Euro e la deindustrializzazione italiana (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
ma non è colpa solo dell'euro anche la politica italiana...

L'Italia agevola l'investimento in bond del Venezuela e del Kazakhstan
di Marco Liera (*) - 05/05/2014
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I risparmiatori italiani desiderosi di sostenere il debito pubblico del Venezuela, dell’Argentina, della Grecia, della Lituania, della Croazia, della Bulgaria, della Romania, della Slovacchia e della Slovenia si accomodino: non solo possono agevolmente comprare tramite la propria banca i titoli di Stato di questi Paesi, trattati sui nostri principali mercati retail (MOT o EuroTlx), ma sono fiscalmente incentivati dalla Repubblica Italiana a farlo.

Dal primo luglio, i rendimenti di questi titoli saranno tassati meno della metà (12,5% contro 26%) rispetto a quelli emessi dalle banche e delle imprese italiane.

E’ il risultato dell’applicazione dello stesso regime fiscale previsto per i titoli di Stato italiani a quelli cosiddetti equiparati, tra i quali sono inclusi quelli emessi dai paesi “white list”, con i quali l’Italia ha stipulato convenzioni per lo scambio di informazioni. E tra questi ci sono anche quelli dei Paesi citati.
Il passaggio all’aliquota 26% che decorrerà dal primo luglio riguarderà infatti tutta l’area degli investimenti attualmente tassata al 20%, ma non il “paradiso fiscale” degli strumenti al 12,5%. Che include come abbiamo visto strumenti finanziari dei quali è difficile intravvedere una qualche priorità nella politica economica italiana. Al massimo ci aspettiamo due righe di ringraziamento dagli ambasciatori di quei Paesi. Che invece non arriveranno dai rappresentanti di emittenti pubblici esteri i cui titoli sono - per motivi non sempre chiari - soggetti all’aliquota 20% e passeranno conseguentemente al 26%:

KFW (la banca per la ricostruzione tedesca), la Provincia dell’Ontario, l’EFSF (European Financial Stability Facility).

Quest’ultimo è il caso più controverso, perché è un ente sovranazionale, e a logica dovrebbe godere dell’aliquota 12,5% come le BEI, le BIRS e così via.
Chissà. Gli altri Paesi inclusi nella white list un pensierino potrebbero farlo. Perché non emettere un bond riservato ai risparmiatori italiani, vista l’accoglienza fiscale?
Un bel decennale kazako. O di Mauritius. Immaginate la pubblicità comparativa: “Con noi sei tassato al 12,5%. Investendo nelle aziende del tuo Paese al 26%”. Un Paese che sa “fare squadra”.
(*) Pubblicato sul Sole-24 Ore del 5 maggio 2014
 

tontolina

Forumer storico
NOMISMA (braccio operativo di goldman prodi) oggi diventa possibilista sull'uscita dall'euro, dopo averci buttato nella fogna, aver regalato centinaia di aziende alle multinazionali e agli amici degli amici.....prova a rifarsi una verginità e si prepara ad accomodare il suo flaccido culone sulla poltrona di presidente della repubblica! ahi serva italia, di gran dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello!




CLAMOROSO / NOMISMA DA SEMPRE ''PENSATOIO ECONOMICO'' DEL CENTROSINISTRA DIVENTA POSSIBILISTA:...
ilnord.it|Di ilNord.it. I fatti e le opinioni del Nord
 

tontolina

Forumer storico
esistono carte tecniche e simulazioni sui 3.670 miliardi di euro che le famiglie italiane posseggono in attività finanziarie: una ricchezza suddivisa principalmente tra bot e btp, obbligazoni, quote di fondi comuni di investimento, azioni, polizze sulla vita, conti correnti. Per capirci: un intervento una tantum pari all’1 per mille su questa montagna di quattrini, per fare un esempio, frutterebbe 3,67 miliardi.

Matteo Renzi pensa all'europatrimoniale - Libero Quotidiano
 

tontolina

Forumer storico
Quando Angela Merkel pianse di rabbia per colpa dell'Italia

Stampa Invia Commenta (1) di: WSI | Pubblicato il 12 maggio 2014| Ora 10:14

Eurozona sul punto di esplodere. Germania chiamata a fornire aiuti. "Non è giusto", sbotta la cancelliera. E ancora: "Non commetterò un suicidio".



Novembre 2011: il presidente Barack Obama conforta Angela Merkel dopo le lacrime della cancelliera al meeting del G20, a Cannes.





ROMA (WSI) - Cannes, 3,4 novembre del 2011: summit del G20: l'Eurozona sta per esplodere, la crisi del debito italiano rischia di far saltare tutto. Nella piccola sala conferenze, attoniti, i leader mondiali assistono a una scena che il Financial Times definisce scioccante.

Il cancelliere tedesco Angela Merkel versa lacrime di rabbia. "Das ist nicht fair", ovvero "Non è giusto". E ancora "Ich bringe mich nicht selbst um", ovvero "Non commetterò un suicidio".

Merkel piange, e piange per colpa dell'Italia. "Non prenderò un tale grande rischio senza ricevere nulla dall'Italia", dice, affranta, rivolgendosi in particolare al presidente americano Barack Obama, che siede dall'altra parte del tavolo, e al presidente francese Nicolas Sarkozy, e rispondendo con queste parole al sacrificio che viene chiesto a Berlino, per salvare l'Eurozona.

Sacrificio chiesto in modo particolare da Obama: quello di contribuire con i suoi SDR (Special Drawing Rights) per erogare maggiori finanziamenti all'Eurozona e dunque in modo particolare per salvare l'Italia, sull'orlo del collasso e prossima a essere tagliata fuori dai mercati finanziari globali.

