiutino senza crollare nella regressione artistica.

(continua)
Non so se sia una analisi corretta.
Molto astrattismo degli anni '60 e '70 aveva delle finalità ben precise e derivate (per esempio) dagli studi di ottica o dalla psicologia della gestalt. Non ha senso nell'analizzare le ragioni del fare arte di questi artisti iniziare dall'osservazione (o fermarsi all'osservazione) della relazione tra forma/colore e occhio. Anche la relazione testa/corpo la pongo qui come una osservazione di relazioni di forme.
Le opere di Biasi per citare un esempio progettano una dinamica osservativa basata sull'interazione tra la posizione dell'osservatore e l'opera. Le opere interattive e in movimento del MID offrono uno spazio di riflessione sul comportamento della luce e sull'inganno dell'occhio, l'opera ha una natura progettuale libera, e va compresa liberandosi del semplice binomio forma o colore.
Il punto penso che sia un qualcosa che già in passato hai individuato con la volontà o la necessità per questi artisti (e anche per Giustino credo che sia così e lui potrà confermare o meno) di porsi dei problemi e di risolversi. I problemi però non sono solo quelli della estetica classica, ma vengono arricchiti di elementi offerti più dalla mente e dallo spazio riflessivo che dalla realtà osservativa immediata.
 

baleng

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Non so se sia una analisi corretta.
Molto astrattismo degli anni '60 e '70 aveva delle finalità ben precise e derivate (per esempio) dagli studi di ottica o dalla psicologia della gestalt. Non ha senso nell'analizzare le ragioni del fare arte di questi artisti iniziare dall'osservazione (o fermarsi all'osservazione) della relazione tra forma/colore e occhio. Le opere di Biasi per citare un esempio progettano una dinamica osservativa basata sull'interazione tra la posizione dell'osservatore e l'opera. Le opere interattive e in movimento del MID offrono uno spazio di riflessione sul comportamento della luce e sull'inganno dell'occhio, l'opera ha una natura progettuale libera, e va compresa liberandosi del semplice binomio forma o colore.
Il punto penso che sia un qualcosa che già in passato hai individuato con la volontà o la necessità per questi artisti (e anche per Giustino credo che sia così e lui potrà confermare o meno) di porsi dei problemi e di risolversi. I problemi però non sono solo quelli della estetica classica, ma vengono arricchiti di elementi offerti più dalla mente e dallo spazio riflessivo che dalla realtà osservativa immediata.
In effetti io ignoro deliberatamente le finalità e molti aspetti storici per concentrarmi sulla funzionalità, in questo caso il modo con cui l'artista guida l'occhio dello spettatore. Gli esempi che tu porti (Biasi, MID) confermano che l'interesse dell'artista è qui non guidare, ma solleticare l'occhio nella speranza che questo porti poi il pensiero dello spettatore a non so che riflessioni. L'occhio, l'occhio nel suo funzionamento fisico, eventualmente collegato con un pensare posteriore (al massimo si arriva, come anche nelle tue parole, al punto che vengono arricchiti di elementi offerti più dalla mente e dallo spazio riflessivo che dalla realtà osservativa immediata ). A mio parere qui i problemi vengono posti in maniera cerebrale e non risolti, come un rumore improvviso che ti sveglia nella notte, ma poi nessuno ti dice nulla. Chi è? Silenzio.
Comunque, certamente si pone il quesito di quali regole di lettura siano valide oggi, per esempio nell'arte concettuale.

Sembra una gara tra threads :ciapet:


PS ricordiamo anche che questo 3d si intitola
Figurativo vs astratto. Come si crea, come si "legge"
e magari darà anche nuovi stimoli per altri campi, ma sarebbe anche bello riuscire a sviscerare con sufficiente certezza qualcosa nell'ambito limitato che si era proposto. Che non esclude affatto ampliamenti, solo limitarli un poco, per non disperderci.
 
Ultima modifica:

giustino

Art is looking for you
Non so se sia una analisi corretta.
Molto astrattismo degli anni '60 e '70 aveva delle finalità ben precise e derivate (per esempio) dagli studi di ottica o dalla psicologia della gestalt. Non ha senso nell'analizzare le ragioni del fare arte di questi artisti iniziare dall'osservazione (o fermarsi all'osservazione) della relazione tra forma/colore e occhio. Anche la relazione testa/corpo la pongo qui come una osservazione di relazioni di forme.
Le opere di Biasi per citare un esempio progettano una dinamica osservativa basata sull'interazione tra la posizione dell'osservatore e l'opera. Le opere interattive e in movimento del MID offrono uno spazio di riflessione sul comportamento della luce e sull'inganno dell'occhio, l'opera ha una natura progettuale libera, e va compresa liberandosi del semplice binomio forma o colore.
Il punto penso che sia un qualcosa che già in passato hai individuato con la volontà o la necessità per questi artisti (e anche per Giustino credo che sia così e lui potrà confermare o meno) di porsi dei problemi e di risolversi. I problemi però non sono solo quelli della estetica classica, ma vengono arricchiti di elementi offerti più dalla mente e dallo spazio riflessivo che dalla realtà osservativa immediata.

:clap:
Per me il problema era quello di scoprire la relazione fra casualità e intenzionalità. Per esempio quale relazione intercorre fra una macchia di colore che cade involontariamente sulla tela e lo spazio geometrico della tela stessa a forma di rettangolo o di quadrato.

