EFFETTO BREXIT (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
EFFETTO BREXIT: PORTARE I RISPARMI IN GRAN BRETAGNA E VIVERE SERENI SENZA PIU’ LA MINACCIA UE DI BAIL IN, TASSE E FISCO
28/06/2016
Alla fine il Brexit è giunto: i favorevoli all’uscita del Regno Unito hanno vinto contro ogni speranza degli eurocrati e dei filo ue, che si sono lasciati andare al peggio del peggio. Sorvolando sugli insulti ad anziani e pensionati (come se i detrattori non diventassero a loro volta anziani) e sulla bufala della petizione per il rifacimento del referendum (anche in questo caso i “milioni” di sottoscrittori erano in realtà frutto di un gruppo di hackers), il dato di fatto è che le catastrofali previsioni della stampa di regime non si sono verificate.


Ricordate? La Borsa di Londra avrebbe dovuto crollare, i titoli di stato inglesi essere venduti a mani basse ed il loro rendimento schizzare alle stelle ed a seguire arrivare l’invasione delle cavallette e la morte dei primogeniti.
Nella realtà dei fatti la Borsa londinese è quella che ha perso meno, il rendimento dei titoli di stato è sceso e la svalutazione della sterlina è rimasta ben dentro livelli accettabili e comunque tali da favorire le esportazioni calmierando le importazioni (il che, per un paese con la bilancia commerciale squilibrata a favore dell’import non è assolutamente un fattore negativo). Gli “esperti” hanno trovato anche in questo elementi per dire che il Regno Unito sarà destinato alla rovina, ma tant’è alle previsioni campate in aria siamo abituati da tempo.

Chi ha avuto diversi problemi ed ha messo a segno alcune tra le performance peggiori è stata, invece, la borsa italiana. Per quale motivo? Semplice: è appesantita dal comparto bancario ormai sull’orlo del fallimento. Non a caso il premier non eletto Renzi sta valutando un intervento da 40 miliardi di euro per evitare il disastro. Forse l’invasione delle cavallette avverrà più verso il Mediterraneo che il Mare del Nord…

Oggi le prospettive del Regno Unito sono decisamente buone, a dispetto dei profeti di sventura, in quanto fuori dai lacci e lacciuoli della UE potrà ulteriormente rafforzare il proprio sistema bancario e finanziario.

Il nostro consiglio, per chi può, è di iniziare ad investire proprio là. In primis perché lo può fare in sterline e, passata la prima fase speculativa sul suo corso, potrebbe pure portarsi a casa un guadagno dato dal suo rialzo sull’euro, ma al di là di quello, la sterlina è una moneta che ci sarà anche in futuro, mentre sull’euro iniziano ad addensarsi nubi sempre più nere, se perfino uno squalo della finanza come Soros inizia a parlare di crisi irreversibile dell’unione europea e della moneta unica.

In seconda battuta, per effetto della svalutazione, le imprese inglesi potrebbero veder migliorare i propri affari attraverso l’export e quindi dar via ad una crescita del pil con benefici effetti anche sugli investimenti.

Il sistema bancario, poi, è ben presidiato dalla banca centrale, che è già intervenuta pesantemente nella crisi del 2008 salvando gli istituti di credito, a differenza della zona euro, dove interventi del genere sono oggi proibiti: un ombrello protettivo da non sottovalutare.

A quanti prevedono dazi e ritorsioni da parte della ue nei confronti dei territori di Sua Maestà, ci limitiamo a ricordare che la Germania ha già auspicato la possibilità di stipulare accordi commerciali privilegiati con l’Inghilterra, e lo stesso hanno dichiarato USA e Canada. Quindi anche il paventato isolamento del Regno Unito non si vede minimamente all’orizzonte. D’altra parte, ve la vedete la Germania rinunciare a 15 miliardi di esportazioni solo per fare un dispetto a Sua Maestà?

Chiaramente sono consigli in netta controtendenza rispetto alla vulgata dei media nazionali ed europei, dove invitano a fuggire dal Regno Unito, ma visto come sono andate le “previsioni”, riteniamo sia il caso di riflettere attentamente sulle opportunità offerte dai territori di Sua Maestà.

