EFFETTO BREXIT (1 Viewer)

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Brandon Smith, notevole economista-blogger, giunge a sostenere che il Brexit sia stato un evento artificiale, per preparare deliberatamente il prossimo collasso – quello vero – che farà implorare i media e i governi e i complici in ogni stato, il governo unico mondiale – proprio come oggi i federalisti eurocratici vorrebbero, pateticamente, non sprecare questa bella crisi per dare tutti i poteri alla Commissione, senza vedere che essi sono stati superati. Ora vige il nuovo progetto.


Fuori dalla padella UE per cadere nella brace Globale - Rischio Calcolato
 

tontolina

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Brandon Smith, notevole economista-blogger, giunge a sostenere che il Brexit sia stato un evento artificiale, per preparare deliberatamente il prossimo collasso – quello vero – che farà implorare i media e i governi e i complici in ogni stato, il governo unico mondiale – proprio come oggi i federalisti eurocratici vorrebbero, pateticamente, non sprecare questa bella crisi per dare tutti i poteri alla Commissione, senza vedere che essi sono stati superati. Ora vige il nuovo progetto.


Fuori dalla padella UE per cadere nella brace Globale - Rischio Calcolato
Questa ipotesi non manca di indizi. Mette nella giusta prospettiva il fatto che l’uscita del Regno Unito dalla Ue sia stato voluto dalla “gentry e da Buckingham Palace” – per posizionare la City come centrale globale di negoziazione dello yuan – che farà parte del paniere di monete che costituirà la moneta globale digitale, una volta tramontato il dollaro. Il giorno dopo il Brexit, Pechino s’è affrettata ad esprimere il caldo proposito di collaborare, con la sua Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), di stretto concerto con la Banca Mondiale: la prova, per Brandon Smith, che “i cinesi non hanno mai avuto l’intenzione di fare di fare della AIIB un contro Fondo Monetario o anti-Banca Mondiale. Ho sempre sostenuto che i cinesi lavorano con i globalizzatori, non contro di essi”: parere che personalmente condivido, per quel che vale.
 

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Brexit reso impossibile da Juncker: Comma 22
Di Maurizio Blondet , il 4 luglio 2016 131 Comment





Da giorni si sentono gli “europeisti”, capeggiati da Juncker, intimare alla Gran Bretagna: “Sbrigati a notificare la tua volontà di ritiro alla commissione! Immediatamente applica l’articolo 50 del trattato d Lisbona! Che Londra se ne vada in fretta! Più in fretta! Cosa aspetta ad attivare l’articolo 50?”. L’europarlamento ha votato una mozione per scacciare il Regno Unito in fretta. Juncker, in un discorsetto pieno di livore, ha sancito: “Ho vietato – per ordine presidenziale, che non è da me – ai commissari di discutere con rappresentanti del governo britannico…non ci sarà alcuna discussione preventiva: no notification, no negotiation!”.

Perché tanta insistenza? Cosa nasconde questa durezza (a parte il dispetto e la rabbia)? Si vuol far credere che Londra stia esitando? Forse, ma c’è di peggio. Qui c’è un trucco, una porcheria dispotica, architettata da una eurocrazia che assume poteri dittatoriali, ma obliqui e storti.

Bisogna leggerlo, l’articolo 50. Che in teoria consente ad uno stato membro di uscire per sua volontà dalla UE : “Ogni stato può decidere di ritirarsi dall’Unione”. Ma deve “notificare la sua intenzione al Consiglio europeo”. Dopodiché “L’Unione negozia e conclude con questo stato un accordo fissante le modalità del suo ritiro, tenendo conto del quadro delle relazioni future con l’Unione. Questo accordo è negoziato in conformità all’articolo 218, paragrafo 3 del trattato” e vario bla bla burocratico.

