Figurativo vs astratto. Come si crea, come si "legge" (1 Viewer)

HollyFabius

Nuovo forumer
(continua)

Dunque l'esperienza e l'osservazione suggeriscono che il pittore, il quale riproduca in qualche modo la realtà, anche modificandola di molto, tende sempre a partire da un centro di importanza, un centro di energia, potremmo dire, proiettando però le proprie percezioni umane su tutto il visibile.
Perciò inizierà dall'alto, come se fosse dalla testa, a disegnare sia un palo in cemento che una casa, e anche un albero, nel quale invece l'energia parte dal basso..
Inoltre, nel caso della figura umana, egli tenderà a disegnare prima il tronco e le parti più grosse rispetto, per esempio, alle mani o ai piedi, cioè dal centro alla periferia. Nel caso degli alberi, invece, non è infrequente il caso che il pittore schizzi la massa delle foglie, che magari nascondono i rami, prima di questi ultimi, che ne sono la struttura sottostante.
Abbreviare il tempo di attenzione relativo a parti come arti o rami può produrre, sia detto di passaggio, un senso di maggiore leggerezza nel disegno.

Però ora chiediamoci: come si organizza psicologicamente il lavoro di chi crea un quadro astratto? Pertirà da un centro di movimento energetico o tratterà la superficie come quando si disegna un minerale senza una dimensione predominante, cioè con scelte ad libitum?
Ovviamente, l'ideale sarebbe che i pittori che leggono qui partecipassero indicando la loro esperienza. Io voglio per ora solo far presente che il punto di partenza del nostro astrattista probabilmente non sarà legato a fenomeni naturali ma a scelte personali. Sarà allora compito nuovo dell'astrattista non solo dare delle forme (nel caso del figurativo sono le forme stesse ad organizzare la "lettura": per esempio due persone in primo piano e alberi sullo sfondo, più cielo, sole ecc, l'osservatore partirà allora dal capo delle due figure, poi scendendo, poi risollevandosi alla cima degli alberi ecc.), ma a guidare il percorso dell'osservatore in modo che le proprie intenzioni vengano percepite al meglio.

(continua)

Mi ero già interrogato su questa tua interessante osservazione della nascita dell'opera nella direzione psicologica naturale umana, credo che sia una osservazione corretta nella stragrande maggioranza dei casi ma non nel caso generale. Porto l'esempio della mia esperienza personale nell'osservazione di come lavorava mio padre.
Esattamente come hai scritto tu pensava e operava quasi sempre dall'alto verso il basso ma non sempre però, per esempio a volte realizzava lo studio dell'opera su un tavolo da lavoro e poi il disegno dell'opera stessa orizzontalmente girando attorno alla stessa (o ruotandola) e non verticalmente sul cavalletto. Anche nel momento di riempimento delle campiture colorate era sua abitudine girare l'opera usando come base uno qualunque dei quatto lati.
Come dicevo questo lo faceva solo alcune volte, per problematiche tecniche facilmente comprensibili e legate ai problemi analitici che si poneva, mentre più spesso la sua procedura operativa partiva dalla tela sul cavalletto e quindi la direzione del pensiero nel disegno alto/basso era più frequente.
Non credo che in generale fosse per lui importante (e penso lo stesso di molto astrattisti) il pensiero alto/basso nello sviluppo del disegno, era una abitudine dovuta ai molti anni di figurativo, ma di fatto nel suo periodo astratto/geometrico era fondamentale non il basso bensì il centro dell'opera e l'equilibrio delle masse colorate si orientava verso l'esterno. Certo però che in molte opere lo sviluppo alto/basso è evidente e cercato. Se può interessarti posso postare degli esempi sia di sviluppo alto/basso che di sviluppo centro/esterno.
 

baleng

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Se prendiamo uno dei primi quadri astratti di Kandinslij

Kandinsky-Studio-per-Composizione-II-1910.jpg


ci accorgiamo che il quadro tanto astratto poi non è, e viene costruito secondo i criteri di un paesaggio.
Vecchia regola è la verticalità della pittura di figure vs l'orizzontalità della pittura di paesaggio.
Si noterà, infatti, che gran parte dei movimenti che fanno i nostri occhi per guardare quest'opera sono tendenzialmente orizzontali, vale a dire, qui, diagonali poco inclinate. Il pittore, non differentemente che i classici pittori di paesaggio (anche se questa è piuttosto una scena), crea davanti a noi uno spazio nel quale figure ed ostacoli determinano il ritmo del nostro muoversi ideale in esso.
A differenza della pittura di figure, che tende ad "inchiodarci" faccia al personaggio, il quale in certo senso viene verso di noi, nel paesaggio siamo noi a muoverci con una certa libertà verso e nel quadro (in questo preciso caso guidati dalle varie diagonali appositamente poste dal pittore).

