EURO: solo i microcefali non capiscono ancora (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Bagnai: inutile svalutare l’euro e avere un Patto di stabilità più flessibile

Pubblicato il 25 giugno 2014, ore 09:36. Ultimo aggiornamento 25 giugno 2014 , ore 23:39
Il Prof Alberto Bagnai smentisce quanti chiedono di svalutare l'euro o di indebolire il Patto di stabilità per risolvere la crisi dei Piigs. La vera soluzione sarebbe un'altra.





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Mentre il governo Renzi imbraccia con la Germania della cancelliera Angela Merkel un duro confronto per giungere all’allentamento dei parametri europei sul deficit, diversi analisti, economisti e semplici osservatori continuano a sostenere che la soluzione alla crisi dell’euro sarebbe la svalutazione della moneta unica, nell’ordine di almeno il 20%. Grazie ad essa, spiegano, paesi come l’Italia, le cui esportazioni sono sensibili al prezzo, beneficerebbero della misura, migliorando la propria bilancia commerciale e aumentando il reddito.

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Ma il Professore Alberto Bagnai, noto critico dell’euro, non la pensa assolutamente così e, anzi, dimostra con una semplice analisi come l’una e l’altra misura sarebbe una non soluzione per l’Italia.

Vediamo perché.
L’Italia commercia essenzialmente con i paesi dell’Eurozona, come Germania, Francia, Austria, etc. Se l’euro fosse svalutato contro le altre valute, non vi sarebbe alcun cambiamento nel rapporto di import-export all’interno dell’Eurozona.

Al contrario, gli studi dimostrano come le importazioni italiane seguano moltofedelmente il nostro reddito. Ciò significa che se l’Italia dovesse esportare qualcosa in più verso le economie esterne all’Area Euro (USA, Giappone, Brics, etc.), grazie a un tasso di cambio dell’euro più debole, il maggiore reddito derivante dall’incremento del nostro export farebbe lievitare, con ogni probabilità, la nostra domanda di beni e servizi provenienti dal resto dell’Eurozona.
In sostanza, la maggiore ricchezza italiana prenderebbe quasi subito le vie della Germania, della Francia e degli altri paesi dell’unione monetaria, comportando una posizione netta dell’Italia quasi invariata rispetto a prima. Dalle simulazioni di Bagnai, quindi, dovremmo supporre che la svalutazione dell’euro stimolerebbe di meno le esportazioni del Nord Europa e/o che l’elasticità delle importazioni tedesche dal resto dell’Eurozona ai redditi in Germania sarebbe inferiore alla nostra.
La dimostrazione che tale analisi non sia ardita la si ha dall’andamento delle partite correnti italiane dal 1997, anno dell’aggancio della lira all’ECU prima e all’euro dopo. A fronte di ampie oscillazioni del tasso di cambio tra l’euro e il dollaro (ma anche verso altre valute), il saldo del nostro paese – che registra l’import-export di merci e capitali – è andato peggiorando quasi costantemente, senza risentire granché delle variazioni esterne all’Area Euro.
Per Bagnai, la stessa cosa accadrebbe indebolendo il Patto di stabilità: una maggiore spesa pubblica italiana aumenterebbe la domanda interna, ma alimenterebbe le importazioni di merci stranieri, peggiorando la posizione netta del nostro paese.

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Pertanto, secondo il Prof, la soluzione non è la svalutazione dell’euro, né chiedere parametri europei più flessibili, quanto riconsiderare i tassi di cambio nominali interni all’Area Euro, ossia tra centro e periferia. In più, dovrebbe essere il Nord Europa (Germania) ad espandere la sua spesa pubblica in modo drastico, perché tale shock fiscale porterebbe a un aumento dei redditi tedeschi, stimolando le esportazioni delle merci italiane e del resto del Sud Europa.
La lucida analisi di Bagnai smentisce, quindi, i fautori delle soluzioni facili pro-svalutazione. Il problema dell’euro è la natura stessa dei suoi cambi fissi e definitivi all’interno dell’unione monetaria. O si rivedono questi o si costringe la Germania a fare più spesa pubblica. Sarà certamente una missione impossibile sia l’una che l’altra richiesta.

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tontolina

Forumer storico
Eur/Usd: perché la moneta unica non riesce ad indebolirsi ?


per tre ragioni principali.
Surplus della bilancia commerciale.
In primis c’è il surplus della bilancia commerciale, che ormai non riguarda più soltanto la Germania (che tra l’altro ha un avanzo primario record). Anche i Piigs (ovvero termine utilizzato da giornalisti economici, per lo più di lingua inglese, per riferirsi a diversi Paesi dell'Unione europea, in particolare Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, le cui iniziali formano l'acronimo in questione) stanno registrando surplus significativi, complice il fatto che la domanda domestica è costantemente ferma al palo: si importano sempre meno merci straniere, visto che i redditi disponibili sono in continuo calo. Siccome l’eurozona esporta molto più di quello che importa, il surplus commerciale che ne scaturisce crea una forte domanda di euro.

Boom di flussi di capitali esteri.
Il secondo motivo alla base della tenuta della moneta unica sul dollaro è il boom dei flussi di capitali esteri verso l’area euro, di gran lunga superiori ai deflussi. Ciò avviene perché, in uno scenario di mercato con tassi a zero un po’ dappertutto, gli investitori si stanno lanciando a mani basse sugli asset denominati in euro che ancora riescono a offrire rendimenti dignitosi al netto dell’inflazione.