Poi però – attenzione – viene il seguente trucco: “i trattati cessato di essere applicabili allo stato di cui sopra a partire dalla data di entrata in vigore dell’accordo, o altrimenti, due anni dopo la notifica […] a meno che il Consiglio d’Europa non decida all’unanimità di prorogare”.





Capito? C’è una scadenza automatica: a due anni. Solo il Regno Unito deve domandare l’inizio della procedura ex articolo 50; ma appena lo facesse, scatta il conto alla rovescia. E il paese sarà sbattuto fuori automaticamente dopo due anni – ci sia stato negoziato o no. E’ evidente che Londra, appena “notifica”, si mette da sé in posizione negoziale di estrema debolezza; alla Commissione – palesemente ostile – basta tirare in lungo dei falsi negoziati, fino a che il paese si troverà fuori automaticamente, perdendo i più elementari diritti di acceso (al mercato europeo, come per esempio hanno Svizzera e Norvegia) L’ingiunzione dell’eurocrazia di “affrettarsi”, non è altro che la volontà della Commissione di privare lo Stato che l’ha offesa dei propri diritti.

Attenzione. Dei propri diritti di Stato-membro, perché ovviamente il Regno Unito è a tutti gli effetti tuttora membro della UE, non avendo ancora compiuto la “Notifica”. Così, per esempio, la decisione dei 27, mercoledì, il giorno dopo il referendum, tenere il Consiglio d’Europa cacciandone David Cameron, che non è stato autorizzato nemmeno a partecipare alla sessione di lavoro con cena della vigilia, è un atto che ha un solo nome: un sopruso. La dimostrazione che l’Europa Unita, quando vuole infrange le proprie stesse norme – carattere inconfondibile del sistema di governo chiamato “despotismo”. Del resto i dèspoti europeisti avevano fatto lo stesso con la Grecia, stato-membro paria.



Un regime d’arbitrario sopruso
Non basta: l’europarlamento i cui membri sono in numero di 666 – ha già “modificato la sua organizzazione interna per riflettere la volontà della maggioranza dei cittadini del Regno Unito di ritirarsi dalla UE”, ossia ha cacciato di fatto la componente britannica dai suoi organi di funzionamento, senza aver ancora ricevuto ufficialmente la notifica di quella volontà: pura prevaricazione, che rivela alla luce del sole fino a che punto lo “europeismo” sia una imitazione deforme del sistema pluralista, sotto cui si nasconde una dittatura del burocratismo arbitrario. Lo stesso parlamento ha immediatamente nominato tre “negoziatori” scegliendoli tra i più forsennati talebani dell’europeismo oligarchico: Guy Verhofstadt, sfegatato ideologo del federalismo (abolizione di ogni sovranità) , Elmar Brok, eurodeputato da 36 anni (!) e Roberto Gualtieri, PD, un complice di Draghi e commissario alla moneta unica, che funziona così bene (Gualtieri ha esultato con queste minacciose parole: “Finita l’epoca dei veti inglesi, ora l’integrazione sarà più facile”)


L’alcolista
I

Costoro, ovviamente, ovviamente intendono il loro compito di escludere ogni elasticità e cordialità del negoziato, per scoraggiare ogni altro paese che fosse tentato di seguire gli inglesi; e tutti gli esponenti dell’europeismo si sono prodotti in dichiarazioni incendiarie sul come bisognava far soffrire gli inglesi per a loro scelta. “Per scongiurare il contagio, bisogna che la separazione sia dolorosa per l’Inghilterra”, si è sentito dire nelle sedi più autorevoli.

Uno stato membro trattato da nemico
Insomma da un momento all’altro uno stato-membro viene trattato come un nemico, un nemico bellico: verso cui sono sospese non solo le garanzie e normative europee, ma persino il diritto internazionale. Per questi europeisti (quelli che “la UE è nata per metter fine alle guerre”, la “UE è la pace”, ci vuole “Più Europa”), il popolo britannico, colpevole di aver votato male, è oggi un nemico da trattare come un nemico. Si fa’ fretta a Londra, rendendole allo stesso tempo chiaro che da parte della “Europa Unita” non c’è alcuna volontà di trovare una soluzione umana, cordiale, fraterna e che preservi gli interessi comuni – oltre che i legami storici e culturali: ma di quelli, gli europeisti se ne infischiano, come s’è vito quando un finlandese ha suggerito ad Atene di vendersi il Partenone per pagare i debiti.

