Edward HOPPER (1882-1967) (1 Viewer)

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Improvvisamente ho visto i quadri di Hopper in un'altra luce. La rappresentazione della situazione che stiamo vivendo adesso. Scene svuotate, persone sole con il proprio carico di sgomento, lontane dalle altre e dalla natura che mostra una vita estranea, anch'essa come fosse isolata da tutto.
Non voglio fare la sparata dello Hopper profeta, no. Mi basta percepire che anche in una situazione per lui certo imprevedibile, il grande artista incide sulle nostre percezioni e ci spinge a reinterpretare ancora una volta il mondo.
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Grazie per aver riportato il mio post, avevo dimenticato di farlo :d:
 

baleng

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Certo che non c'entra. Però ci sono delle analogie formali, e per come è fatta la nostra mente nelle analogie formali tendiamo a vedere anche analogie funzionali.
Soprattutto credo di aver capito (v. post in cima alla pagina) ( #21) che il punto centrale sta nel sentire il peso della propria individualità da parte dei personaggi, o meglio, da parte dello spettatore, che viene inevitabilmente invitato a immaginarsi delle domande su come tali personaggi si pongano di fronte alla propria, pur solo pittorica, esistenza: sono essi responsabili? si accorgono di quanto noi vediamo intorno a loro o lo ignorano come lemmings in processione nel tempo, più che nello spazio? Così la domanda parte dal pittore e arriva allo spettatore: ti accorgi di quanta responsabilità esiste nel mondo di fronte alla gratuità dell'esistenza?
Ovviamente questo deriva "magicamente" dal sentire stesso del pittore, dai suoi aspetti caratteriali. Ma anche dal fatto che Hopper sentiva bene il peso della responsabilità verso la sua missione pittorica.

Ripeto che questa è "letteratura" ex post, descrizione. Critica d'arte sarebbe spiegare quel "magicamente", in parte spero di averlo fatto in precedenza.

PS qui aggiungo o integro osservando che la serialità degli oggetti (i distributori, le finestre, le sedie nel bar) ha la funzione di far risaltare per contrapposizione l' unicità dei personaggi, nel senso detto poc'anzi.

Un altro punto, che mi riservo di approfondire in seguito, è il senso\concetto di limite in Hopper. Il distributore è al limite della città, prima del bosco. Le frequenti finestre rappresentano un limite, i vetri dei bar sono un limite. le balconate sono anch'esse un limite che si incontra spesso. La ragazza biancovestita che esce di casa "sta per" superare un limite, quella seduta sul balcone lo sfida. Persino la linea che segna la cresta delle colline ci appare come un limite, sentiamo "di non poter vedere dietro". Tutto questo ha sicuramente un significato da chiarire meglio. In particolare, nell'ultimo esempio, come diavolo fa a darci quella sensazione?
 
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baleng

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Sempre facendo più letteratura che critica vera e propria, il pittore sembra dire ai suoi personaggi: le vostre vite per voi sono importanti, ma per noi che guardiamo sono solo alcune tra le tante. E' certamente importante per i due ragazzi appoggiati al muretto, all'antiporta, il momento che stanno vivendo. Per noi è importante invece la situazione che si crea, il muro della notte alle loro spalle cui si contrappongono le piccole forze della lanterna ancora accesa. Nel quadro della terrazza-bar con il clown appaiono molte persone che credono nella propria importanza, nella preminenza della propria individualità. Ma noi li guardiamo nell'insieme proprio come li guarda la donna in piedi in secondo piano, con l'idea che ognuno stia recitando la propria parte nella scena del mondo addirittura volendosi illudere che si tratti proprio della realtà, e che tutta la vita sia raccolta in quel proporsi individualmente. Nel suo ultimo quadro, infatti, quello dei due commedianti all'applauso finale, noi non vediamo il pubblico. Il pubblico siamo noi stessi che vediamo l'opera, e ancora una volta i protagonisti non si rivolgono a noi, ma a qualcos'altro, ad un pubblico per cui si sentono importanti. La loro scena è il loro mondo, e loro, appunto, sono una umanità compresa nell'illusione di una propria importanza.
Questa umanità Hopper la considera e la rifugge allo stesso tempo. Le riconosce un ruolo di protagonismo nel mondo, ma non può ignorare i limiti di quella impari lotta con l'ambiente, quasi una lotta del tempo che evolve entro l'uomo con o contro lo spazio esterno che rimane fermo, o comunque attivo in un tempo differente - ed immutabile nei suoi ritmi.
"Ma Hopper ha creato anche lavori privi di personaggi, come paesaggi, vedute urbane ecc. E allora?"
Guardiamole, queste opere. Per esempio la nota casa hitchockiana, o il paesaggio qui sotto. Non serve molto per accorgersi che le ombre danno sempre la sensazione di essere non una risultante della luce, ma una negazione di quella. E che la luce appare sempre come un fenomeno "lontano"

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Basterebbe confrontare con un quadro di Degas per sentire la differenza

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ed è la differenza tra un ambiente creato dall'uomo che accoglie l'uomo ed uno che all'uomo rimane estraneo, anche quando sia opera sua, e sostanzialmente misterioso, se non minaccioso.