Ma l’aspetto più interessante di tutto ciò è che con l’uscita dalla Ue, la Gran Bretagna è diventato uno stato extracomunitario nel quale non hanno valore le “regole” finanziarie, economiche, commerciali, e tutta l’enorme mole di imposizioni, della Ue!

Questo significa che portando – già oggi – i propri risparmi nel Regno Unito – il sistema è semplicissimo, basta consultare i siti web di una qualunue banca britannica – si sottraggono alle rapaci grinfie delle imposizioni fiscali della Ue, specie quelle italiane.

Tutto è completamente differente e migliore, fuori dalla prigione Ue. Non vi chiediamo di credere fideisticamente a quanto scriviamo. Vi diciamo solo: verificatelo di persona e rimarrete esterrefatti. Cosa che evidentemente già molti devono aver fatto, perchè gli acquisti di titoli di stato britannici sono schizzati alle stelle, e il rendimento per conseguenza è disceso attorno all’1,5% (che comunque in Italia ve lo sognate).

Luca Campolongo – Il Nord

EFFETTO BREXIT: PORTARE I RISPARMI IN GRAN BRETAGNA E VIVERE SERENI SENZA PIU’ LA MINACCIA UE DI BAIL IN, TASSE E FISCO
 

erbufalo

Forumer attivo
grazie domani mi attivo come aprire il conto e pese,se non spendo molto sposto tutto li,anche se alle poste svizzere non è male
 

big_boom

Forumer storico
ci sto facendo pure io un pensierino per l'Inghilterra
la svizzera e' sull'orlo di una crisi immobiliare causata dalla crisi dell'euro
pero' le banche svizzere offrono ancora servizi con discreta garanzia e ottimi servizi
 

tontolina

Forumer storico
Possiamo dire che da un punto di vista finanziario l’Inghilterra adesso è fragile?
Fragilissima. E il rischio di vedere il pound sotto attacco è molto concreto. Una moneta fuori controllo può essere devastante per un Paese, in particolar modo se è povero di materie prime. Può condurre a iper-inflazione, blocco dei capitali e via dicendo
Leggi: UK, l’inizio della fine. UE, la fine dell’AusterityIl Tredicesimo Piano [26/06/2016]
 

tontolina

Forumer storico
Brexit: no all'Europa

Ha vinto il Leave: The Show Must Go On

Il Brexit cambia poco. Da qui ai prossimi dodici mesi avremo un nuovo Presidente alla Casa bianca, un nuovo inquilino all'Eliseo e un nuovo governo tedesco. Per non parlare delle elezioni spagnole di domenica e di quello che potrebbe succedere in Italia dall'autunno in poi. Navigare a vista è obbligatorio.
Regina_saluto_brexit.jpg

Quarant’anni, passaporto italiano, con una fama da “duro” sulla street finanziaria, Bruno Livraghi è il responsabile della sede londinese del colosso M*** L***, uno dei principali hedge fund americani. Mentre il risultato del referendum in UK trascina le borse in profondo rosso diffondendo il panico, Livraghi accetta di rispondere a qualche domanda su una giornata destinata a rimanere nella Storia.

Quali sono le sue impressioni a caldo sul risultato della consultazione referendaria?

Occorre partire da una premessa: per vincere le ultime elezioni e coprirsi sul “fianco destro”, Cameron ha promesso il referendum, innescando forze che pensava di controllare e che invece gli sono sfuggite di mano. Ecco una perfetta sintesi della politica in questa fase: una totale confusione tra tattica e strategia, e una prevalenza del breve termine sul lungo periodo. Un’evidente miopia e un plateale errore prospettico.

Perché il Remain ha perso?

Per colpa degli endorsement. Il bacio della morte all’Europa, l’hanno dato i suoi sostenitori. La City, i cantanti, i divi hanno sortito l’effetto opposto a quello desiderato. Il quadro generale è la convergenza trasversale tra una parte dei Tories e una parte del Labour.

Non le sembra di sopravvalutare la funzione degli endorsement?

No, per nulla. Sul piano simbolico hanno avuto un impatto devastante. Ormai la discontinuità viene premiata ovunque. UK non fa eccezione. Mi spieghi il motivo per cui intere fasce di popolazione che si sentono defraudate avrebbero dovuto votare per la continuità? Che cosa significa per questi strati sociali la presa di posizione di Bob Geldof? Assolutamente niente. Anzi, può ispirare pulsioni contrarie. E’ così che va quando si smarrisce la capacità di costruire consenso ed esercitare egemonia.