E’ la situazione del “Comma 22”: un’’apparente possibilità di scelta in una regola o in una procedura, dove in realtà, per motivi logici nascosti o poco evidenti, non è possibile alcuna scelta ma vi è solo un’unica possibilità. Tipicamente:

«Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo

Appena Londra notificherà la volontà popolare di uscire dalla UE, sa già che sarà in mano a “negoziatori” dell’atra parte che le sono nemici, e a cui basta far scadere i due anni per espellerla senza alcun diritto. E’ ovvio che non si abbia fretta di fare la notifica; bisognerebbe fare negoziati preliminari – che sono esattamente quelli che Juncker ha proibito ai suoi commissari e direttori generali di aprire, con un atto di dispotismo imperial-burocratico. E’ una siuazione di stallo, che la commissione non vuole sbloccare: contando evidentemente nei “ripensamenti”, nelle secessioni minacciato da Scozia e Irlanda, nel nuovo referendum richiesto da manifestanti anglo-europeisti, insomma nella destabilizzazione interna della Gran Bretagna, che dovrebbe poi strisciano richiedere ai burocrati di essere riammessa – a quel punto la Prigione dei Popoli chiamata UE si richiuderebbe su tutti noi; con sbarre ancora più grosse, e un sistema di governo che ha dimostrato la più chiara volontà di arbitrio. Quel disprezzo e violazione delle norme e del diritto che ha potuto esercitare in piena impunità e con gli applausi di tutti i “Progressisti europeisti” – durante lo strappo britannico.



E’ perfettamente coerente con la natura dispotica e incivile della UE, che essa – mentre tratta il paese di Shakespeare, Chesterton e Tolkien come nemico – stia continuando alla chetichella a preparare l’adesione alla sua “Europa” della Turchia di Erdogan, e staia per far entrare nella UE l’Albania, come esige Washington. Contro l’adesione della Turchia, va’ notata a la nobile reazione di Vienna: se averà, avrete lo Austrexit.

Invece, non conforta il fatto che la Merkel abbia messo in giro la voce che si libererà “entro l’anno prossimo” di Jean-Claude Juncker, per il modo in cui ha gestito il Brexit sotto alto tasso alcolico. Ciò non fa che confermare l’ordinamento dispotico che ha assunto il regime UE: il capo della Commissione viene comunque scelto, è il caso d dire, dal RE di Prussia.



L’articolo Brexit reso impossibile da Juncker: Comma 22 è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.
 

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azzo e si che gli inglesi dovevano fallire
Airbus: ordine di 12 aerei da parte di Virgin Atlantic
Inviato da Valeria Panigada il Lun, 11/07/2016 - 14:19
Quotazione: AIRBUS GROUP
La compagnia inglese Virgin Atlantic ha ordinato a Airbus 12 nuovi aerei del modello Airbus A350-1000, confermando le indiscrezioni circolate nel corso della mattina. Secondo alcune stime sui prezzi da catalogo, il valore dell'ordine si aggira sui 4,4 miliardi di dollari, pari a circa 4 miliardi di euro. Il contratto, annunciato nel corso del salone dell'aeronautica a Farnborough, permetterà a Virgin Atlantic di modernizzare la sua flotta, in particolare sostituire i Boeing 747 e gli Airbus A340 più vecchi.
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FMI taglia le stime per l'Italia
Il ventennio perduto e la «sfida monumentale» dell’Italia
Sarà l’Italia del ventennio perduto quella che consegneremo probabilmente alle nuove generazioni
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“E poi, in Italia, negli ultimi vent’anni avete perso la cosa più importante per un Paese: il senso della comunità. Avete esaltato l’io e il consumo di ciò che si possiede. Qui i ricchi si sono comprati squadre di calcio, da noi hanno costruito musei, ospedali, scuole. E sai perché ti devi incazzare? Perché tutto questo vi ha impedito di scoprire la ricchezza e la bellezza dell’altro. E così vi siete sentiti sempre più soli e sempre più poveri. Dovete tornare a condividere il bello. Dovete rinascere” Da “I diavoli” (Rizzoli 2014)

