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tontolina

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MERKEL: IL CIELO E’ NERO SOPRA BERLINO!
Scritto il 2 luglio 2018 alle 09:45 da icebergfinanza

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In realtà il vertice europeo della settimana scorsa è stato un successo che è andato ben oltre alle aspettative dimostrando tutta la fragilità di questa Europa, fondata sul nulla, o meglio fondata esclusivamente su una moneta e una banca centrale, che per il momento stanno prolungando la sua lenta agonia…


BERLINO – Colpo di scena. I risultati del vertice europeo della scorsa settimana “non sono equivalenti” ai respingimenti ai confini che Horst Seehofer – leader della Csu bavarese da sempre alleata della Cdu – minaccia da tempo. Il ministro dell’Interno avrebbe definito “inutile” il faccia a faccia con Angela Merkel e “insoddisfacenti” le proposte più recenti della cancelliera, arrivando addirittura a dimettersi sia dal governo che dal partito. Seehofer ha annunciato le sue intenzioni durante la riunione a porte chiuse della Csu a sud di Monaco.

Pochi minuti dopo, la smentita di Seehofer.
A una domanda, Merkel non ha risposto: quando il cronista le ha chiesto se porrà la questione di fiducia al Bundestag, nel caso Seehofer realizzi lo strappo.
Ma è innegabile, ha ammesso, che “la situazione è seria”.


MERKEL: IL CIELO E' NERO SOPRA BERLINO! | icebergfinanza
 

tontolina

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Se anche JP Morgan dice che la migliore soluzione è l’uscita dell’Italia dall’Euro…..
Se anche JP Morgan dice che la migliore soluzione è l’uscita dell’Italia dall’Euro…..


Cari amici,

a fine maggio è stato pubblicato un report di JP Morgan ripreso da Zerohedge che viene ad affrontare il tema scottante del momento: l’Italia ha interesse nel rimanere nell’area euro? Cosa avverrebbe in caso di uscita.

Iniziamo dalla fine. Il problema dell’Italia, che sta causando così tanta disoccupazione e sottoccupazione, elemento ancora più grave rispetto alla disoccupazione vera e propria e quasi ignorato dall’ISTAT, è legato al fatto che non abbiamo ancora effettuato una sufficiente svalutazione interna. Per dirla altrimenti non siamo ancora diventati abbastanza competitivi riducendo il costo del lavoro:

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Insomma il costo del nostro lavoro non viene compresso, forse perchè il costo della vota è aumentato e quindi diventa difficile forzare questa operazione, oppure perchè comunque la dinamica salariale negli anni ’90 è stata diversa, ad esempio, da quella irlandese, per cui le paghe sono molto meno comprimibili:



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Ora se non riusciamo a comprimere il costo del lavoro, nonostante una forte disoccupazione e sottoccupazione, per cui non riusciamo ad avere una svalutazione interna, l’unica via d’uscita è la svalutazione esterna, cioè riacquistando la possibilità di svalutare la moneta rendendo così ancora competitive, sul mercato internazionale, le nostre paghe ed i nostri costi “Di sistema” (cioè del settore pubblico) rispetto ai nostri principali competitori. Perchè se la svalutazione interna viene a colpire e devastare il settore privato, quella esterna è più giusta e pareggia tutti.
Notiamo che JP Morgan afferma che il saldo target 2 negativo diventerebbe un ASSET, in mano alla banca centrale italiana, e questo è ovvio in quanto rappresenta la BASE MONETARIA che l’Italia ha trasferito all’estero.

Definito il fatto che ci conviene uscire dall’euro, secondo JP Morgan ovviamente, quali sarebbero le conseguenze.

Prima di tutto come stiamo a partite correnti ? Benino, anzi bene, con un surplus del 3% del PIL, per cui il sistema non avrebbe problemi a reperire risorse finanziarie:

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Quanto rischiano i creditori? Non molto , molto meno che rispetto alla Spagna, e poi dobbiamo ricordare che l’uscita dell’Italia dall’euro non significherebbe una svalutazione Erga Omnes, verso tutti, dato che abbiamo potenti avanzi di bilancia commerciale verso l’area dollaro, ma solo verso determinate monete (essenzialmente verso un ipotetico marco):

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Quindi neanche gli investitori internazionali perderebbero il sonno.
Cosa succederebbe allora alle banche
, soprattutto considerando il rischio di una ri-denominazione del debito italiano ? Beh il rischio c’è , ma inferiore rispetto a qualche anno fa:

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Questo grazie alla BCE che ha assorbito una buona fetta del nostro debito pubblico con il QE ed al fatto che il debito è , comunque, ancora in parte in mano alle famiglie. I nostri titoli sono anche molto meno pesanti sul sistema bancario europeo rispetto a qualche anno fa, sempre grazie alla forte presenza della BCE ed al QE.
Insomma Draghi , con il “Whatever it takes”, ha posto le basi per un euroexit più dolce…..