Potremmo anche dire che la figura ci pone in posizione "critica" sollecitando le forze del distacco, il paesaggio scatena invece le forze della partecipazione, della simpatia. Ciò è solo apparentemente in contraddizione con il fatto che guardando un ritratto o simili noi muoviamo le forze dell'empatia, o addirittura i neuroni specchio. Quest'empatia, infatti, ci porta a far nostre le dinamiche energetiche presenti nel soggetto. Se, nel caso di una bella fanciulla, tradizionalmente queste forze sono "accoglienti", è chiaro che osservare uno storpio, un sapiente o una vecchia malata richiede uno sforzo maggiore proprio per combattere l'istinto che reattivamente ci porterebbe al distacco, al rifiuto.
Vabbè, volevo scrivere dell'astratto ... ma va bene lo stesso.

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baleng

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Mi ero già interrogato su questa tua interessante osservazione della nascita dell'opera nella direzione psicologica naturale umana, credo che sia una osservazione corretta nella stragrande maggioranza dei casi ma non nel caso generale. Porto l'esempio della mia esperienza personale nell'osservazione di come lavorava mio padre.
Esattamente come hai scritto tu pensava e operava quasi sempre dall'alto verso il basso ma non sempre però, per esempio a volte realizzava lo studio dell'opera su un tavolo da lavoro e poi il disegno dell'opera stessa orizzontalmente girando attorno alla stessa (o ruotandola) e non verticalmente sul cavalletto. Anche nel momento di riempimento delle campiture colorate era sua abitudine girare l'opera usando come base uno qualunque dei quatto lati.
Come dicevo questo lo faceva solo alcune volte, per problematiche tecniche facilmente comprensibili e legate ai problemi analitici che si poneva, mentre più spesso la sua procedura operativa partiva dalla tela sul cavalletto e quindi la direzione del pensiero nel disegno alto/basso era più frequente.
Non credo che in generale fosse per lui importante (e penso lo stesso di molto astrattisti) il pensiero alto/basso nello sviluppo del disegno, era una abitudine dovuta ai molti anni di figurativo, ma di fatto nel suo periodo astratto/geometrico era fondamentale non il basso bensì il centro dell'opera e l'equilibrio delle masse colorate si orientava verso l'esterno. Certo però che in molte opere lo sviluppo alto/basso è evidente e cercato. Se può interessarti posso postare degli esempi sia di sviluppo alto/basso che di sviluppo centro/esterno.
Curioso, si scriveva in contemporanea :)

Davo per scontato, sì, che il discorso funzionasse in molti casi, ma avesse le sue brave eccezioni. E comunque per l'astratto le cose dovrebbero cambiare, ma ci devo pensare ancora su per non scrivere cavolate.
Se posterai gli esempi, potrò commentarli meglio solo dopo aver cercato di capire gli altri criteri di costruzione astratta (qui il Kandinskij era praticamente un figurativo, ma serviva da introduzione).
 

baleng

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Quest'opera di Robert Delaunay

images


al di là di ogni altra osservazione di tipo storico, artistico, mistico ecc., mi interessa ora perché appare evidente come l'autore non parta dall'alto, né crei spazi terrestri, ma eventualmente suggerisca movimenti cosmici. Non è comunque questo il punto, quanto capire quale sia stata la direzione dell'operare nell'autore e quali direzioni volesse egli indurre all'occhio dello spettatore.
Qui facilmente deduciamo che si tratta di un movimento centripeto/centrifugo, eventualmente rotatorio. Esso non ha nulla a che fare con l'"antipatia" indotta da un personaggio, ma nemmeno con la "simpatia" e accoglienza di un paesaggio. Si tratta di altra cosa (credo valga anche per i lavori del padre di @HollyFabius poc'anzi citati). Il tutto si svolge su di un piano frontale, cosicché né neuroni specchio, né fantasie di movimento possono venire stimolati. In pratica siamo portati ad una contemplazione di rapporti bidimensionali di forme e di colori, cioè ad una meditazione. Magari un bambino ci troverà altro, e godrà di quella dolce luminosità, almeno sino al giorno in cui scoprirà di potervi lanciare le freccette :clap: . Ma l'adulto, proprio come l'artista, pur ignorando il fatto che nella progressione meditativa le dimensioni si riducono invece di aumentare di numero (ma Delaunay lo sapeva), si metterà comunque in stato di contemplazione>meditazione. E a questo lo avrà indotto proprio l'artista stesso.