Cosa prometteva il Remain?

Continuità. I giovani hanno votato Remain, il dato è incontrovertibile. E quello è un voto universalista. I giovani hanno temuto una chiusura verso i loro coetanei continentali. La parte più profonda del Paese, però, ha votato compatta per uscire. La paura ha nettamente prevalso sul resto.

E chi sono i vincitori?

A Berlino, in questo momento, non sono pochi quelli che stanno festeggiando. L’Europa potrà accelerare sul processo d’integrazione. UK, in fondo, era un soggetto frenante. Temo che la leadership tedesca uscirà ulteriormente rafforzata.

Un disastro per il Sud Europa?

Si vedrà… Probabilmente ci saranno ulteriori concessioni sul lato fiscale. Ma questa situazione, se gestita adeguatamente, potrebbe rappresentare una grande opportunità. Certo, è ancora presto per dirlo.

Non perde nessuno, allora.

Forse diminuiranno le importazioni di macchine e la City dovrà riposizionarsi, ma era un processo già in atto. Il capitalismo globale si adatterà al nuovo stato di cose. E poi le banche centrali combatteranno con il coltello tra i denti.

Lei sembra troppo tranquillo.

Guardi, le spinte centrifughe agivano da tempo e la fibrillazione dell’Unione era un fatto. Il Brexit cambia poco. Da qui ai prossimi dodici mesi avremo un nuovo Presidente alla Casa bianca, un nuovo inquilino all’Eliseo e un nuovo governo tedesco. Per non parlare delle elezioni spagnole di domenica e di quello che potrebbe succedere in Italia dall’autunno in poi. Navigare a vista è obbligatorio. La congiuntura è epocale su un versante del quadro politico e sancisce l’indiscutibile fine della socialdemocrazia per come l’abbiamo conosciuta. Qualcosa di paragonabile all’estate del 1914 e all’inizio della prima guerra mondiale. Il fronte socialista perde definitivamente le ragioni della sua esistenza.

Oggi lei come si sta muovendo sui mercati?

Osservo e cerco opportunità per comprare titoli sottovalutati. La volatilità per noi è una benedizione

Soundtrack:


Per capirne di più, leggi anche: Should I stay or should I go. UK al voto (Leggi)
 

tontolina

Forumer storico
Brexit, analisi
UK, l’inizio della fine. UE, la fine dell’Austerity
Prevedo che per evitare questa situazione, UK cercherà di assumere – anzi, meglio: di certificare – il ruolo di piazza di riciclo mondiale. Cercherà di farlo ai margini dell'Europa, il che rende tutto più complicato.
Bank_of_england.jpg

Nato a Liverpool sessantuno anni fa, Philip Wade insegna Storia contemporanea al “Birkbeck” College di London City. Studioso del teatro elisabettiano, un prestigioso MBA in Economics e un passato da strategist presso il desk fixed income della J*** Bank, è considerato una delle voci più influenti e autorevoli della sinistra inglese.

Mister Wade, una battuta su quello che è accaduto giovedì in UK.

A sorpresa e contro ogni pronostico, ha vinto il Leave.

E chi ha perso?

Tutti noi. Ed è una sconfitta pesantissima dalle implicazioni ancora più pesanti. Da un punto di vista economico, l’uscita dall’Unione non può tenere. Qui in Gran Bretagna, Bank of England ha già comprato il 40% del debito pubblico. E di fatto nemmeno riceve più le cedole dal Tesoro.

In altre parole?

In alter parole, sul 40% del debito lo Stato non paga interessi.

Dunque torniamo ai giochi di prestigio delle banche centrali?

Bank of England stampa denaro e con quello compra debito pubblico. Non chiede più cedole al Tesoro, perché dovrebbe rigirarle comunque sotto forma di dividendi. È una pratica che usano anche a Washington DC, ma in questo caso è molto pericolosa, perché Bank of England è debole: e in caso di un attacco alla sterlina, non avrebbe la forza di opporsi. Sarebbe sola contro tutti. Contro il mercato che vede la preda debole, e contro le altre banche centrali che almeno all’inizio non correranno ad aiutarla.