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Passiamo a fare un confronto con la Grecia ed analizziamo il diverso peso delle due nazioni a livello economico internazionale, per valutare gli effetti di carattere sistemico.

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Il nostro sistema bancario ha un attivo molto, ma molto maggiore di quello greco, soprattutto in relazione al PIL; e questo non è dovuto al diverso peso del debito pubblico.
Insomma le nostre banche sono più robuste rispetto a quelle greche.

In conclusione l’Italia avrebbe dei grossi vantaggi dall’euroexit, cioè dall’uscita dall’euro, secondo JP
 

tontolina

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SCENARIO/ La sconfitta dell'euro ammessa da Draghi
L'euro ha bisogno di più unione politica e più investimenti. Perché, spiega ANTONIO MARIA RINALDI, "cittadini e imprese devono toccare con mano il cambiamento" 10 luglio 2018 INT. Antonio Maria Rinaldi

SCENARIO/ La sconfitta dell'euro ammessa da Draghi



"I fondamentali economici nella zona euro restano solidi nonostante qualche moderazione nella crescita dall'inizio dell'anno" e "la nostra fiducia sulla dinamica dell'inflazione sta aumentando". Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, in un'audizione all'Europarlamento, assicurando anche che i tassi resteranno fermi almeno fino all'estate 2019.
Poi a una domanda sulle linee di politica di bilancio del nuovo governo in Italia ha risposto: "Dobbiamo vedere i fatti prima di esprimere un giudizio, i test saranno fatti, finora ci sono state le parole e le parole sono cambiate".
Ma per Antonio Maria Rinaldi, professore di finanza aziendale all'Università "Gabriele D'Annunzio" di Pescara, il passaggio più significativo è un altro: "Gli sforzi che abbiamo compiuto negli ultimi anni per rafforzare la governance dell'Unione economica e monetaria hanno già reso l'Unione più resiliente agli shock. Tuttavia, la nostra unione monetaria è ancora incompleta e rimane vulnerabile". Chiosa Rinaldi: "Sono rimasto sorpreso da queste parole di Draghi".

Perché, professore?

Perché è la prima volta che Draghi sottolinea come la costruzione monetaria dell'euro sia imperfetta e che quindi si renda necessario un surplus di unione per rafforzarne l'impianto. Ormai è evidente a tutti come stiano emergendo, in modo prepotente, tutte le contraddizioni. La moneta unica non doveva essere il punto d'avvio, ma l'esito finale di un processo politico. Ma la domanda da porci, secondo me, è un'altra.

Quale?

È giusto che sia proprio il presidente della Banca centrale europea a dover sopperire alle lacune della politica?
E' giusto che, muovendosi con intelligenza nelle pieghe del regolamento della Bce, l'onere di intervenire come soccorritore tocchi proprio a Draghi?
In questo caso Draghi fa il supplente, ma non è il suo ruolo.
E che succederà quando non sarà più a Francoforte?
Come si comporterà il suo successore?
Tutt'al più potrà continuare a mettere cerotti. Tocca alla politica farsi carico di questa incompletezza e di questa vulnerabilità.

Quali sono le priorità per cambiare passo alla zona euro?

Finché la politica monetaria sarà dettata dall'esigenza di supportare solo politiche di stabilità dei prezzi e di rigore dei conti pubblici, la Banca centrale europea sarà sempre in difficoltà.

Come se ne esce?

È arrivato il momento per cui anche alla Bce vengano garantite le stesse prerogative di tutte le altre Banche centrali più importanti, a partire dal compito di essere prestatore di ultima istanza, potendo intervenire non solo sul mercato secondario, ma anche sul primario. Gli stimoli monetari devono andare in direzione della crescita. Basta con i target solo inflattivi, bisogna fare in modo che le risorse arrivino effettivamente all'economia reale. In questo senso sono necessarie nuove regole per le banche, affinché si dia maggiore fiducia ai cittadini, una fiducia che, per esempio, è stata minata dall'introduzione del bail-in.

