Figurativo vs astratto. Come si crea, come si "legge" (1 Viewer)

baleng

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In pratica, volevo distinguere tra l'influenza "diretta", non mediata, che per riflesso mi danno un colore o un suono (percezione zero) dall'influenza dovuta all'identificazione, la quale attiva i N-S., ma anche dal momento attenzionale uno, quando ai colori aggiungo una forma ed un significato. Questo posso farlo, però, con l'aiuto di altri sensi, soprattutto il tatto, che mi fa percepire varie qualità dell'oggetto, ed è funzione che opera in ambito spaziale (qui/là) ma anche propriocettivo (caldo/freddo). Il senso dell'io, nonché l'attività dei N-S, pare invece in relazione soprattutto con il tempo, il tempo interiore.
Ora, guardando un quadro io già rinuncio ad integrarne la conoscenza con il senso del tatto, che non è compreso nelle condizioni del "gioco". Pertanto il riconoscimento delle forme si baserà su dati di memoria. Se vedo un dipinto che rappresenta una cascata riconosco che è una cascata perché ne ho viste, o so che cosa siano. Il quadro mette in moto una serie di operazioni visive, e solo visive, che associo ad una certa esperienza. Se l'esperienza è carente, anche il riconoscimento di quanto rappresentato lo sarà, e ciò vale anche per la fotografia.
Pertanto, riconoscere un soggetto in un quadro (paesaggio, figura ecc.) somiglia molto ad un indovinello. Facile un tempo, molto più compesso oggi.
 
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Livello zero: sento un rumore simile allo scrosciare dell'acqua, ho stimolo ad orinare, vado in bagno. Un semplice riflesso.
Livello uno: "vedo" la cascata, posso anche girarle intorno, bagnarmi con gli spruzzi. Mi inquadro nella situazione, il che è fondamentale a livello di sopravvivenza. E' un'azione che compie anche l'animale. Il livello zero intanto continua ad agire.
N-S : la cascata di per sé non li attiva, ma essi sono già pronti e, in certo senso, desiderosi di funzionare.
Mentre dormo il livello zero forse continua a funzionare (percezioni auditive), ma con risposte un po' meno immediate. La funzione dei N-S non pare attiva, però in parte si trasferisce nell'attività del sogno.
 

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Infine, eccomi davanti al quadro. E' il 1830, cerco di capire che cosa "rappresenta" il quadro. E' un semplice paesaggio: non faccio dunque la fatica di attivare i N-S, ma solo riattivo la memoria. Attività che dev'essere più comoda, perché per secoli il paesaggio è stato un genere secondario, complementare, evidentemente stimato di meno in quanto attivava di meno lo spettatore. Solo che ormai, nell'800, il paesaggio è sdoganato. Certo, non attiva nessuna identificazione, è come un passo indietro rispetto alla pittura di figure. E come mai viene sdoganato? Perché l'arte si sta allontananando dalla morale. Le figure erano sempre in funzione di una narrazione: religiosa, o storica, o celebrativa. Ma la moderna borghesia comincia a sentire quel processo di identificazione come una fatica, perché sta appunto rafforzando la propria, di individualità. E pretende ormai sempre più di essere libera.
Come il romanzo smette, in tutta Europa, a partire dal regno di Gran Bretagna, di parlare obbligatoriamente di re, principi, personaggi importanti, e ci presenta vite semplici scoprendo che anch'esse possono valere "di per sé"; così in pittura si scopre la natura, la semplice natura, come soggetto che sempre meno richiede una narrazione, ma porta piuttosto lo spettatore ad una contemplazione.
Si inizia con il Pre-Romanticismo, ancora pieno di tensioni, persino di moralità: ma intanto il castoro Constable (ancora l'Inghilterra) stava rosicchiando la diga, e il paesaggio si tranquillizza. Si deve comprendere la differenza con i vedutisti veneziani, il cui scopo era diverso, c'era anche in loro una narrazione "di potere". E comunque eran proprio gli inglesi che li compravano, e portavano con sé non solo la narrazione dei monumenti, ma anche quella delle atmosfere.