Questo per indagare che fra eventi anche molto lontani fra loro, sia nello spazio che nel tempo, esiste sempre una relazione e che ogni gesto, pensiero che formuliamo ha un impatto molto più grande di quanto possiamo immaginare.
 

baleng

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Tre quadri di Afro Basaldella. Mi chiedo come indirizzi la mia attenzione di lettore (e anche, secondo quanto ha ricordato Fabius, quali problemi si ponga e magari risolva).
Ipotizzo.
Intanto, direi che l'artista "sceglie" un pezzo di mondo, di un certo mondo colorato.L'opera si può tranquillamente visionare da sinistra a destra, come un messaggio. Il problema posto è quello di vivere una calma tensione tra questi elementi combinati: superfici, linee, tonalità di colore (chiari, scuri, brillante, non brillante ...), qualità dei contorni, senza alcun riferimento ad oggetti reali (almeno non più riconoscibile ...). Perciò, a dispetto dell'apparente scelta casuale, si tratta di un opera con grande forza centripeta, posta comunque principalmente su una linea orizzontale, come se uno "spiedo" infilasse a metà del quadro le forme e le tenesse sospese in equilibrio. Questo effetto viene ottenuto riservando le campiture di maggior superficie alla periferia e invece aumentando la concentrazione di segni nella parte centrale (più o meno).
Però, attenzione, quello che ho scritto in grassetto è estremamente generico, vale per moltissima pittura di ogni secolo (e infatti Afro ha un atteggiamento da "classico"): l'aspetto nuovo è l'estrema concentrazione di queste problematiche, che si sovrappongono l'una sull'altra, così che colore pulito vs sporco coincide con campitura piccola vs grande e contemporaneamente con contorni netti vs contorni vaghi ecc., il tutto senza la guida dell'oggetto riconoscibile.
Da qui la forza meditativa della pittura di Afro, che senza più l'impaccio del riconoscimento ci invita a tornare più volte sulla stessa superficie, provando addirittura piacere nell'analizzare la materia pittorica ed imitando nel nostro inconscio una gestualità controllata, composta, musicale.
 

HollyFabius

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<CUT>
Tre quadri di Afro Basaldella. Mi chiedo come indirizzi la mia attenzione di lettore (e anche, secondo quanto ha ricordato Fabius, quali problemi si ponga e magari risolva).
Ipotizzo.
Intanto, direi che l'artista "sceglie" un pezzo di mondo, di un certo mondo colorato.L'opera si può tranquillamente visionare da sinistra a destra, come un messaggio. Il problema posto è quello di vivere una calma tensione tra questi elementi combinati: superfici, linee, tonalità di colore (chiari, scuri, brillante, non brillante ...), qualità dei contorni, senza alcun riferimento ad oggetti reali (almeno non più riconoscibile ...). Perciò, a dispetto dell'apparente scelta casuale, si tratta di un opera con grande forza centripeta, posta comunque principalmente su una linea orizzontale, come se uno "spiedo" infilasse a metà del quadro le forme e le tenesse sospese in equilibrio. Questo effetto viene ottenuto riservando le campiture di maggior superficie alla periferia e invece aumentando la concentrazione di segni nella parte centrale (più o meno).
Però, attenzione, quello che ho scritto in grassetto è estremamente generico, vale per moltissima pittura di ogni secolo (e infatti Afro ha un atteggiamento da "classico"): l'aspetto nuovo è l'estrema concentrazione di queste problematiche, che si sovrappongono l'una sull'altra, così che colore pulito vs sporco coincide con campitura piccola vs grande e contemporaneamente con contorni netti vs contorni vaghi ecc., il tutto senza la guida dell'oggetto riconoscibile.
Da qui la forza meditativa della pittura di Afro, che senza più l'impaccio del riconoscimento ci invita a tornare più volte sulla stessa superficie, provando addirittura piacere nell'analizzare la materia pittorica ed imitando nel nostro inconscio una gestualità controllata, composta, musicale.
Ciao Gino, Afro è un artista che gradisco molto e quindi sono felice di fare un commento a questa tua lettura.
Come primo aspetto nella lettura delle sue opere noto che ama i colori caldi, le sue opere (quelle postate ma anche quasi tutte quelle che si trovano sul web) rappresentano una vera prediligione per i colori a cavallo tra il giallo e il rosso, usando i colori freddi quasi esclusivamente per mitigare nella miscelazione la saturazione dei colori caldi. Nella sua tecnica operativa i colori sono usati insaturi e quindi nelle opere che hai postato vi è una forte contrapposizione tra la tecnica e il materiale, nella tecnica vi è un uso congiunto del pennello e di un attrezzo 'grossolano' quale la spatola mentre nella scelta dei colori vi è sempre una miscelazione preventiva prima della stesura. Per equilibrare le masse colorate calde usava principalmente il nero e questo rappresenta una sua relazione con le problematiche di luce e oscurità di evidente riflessione sulle tematiche care a Goethe.
Per capire a fondo il suo percorso e aggiungere qualche ulteriore elemento analitico pubblico quattro sue opere in ordine temporale.
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Afro_51_giardinod_infanzia72-144-650-500-100.jpg
Afro_60_Serpi72-164-650-500-100.jpg
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Dove diviene chiaro che il percorso psicologico della sua ricerca stilistica parte da una esperienza figurativa forte e legate sempre ai colori caldi e alla interazione con la luce e il buio, si trasforma in una interrogazione sulla natura della forma liberandosi del vincolo rappresentativo prima avvicinandosi a forme quasi cubiste o futuriste, poi a forme astratte diradate con vicinanza a burri per poi tornare ad esplorare la forma irrigidendo i contorni formali e riavvicinandosi ad una figurazione.
La costante delle sue opere è rimasta l'uso di certe tonalità di colore in contrasto con il nero (con raramente uso di colori freddi ma molto tenui), la ricerca del contrasto luce/ombra, l'impiego di frequenti velature nella ricerca spaziale.
ps: si nota anche un desiderio classico di equilibrio del disegno ponendolo quasi sempre al centro dell'opera e con una ordinata rappresentazione di primo piano e sfondo.
 

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