EFFETTO BREXIT (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico

big_boom

Forumer storico
io penso che questa uscita dell'inghilterra e' temporanea perche' l'europa e' un progetto con molte potenzialita' di FALLIMENTO ;)
passata la burrasca faranno un nuovo referendum et voilà entreranno dal camino senza austerity se tutto andra' bene
ma intanto si preparano al peggio e noi italiani pagheremo il conto piu' salato.

Ora si aspetta il referendum italiano che in realta' e' un referendum sulla fiducia dell'europa e del governo pro europa.
Personale opinione la lega dovrebbe superare il 20%, inevitabile perche' il M5S non pone soluzioni ma solo la continuazione della agenda globale.
 

tontolina

Forumer storico
Manifatturiero britannico accelera calo a massimi oltre tre anni dopo Brexit
lunedì 1 agosto 2016 11:41

LONDRA, 1 agosto (Reuters) - Il manifatturiero britannico è sceso al ritmo più rapido in oltre tre anni a luglio, un altro segnale di quanto la decisione di lasciare l'Unione Europea stia penalizzando la crescita.

Il dato potrebbe fornire alla Banca d'Inghilterra un ulteriore elemento in favore di un taglio dei tassi di interesse giovedì, dopo aver sorpreso i mercati a luglio con una conferma del costo del denaro.

L'indice Pmi a cura di Markit/CIPS è sceso a 48,2 a luglio da 52,4 di giugno, i minimi da febbraio 2013 e sotto la lettura "flash" di fine luglio a 49,1.

I sottoindici relativi a produzione e ordini sono scesi sotto 50, spiartiacque fra espansione e crescita, per la prima volta da inizio 2013 a causa delle più deboli condizioni di mercato e all'incertezza relativa al referendum Ue. Il primo si è contratto a 47,8 da 53,6, i minimi da ottobre 2012 e il secondo, cresciuto in maniera robusta a giugno, ha sofferto il ritmo di flessione più pronunciato in oltre tre anni.

La Banca d'Inghilterra dovrà stare attenta a bilanciare il freno alla crescita con l'aumento delle pressioni inflattive già evidenti nell'indagine Pmi sul settore manifatturiero. I prezzi medi di acquisto sono saliti al ritmo più rapido in cinque anni: le aziende hanno citato un rincaro delle materie prime e dei prezzi all'importazione a causa dell'indebolimento della sterlina. Quest'ultima è crollata ai minimi di 31 anni contro il dollaro dopo il voto a favore di Brexit.

Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano.Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia


© Thomson Reuters 2016 Tutti i diritti assegna a Reuters.
 

tontolina

Forumer storico
NIENTE BREXIT ALMENO FINO AL 2020 - IL GOVERNO AVVERTE LA CITY: BUROCRAZIA IN RITARDO, SI RESTA NELLA UE PER TUTTO IL 2019. E LE ELEZIONI IN FRANCIA E GERMANIA (2017) POTREBBERO CAMBIARE DRASTICAMENTE LO SCENARIO EUROPEO - FARAGE: ‘SE NON CI FANNO USCIRE DALL’UE, TORNO IN POLITICA’
15 ago 13:21
theresa-may-814089.jpg

Da ‘il Giornale



Il Regno Unito potrebbe restare in Europa fino alla fine del 2019, quasi un anno dopo rispetto a quanto previsto per l' uscita. Lo rivela il Sunday Times citando fonti ministeriali che avrebbero avvertito, in via confidenziale, alcuni esposnenti di spicco della finanza e della City di Londra.

Secondo il quotidiano britannico, la premier Theresa May potrebbe essere costretta a ritardare l' attuazione del cosiddetto articolo 50 (previsto per gennaio) a causa delle difficoltà interne all' amministrazione britannica (soprattutto per l' apparato burocratico necessario), ma anche per le imminenti elezioni in Francia e in Germania. La May, secondo le previsioni più accreditate finora, da gennaio avrebbe due anni di tempo avrebbe due anni di tempo per negoziare i termini di separazione dall' Ue.

Ma, nonostante la forte pressione politica perché la leader conservatrice si attenga a questa tabella di marcia, potrebbe invece essere costretta a rinviarla perché il nuovo ministero appositamente creato per la Brexit e i dipartimenti per il commercio internazionale non saranno pronti a rispettare queste scadenze. A questo si aggiungono le elezioni presidenziali francesi, il 23 aprile e il 7 maggio 2017, e le politiche in Germania nell' autunno dello stesso anno.