Poiché cadono i grandi imperativi morali, inizia ad affermarsi pubblicamente un certo edonismo che non deve più giustificarsi, e non è più riservato alle classi alte (come i quadri di Fragonard e, soprattutto, Boucher). Il processo si sviluppa per tutto l'Ottocento e matura verso la sua fine.

Non che i quadri di figura spariscano. Si arricchiscono anzi di una funzione, cioè l'evocazione di antichi fatti storici (tipicamente: il Medioevo). Oppure ritraggono oltre ai vecchi nobili anche i nuovi borghesi emergenti. Ancora dall'Inghilterra i Preraffaelliti iniziano ad inserire languide inquietudini. Essi attivano i nostri neuroni specchio, ma propongono figure portatrici di misteri, di inquietudini, erotismo ecc. Nel celebrare un mito, ad esempio, lo spostano portandolo ad un livello sottilmente dissacrato. Perché intanto è arrivata la fotografia, che per celebrare i potenti funziona meglio: peraltro presto quasi chiunque verrà fotografato e celebrato nel ricordo delle generazioni successive. E allora l'artista deve distinguersi ... (tra l'altro, vedi un po', non si possono fotografare le scene del Medioevo, occorre proprio ricrearle!)

Come si vede, il processo di progressiva democratizzazione incide profondamente nell'arte pittorica e anche, diciamolo, nell'utilizzo dei N-S. La libertà che guida il popolo di Delacroix, la Zattera della Medusa di Gericault, il Bacio di Hayez usano ancora dei vecchi strumenti, portano l'osservatore ad identificarsi in persone protagoniste di un racconto morale, umano, vicino alla realtà comune molto più di prima, certo, ma con le stesse modalità.
 
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baleng

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Ma i neuroni specchio non si attivano solo su di un soggetto.Si attivano anche sui segni lasciati da un gesto. Perché in natura non si è solo costretti a riconoscere le figure che ci possono portare amore o pericolo. Si pone attenzione anche ai segnali del loro passaggio, rami rotti, orme, movimenti incompresi. Questi segnali trasmettono qualcosa del passato, e insieme aprono ad immaginazioni verso il futuro: sono un segno spaziale che vive di riferimenti temporali (questo si avvicina alla poetica di Tapiès). .Così pian piano anche il gesto dell'artista diviene parte attiva del quadro. Tipicamente gli Impressionisti proprio questo di nuovo hanno proposto, non solo l'uso dei colori in funzione della luce. E certo! la fotografia è priva del gesto dell'artista. Gesto che ora appare liberamente, non viene più "nascosto", la "pennellata", insomma. E anche la firma in bella evidenza (Monet). Così facendo ci si allontana ancora di più dall'arte satura di morale dei secoli precedenti: che morale posso ritrovare in una cosa semplice come un gesto, una pennellata?
Com'è logico nei paesaggi impressionisti i N-S vengono ben poco attivati. E nel caso delle figure l'attivazione c'è, ma essendo la figura trattata con modi che si apparentano molto a quelli del paesaggio, anche per poterla ben inserire nello stesso, l'influenza di queste figure sull'osservatore viene assai ridotta, vira sull'edonistico e lo spettatore trova sempre maggiore libertà e piacere. Non a caso a inizio Novecento alcuni autori, come Kate Kollwitz o Steinlen, che ripropongono una visione morale del mondo, tornano a esprimersi di preferenza con il disegno di figura in bianco-nero, così come in precedenza aveva scelto di fare Daumier: in tal modo richiamano a vita l'antica immedesimazione nel personaggio, che ora non è più un "modello", ma anzi è uno come me, colto nei suoi problemi sociali.