Proverò ora ad uscire da quanto mi appare tuttavia un po' troppo generico per comprendere gli strumenti dell'artista e la genialità che li guida (relativamente a queste ultime considerazioni).
 
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baleng

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Starway 1949

Ecco qui riuniti in un unico lavoro il senso del limite\limitare, il mistero del buio e la lontananza della luce, nonché i manufatti umani come residuo di un'attività più materialistica che pratica. Se dovessimo immaginare un personaggio, sicuramente dovrebbe concentrarsi su sé stesso per resistere a questa folata di sguardo che parte verso l'infinito.
I mezzi tecnici sono semplici. Il realismo, la descrizione precisa ma non pignola, in modo che l'osservatore non si disperda nella comprensione del lavoro.
La lotta luce\buio alla quale l'uomo non partecipa (non solo, ovviamente in questo quadro, ma in tutti i lavori di Hopper, dove l'individuo guarda sì alla luce, ma assiste passivo al duello): nei quadri senza figure rimangono solo i manufatti\residuo di cui prima ho detto. La lotta luce\tenebre continua "sopra" di loro, con alterne vicende, mentre l'individuo, in quelli in cui c'è, rimane sperso nel campo di battaglia e, ripeto, si aggrappa alla propria unicità come un prigioniero ad una lettera ricevuta.

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Cape Ann granite 1928

Ma è proprio dove persino case od oggetti mancano che si rivela il senso delle scelte di Hopper. Occorre chiedersi perché in questo lavoro le zone in ombra appaiano come "private della luce", ansiosamente desiderose di essa - ed è questo il miracolo. Intanto, la fonte di luce (il Sole, ovviamente) non appare mai: ciò toglie qualche certezza, aumenta le insicurezze in chi osserva. Ma ottiene anche che il soggetto del quadro appaia come un testimone della sua esistenza - del Sole, intendo. In quanto tale esso prende comunque una sua vita, peraltro in parte estranea alla nostra: egli\esso vede e percepisce quanto noi non possiamo vedere direttamente, e magari vorremmo vedere. Questo desiderio lo proiettiamo allora nel quadro, dove le zone di ombra ci appaiono come lo specchio della nostra privazione. Al tempo stesso gli eventuali personaggi che godono di luce e calore solari non siamo noi, ci sono volutamente estranei, e questo ci dà una ulteriore privazione, un senso di esclusione.
Evidentemente, tuttavia, non basta l'artificio del nascondere la fonte solare per ottenere tutto questo. Ci deve essere dell'altro.
 
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baleng

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Spesso nei lavori di Hopper esiste un forte contrasto tra una luce\colore della massima chiarezza ed un buio freddo altrettanto estremo. Di solito non vengono accostati e contrapposti, ma vi è un passaggio più o meno graduale. A un certo punto, tuttavia, può apparire il famoso "limite": in questo caso il contrasto può essere immediato.
Nel dipinto di Degas di due post fa questo contrasto, pur in presenza di situazioni confrontabili, non appare proprio. Vi è una fusione luce-ambiente-personaggi ottenuta armonizzando tinte, luci, contrasti, appunto. Ora, anche dell'uomo seduto sul marciapiede di legno davanti ai negozi uno potrebbe dire la stessa cosa, per la grande predominanza di colori caldi. Però in quest'ultimo l'uomo è dipinto in maniera un po' diversa rispetto al resto, con precisione e colori freddi. Se lo si togliesse, il quadro apparirebbe più "accogliente". Al limite rappresentato dalla suite di vetrine si aggiunge una chiusura verso le ragioni dell'ambiente da parte dell'unico vivente. Logico che pure lo spettatore si senta escluso. E si sente tale anche in Cape Ann granite.