Nel frattempo, vista la titubanza del governo ad affrontare la Brexit, l' ex leader dell' Ukip britannico, l' euroscettico Nigel Farage, uno degli artefici del voto sulla Brexit, ha detto che tornerà a occuparsi del partito se il Regno Unito non prenderà con decisione la strada del divorzio da Bruxelles. «Se la Brexit non dovesse essere concessa - ha detto Farage - allora dovrei pensare seriamente di tornare. Ma spero di non doverlo fare».
 

tontolina

Forumer storico
La Brexit, l’Europa e il dittatore benevolo
vittoriodaniele363x253.jpg


Quali saranno le conseguenze economiche della Brexit? Le proiezioni diffuse nei giorni scorsi mostrano risultati molto diversi. Alcuni economisti tedeschi hanno stimato che la Brexit comporterà una caduta del Pil britannico che, in poco più di un decennio, potrebbe raggiungere il 14 per cento. All’opposto, un gruppo di studiosi inglesi (autodefinitisi economisti per la Brexit) ha ipotizzato un effetto positivo sul Pil di circa il 4 per cento, che deriverebbe da un aumento del commercio estero del paese. Questa grande incertezza non deve sorprendere, considerata l’inconsistenza delle previsioni economiche sul medio-lungo termine. È utile, quindi, partire da alcune considerazioni di fatto.

Negli ultimi quindici anni, la crescita economica del Regno Unito è stata maggiore di quella dei principali paesi della Ue. Il reddito pro capite e i consumi delle famiglie sono aumentati più che in Francia e in Germania, mentre in Italia sono diminuiti. Tale andamento è spiegato da una serie di caratteristiche dell’economia britannica, ma anche dal fatto che il Regno Unito non ha commesso l’errore di adottare l’euro, come ripetutamente evidenziato dal premio Nobel Paul Krugman. Mantenendo la propria autonomia nella politica economica, ha potuto fronteggiare rapidamente ed efficacemente la crisi del 2009.

È importante, poi, osservare che, tra gli stati membri, il Regno Unito è quello commercialmente meno integrato con la Ue. Gli scambi con i paesi membri rappresentano il 43 per cento delle sue esportazioni, a fronte del 55 dell’Italia, del 58 per cento della Germania e del 70 per cento del Belgio. Dal 2002, la quota è progressivamente diminuita. È, dunque, probabile che la decisione di uscire dall’Unione avrà conseguenze macroeconomiche modeste sul medio-lungo periodo sia per il Regno Unito, sia per la Ue. Meno probabile, invece, la catastrofe preconizzata dai sostenitori del remain. Altra cosa, invece, l’effetto sui mercati, la cui reazione sembra riflettere, però, più l’incertezza causata dall’esito referendario che i suoi prevedibili effetti economici. Non a caso, a subire le maggiori perdite sono state, nell’immediato, le borse dei paesi mediterranei: Italia e Spagna in particolare.

Più che economico, il reale impatto del referendum britannico è politico. Il timore è che anche in altri paesi i partiti euroscettici chiedano (come già stanno facendo) dei referendum sulla partecipazione alla Ue, sull’euro o su altri importanti temi.

Negli ultimi anni, si è diffuso un clima di disaffezione, di malcontento, se non di aperta opposizione nei confronti della Ue. Sentimenti alimentati da forze politiche populiste o nazionaliste, alla cui base vi sono, però, delle ragioni che non possono essere ignorate. Per una quota crescente di cittadini, l’Europa si identifica con una burocrazia potente, distante e oppressiva. Le politiche di austerità sostenute dalla Commissione europea, dalla Bce e dalla Germania, hanno imposto incomprensibili sacrifici a milioni di persone già duramente provate dalla crisi economica. Non sempre a torto, si ritiene che molte decisioni assunte a Bruxelles siano condizionate da lobby rappresentative di grandi interessi economici, a discapito dei cittadini. Infine, il dramma dell’immigrazione, con il prevalere delle posizioni e divisioni nazionali, ha rappresentato un ulteriore, evidente fallimento della politica europea. Ma c’è una ragione ancora più profonda del malcontento. Riguarda la crisi di rappresentanza democratica di cui soffre l’Unione.

Nella Ue, la politica economica è fortemente vincolata dal rispetto di regole economiche e finanziare, la cui razionalità appare oggi dubbia, ma il cui rispetto impone sacrifici ai cittadini. Negli anni di recessione, istituzioni economiche non elettive, come la Commissione e la Bce, hanno dettato a governi democraticamente eletti draconiani piani di riforme – si ricordi, al proposito, anche la lettera inviata dalla Bce al governo italiano nell’agosto 2011, con un elenco di misure da adottare. Quasi in sordina, si sono modificate le costituzioni nazionali, come in Italia, introducendo articoli con stringenti vincoli di finanza pubblica. Le richieste di maggiore democrazia nelle scelte economiche sono state ignorate, se non apertamente contrastate, come nel caso della Grecia qualche anno fa.