Ora, ricordiamo che il quadro non permette conoscenza piena con l'uso del tatto, permette solo di attivare la memoria. Già, ma quale memoria, se, per esempio, si tratta di un paesaggio ricco di colori forti come mai ci accade di vedere? Beh, il paesaggio dipinto che noi vediamo si confronta proprio con la copia sbiadita che abbiamo in memoria, la arricchisce, la eccita, e i suoi riferimenti non sono più al reale, bensì alla sensorialità dell'osservatore. Anche questo fa parte del processo di democratizzazione: non ti devo più insegnare nulla, caro osservatore, ma solo farti provare piacere. Lasciando da parte i N-S. Che semmai puoi attivare rincorrendo la mia gestualità e lasciandotene influenzare, più come un massaggio che come una lezione, se mi è permesso un paragone del genere.

E gli astratti? Ci stiamo arrivando ...
 
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baleng

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Riassumendo: per tutto l'800l'arte si allontana dai vecchi doveri morali e scopre una forma di edonismo, legata più al paesaggio che alla pittura di figura, e quindi impegnando meno il senso dell'io e le funzioni dei N-S. Dal "buono che è anche bello", si passa al "bello che mi dà piacere". A fine 800 l'Impressionismo dà una svolta alle regole ed apre il vaso di Pandora. Continuano ad esservi correnti che fanno ricorso al senso dell'io, come no? Simbolismo e Metafisica in realtà contano molto anche sull'ambiente e sul mondo del sonno e del sogno, dove abbiamo visto che il senso dell'io, se pur rimane attivo, diviene incontrollabile. Però artisti come Toulose Lautrec, Degas, Renoir continuano a porre in primo piano la figura umana: sarà per questo che quamdo parliamo di Impressionisti a tutta prima intendiamo piuttosto Monet e Pissarro, noti più come paesaggisti (il secondo in realtà disegna anche molte figure, e così Gauguin). In generale, comunque, nella Belle Epoque la figura umana resta importante, adattata, semmai, ad una ambientazione di estrema eleganza. Nelle illustrazioni del periodo, tipicamente quelle commerciali (manifesti,locandine, pubblicità ...) si abbandona la verità della condizione umana (salvo i vari Steinlen o Kollwitz) e si pone l'eleganza come primo valore , anche per le figure umane. Lo stile floreale voleva assimilare pittura e decorazione, ponendo tutto allo stesso livello. Per la figura umana ciò porta ad una perdita di individualità e di individualizzazione: in certo senso queste femmes elégantes si somigliano un po' tutte. Il senso dell'io le percepirà un po' estranee, e infatti molti artisti esplicitamente idealizzano la figura femminile (soprattutto) dandole quella spiritualità un po' ambigua dei Mucha e dei Segantini che le manda "fuori del mondo".

Insomma, già da tempo il N-S lavorano poco ... mentre è aumentato l'impegno per riconoscere gli spazi impersonali: paesaggi, ma anche ambienti decorativi, quasi ... astratti. Però il senso dell'io e i N-S sono assolutamente legati alla gravità. Riconoscere una figura reale significa porsi idealmente al suo fianco in una dimensione dove il peso è ineludibile. Ma proprio questo senso della gravità viene a scarseggiare alla svolta del secolo, quando il decorativismo chiaramente non ne ha bisogno, le figure, abbiamo visto, tendono a divenire più eteree, immagini angeliche si moltiplicano, e persino gente soda come Klinger pone talvolta le sue figure in vortici volteggianti nell'aria.(o nell'acqua, con solido imperativo tedesco del reale). Senza contare le figure volanti di Chagall.
Nel corpo umano tutto pesa, certo, ma il cervello è sospeso nel liquido proprio per non risentire della gravità. Così, una pittura che elimini la gravità finisce per rivolgersi soprattutto al cervello, più che al corpo. Se le immagini perdono i richiami al peso e alla tridimensionalità non si attiva più il senso dell'io, bensì il puro operare del cervello. E la pittura passa da "rappresentativa" (e perciò stesso presumibilmente portatrice di valori morali) a pensata, diviene intellettuale - e per ciò steesso ancor più a-morale.
I pittori astrattisti, da Kandinskij a El Lissitzky, da Delaunay a Magnelli, scopersero una ulteriore dimensione di libertà, eliminando progressivamente del tutto il senso dell'io e l'uso dei N-S dal repertorio dello spettatore. A metà guado, autori come i futuristi, come gli stessi espressionisti, e i cubisti continuavano a riferirsi alla figura, ovvero agli oggetti, come nelle nature morte. Pertanto con loro chi osserva deve comunque attivare la fase di attenzione-uno, quella dell'organizzarsi nello spazio, e spesso anche querlla del riconoscimento dell'io. In quest'ultima, però, se già gli impressionisti avevano assimilato abbastanza la fattura delle figure a quella del paesaggio, cubisti e compagni portano ulteriormente avanti il processo. In pratica per tutto, figure, oggetti, spazio, viene usato un identico procedimento. E l'uso dei N-S diviene sempre più arduo e meno richiesto.
 