Prezzi al consumo.
Il terzo motivo ci porta proprio alle dinamiche dei prezzi al consumo, che continuano a diminuire pericolosamente tanto da aver spinto la BCE ad agire in modo aggressivo. A giugno l’inflazione dell’eurozona si è attestata allo 0,5%, circa un terzo in meno di quella calcolata negli Stai Uniti. Il dato è rimasto invariato rispetto al mese precedente e deriva da un aumento dei prezzi del settore dei servizi (+1,3%) compensato da un modesto rialzo dell'energia (+0,1%), da prezzi invariati per i beni industriali, esclusa l'energia, e da una flessione di alimentazione, bevande alcoliche e tabacchi. Mentre nel Vecchio Continente l’inflazione tende verso lo zero, con rischi di deflazione, dall’altra parte dell’oceano la prima potenza economica del pianeta sta sperimentando un trend leggermente crescente che vede i prezzi al consumo puntare verso il target del 2%. Le dinamiche relative alle basse aspettative di inflazione sostengono così l’euro, che almeno per ora si sta dimostrando un vero osso duro non facile da indebolire soltanto attraverso la politica monetaria della BCE. Ora tocca ai governi nazionali fare la loro parte, altrimenti l’eurozona rischia una lunga e snervante fase di stagnazione economica senza alcuna via d’uscita.
Questi sono i motivi principali inerenti al persistente rialzo della coppia euro – dollaro dal luglio del 2012.



Dal 5 giugno, i primi due fattori a favore dell’EUR sono soggetti a un nuovo orientamento monetario, derivante dal pacchetto aggiuntivo di stimoli della BCE. Il pesante pacchetto non mira solo ad aumentare la liquidità, ma anche a spingerla verso l’economia reale attraverso le TLTRO. Queste misure faranno ovviamente lievitare il bilancio della BCE e dovrebbero far aumentare il moltiplicatore di moneta, risollevando, in teoria, le dinamiche inflattive.
Anche se dal 13 giugno prevalgono i corti nelle posizioni nette sull’euro, la debolezza dell’eurodollaro non è ancora su un percorso programmato. Gli operatori dovrebbero fare attenzione ai dati economici negli USA (e al tono della Fed) e alle dinamiche inflattive nell’Eurozona.
L’obiettivo principale della Bce è assicurare la stabilità dei prezzi. A questo punto, la banca centrale vuole mettere insieme tutti gli strumenti a disposizione per far salire l’inflazione verso l’obiettivo del 2%. Ciò nonostante, Draghi non può salvare l’Eurozona da solo, l’efficienza degli interventi della BCE dipende dalla preziosa collaborazione dei governi europei. Come ha detto Draghi, il consolidamento fiscale dovrebbe avvenire in modo che sia consono alla crescita. È fuori discussione che l’attuale consolidamento fiscale nei paesi periferici dell’Eurozona è troppo rigido perché possa stimolare la domanda interna (e quindi l’inflazione). Detto ciò, in un’ottica di medio-lungo termine, manteniamo la nostra impostazione ribassista sull’EUR/USD, anche se non sottovalutiamo l’euro-dollaro nell’immediato.

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tontolina

Forumer storico
Economia, la Gran Bretagna vola grazie anche al rifiuto del patto di stabilità

Pubblicato in TROIKA&LOBBY da L'Euroscettico il 28 luglio, 2014


Nonostante negli ultimi tempi si stia assistendo in modo incessante al continuo ripetere, quasi fosse un mantra, del successo dell’euro ci sono dati ufficiali a smentirlo seccamente. Ultimo esempio in ordine di tempo è la Gran Bretagna.


In base ai dati dell’ufficio nazionale di statistica la Gran Bretagna ha visto la sua economia crescere ancora nel secondo trimestre del 2014, toccando così livelli del 2008 ed inoltre il pil è salito del 3.1% su base annua. E come se non bastasse Londra rappresenta una spinta fondamentale anche nel G7 dato che secondo le stime del Fmi ha visto incrementare le proprie stime di crescita dal 2.8% al 3.2%, obiettivo migliore anche di quello della Germania ed Usa, seconda solo alla Cina.


Da ricordare che la Gran Bretagna è si un paese membro dell’unione europea ma ha rifiutato l’euro come moneta, con tutti i vantaggi che ne derivano. Il Governo di Cameron può così esultare “È stato tutto possibile grazie al duro lavoro dei britannici, oggi abbiamo raggiunto un risultato fondamentale nel nostro piano economico di lungo termine”.
Uno dei settori che sta trascinando al successo gli inglesi è quello dei servizi che rappresenta la gran parte dell’economia nazionale. Secondo la Bank of england i dati positivi potrebbero spingere verso un rialzo dei tassi di interesse ma prima bisogna effettuare uno studio di settore per capire come mai nonostante la crescita, i salari continuano a non salire.


Questo quadro di successo ci fa capire la lungimiranza del Governo britannico che non solo non ha accettato di entrare nell’euro ma ha anche rifiutato il patto di stabilità, rinunciando così ad obbligare i propri cittadini a tutte le manovre lacrime e sangue che stanno portando l’Italia ma non solo sul collasso.
Dopo l’esempio dell’Irlanda, di cui abbiamo già parlato in un nostro articolo, che, dopo aver rifiutato al ricetta europea è tornata a funzionare a pieno regime ecco che anche la Gran Bretagna ci aiuta a vedere il lato oscuro dell’euro. Questi due paesi dovrebbero essere usati come esempio per imparare dai propri errori e non essere visti come aspetti scomodi da nascondere e non far conoscere.

 

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