I rischi che restano sbilanciati al ribasso. L’economia che fatica a ripartire. La volatilità sui mercati che aumenta. L’incertezza che pesa sugli investimenti. Le prospettive di crescita che si fermano «appena sotto l’1%» quest’anno e «intorno all’1%» nel 2017. È una «sfida monumentale» quella che deve affrontare l’Italia, è questa l’amara diagnosi del Fondo monetario internazionale. La Brexit e il divorzio di Londra dall’Unione europea hanno innescato deflagrazioni a catena, ma il processo era già in corso. E adesso il Fmi taglia le stime per l’Italia, quella che è la terza economia più grande dell’eurozona, che nelle proiezioni di maggio prometteva una crescita dell’1,1% nel 2016 e dell’1,25% nel 2017. I dati sono contenuti in un documento allegato al rapporto annuale sul nostro Paese, che era già stato chiuso prima che gli effetti del Leave britannico si concretizzassero.

Tre i fronti principali su cui intervenire, secondo il Fondo monetario internazionale:
disoccupazione,
bilanci delle banche
e debito pubblico
e la strada sarà in salita.
«Le autorità si trovano di fronte a una sfida monumentale. La ripresa va rafforzata, in modo da ridurre più velocemente l’elevata disoccupazione. Bisogna creare dei sistemi tampone, risanando i bilanci delle banche e intervenendo sul debito pubblico», si legge nel documento. È una lunga stagione quella del debito pubblico italiano, stimato al 132,9% del Pil nel 2016 e al 132,1% nel 2017. Ma ora il debito è «molto alto e fonte di vulnerabilità», è «il più alto di tutta la zona euro; in percentuale al Pil è il secondo più alto dopo la Grecia».
E ancora, per le banche i crediti deteriorati sono il vero problema: «Dall’inizio della crisi sono triplicati a 360 miliardi di euro alla fine del 2015. Il problema è pronunciato soprattutto per le sofferenze, che rappresentano la metà dei crediti deteriorati, che rallentano gli investimenti e la ripresa economica».

Sarà l’Italia del ventennio perduto quella che consegneremo probabilmente alle nuove generazioni. Nelle cronache saranno raccontati come i vent’anni di un Paese impantanato tra la crisi finanziaria del 2008 e la rincorsa a una crescita che praticamente non c’è. Prima del 2025 – sostiene il Fmi secondo quanto riportato da Reuters – l’Italia non tornerà ai livelli pre-crisi 2008: «L’Italia quindi probabilmente sperimenterà quasi due decenni perduti, mentre la proiezione per i partner della zona euro è di una crescita cumulativa di 20-25%».

Suonano come profezie, quelle del Fmi, che raccontano un’Italia in cui i salari reali cresceranno poco rispetto ai Paesi vicini. E il rischio, dicono da Washington, è quello di serie «implicazioni per l’emigrazione».