Possiamo dire che da un punto di vista finanziario l’Inghilterra adesso è fragile?

Fragilissima. E il rischio di vedere il pound sotto attacco è molto concreto. Una moneta fuori controllo può essere devastante per un Paese, in particolar modo se è povero di materie prime. Può condurre a iper-inflazione, blocco dei capitali e via dicendo.

Ed è questo che prevede per UK in futuro?

Prevedo che per evitare questa situazione, UK cercherà di assumere – anzi, meglio: di certificare – il ruolo di piazza di riciclo mondiale. Cercherà di farlo ai margini dell’Europa, il che rende tutto più complicato. Non sarà facile, e non è detto che sarà possibile. Però, guardi, non mi sorprenderei di vedere un attacco speculativo su pound e CDS UK nelle prossime settimane. Quando perderemo la tripla A, finiremo sui radar screen dei più grandi raider. E allora sarà tempesta.

Stanno circolando già petizioni per tornare al voto. Un nuovo referendum. Che ne pensa?

C’è qualcosa di buono in questa storia: i più giovani si sentono europei. Credo che il processo di separazione verrà attuato in modo così lento che qualcuno, prima o poi, tenterà di riportare UK nell’Unione. Succederà, è inevitabile. E mi auguro che i laburisti saranno alla testa di questo tentativo. Sono gli unici a poterlo fare, a condizione di chiarire alcune ambiguità e di compiere scelte nette.

Suona come un attacco a Jeremy Corbyn.

È un attacco alle ambiguità, alle mezze misure e alle decisioni sostenute con poca convinzione.

Se fosse un giovane neolaureato di un altro Paese, verrebbe ancora a lavorare a Londra?

Non lo so. Di sicuro mi muoverei in Europa, ma oggi in UK tira un vento pesante. Però voglio ricordare le parole di Sadiq Khan, il nuovo sindaco laburista di Londra: «Voglio mandare un messaggio molto chiaro a tutti i cittadini europei che vivono a Londra: siete più che benvenuti qui. Come città, siamo grati per il vostro enorme contributo, e questo non cambierà dopo il risultato del referendum. Oggi sono quasi un milione i cittadini europei che vivono a Londra, e portano enormi benefici alla nostra città – lavorando duramente, pagando le tasse, lavorando nei nostri servizi pubblici e contribuendo alla nostra vita civica e culturale».

Leggi anche: Brexit: battaglia navale
Leave or remain? In or out? Dentro o fuori? To be or not to be? Questo è il problema, ma io non ho più risposte. E se Amleto fissava il teschio di Yorick, il buffone di corte, a noi non resta che fissare le orbite, vuote e nere, di un altro teschio: quello dell’Europa. (Leggi tutto)http://www.idiavoli.com/2016/06/20/brexit-battaglia-navale/
 

tontolina

Forumer storico
Brexit
Brexit

24 giugno 2016, un giorno destinato a passare alla cronaca della storia finanziaria, il giorno della Brexit, il giorno del più grande ribasso della Borsa Italiana, -12,48%, oltre 60 miliardi di Euro bruciati in un solo giorno.

Per capire come siamo arrivati a perdere oltre il 12%, record al 2016 di maggior perdita in una singola seduta della Borsa Italiana, dobbiamo fare un passo indietro e spostarci in Inghilterra, dove il Premier di una Nazione abituata a spuntare compromessi favorevoli si ritrova una scomoda minoranza interna al partito. Inoltre gli euroscettici dell’Ukip, capitanati da Nigel Farange, alle europee del 2014 hanno registrato il loro miglior risultato diventando il primo partito in Gran Bretagna nell’Europarlamento con il 27,5% dei consensi.

Cosa fare quindi? Dai sondaggi emerge che una larga maggioranza di cittadini britannici è favorevole alla permanenza all’interno dell’UE, nasce quindi l’idea di fare un referendum consultivo per sbattere in faccia alla minoranza del partito il favore dell’opinione pubblica e vincere le prossime elezioni amministrative a mani basse.