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giustino

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Dunque l'esperienza e l'osservazione suggeriscono che il pittore, il quale riproduca in qualche modo la realtà, anche modificandola di molto, tende sempre a partire da un centro di importanza, un centro di energia, potremmo dire, proiettando però le proprie percezioni umane su tutto il visibile.
Perciò inizierà dall'alto, come se fosse dalla testa, a disegnare sia un palo in cemento che una casa, e anche un albero, nel quale invece l'energia parte dal basso..
Inoltre, nel caso della figura umana, egli tenderà a disegnare prima il tronco e le parti più grosse rispetto, per esempio, alle mani o ai piedi, cioè dal centro alla periferia. Nel caso degli alberi, invece, non è infrequente il caso che il pittore schizzi la massa delle foglie, che magari nascondono i rami, prima di questi ultimi, che ne sono la struttura sottostante.
Abbreviare il tempo di attenzione relativo a parti come arti o rami può produrre, sia detto di passaggio, un senso di maggiore leggerezza nel disegno.

Però ora chiediamoci: come si organizza psicologicamente il lavoro di chi crea un quadro astratto? Pertirà da un centro di movimento energetico o tratterà la superficie come quando si disegna un minerale senza una dimensione predominante, cioè con scelte ad libitum?
Ovviamente, l'ideale sarebbe che i pittori che leggono qui partecipassero indicando la loro esperienza. Io voglio per ora solo far presente che il punto di partenza del nostro astrattista probabilmente non sarà legato a fenomeni naturali ma a scelte personali. Sarà allora compito nuovo dell'astrattista non solo dare delle forme (nel caso del figurativo sono le forme stesse ad organizzare la "lettura": per esempio due persone in primo piano e alberi sullo sfondo, più cielo, sole ecc, l'osservatore partirà allora dal capo delle due figure, poi scendendo, poi risollevandosi alla cima degli alberi ecc.), ma a guidare il percorso dell'osservatore in modo che le proprie intenzioni vengano percepite al meglio.

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Personalmente non reputo astratti i quadri che faccio da almeno 30 anni ma quadri che inducono "esperienze",:) tuttavia in una fase precedente quando son passato dal figurativo all'astratto mi sono posto il problema della "relazione" fra le varie componenti del quadro, la tela, il telaio, i segni, il colore, le dimensioni... Si era in piena pittura analitica (1971/72) e per me ogni componente il quadro doveva armonizzarsi con tutte le altre secondo logiche matematiche, geometriche capaci di giustificare perfino le componenti casuali.

Per questo non c'era una zona privilegiata dalla quale iniziare ma tutto era sullo stesso livello, senza gerarchia. Questa è la mia esperienza che in un certo senso mi son portato dietro per tutta la vita in particolare quando son passato ad utilizzare la tela come protagonista principale dell'opera ove l'intreccio fra la trama e l'ordito crea già una geometria e che forzandola, tirandola da una parte e dall'altra, si muove tutta secondo principi intrinsechi alla natura della tela stessa.

Quindi da dove comincio quando faccio un quadro? :mmmm:
Prima di tutto dal predisporre lo stato d'animo, sereno e aperto. Dalla concentrazione della mente e dall'osservazione dei materiali a disposizione e da cosa questi mi suggeriscono.
 
Ultima modifica:

giustino

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Personalmente non reputo astratti i quadri che faccio da almeno 30 anni ma quadri che inducono "esperienze",:) tuttavia in una fase precedente quando son passato dal figurativo all'astratto mi sono posto il problema della "relazione" fra le varie componenti del quadro, la tela, il telaio, i segni, il colore, le dimensioni... Si era in piena pittura analitica (1971/72) e per me ogni componente il quadro doveva armonizzarsi con tutte le altre secondo logiche matematiche, geometriche capaci di giustificare perfino le componenti casuali.

Per questo non c'era una zona privilegiata dalla quale iniziare ma tutto era sullo stesso livello, senza gerarchia. Questa è la mia esperienza che in un certo senso mi son portato dietro per tutta la vita in particolare quando son passato ad utilizzare la tela come protagonista principale dell'opera ove l'intreccio fra la trama e l'ordito crea già una geometria e che forzandola, tirandola da una parte e dall'altra, si muove tutta secondo principi intrinsechi alla natura della tela stessa.