“Sarà una lunga notte per il tuo Paese. Ma lì fuori c’è un’intera generazione, quella dei tuoi figli, che deve partire, andare via” Da “I diavoli” (Rizzoli 2014)
 

tontolina

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Brexit: perché la UE se l’è cercata
Sul prestigioso NYT, il professore di letteratura e traduzioni presso lo IULM Tim Parks osserva allibito le reazioni post-Brexit. L’élite americana ed europea, anziché mettere in discussione la fiducia cieca in un progetto che sta fallendo tutti i propri obiettivi dichiarati, preferisce insultare la classe lavoratrice britannica che ha osato rompergli il giocattolo.
Di Tim Parks, 9 luglio 2016


Milano — Non è stato il risultato del voto sulla Brexit a sorprendermi. Mi hanno sorpreso quelli che sono rimasti sorpresi. Non è forse vero che i sondaggi avevano mostrato per settimane una sostanziale parità? O che gli Inglesi parlavano di questa prospettiva da decenni?

Non sono rimasto sorpreso e meno che mai scandalizzato. Se avessi avuto il diritto di votare, che ho invece perso dopo aver vissuto per 30 anni in Italia, avrei preferito rimanere nell’Unione Europea. Ma non ritengo uno scandalo che altri possano pensarla diversamente. Se votare “Leave” è uno scandalo, allora sicuramente è stato uno scandalo indire il referendum. E se è uno scandalo indire un referendum su una questione fondamentale per il destino di una nazione e molto sentita dalle persone, vorrà dire che sono io ad aver male inteso il significato di libertà e democrazia nel mondo occidentale.

Da dove arriva allora tutta questa incredulità e indignazione?
Perché questo senso di tradimento?
Perché molti non riescono ad accettare il risultato?
Sembra che negli ultimi 30-40 anni si sia cristallizzata l’idea che non ci possa essere un futuro pacifico e produttivo per l’Europa senza l’Unione Europea. Quindi, chiunque abbia votato per uscire da questa istituzione deve essere denigrato come pericoloso o ignorante, carnefice o vittima di un qualche sinistro populismo. Negli USA, questa dannosa reazione ha preso la forma del collegamento tra i leader del “Leave” e Donald J. Trump. Ma l’Inghilterra non è l’America e queste non erano elezioni presidenziali. Certo l’immigrazione ha pesato, ma nessun componente della campagna per il “Leave” ha mai suggerito che i mussulmani vadano banditi dall’Inghilterra. Al contrario, alcuni mussulmani si sono schierati per la Brexit. Interpretare i dibattiti di altri paesi nei termini della propria politica interna è un pessimo esercizio di fantasia.

Tutto questo shock, orrore e denigrazione impulsiva sarebbero comprensibili se l’UE stesse inanellando importanti successi e risolvendo i molti problemi dei suoi stati membri o, volendo volare più basso, avesse una figura di spicco con cui i cittadini europei potessero identificarsi, qualcuno di cui poter dire: “per quanto le cose stiano andando male, abbiamo fiducia in questo e in questo, crediamo che lui/lei abbia davvero a cuore gli interessi del mio paese, e sia davvero preoccupato per la disoccupazione che colpisce la mia città”, che si tratti di Newcastle piuttosto che di Napoli.

Possiamo onestamente sostenere questo di Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea, il braccio esecutivo dell’UE? O di Angela Merkel? Anche se sulla carta l’UE è una comunità di Nazioni, sappiamo perfettamente che chi esercita più potere è il cancelliere tedesco. E solo i tedeschi votano per eleggere il cancelliere tedesco. I suoi obblighi sono anzitutto verso i tedeschi. Nessuno di noi ha votato l’austero signor Juncker, che viene nominato dal Consiglio Europeo e approvato dal Parlamento Europeo. Attualmente le nostre cosiddette elezioni parlamentari seguono una logica puramente locale e nazionale, con una affluenza ridicola e pochissima consapevolezza di cosa faccia davvero questa istituzione. Nel 2014 hanno votato solo il 18% dei Cechi, il 13% degli Slovacchi e il 24% dei Polacchi.


Si tratta di un fallimento enorme.


Dopo 17 anni di euro, vedere le economie di Francia, Spagna, Italia e Grecia (che ha adottato la moneta comune nel 2001) in una stagnazione di lungo termine è un fallimento devastante. La disoccupazione giovanile in Spagna è intorno al 45%, in Italia intorno al 37%. E meglio non dire nulla della Grecia.