Sulla carta è un piano geniale da animale politico di razza. Tutto viene orchestrato a regola d’arte e i premier degli stati membri rimangono spiazzati dalla decisione del leader illuminato che si ritaglia una posizione di peso sempre maggiore all’interno della coalizione. Gli exit poll che confermano il vantaggio e i principali bookmakers che ne avvalorano gli esiti.

Succede però un evento imprevisto a pochi giorni dal voto. Jo Cox, una giovane deputata laburista impegnata a difesa delle minoranze e a favore dell’UE, viene barbaramente uccisa da un fanatico nazionalista sostenitore del Brexit. Paradossalmente la morte della giovane deputata porta simpatie al Bremain che sale nei sondaggi.

161816X63YJSDHB_rexit.jpg


Il giorno prima del referendum i sondaggi danno al 52% il remain e al 48% il leave anche se sono ancora molti gli indecisi. Il clima è di serenità apparente, i mercati finanziari vivono un settimana di pacata euforia e chiudono sui massimi con buoni spunti nel finale di giovedì 23 giugno.

Il referendum si tiene di giovedì, sono chiamati alle urne 46.499.537 elettori britannici chiamati a decidere le sorti e il ruolo della Gran Bretagna all’interno dell’Europa e della UE come progetto politico, i seggi sono aperti in tutto il Paese (Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda del Nord) dalle 7 del mattino alle 22 ora locale (8-23 in Italia).

Alle prime ore di venerdì 24 giugno inizia lo spoglio, le prime schede scrutinate danno in vantaggio il Remain, l’effetto è paradossale perché molti giornali devono andare in stampa per essere disponibili venerdì mattina e usciranno con la prima pagina che titola la sconfitta dei Brexit.

Alle 4 il risultato è quasi capovolto e alle 5 e mezza non ci sono più dubbi, ha vinto il Brexit con quasi due punti di vantaggio, c’è il serio rischio che Bruxelles venga travolta da un effetto domino. Sebbene Londra e la Scozia abbiano votato largamente a favore del "remain", il resto del Paese ha votato per lasciare l'Unione europea. 48,2 contro 51,8 per il 72,2% dei votanti, è il trionfo della democrazia.

I mercati rispondono, inizia Tokio che chiuderà con un -7,92%, il Dax perde più di 10 punti percentuali già alle 8 di mattina. Il mercato Italiano vede l’indice dei titoli bancari a -20% e i primi scambi vengono rinviati alle 9:45, è subito un bagno di sangue con quotazioni a -12%.

A fine giornata il bilancio è sanguinoso, oltre 60 miliardi di euro bruciati, una chiusura a -12,48% con la maggior parte dei bancari che perdono altre il 20% David Cameron si dimette da premier. E’ il più grande crollo del mercato Italiano.

161816X63YJSDHB_rexit.jpg

Venerdì 24 giugno 2016 – Chiusura FTSE Mib.
161816X63YJSDHB_rexit.jpg

Venerdì 24 giugno 2016 – Grafico a 1 minuto FTSE Mib

161816X63YJSDHB_rexit.jpg

Grafico settimanale del FTSE Mib

E gli altri mercati non se la passano tanto meglio, nella catastrofe generale, Londra limita le perdite a un -3,15%, queste le variazioni percentuali dei principali indici in chiusura di giornata:

DAX 9557,16 -6,82%
DOW JONES 17400,75 – 3,39%
NIKKEY 225 14952,02 – 7,92%
Eurostoxx 50 2776,09 – 8,62%
Parigi 4106,73 -8,04%
Madrid 7787,70 -12,35%
Zurigo 7747,18 – 3,44%
Bruxelles 3274,19 -6,4%
Atene 534,78 – 13,42%
Mosca 912,49 – 3,04

Il Brexit era completamente inatteso, un perfetto esempio di cigno nero.

Curiosità
- Brexit è la fusione delle parole Britain ed exit (uscita), sintesi dell'addio della Gran Bretagna alla Ue. Bremain, da Britain e Remain (restare), indica invece la scelta pro-Europa.

- È la prima volta che un Paese membro sceglie se lasciare o restare nell'Unione Europa. In realtà il Regno Unito, nel 1975, ha già votato sullo stesso quesito e il 67,2% degli inglesi decise di restare. Ma allora la Ue si chiamava Cee e solo un Paese le ha voltato le spalle nel 1985: la Groenlandia, rimasta comunque parte della Danimarca, che è invece ancora membro della Ue.