In Europa, il governo delle regole ha progressivamente sostituito il governo delle scelte, comprimendo gli spazi democratici. Come ha scritto l’economista Jean Paul Fitoussi, in un profetico volumetto uscito qualche anno fa (Il dittatore benevolo. Saggio sul governo dell’Europa), il governo europeo delle regole agisce come una sorta di “dittatore benevolo” al riparo dalle pressioni, dalle tensioni, dai rischi che la democrazia comporta. Per questo la principale conseguenza della Brexit non è economica, ma politica. Impone all’Unione di cambiare. L’alternativa è che il malcontento si diffonda e che i cittadini europei chiedano, anche in altri paesi, di far sentire la propria voce. Quali saranno le conseguenze per il futuro dell’integrazione europea è facile immaginarlo.
 

tontolina

Forumer storico
ago 16
Brexit? Fa bene a tutti. E se lo dice una grande banca come UBS…


Brexit? Fa bene a tutti. E se lo dice una grande banca come UBS… – il Blog di Marcello Foa

Onore al merito di Ubs, sì proprio la grande banca svizzera. Perché, a scanso di errori, è il primo fra i grandi istituti di credito a parlare del Brexit in termini oggettivi, in decisa controtendenza rispetto alla stampa specializzata, soprattutto del Financial Times, che per tutta l’estate ha descritto l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue a tinte foschissime; enfatizzando qualunque notizia negativa e ignorando o minimizzando – in home page – quelle positive, dimostrando uno zelo – spiace constatarlo – quasi da propagandista.

Il quotidiano color salmone si è fatto grigio, ma evidentemente non ha convinto tutti, certo non Ubs, che a firma del proprio Global Chief Investment Officer Wealth Management, Mark Haefele, nell’ultima lettera agli investitori l'”Ubs House View Monthly Letter”, ha proposto queste brevi e significative riflessioni

Cara lettrice, caro lettore,
Scopriamo oggi che quella inizialmente denunciata come una rapina a mano armata era in realtà una trattativa male interpretata. No, non mi riferisco alla vicenda dei quattro nuotatori olimpici statunitensi in Brasile: sto parlando della Brexit. Da più parti si temeva che i mercati globali subissero i contraccolpi del voto britannico a favore dell’uscita dall’UE, ma – a parte l’impatto sulla sterlina – il crollo post referendum è durato solo pochi giorni, poiché la reazione rassicurante della Bank of England (BoE) e i solidi dati in altre regioni hanno permesso agli investitori di concentrarsi sulla crescita mondiale. In questo momento i tre indici azionari principali degli Stati Uniti sfiorano livelli record, le azioni dei mercati emergenti si attestano ai massimi degli ultimi 12 mesi, le obbligazioni high yield hanno mostrato una buona tenuta nonostante la volatilità del petrolio e, all’estremo opposto dello spettro del rischio, la domanda di titoli di Stato dei paesi sviluppati è così elevata che il 40% di queste obbligazioni registra ormai rendimenti negativi. (…)

Ma è possibile spingersi oltre e tracciare uno scenario che vada al di là del riassorbimento dei timori legati alla Brexit? Che cosa serve perché emerga un eventuale lato positivo del voto che ha fatto tanto discutere? Su scala globale, il referendum britannico ha riacceso il dibattito sui limiti della politica monetaria, che potrebbe rivelarsi proficuo se sfociasse in una serie di stimoli fiscali e monetari più coordinati. E nello stesso Regno Unito, la Brexit può rappresentare un’opportunità storica per migliorare le sorti economiche del paese, se verranno seguiti gli esempi giusti.

Capito? Altro che disastri, altro che sventure. I mercati volano, l’impatto di una protesta popolare democratica come quella espressa dal popolo britannico e frettolosamente bollata da molti commentatori come populista e contraria al progresso, si sta rivelando positiva per l’economia mondiale perché sta costringendo banche centrali e governi a rivedere le proprie politiche. E rischia di trasformarsi per la stessa Gran Bretagna in “un’opportunità storica”.

Come dire: il popolo aveva ragione.

Capita, in democrazia.
 

tontolina

Forumer storico
10:30:14
G.B.: indice Pmi manifatturiero settembre a 55,4
spacer.gif

10:18:26
Eurozona: indice Pmi manifatturiero settembre def. a 52,6
 

Users who are viewing this thread

Alto