Ma il più grande fallimento dell’Unione è che, dopo decenni di regolamenti su qualsiasi cosa possibile, non è riuscita a rendere le Nazioni del Continente più vicine tra loro . Quotidianamente gli italiani si sentono dire se la politica economica dei loro governi è stata accettata o rifiutata da Berlino, ma gli italiani sanno poco o nulla di quanto fanno i tedeschi. In tutti i Paesi, seguiamo i nostri media nazionali e le agende sono incentrate sui nostri sistemi politici. Siamo Nazioni separate ma non sovrane. Obbediamo ai diktat di Bruxelles e leggiamo Jonathan Franzen e “Harry Potter”. Vediamo i film americani e seguiamo le elezioni americane molto più da vicino di quanto facciamo con quelle delle altre nazioni dell’UE. Vi sembra una comunità?

La classe media, l’élite culturale, ama pensare di essere parte di un progetto storico che porterà pace e prosperità al Continente, metterà fine alle guerre, si impegnerà nella difesa dell’ambiente, proteggerà gli europei dalle ambizioni delle superpotenze e dai saccheggi delle multinazionali [TTIP?'], ecc..

Anche a me piace questa prospettiva. Come molti altri, mi conforta questa nobile impresa.

Ma nel momento in cui il progetto non porta prosperità, non fa abbastanza per proteggere l’ambiente, quando le sue strategie protezioniste danneggiano sistematicamente le economie del terzo mondo, io, come chiunque altro, preferisco non pensarci; preferiamo girarci dall’altra parte. Non è questa la storia di cui ci piace far parte.

Per lo meno, negli anni ’90, sotto la leadership di François Mitterrand, Helmut Kohl e Jacques Delors, esisteva un vero progetto di unità politica in Europa. L’idealismo era ovunque. L’introduzione dell’euro è stato un momento chiave nel processo di una sovranità condivisa. Ma le difficoltà di gestire economie separate e molto diverse con la stessa moneta, mentre l’economia mondiale entrava in crisi, ha di fatto aumentato le tensioni tra i paesi membri, al punto che ormai c’è un ben piccolo spiraglio per la prospettiva del tipo di unione che avrebbe potuto rendere più gestibile la moneta comune, e non esiste l’idea di smantellarla. Semplicemente l’Europa è incapace di completare la trasformazione che essa stessa ha avviato; anziché guadare il torrente, sta affondando nel fango.
Nel frattempo, l’incanto della “buona comunità” fa da ostacolo ai cambiamenti. Perché mai Bruxelles dovrebbe riformarsi se nessun paese oserebbe mai andarsene?
Con la Brexit, questo sortilegio vecchio di decenni si è spezzato.
E come reagisce a questo allarme assordante l’élite liberale, da entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico? Dicono che non vale e insultano gli stupidi lavoratori inglesi che gli hanno rovinato la festa. Sarebbe più saggio riconsiderare la nostra fede in una narrativa che non ci sta portando da nessuna parte.
 

tontolina

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Brexit ha rovinato il vertice NATO
Diciamo che il vertice NATO a Varsavia non è andato esattamente come doveva, ossia nel senso di rafforzare l’apporto europeo contro la Russia. E ciò, pare essere stato un effetto collaterale del Brexit.

Ecco cosa è successo.

Strage di Nizza firmata Rita Katz. Qualche ipotesi. - Rischio Calcolato

Thierry Meyssan ha segnalato che Londra s’è sfilata dalle nuove richieste di Obama (più soldi e più armie più soldati) : “Il Regno Unito, che ha appena messo fine al suo “rapporto speciale” uscendo dall’Unione europea, ha rifiutato di aumentare la sua partecipazione all’Alleanza per compensare lo sforzo che ha terminato all’interno dell’UE. Londra si è rifugiata dietro il suo prossimo cambio di governo per eludere le questioni”.