Ma Merkel è irremobile, intenzionata a impedire che la Germania aumenti i propri contributi a favore del "grande bazooka" o "firewall" dell'Eurozona, reputato dagli altri leader necessario per rispondere agli attacchi dei trader sui bond, in panico totale per le finanze dell'Europa e in particolare di Roma.

"Nessun paese rappresentava un pericolo di contagio maggiore rispetto all'Italia".

Il quotidiano ricorda, ancora, che "con un debito sovrano di 2.000 miliardi di euro circa, i funzionari del ministero dell'Economia e delle Finanza di Via XX settembre avevano stimato che un piano di salvataggio, della durata di tre anni, avrebbe avuto un costo di quasi 600 miliardi di euro. E nè l'Unione europea o l'Fmi sarebbero riusciti a finanziare quell'assegno. L'Italia era semplicemente too big to bail, ovvero troppo grande per essere aiutata".

Un funzionario del ministero delle Finanze francese ricorda: "Nessuno poteva permettersi di aiutare l'Italia, ci trovavamo probabilmente alla fine dell'Eurozona".

Tecnicamente, gli SDR, ovvero "diritti speciali di prelievo", non sono una vera e propria moneta. Si tratta dell'unità di conto del FMI (Fondo Monetario Internazionale), il cui valore è ricavato da un paniere di valute nazionali. Tali valute sono euro, dollaro Usa, sterlina britannica e yen giapponese. Si tratta, più precisamente, di un asset che è stato creato attraverso il raggiungimento di un accordo internazionale nel 1969, detenuto dall'Fmi per i suoi stati membri, sostituto dell'oro o del dollaro nelle operazioni di contabilità relative alla finanza globale. Prima di essere spesi, i diritti speciali di prelievo devono essere convertiti in un'altra valuta.

A Cannes, Stati Uniti e Francia vogliono creare tramite gli SDR nuove riserve, e la proposta è quella di portare l'Eurozona a devolvere 140 miliardi di euro in SDR a favore di un fondo di bailout. L'ostacolo che però Merkel incontra ha un nome: quello di Jens Weidmann. I diritti speciali di prelievo non sono infatti controllati dai governi nazionali, ma dalle banche centrali. E Weidmann, numero uno della Bundesbank, si oppone in modo fermo. "Non posso decidere al posto della Bundesbank", dice Merkel tra le lacrime - Non posso farlo". A quel punto, stando a quanto ricorda un funzionario europeo presente nella stanza, Obama "capisce di essere andato troppo in là" e, alla fine del meeting, conforta Merkel mettendole un braccio attorno alle spalle.

Il giorno dopo "la tempesta è finita", racconta una fonte. Il piano dei diritti speciali di prelievo non sarà più presentato; l'Italia sarà monitorata ma non ci saranno finanziamenti a suo favore. E l'allora premier italiano Silvio Berlusconi, annuncia pubblicamente quanto tutti hanno cercato di tenere segreto: ovvero che l'Fmi ha offerto un programma di salvataggio. "L'Italia - scrive l'FT - soffre così lo stigma di aver bisogno di aiuti senza ricevere alcuna assistenza".

La Germania sarebbe stata d'accordo a impegnarsi in modo parziale solo se l'Italia avesse accettato il programma dell'Fmi. Ma Giulio Tremonti, l'allora ministro delle Finanze, era stato fermo: Roma avrebbe accettato di essere monitorata dall'Fmi, ma non il programma. L'incontro a Cannes si risolve con un fallimento. Nell'arco di una settimana, i tassi sui BTP decennali balzano quasi al 7,5%.
 

ninjaxx

amico del maestro...
Aziende e crisi, nuovo record dei fallimenti

Nel primo trimestre 3.811, rallentano altre forme di chiusura


Un lucchetto alla saracinesca di un negozio chiuso+CLICCA PER INGRANDIRE


Redazione ANSA15 maggio 201409:25News

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Chiusure Stabilimenti
Gianandrea De Bernardis
Cerved




Tra gennaio e marzo i fallimenti aziendali sono stati 3.811, il 4,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2013. Secondo i dati del Cerved analizzati dall'ANSA è un nuovo record, anche se nei trimestri precedenti i default crescevano a doppia cifra e si registra un calo delle chiusure aziendali con forme diverse dal fallimento.

"Nel primo trimestre 2014 si contano in tutto 23mila chiusure aziendali - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato del Cerved, primo gruppo in Italia nel 'credit information' - il 3,5% in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Questo miglioramento è attribuibile alla diminuzione delle liquidazioni volontarie, che hanno fatto registrare un calo del 5%, e delle procedure non fallimentari (-1,4%)", che hanno compensato il continuo aumento dei fallimenti. In particolare, dopo i correttivi portati dal 'decreto del fare' alle normative sui concordati in bianco con l'introduzione della possibilità per i tribunali di nominare un commissario giudiziale che monitori la condotta del debitore, si è fortemente ridotto il ricorso al pre-concordato: nei primi tre mesi si contano circa 800 domande, in calo del 48% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Per quel che riguarda i soli fallimenti, questi crescono in tutto il territorio ad eccezione del Nord-Est, in cui si registra un calo dell'1,8% e dove però nei quattro trimestri precedenti si è registrato un boom con tassi molto più elevati rispetto al resto della penisola. La crescita dei default è continuata nel Nord-Ovest (+3,7%), nel Mezzogiorno e nelle Isole (+5,7%), ma soprattutto nel Centro con un incremento del 10,3%. "A soffrire maggiormente è il settore dei servizi (+7,3%) e quello delle costruzioni (+6,3%). Ancora in leggero rialzo la manifattura (+0,8%), anche se segna una decisa frenata rispetto ai dati dell'ultimo trimestre 2013", conclude De Bernardis.
 

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