Edward HOPPER (1882-1967) (1 Viewer)

Heimat

Forumer attivo
Mirabile recensione critica caro Baleng. Mi ricordo di una mostra a palazzo Reale a Milano, qualche anno fa, dove erano esposte le opere di Hopper, alcune dele quali sopra riportate. Quello che mi stupisce è come sia riuscito a comunicare concetti di relatività così profondi un artista americano che trovo del tutto anomalo rispetto ai movimenti artistici USA. La sua valenza artistica è data a mio avviso dalla atemporalità delle sue opere che sono, come per tutti i veri artisti, sempre contemporanee. Gazie per il contributo critico.
 

baleng

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Un'ultima, credo, osservazione, questa sì di critica d'arte alla lettera.

Domanda: con quali mezzi pittorici Hopper riesce a dare il senso di quelle individualità (compresi gli elementi inanimati) chiuse in quei tempi differenti? La risposta è già stata evidenziata. Non certo nel trattamento pittorico, nell'insieme buono, ma non insistito né particolarmente raffinato (nessuna "pennellata" compiaciuta). L'effetto viene ottenuto soprattutto ponendo continuamente, quasi ossessivamente (ed è un miracolo che non ce ne accorgiamo) proprio quel senso del limite di cui ho detto. Che quindi non è un effetto dell'isolamento, ma proprio lo strumento con cui esso viene fatto percepire. La frequente lontananza della luce, le finestre, i vetri, le balconate: apparentemente sono strumenti compositivi normali. In realtà è proprio la composizione delle opere, che abbondano di "limiti" espressi o subliminalmente percepiti, ad impostare questa comunicazione. La freddezza dei colori, la poca comunicazione tra personaggi sono certo strumenti complementari, ma il principale rimane quello, il porre limiti, barriere, confini, tanto più efficacemente tanto meno consciamente percepiti come tali. Anche per questo è possibile ricreare discretamente l'effetto dei suoi quadri con lo strumento della fotografia (un esempio è stato postato qui sopra), in cui può bastare un buon senso della composizione, unito ad adeguata imitazione della scena, per rendere alcune delle principali sensazioni dateci dall'originale.

Forse non è un caso che il quadro più famoso di Hopper, la scena notturna nel bar, veda nei tre personaggi sullo sfondo, incorniciati e imprigionati da barriere di ogni specie, un primo timidissimo tentativo di comunicazione, di uscita dalla prigione. E neppure è un caso se oggi, imprigionati come siamo nelle nostre case, pronti a frapporre limiti fisici verso coloro che incontriamo quando usciamo, ci troviamo rispecchiati nelle composizioni del mago Hopper. Dove la separazione è dovuta al vivere tempi diversi, motivazione altra da quella odierna: per questo credo sia opportuno aver evidenziato le differenze tra, appunto, le rispettive motivazioni, quelle del genio e quelle, ahimè tristissime, dell'oggi..
 

sans souci

Nuovo forumer
Vedete come sempre diversa è un'opera d'arte secondo chi la guarda?
Baleng ne fa una radiografia professionale che arriva al riscontro filosofico e che mi aiuta a osservare i quadri di Hopper, specie nel concetto di limiti, meno su quello della definizione del tempo.
Personalmente nei ritratti di Hopper vedo soprattutto la sua vita, le sue ansie, le sue turbe, soprattutto il suo senso di inferiorità che lo isola.
Se pensiamo che Hopper vive in una metropoli viva, veloce, rumorosa e colorata - e sappiamo che lui ama girare per la città, gli piace conoscerla - e poi confrontiamo tale vivacità con le periferie, con i locali vuoti di sera lontani dai grattacieli e dal cuore della città dei suoi lavori, pare ci dica di non essere a suo agio laggiù, all'altezza di quella vita, quindi di allontanarsi, ritrarsi in una rappresentazione del mondo personale e offuscata dai propri sentimenti.
Anche i ritratti della moglie non sorridono mai: Hopper ha piena coscienza dei suoi problemi psicologici, non li maschera, anzi si fa guardare dai suoi personaggi per quel che è, con autentica sincerità.

Quanto a S.Agostino, lo preferisco quando afferma: "Signore, rendimi casto.Ma non subito subito."
 

baleng

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onfrontiamo tale vivacità con le periferie, con i locali vuoti di sera lontani dai grattacieli e dal cuore della città dei suoi lavori,
Mi viene in mente Sironi, ma con segno opposto.
Hopper realista metafisico.
Sironi metafisico materialista.
Ma si potrebbe dire molto di più ...
 

baleng

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Da Corriere Gmail

ANDREA MARINELLI
I meme virali della quarantena ci hanno lasciato credere che stiamo vivendo in un dipinto di Edward Hopper, ma forse ci siamo sbagliati. «Abbiamo scelto la solitudine moderna perché volevamo essere liberi, ma quando perdiamo le libertà della vita moderna, cosa resta se non la solitudine?», si è chiesto su Twitter Ethan Lasser, un curatore del Museum of Fine Arts di Boston, eleggendo Hopper a «inatteso poeta dei nostri tempi».

  • A rendere il pittore americano un cantore (social) del distanziamento sociale è stata l’alienazione e il distacco dei suoi personaggi, eppure gli esperti – pur apprezzando l’improvvisa ondata di viralità – dissentono. «È una falsa rappresentazione», ha spiegato al Washington Post Sarah Kelly Oehler, curatrice dell’Art Institute of Chicago, dove si trova uno dei lavori più celebri, Nighthawks, che Hopper cominciò a dipingere in un altro momento di ansia generale, pochi giorni dopo il bombardamento di Pearl Harbor nel 1941.
  • Sebbene la pandemia ci abbia dato l’impressione di essere uno degli avventori di quel diner, Oehler sostiene che il messaggio di fonde fosse un altro, quasi opposto: «Immaginava cosa voglia dire, in una città buia, imbattersi in un diner illuminato, con qualche persona all’interno».
  • Lo stesso artista, scrive il Post, disse di non trovarlo «particolarmente solitario». Forse, aggiunse, «ho dipinto inconsciamente la solitudine di una grande città». D’altronde, sostiene Virginia Mecklenburg, curatrice dello Smithsonian American Art Museum, «solo perché qualcuno è solo non vuol dire che sia solitario».
  • E poi i suoi lavori sono meno negativi o pessimisti di quello che molti credono, spiega Michael Lober, professore di storia dell’arte all’Hunter College di New York: basta guardare agli spazi, ai luoghi e all’architettura per scoprire tracce di presenza umana, anche dove le persone non sono visibili. Questi meme sul distanziamento sociale si basano dunque su un malinteso ma, secondo Lober, dimostrano una cosa: «È bello che, in questi tempi difficili, le persone si rivolgano all’arte: è la prova del suo impatto, anche in questa nostra era digitale».

Ho comunque l'impressione che a spiegazioni in questo forum siamo andati un poco più in là ...
 

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