Draghi ha anche ricordato che "in questi tempi di aumentate incertezze globali, è più importante che mai che l'Europa resti unita. Abbiamo bisogno di ulteriore convergenza e integrazione tra gli Stati". Poi ha ricordato che "la condivisione dei rischi aiuta in grande misura la riduzione dei rischi". Posizioni che non piaceranno alla Germania. Ma i temi della governance europea e dell'unione bancaria torneranno tra le priorità dell'agenda Ue?

Non credo. Non vedo la volontà di alcuni altri partner europei di proseguire su questa strada. Ma oggi la Ue è a un bivio: occorre varare una rapidissima revisione politica e fiscale dell'Europa. Eppure nessuno sembra volerlo realmente. Paradossalmente Germania e Francia non vogliono un'Unione politica perché preferiscono mantenere lo status quo. Su tanti temi, dalla sicurezza ai migranti, tedeschi e francesi si comportano da veri nazionalisti, altro che il nostro governo! Ma così facendo non riusciranno mai a trovare una quadra. Invece bisogna tornare a discutere su cosa vogliamo fare davvero dell'Europa e quali obiettivi vogliamo perseguire.

Che ruolo può giocare l'Italia dopo le parole di Draghi?

Conte ha fatto bene, nell'ultimo vertice, a ribadire che d'ora in avanti l'Italia non accetterà più supinamente tutto. Ma in giro non vedo segnali di forte cambiamento. Se non si modifica nulla, però, e in fretta, visto che siamo già a luglio, nel maggio 2019 potrebbe arrivare su questa Europa una sonora bocciatura dagli elettori europei.

Non è forse venuto il momento che l'insistenza posta sul lato dell'offerta (le riforme) lasci finalmente il campo all'enfasi sulla domanda (gli investimenti)?

Certo. Esiste già la "golden rule", cioè la possibilità di fare investimenti produttivi in deroga al calcolo del deficit. Mi auguro che questo venga deciso, è il minimo sindacale. Non commettiamo l'errore fatto quattro anni fa da Juncker al momento del suo insediamento a presidente della Commissione Ue, quando promise più di 300 miliardi per gli investimenti: non è arrivato neanche un centesimo di tutti quei miliardi, perché tutto è rimasto nel mondo dei sogni. Oggi cittadini e imprese hanno bisogno di toccare con mano il cambiamento.

Draghi ha confermato la fine del Qe entro il 2018, ma ha assicurato che i tassi resteranno fermi fino all'estate 2019. Questo potrebbe aiutare l'Italia a realizzare le sue riforme per favorire la crescita?

Sicuramente. Pensi solo a quel che ha fatto il predecessore di Draghi: Trichet, nel pieno della crisi dei debiti sovrani nel 2011, aveva avuto addirittura l'ardire di aumentare per ben due volte il tasso di sconto. È stato molto di più e di peggio che buttare benzina sul fuoco. La stabilità dei tassi annunciata da Draghi potrà davvero aiutare l'Italia a varare le sue riforme.

Il costo per l'Italia di Target 2, il debito tra le varie Banche centrali nazionali, è salito a quota 481 miliardi. Una cifra che allontana in modo definitivo ogni velleità di una Italexit, cioè di un'uscita del nostro Paese dall'euro?

Non parlerei di debiti. Le faccio un esempio. Se lei come cittadino italiano acquista un'auto tedesca, il suo esborso viene poi girato a una banca tedesca. Una normale operazione commerciale. Target 2 è un flusso di soldi. Altrimenti, è come se dopo aver comprato la macchina, le toccasse poi pagarla un'altra volta.

(Marco Biscella)
 

tontolina

Forumer storico
Per quale motivo la BCE non può fare come fanno tutte le altre banche centrali dei Paesi sviluppati, la Fed, la Boj, la BOE, la … BUNDESBANK, che sostengono i rispettivi governi e Paesi. La risposta ve la do io, la Germania non vuole, non vuole cambiare lo statuto della BCE che non permette di sostenere un Paese in difficoltà.

SAVONA E L'EURO: IL CIGNO NERO! | icebergfinanza
 

tontolina

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Uscire dall’Euro: e se alla fine lo facesse la Germania?
Il documento

Un fronte di economisti tedeschi lavora sull'opportunità di una procedura di uscita ordinata dall'euro, anche per la Germania stessa. Che dunque ha a sua volta un piano B
Uscire dall’Euro: e se alla fine lo facesse la Germania? Il documento
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30 maggio 2018 - Mentre in Italia infuriano le polemiche sugli sviluppi della crisi politico-istituzionale, nata in primo luogo sull’adesione o meno alla moneta unica, in Germania ci si divide fra chi tira un sospiro di sollievo e chi, in previsione di altri possibili futuri scossoni, studia un piano di uscita dall’euro. Non solo per paesi in difficoltà come l’Italia, ma anche per la Germania stessa, se dovessero verificarsi le condizioni.