Poi, il Financial Times ha raccontato che il primo ministro greco Aleksis Tsipras “ha rotto il consenso ufficiale caldeggiando la partnersiph con Vladimir Putin”. D’accordo, è stato “rapidamente stroncato” dal residente Obama (ti piace vincere facile..) .

Ma a questo punto (riferisce il notista l’ex ambasciatore Bhadrakumar), è stato Hollande a sorprendere: “La NATO non ha alcun ruolo nel dettare quali devono essere le relazioni con la Russia. Per la Francia, la Russia non è un avversario, non è una minaccia”.
Liquidando così il progetto vantato in anticipo dalla Mogherini, che aveva l’appoggio di Merkel, di risolvere e dissolvere la UE nella NATO per salvarla dallo sgretolamento ( un po’ allo stesso modo con cui ‘Francesco’ cerca di dissolvere la Chiesa nel Luteranesimo, pare anch’egli su mandato dei ‘fratelli’).

Questo atto di coraggio da parte del Budino dell’Eliseo è così insolito, da richiedere un’ipotesi. Secondo Bhadrakumar, c’entra ancora una volta il Brexit. Con l’uscita del Regno Unito, la quota tedesca nel Prodotto Interno Lordo della UE aumenta dal 20 al 25 per cento. Già ora Berlino ha esercitato la sua egemonia con la delicatezza ippopotamica che sappiamo: Berlino ha imposto la devastazione finanziaria della Grecia, oltretutto costosissima per i paesi membri, senza consultarne nessuno; allo stesso modo ha creato da sola la crisi degli immigrati, col suo pubblico invito, senza sentire il parere degli altri; anche sull’Ucraina, ha imposto la sua posizione, fino agli accordi di Minsk, che sono stati una faccenda a due tra Putin e la Merkel, che s’è portata dietro Hollande come un servetto. Quanto ingombrante diventerà la Germania che ora, con l’uscita britannica, diventa proprietaria, per così dire, di un quarto del Condominio-Europa? Non sarà più possibile la pietosa finzione dell’asse “alla pari” franco -germanico risalente ai tempi di Adenauer e De Gaulle; la funzione di Londra come ‘balance of power’ (ecco un altro concetto presunto sorpassato che torna), viene a cessare.

E nella memoria storica di ogni francese, per molle che sia, c’è l’incubo e la vergogna del 1870, la Prussia che occupa Parigi con gli elmi chiodati, e quell’altra volta con Hitler…
Se poi Hollande volesse dimenticarlo, glielo ricorda Sarkozy, che si ripresenta alla corsa all’Eliseo – elezioni l’anno prossimo – con un programma “di destra nazionale”, cercando di occupare opportunista le posizioni di Marine LePen, visto che il 61% dei francesi sono ostili all’Unione Europea (nei sondaggi, Hollande è sceso al 13%). All’invocazione della Merkel – che all’uscita di Londra bisogna reagire con “una più forte Europa” – Sarko, al Figaro, ha risposto: “Se la risposta al Brexit è una Europa ancor più tedesca, andiamo a sbattere contro un muro”. Inopinatamente, Sarko s’è ricordato di essere un gaullista, dopotutto: ed ha fatto appello ad una “Europa delle nazioni”. Una posizione su cui non solo la LePen , ma anche il capo della sinistra francese Jean-Luc Mélenchon, è d’accordissimo.