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baleng

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Ora, dal punto di vista dell'artista, si capisce bene che l'artista "astratto", che non ti chiede di riconoscere nulla, beh, lui non ti propone affatto di attivare il riconoscimento spaziale basato sulla memoria, e nemmeno il senso dell'io, e quindi rimangono inattivi pure i N-S. Di fronte ad un quadro astratto la memoria non serve! Serve solo l'operatività, che sinora abbiamo tralasciato, dell'osservazione estetica, che è ritmica e non ha nulla a che fare con alcun riconoscimento di cose o persone. Ecco perché chi in un astratto cercasse richiami figurativi commetterebbe un errore. Egli dovrebbe far uso della memoria, e ciò sarebbe solo un intralcio, trattasi di funzione non richiesta.
Il pittore del settecento si adeguava ad un modello esterno, copiando una figura, poi l'osservatore doveva "ri-conoscerla". La qualità del lavoro era data soprattutto da altro (ritmi, colori ecc) ma comunque si passava per quel lavoro là. E il senso della gravità, quello dell'io, le esperienze fisiche contavano, oh se contavano! Tagliando fuori i rapporti con una realtà esterna il pittore astratto ci ha reso inutile l'uso non solo del saper riconoscere, ma persino quello del senso di gravità, della memoria, della narrazione.
Questo spiega perché io mi irriti e rimanga deluso quando mi accorgo che il lavoro che ritenevo astratto è invece un figurativo stravolto, spinto ai limiti, solo parziale, magari, ma sempre da leggersi con memoria e riconoscimento spaziale, cioè in modo diverso (e, per me, meno interessante, perché include elementi inessenziali dal punto di vista artistico, come la narrazione, la morale, o il significato aggiunto).
Sino all'assurdo che esistono lavori che se li guardo come astratti mi piacciono, se li leggo come figurativi assai liberi, diciamo così, non mi interessano più.

In due secoli la pittura si è allontanata dalla morale, eliminando progressivamente (in molti autori) il semplice riconoscimento di uno spazio, o quello di una persona; e i passaggi furono: scene>paesaggio>gesto> alleggerimento>astratto.
Poi, per carità, queste sono solo grandi linee che ignorano volutamente il permanere della figurazione perfino sino ad oggi. Oppure la presenza di molte situazioni intermedie, come per esempio Kupka, Boccioni, Braque.. Magari se ne può discutere a parte.

Infine, potrebbe sembrare che un quadro astratto sia allora al di fuori di ogni morale. E per i contenuti è tendenzialmente così. Ma, come minimo, il quadro astratto è di per sé anche "un ambiente", uno spazio che può influenzarci tramite la percezione-zero, un po' come l'architettura, che agisce su di noi direttamente. @giustino, con il suo marchingegno (antenna di Laffert, se ben ricordo) potrà misurarne l'influenza positiva o negativa. Ma penso che grosso modo, se ci si mantiene poco o punto "inquinati" nella sensibilità, a tutti sia possibile dare una valutazione.
 