- Il giorno dopo il Brexit colpisce ancora. Altro crollo delle Borse con Piazza Affari che chiude a 15103 punti a -3.94%.
 

tontolina

Forumer storico
dopo il referendum britannico

Una pugnalata nel buio: così Gove
il congiurato ha eliminato Boris

Una commedia shakespeariana sconvolge il già agitato partito conservatore
A farne le spese è colui che fino a ieri sembrava il gran favorito per il post Cameron

logo_firma.png
di FABIO CAVALERA

LONDRA - Siamo sinceri: che sia benedetta la Brexit perché finalmente ha fatto saltare il tappo. La soporifera politica britannica all’improvviso offre una sceneggiatura da spaghetti-western (a Westminster parlano di tragedia shakespeariana ma sono o troppo buoni o ingenui), con i pistoleri «cattivi» impallinati (Boris Johnson) e i bounty killer (Michael Gove) che li impallinano all’ultima scena, con nani e ballerine di contorno (per usare un’immagine che ci è cara) e con eleganti madame in cerca di affermazione (Theresa May). Morti e feriti sul campo. Se non fosse che tutto ciò rischia di avere ricadute pessime sull’Europa intera, ci sarebbe da ridere. Invece c’è di che preoccuparsi di questo Mezzogiorno di fuoco londinese.

Complotti, bugie, tradimenti
Dimentichiamo l’idilliaca immagine del conservatorismo all’inglese, condito da buone maniere. In rapida successione accade che Boris Johnson tradisca David Cameron per prenderne il posto, poi che lo stesso Boris Johnson confidi sull’alleato Michael Gove (ministro della Giustizia) per la scalata a Downing Street, successivamente che il furbo Michael Gove infilzi sia David Cameron sia Boris Johnson (suoi amici fraterni) e si metta lui in corsa per la poltrona massima complice la moglie e forse lo stesso David Cameron, infine che Michael Gove (uomo della Brexit) se la debba vedere con Theresa May (all’apparenza pro-Europa ma euroscettica viscerale). Giuravano: mai e poi correremo per la leadership. Bugiardi e gran bugiardi: adesso chi vincerà?


Il profilo del camaleontico Gove
Boris Johnson paga la sua sete di protagonismo, uno showman. E soltanto uno showman poteva infliggergli il colpo fatale. Come e perché andiamo a scoprirlo. Michael Gove quando aveva vent’anni e frequentava l’università a Oxford (lettere) sembrava già un cinquantenne (di anni ne ha 48) «intrappolato in un corpo da ventenne», parola dei suoi ex compagni. Belle maniere e ingessato nella divisa da tory. Cervello finissimo. «Ideologicamente il più anfibio che ci sia a Westminster», lo giudica il liberaldemocratico Chris Huhne ex suo collega di governo. Per sintetizzare: uno, Michael Gove, che non strilla, cocciutamente difende il suo credo e mente con classe. E’ scozzese, nato a Edimburgo. Abbandonato dalla madre che aveva 4 mesi, adottato da una famiglia povera di Aberdeen. Laburisti nel cuore, papà e mamma. Michael ha preso la sua strada. A Oxford scoprì la passione per i conservatori ma la sua domanda per entrare del Dipartimento di Ricerca del partito fu all’inizio bocciata in quanto il ragazzo appariva «insufficientemente conservatore». Chissà se questa delusione lo ha segnato e gli ha consigliato di schiacciare sull’acceleratore: nel tempo è diventato il paladino dell’ala destra. Con qualche sbandamento: «Ammiro George Bush e ammiro Antonio Gramsci». Altro da aggiungere? «Ammiro pure Rupert Murdoch (il patron di Sky, del Times e dei tabloid, ndr), una delle più grandi figure degli ultimi 50 anni di storia». Insomma, «una persona complicata» per James Kirkup del Daily Telegraph.