Anche qui, si assiste al ritorno di un passato che credevamo tramontato: nei secoli, quando il vicino prussiano diventava schiacciante, Parigi si avvicinava a Londra; in mancanza, come seconda scelta, in funzione antitedesca, allo Zar. Non siamo ancora a questo, ma s’è capito che Hollande teme il formarsi di un asse di ferro tra Germania e Stati Uniti che lo lascerebbe appeso fuori. Obama, all’indomani del Brexit, ha dichiarato che ora Washington avrebbe coltivato la “relazione speciale” con la Merkel; le ha subito affidato il compito di ingabbiare i paesi UE nel proseguire le sanzioni contro la Russia e di far loro sborsare il 2% del Pil per la NATO – cosa che Angela ha compiuto con zelo scodinzolante: non dimentichiamo che essa spera di venir premiata del suo zelo con la poltrona di segretaria generale dell’Onu ( un fine-carriera più onorevole che finire consulente di Goldman Sachs, come Barroso…).

“Gli antagonismi nazionali in Europa che hanno alimentato due guerre mondiali non sono realmente scomparsi”, ha notato Bhadrakumar. Stanno risorgendo, perché il Brexit ha sommosso un ordine che era solo di superficie, e una solidarietà troppo maltrattata dalla Merkel.

Oltretutto, a Varsavia Obama s’è pubblicamente irritato coi polacchi: quel governo di destra, ferocemente anti-russo, e va bene; però non rispetta le norme costituzionali – “ciò che fa’ di noi una democrazia”, come li ha rimproverati già la Commissione Europea un mese fa, minacciando Varsavia di sanzioni per aver “addomesticato” la sua Corte Costituzionale, e per avere un esagerato concetto della propria sovranità nazionale – e capeggia gli altri insubordinati del Gruppo di Visegrad, eurocritici al massimo.
Il punto è che anche il regime nazionalista a Varsavia vive uno sgradevole déjà vu storico. “Arriverà il Quarto Reich?”, titolava a tutta pagina durante il vertice NATO la Gazeta Polska. Ora che il Regno Unito è fuori, la Germania appare troppo grossa, troppo vicina e troppo minacciosa, pronta ad eseguire a bastonate gli ordini punitivi della Commissione. Insomma la Polonia politica vuole sì le truppe NATO contro Mosca, ma che fra queste truppe ci siano i tedeschi, la inquieta un po’. E’ il passato che ritorna.

http://www.nytimes.com/2016/07/09/world/europe/obama-poland-nato-summit.html?_r=0

Per di più, da giorni in Ucraina sfila una marcia della pace di decine di migliaia di persone che chiedono la fine del conflitto; ad ogni città che attraversa, si aggiungono altre persone. Il regime di Kiev è nel panico. Pare voglia ordinare all’esercito (ossia ai suoi nazi del Pravi Sektor) di usare la forza. La bella costruzione della Nuland, costata ai contribuenti Usa 5 miliardi, è in pericolo, minacciata dalla democrazia.


La marcia della pace in Ucraina. Ignorata dai media, Mogherini e Boldrini.

Il rischio di sgretolamento della UE e della NATO s’è rivelato.

Quale miglior rimedio che rafforzarla chiudendola nella gabbia di ferro della “lotta al terrorismo” che “ci minaccia tutti”? E’ solo un’ipotesi, badate. Viene dalla rilettura di Orwell. “Siamo sempre stati in guerra con l’Eurasia”. Siamo sempre stati in guerra contro l’ISIS (ma non erano nostri alleati contro Assad? Hollande e Sarko non sostenevano Al Nusra?)

L’articolo Strage di Nizza firmata Rita Katz. Qualche ipotesi. è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.
 

tontolina

Forumer storico
Che danni ha fatto e farà la Brexit?

Oggi in via del tutto eccezionale, con almeno 10 giorni di anticipo, la società Markit rilascia i dati sul sentimenti dei direttori degli acquisti servizi e manifattura

alle 10,30 quello inglese
alle 9,00 quello francese
alle 9,30 quello tedesco

Buoni quelli francesi, 50,3 servizi - 50 composito - 48,6 manifattura

Buoni quelli tedeschi, 54,6 servizi - 53,7 manifattura (brutto) - 55,3 composito

Male quelli inglesi, 47,4 i servizi, tiene la manifattura 49,1 ma sotto i 50


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