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baleng

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Avrei dunque proposto una spiegazione sulle differenze di "lettura" del quadro astratto rispetto a quello 1) figurativo, sia quello 2) senza figure umane che quello 3) che le contiene..

Chiarendo che :
a) ovviamente nei tre casi è sempre presente l'influenza di quello che abbiamo chiamato grado zero, percezione pura e semplice che agisce direttamente con conseguenze non mediate dal cervello, alla stregua di un qualunque elemento ambientale, tipo il caldo o freddo, i suoni e rumori percepiti ed il loro volume, o l'effetto emotivo dei colori.
b) nei quadri privi di figure umane (o assimilabili), ma rappresentanti qualcosa, come paesaggi e nature morte, viene attivato il grado di attenzione Uno. Corrisponde a chiedersi: di che si tratta? Che oggetti sono? Che situazione spaziale è?
c) se sono presenti figure umane o assimilabili (per esempio: statue, animali superiori trattati quasi come persone), allora un ulteriore livello si attiva, quello del senso dell'io che trova l'altro e può applicarvi l'azione dei neuroni-specchio.
d) in un quadro astratto, davvero privo di riferimenti al reale, al tridimensionale, al peso e alle forme che solo la memoria può far riconoscere, in un tale quadro la "lettura" procederà in modo diverso. In particolare: non verrà attivata la memoria perché non c'è nulla da ri-conoscere. Tantomeno si attiveranno i N-S, se non per il piccolo particolare del riconoscimento delle qualità dei gesti impressi: si pensi a Pollock, all'Action Painting, a Mathieu., a Vedova. L'osservatore percepirà indirettamente un io come autore dei gesti. Ugualmente potrà percepire in modo indiretto la mentalità, il carattere di un autore di quadro geometrico: in questo caso l'io si riconosce, peraltro molto indirettamente, nelle scelte del disporre le figure in un modo o nell'altro.

Insomma, quello che viene certamente tagliato fuori nell'approccio ad un astratto è soprattutto l'attivazione della memoria. Molto del rimanente può rientrare in qualche modo dalla finestra.
Insiame alla memoria viene anche asfaltato il rapporto con qualunque senso morale. L'arte astratta nasce edonistica: poi qualcuno ne ha avuto sensi di colpa e ha cercato di infilarvi a viva forza un messaggio, e con esso di nuovo la memoria. Ma la cosa ha il sapore di un'aggiunta artificiale e, appunto, moralistica. Oggi pletore di non-artisti ci scassano le uova pretendendo di sensibilizzarci a qualche problema con l'esibizione di carabattole varie. Qualcuno perdoni loro perché non sanno quello che si fanno.
Perché, a partire dagli anni 60 la Pop-Art ha voluto sostituire la rappresentazione dell'oggetto con l'oggetto stesso. Il contrario dell'astratto. A questo punto lo spettatore non sapeva più quale approccio utilizzare, tanto la visione veniva semplificata ed impoverita. Era come se il moto di ricerca degli occhi rimbalzasse sulle opere come in uno specchio, tornando indietro come raddoppiato. Il tutto poteva funzionare perché lo spettatore veniva "invitato" a guardare impiegando i percorsi dell'estetica, gli stessi dei quadri, quindi facendo uso della memoria. Se non lo avesse fatto, la scatola di Brillo sarebbe stata l'oggetto scatola e nulla più. Per evitare che lo spettatore rifuggisse dall'impegno di metamorfosare intimamente quanto vedeva, alcuni iniziarono a caricare l'opera di contenuti esplicitati in modo estrinseco, come scritte, didascalie, riferimenti a personaggi noti. Ecco quindi che si chiude il cerchio. con questi autori (molti "concettulali" tra di loro) nuovamente il personaggio riconosciuto, non più il re o il vescovo, ma piuttosto Marilyn, Mao o un qualunque guru dell'attualità, torna a proporci un modello da riconoscere (facilmente, a dire il vero). Così il Papa caduto di Cattelan non è altro che una riproposizione del vecchio modo settecentesco di comunicare una morale attivando il senso dell'identificazione, e con esso i N-S.