Il ruolo della moglie di Gove
Il suo curriculum è denso (deputato, ministro dell’Educazione, ministro della Giustizia) ma conta una cosa ai nostri fini post Brexit: l’incontro di Gove con Sarah Vine, columnist del Times prima e del Daily Maildopo. Sua moglie, signora che tiene parecchi attributi e che è all’origine della disgrazia di Boris Johnson. Veniamo ai giorni che ci interessano. Gove è partito come sparring partner di Boris. «Lo sosterrò per la leadership». Boris, tronfio e sicuro, ha marciato convinto. «Sono arrivato alla conclusione che Boris non poteva garantire la leadership di cui abbiamo bisogno». Ecco il Michael Gove in ultima versione, giovedì a mezzogiorno. In mezzo c’è la moglie, Sarah, che di Boris ha sempre avuto naturale sospetto e antipatia. Sarà un caso ma nel pieno della corsa sono uscite le email di Sarah al marito: «O ti mette per iscritto le garanzie contro gli immigrati o niente. Non fidarti». Lo ha spinto e convinto. E così è finita la storia di Boris, showman impallinato. Ed è cominciata la storia di Michael Gove, bounty killer. Oltre che showman di sperimentata abilità. Aveva lavorato, da giovane giornalista a Channel 4 e aveva partecipato a una commedia di successo. Titolo? «Una pugnalata nel buio». Proprio così. Povero Boris, se lo era dimenticato

30 giugno 2016 (modifica il 30 giugno 2016 | 23:57)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

tontolina

Forumer storico
Juncker : i "dirigenti di altri pianeti" sono preoccupati per l'Europa

Juncker : i "dirigenti di altri pianeti" sono preoccupati per l'Europa

Categoria: News Internazionali
Pubblicato: 03 Luglio 2016
Letture: 9174
Immaginate se Carlo Sibilia - o un qualunque altro deputato 5 Stelle - avesse dichiarato che lui parla regolarmente "con i dirigenti di altri pianeti". Si sarebbe scatenato il finimondo, gli avrebbero dato dell'ubriacone e avrebbero chiesto subito le sue dimissioni da parlamentare.

Se invece una cosa del genere la dice Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea, allora non succede niente.
 

tontolina

Forumer storico
L’esercito degli invisibili: UK ai tempi del Brexit
Spostare l'attenzione sul conflitto generazionale per occultare quello di classe è un vecchio trucco, un rimedio per tutte le stagioni. Ma in troppi hanno visto… Hanno visto moltitudini d’inglesi migrare da Londra verso città a buon mercato, “galleggianti” su un oceano di solitudine, povertà, disperazione e paura. Hanno visto migliaia di giovani arrivare a Londra – nel cuore del nuovo “miracolo”, al centro del “sogno” – per rimanere incatenati a lavori di merda. Hanno visto la desertificazione del Nord Inghilterra insieme all’esclusione che dilagava. E cosa avrebbero dovuto votare?


Dear Britannia,

una volta George Orwell ti ha definita «Una famiglia diretta dai membri che non capiscono nulla». Una famiglia… una comunità chiusa, chi sta dentro e chi sta fuori.
Gli ultimi giorni ti hanno sconvolta. Il referendum, il caos. Una valanga di commenti, analisi demografiche, accuse d’ignoranza rivolte al popolino – la populace, dicono in Francia – colpevole di aver votato per il Leave. La reazione al Brexit ha la stessa natura della ragione del Brexit.
In realtà il Leave è stato votato da un esercito d’invisibili, cittadini solo di nome, fantasmi di fatto, molto spesso sfuggiti ai big data, ai sondaggi, alla finestra sempre aperta dei social network.
E adesso, dopo il risultato, gli altri corrono a recuperare firme, milioni di firme, per rifare il referendum. Insultano e delegittimano i fantasmi, gli invisibili, i cittadini solo di nome. Invece dovrebbero interrogarsi sui motivi per cui la maggioranza ha scelto una strada discontinua, accidentata, rifiutando la continuità.
Non c’entrano Boris Johnson, i dubbi di Corbyn o la faccia esaltata di Farage. No, non c’entrano. L’esercito degli invisibili ha voluto concedersi il lampo di un’apparizione, l’eclatante uscita dalle ombre delle quinte, un fragoroso irrompere al centro della scena.
E se pure ci sono danni, beh, che li riparino Loro: quelli sempre visibili, quelli degli exit poll, gli champagne-laburisti e gli smart-conservatori.
David Cameron si è dimesso. Boris Johnson non si candiderà alla guida dei conservatori. I due rampolli di Eton dal curriculum perfetto si eclissano. Eccolo, il fallimento dell’old boy network, la frantumazione dell’élite britannica vittima della sua stessa arroganza, quella che ti ha trascinata in un referendum tanto stupido. I membri stupidi di una famiglia, sì: la loro famiglia.