Quindi da dove comincio quando faccio un quadro? :mmmm:
Prima di tutto dal predisporre lo stato d'animo, sereno e aperto. Dalla concentrazione della mente e dall'osservazione dei materiali a disposizione e da cosa questi mi suggeriscono.
Qui sotto un quadro fatto secondo questi criteri

Ad ogni respiro un fiore si schiude cm 100x100-1994

8cap- Ad ogni respiro...i cm  100x100-1994.jpg
 

HollyFabius

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Esempio uno per Gino: opera del '74, a sinistra sotto luce normale, a destra sotto luce nera.
L'esempio è significativo perché verso quegli anni mio padre si orientò verso opere quadrate, più adeguate proprio ad eliminare la direzione di visualizzazione, questa invece è ancora un'opera rettangolare. Come si vede l'opera non ha una base preferenziale, anzi forse è pure fotografata erroneamente. Credo che la firma sia solo sul retro e quindi dovrei girarla per capire quale fosse la base convenzionale.

1974x_264_g_g.jpg
 

HollyFabius

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Secondo esempio per Gino: Opera quadrata, sempre a sinistra sotto luce solare e a destra luce nera, credo 90x90cm.
Anche in questo caso lo sviluppo non ha un lato preferenziale.

1976x_190_g_g.jpg
 

baleng

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Giustino ha gentilmente anticipato alcune osservazioni (grazie), soprattutto quando ha parlato di geometria. E' infatti evidente che lavori come quello di Delaunay o di Mondrian (superfluo postare esempi) sono creati tenendo ben presente le regole, le caratteristiche e il modo di operare della geometria, in particolare i disegni della geometria bidimensionale (non dei solidi, cioè, per i quali comunque si usano delle convenzioni che negli anni 60/70 vari autori si incaponirono a contestare).
Quello che non è subito evidente è che tale modo di operare ha come principalissimo modello operativo ... la testa, in certo modo corrispondendo al disegno/ritratto della sola testa. Nella testa il cervello sta, galleggia senza subire le offese della gravità; la testa ha come modello di esistenza le forze cosmiche, è tondeggiante come i pianeti, come le stelle ... sta nello spazio estranea all'esperienza triste del peso. Molta pittura astratta, quasi tutta quella geometrizzante, ha come riferimento l'esistenza del capo, come staccata da quella dei sentimenti e del corpo fisico. Essa sarà dunque in gran parte costruita secondo il modello del Delaunay citato, o di quanto dichiarato da Giustino.
Si è pure dato il caso di una pittura di questo tipo che però cercava di esprimere un certo sentire, e fu detta Astrattismo Lirico. Nel quale con colori, rotture di forme e altro (spesso comunque con il ritorno di una certa figurazione rientrata dalla porta di servizio, come in Klee, Marc, Licini) si cerca di recuperare, se non la fisicità terrestre, quantomeno il sentimento e la sua espressione emotiva da uomo a uomo.
Un passo ulteriore verso la fisicità lo fa la pittura di gesto, l'astrattismo, quasi mai completo, però, di Cobra (persino Jorn partiva dal caos ma poi lo organizzava intorno a forme almeno subconsciamente riconoscibili), e dall'altra parte Pollock, e Mathieu, ben più liberi dalla figurazione. Come diretta conseguenza viene a mancare ogni attenzione verso l'elemento luce nel quadro. Siamo sempre in una costruzione centripeta/centrifuga, solo che i pensieri geometrici hanno lasciato il posto al lavoro sporco della mente, al capo che cerca di recuperare il corpo perduto (cosa evidente poi a livello addirittura sociale per tutti gli anni 60/70, con il Living Theatre, gli happenings ecc). In questa ricerca del corpo taluno crede di potersi aiutare con sostanze stupefacenti: ma queste lo respingono verso il cervello, verso un loop di immagini bidimensionali non più meditative, cioè attive, ma, ahimè, indotte. Tutta la cultura visiva degli ultimi 50 anni è minata nel profondo da questo ricorso alle "facilitazioni" dei moderni paradisi artificiali.
A chi obiettasse che la cosa ha origini antiche, l'assenzio della Belle Epoque ecc ecc, devo rispondere che allora l'essere umano era strutturatissimo, quasi rigido, tanto da abbisognare volentieri di una spintarella per muoversi, mentre oggi solo pochi rari personaggi sono così "solidi" da potersi permettere l'aiutino senza crollare nella regressione artistica.

(continua)
 

HollyFabius

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Terzo esempio: opera quadrata (destra luce solare, sinistra luce nera) con un evidente sviluppo sopra sotto.
Qui il riferimento simbolico al tramonto è evidente.

1975_161_60x60_g_g.jpg
 

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