Poi c' il caso particolare di Gilbert & George, che ripropongono le loro immagini in fotografia assimilandosi il più possibile ad oggetti.Cioè a qualcosa di morto. Lo spettatore viene ad identificarsi con questo orrore, molto peggiore che la morte vera e propria, e subisce una degradazione interiore che pare abbia molto successo, contenti loro.
 

baleng

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Ripensando all'argomento, mi era venuto in mente quanto conti la memoria nell'approccio ad un quadro. Ohimè, avevo dimenticato di avere già affrontato anche questo aspetto, e proprio nei post più recenti..
Pertanto mi riprometto di tornare sul punto dopo 3 anni - e che anni -, ma prima di tutto dovrò rileggermi tutto il 3d, com'è ovvio, sin dai suoi lontani inizi.
Anche per trarne un risultato conciso, un abstract, che possa favorirne la comprensione.
Peraltro, faccio fatica a rileggermi :d::wall:
 

RedArrow

Forumer storico
Posto volutamente qui.
Pochi sanno che il monocromo è stato inventato da Robert Fludd (1574 – 1637), scienziato dai molteplici interessi, anche occulti. Questo infatti era il mondo indistinto prima che Dio creasse le singole parti.

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Questo il testo:

L'autore si spinge oltre, spiegando anche il frazionamento successivo dal tutto/nulla alla luce e alla creazione del mondo così come lo conosciamo.
Ora, a parte la genialità, si osservi che si tratta di astrazione prima che ci arrivassero gli artisti tre secoli dopo. Così possiamo a buon diritto dire che Malevic e tutti gli altri a seguire non hanno inventato niente.
 

baleng

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Ovviamente non ho potuto continuare la revisione del 3d. Ma un punto l'ho raggiunto. Quello che noi chiamiamo figura, o forma, cioè quanto riconosciamo nella figurazione, in realtà trattasi di concetto. Noi cerchiamo concetti, se assiduamente figurativi; la bottiglia il tavolo ecc e vediamo quelli. L'astrattista rifugge dunque da questa esprimersi per concetti/figure e lascia che sia altro ad agire con lo spettatore. Detto per fissare l'idea


Gli algoritmi come Google>immagini funzionano più o meno così: a destra ci sono tanti piccoli ovali > foglie, al centro tratti verticali con sopra due tratti convergenti > case ecc. Poi sulla base di queste definizioni, che sono linguistiche, e di altre di tipo credo diverso (colore ecc), ricercano nella rete.
Dico questo perché tale particolare conferma la mia idea che nella pittura figurativa noi non cerchiamo un "oggetto", o più "oggetti", ma cerchiamo di riconoscere un oggetto in quanto concetto. Bicchiere, tavolo, albero ... non "vediamo" affatto questi oggetti, bensì riconosciamo attraverso forme e colori i concetti che abbiamo in testa in quanto derivati da esperienze precedenti. E dunque, attenzione, poiché si arriva al concetto, alla definizione, e in tal modo ci si appoggia ad una lingua tra le altre, così che non vedremo quel coso con cui si beve il vino, bensì il concetto di bicchiere/ vaso (sp)/ verre (fr)/ trinkglas (ted) ecc. ) a seconda della lingua con cui lo pensiamo. In lingue diverse parole diverse, che non solo designano in modo un po' differente, ma anche hanno una disposizione semantica altra, nell'insieme del linguaggio, rispetto alle rispettive lingue.
Basti pensare al francese jaune d'oeuf e l'italiano rosso d'uovo. Per il medesimo tuorlo, magari. Ma anche, nell'esempio precedente, trinkglas unisce l'idea del vetro, della trasparenza, a quella del bere, cosa che bicchiere di per sé non fa, o fa in modo diverso.
 
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