Procedure
Al momento, infatti, non è prevista alcuna procedura di questo tipo, indipendentemente da chi la rivendichi. Ci si pone dunque il problema di cosa dovrebbe accadere nel caso in cui un Paese, per scelta più o meno volontaria, non appaia più in grado di restare all’interno della moneta unica. Si presume che un Paese dovrebbe passare comunque per l’uscita dalla Ue: gli accademici tedeschi – riporta Il Messaggero – vogliono invece che sia prevista esplicitamente e direttamente questa opzione, in modo che possa essere applicata a Paesi in difficoltà, ma anche alla stessa Germania qualora si prospetti un assetto europeo troppo basato sulla condivisione dei rischi degli altri, come da spinte dei paesi dell’Europa meridionale. Insomma qualcosa che somiglia, dalla prospettiva tedesca, a quello stesso piano B di Paolo Savona che in questi giorni è entrato nell’attualità politica italiana.

Finanza
A dimostrazione del fatto che la politica si agita tanto, ma di fronte alla finanza decide ben poco, non si tratta solo un tema politico, ma anche e forse soprattutto finanziario. Tutto ruota intorno a Target 2, la piattaforma dell’Eurosistema sulla quale passano i flussi di pagamento tra le banche europee. Il numero due della Bce Constancio ha confermato recentemente quanto aveva già detto lo stesso Mario Draghi all’inizio dello scorso anno: in caso di uscita dall’Unione monetaria, un Paese dovrebbe regolare i conti. L’Italia ha uno sbilancio di circa 400 miliardi, mentre Berlino al contrario ha una posizione positiva per circa 900: questi squilibri dovrebbero essere saldati, con evidente vantaggio per i Paesi forti.

I firmatari
I firmatari del documento – riporta sempre Il Messaggero – includono Jürgen Stark, già membro del board della Bce e Hans-Werner Sinn, già a capo del think tank Ifo. Nel mirino ci sono soprattutto le recenti proposte del presidente francese Marcon e del numero uno della commissione europea Juncker.
Non piace tutto ciò che può andare in direzione di una condivisione dei rischi all’interno di Eurolandia. Dal punto di vista dei firmatari avrebbe l’effetto di deresponsabilizzare ulteriormente i Paesi meno attenti all’equilibrio dei conti e di fermare il processo di eliminazione dei crediti inesigibili delle banche.
Dunque no al Fondo monetario europeo, no al ministro delle Finanze e no ad un sistema comune di garanzia dei depositi. Ma ce n’è anche per Mario Draghi, la cui politica monetaria rappresenterebbe già una forma di monetizzazione del debito, ben al di là di quanto prevede lo statuto della Bce. E la monetizzazione del debito per molti in Germania è il peccato mortale della politica economica.

I tedeschi che vogliono un’altra Europa
Anche in Germania, tuttavia, c’è chi caldeggia cambiamenti tangibili nell’architettura comunitaria per evitare uscite unilaterali dalla moneta unica.

Il presidente dell’Istituto economico tedesco Diw, Marcel Fratzscher, in un’intervista al RedaktionsNetwerk sollecita con urgenza il governo tedesco sulle riforme europee proposte da Emmanuel Macron, rilanciando l’allarme sulla circostanza che “le dimensioni e l’importanza dell’Italia” renderebbero una crisi a Roma molto problematica anche per la Germania.
“Se l’Italia anche solo si avvicina allo squilibrio è troppo grande per essere salvata”, afferma Fratzscher, uno degli economisti molto comprensivi con le esigenze dei paesi dell’Europa del Sud negli anni della crisi, e vicino a tesi keynesiane.

“La Bce non potrà dire: c’è forse una volontà politica di uscire dall’euro, ma noi eviteremo che il governo lo faccia”, aggiunge. E se la Bce non può stabilizzare l’Italia, è il ragionamento, “non può farlo nessuno”. “Che cosa aspettiamo allora a svegliarci e a realizzare le riforme di Macron?”. Il governo tedesco dovrebbe finalmente muoversi, “mettere un piano concreto sul tavolo e dire cosa voglia”, è la conclusione.
 

big_boom

Forumer storico
l'anomalia dell'euro per l'Italia e' quella di pagare gli stipendi pubblici appunto in euro...
dovevamo pagarli in lire turche : dipendenti pubblici, dirigenti, militari etc...

si parla di austerity solo per aumentare le tasse e mantenere i privilegi
 

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