Per spiegare il risultato della consultazione referendaria, hanno usato la chiave generazionale, contrapposto i giovani ai vecchi, il Paese moderno e velocissimo al Paese passato e immobile.
Se non fosse tragica, questa lettura sarebbe buffa e grottesca. Si basa sugli stessi soft data, i medesimi riscontri, le solite interviste. Fonda un manicheismo snob che palesa l’inevitabilità della sconfitta del Remain.

Dicono: “Ma i giovani!” Non dicono che tra dieci anni molti di quei giovani saranno le nuove schiere degli invisibili e dei fantasmi. Dentro o fuori? In o out? Ma non rispetto all’Europa, no. In UK, piuttosto. Lungo le tante faglie che frantumano uno dei paradigmi della cittadinanza moderna. L’altro, quello francese, si sfarina allo stesso modo dall’altra parte della Manica.
Leave o Remain è solo un altro modo per dire “inclusi” ed “esclusi”. Oggi un ventenne può nutrire ancora la speranza di essere incluso, ma quanti ventenni sono – in realtà – gli esclusi di domani?

Dentro o fuori? In o out?

“La speranza è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda” diceva un famoso regista italiano. Chi ha votato Leave non ha più “speranza” e ha affermato il senso della propria condizione dopo decenni di politiche escludenti, in questa nazione delusa, laboratorio della dissoluzione del fordismo e delle politiche keynesiane. L’Inghilterra della deindustrializzazione e dei servizi finanziari, delle start-up e del sistema educativo meritocratico ma riservato ai milionari, l’Inghilterra dei minatori sconfitti e della società-che-non-esiste. Una copia degli Stati Uniti, ma senza il potere. Thatcher e Reagan, Blair e Clinton, le guerre stupide, la City e Wall Street: sempre paralleli, sempre convergenti.

Spostare l’attenzione sul conflitto generazionale per occultare quello di classe è un vecchio trucco, un rimedio per tutte le stagioni. Ma in troppi hanno visto…
Hanno visto moltitudini d’inglesi migrare da Londra verso città a buon mercato, “galleggianti” su un oceano di solitudine, povertà, disperazione e paura. Hanno visto migliaia di giovani arrivare a Londra – nel cuore del nuovo “miracolo”, al centro del “sogno” – per rimanere incatenati a lavori di merda. Hanno visto la desertificazione del Nord Inghilterra insieme all’esclusione che dilagava. E cosa avrebbero dovuto votare?
I partiti si sono spaccati, e l’indicazione politica ha perso valore. Del resto la politica moderna è al tramonto. Farage sembra il padrone del gioco, ma sparirà anche lui, perché la vittoria del Leave non gli appartiene davvero. Non appartiene a nessuno. E gli Euroscettici o i No Euro, sparsi per il continente, non pensino che questa è la loro vittoria. Non lo è. Perché questa è la vittoria degli invisibili, dei fantasmi, dei muti che hanno trovato la parola e alzato la voce, di quelli che non sono rappresentati da nessuno. È a loro che appartiene, questa vittoria. E solo a loro.
La politica inglese, così come quella europea, deve fare i conti con quarant’anni di Storia, più che con il risultato di un referendum, scioccamente indetto da uno sciocco che non aveva strategia e sbagliava la tattica.

Ti ho vista delusa a lungo, e ora ti vedo ferita. Il dolore che serpeggia dentro, prima o poi deve trovare uno sbocco. Milioni di persone si sono incontrate a un bivio. Dentro o fuori? In o Out? La scelta non si trovava sulla strada per l’Europa. La scelta riguardava la cittadinanza inglese. Inclusi o esclusi, essere o non essere? E non è nemmeno un dilemma, questo. È l’urlo assordante di coloro che stanno fuori.

Sinceramente,
Philip Wade
 

Users who are viewing this thread

Alto