Breve, pare che il vero motivo profondo di tutte queste opere consista proprio nel senso di estraneità, nel limite che appare quasi sempre rappresentato sia visivamente ( in Cape Ann è la linea di cresta della montagna, estesa a tutta la larghezza del quadro), sia per vie mediate (atteggiamenti delle figure, differente trattamento pittorico, contrasti di colore).
 

baleng

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Forse solo Lorenzo Lotto, prima di Hopper, seppe inserire e sfruttare la grande potenza espressiva che dà il percepire il senso dell'ora in un quadro, il sentire che sono le 8 di mattina, le 6 di sera, il mezzogiorno canicolare ecc.
Però, per quanto detto, specifico di Hopper è che venga sentito dolorosamente il contrasto tra il ritmo regolare della giornata, scandito dalla corsa del Sole intorno alla terra, l'immobilità drammatica e inerte della materia, vegetale, minerale od opera dell'uomo, e, terzo protagonista, il tempo interiore dell'uomo stesso, costretto a rifugiarsi in esso dalla sua estraneità alla vicenda sole\terra, su cui non può incidere in alcun modo.
 

sans souci

Nuovo forumer
Mi tolgo il cappello e inchino il capo alla puntualità di tale commento critico che mi apre nuovi e precisi orizzonti su Hopper.
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Caro Baleng, è sempre un piacere leggerti.
 

RedArrow

Forumer storico
Improvvisamente ho visto i quadri di Hopper in un'altra luce. La rappresentazione della situazione che stiamo vivendo adesso. Scene svuotate, persone sole con il proprio carico di sgomento, lontane dalle altre e dalla natura che mostra una vita estranea, anch'essa come fosse isolata da tutto.


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si vede che in questi giorni non sei l'unico ad avere fatto questo pensiero ... però vuoi mettere la differenza tra la frescona che si vede qua e la vecchia di Hopper !?!?!
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baleng

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Tutti conosciamo il detto di S.Agostino sul tempo, so bene cos'è ma non riesco a spiegarlo.

“Che cosa è, allora, il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so.”

Se non ci si riferisce al tempo come il corrispettivo di un movimento nello spazio (il sole, l'orologio) le cose cambiano. E' difficile, lo so. Ma se possiamo vedere come ognuno, ogni cosa abbia un suo tempo individuale, collegato con il suo metamorfosarsi, si apre una porta alla comprensione. In quest'ottica, cioè, ripeto, il tempo come relativo alle modifiche di una cosa considerata come individuale, una appunto, può esser capito differentemente.
L'esempio potrebbe essere che un metallo si modifica in tempi lunghissimi (ameno che non venga manipolato dall'uomo), un oggetto come un libro, pur per noi quasi immoto, in realtà continua a modificarsi ben più velocemente che un metallo; e l'uomo stesso si modifica sui vari piani (metamorfosi del corpo, della mente ...), e lo fa assai più velocemente. E così il suo "tempo" appare più veloce. Se il tempo fosse un fatto oggettivo, tipo orologio, tutto l'esistente dovrebbe "invecchiare" con la stessa velocità. Certi insetti invece vivono assai rapidamente tutta la loro evoluzione, l'oro, al contrario, appare quasi immutabile (per i tempi antichi togliere il quasi). Vivono tempi diversi.
Non pretendo che si riesca a modificare una visione radicata nel profondo della società con queste sei righe. Chiedo solo di accettarle come ipotesi, per quanto paradossale, al solo scopo di capire il genio di Hopper.

Detto in sintesi: Hopper ci mostra proprio questo: che ogni cosa, persona, pianta ha un suo tempo differente. Non dico che egli fosse davvero pienamente cosciente di questo, non lo so. Ma da quanto più sopra ho osservato è proprio questo che risulta.

non può ignorare i limiti di quella impari lotta con l'ambiente, quasi una lotta del tempo che evolve entro l'uomo con o contro lo spazio esterno che rimane fermo, o comunque attivo in un tempo differente - ed immutabile nei suoi ritmi.
ed è la differenza tra un ambiente creato dall'uomo che accoglie l'uomo ed uno che all'uomo rimane estraneo, anche quando sia opera sua, e sostanzialmente misterioso, se non minaccioso.
La lotta luce\buio alla quale l'uomo non partecipa ... La lotta luce\tenebre continua "sopra" di loro, con alterne vicende, mentre l'individuo, in quelli in cui c'è, rimane sperso nel campo di battaglia e, ripeto, si aggrappa alla propria unicità come un prigioniero ad una lettera ricevuta
Al limite rappresentato dalla suite di vetrine si aggiunge una chiusura verso le ragioni dell'ambiente da parte dell'unico vivente. Logico che pure lo spettatore si senta escluso.
la grande potenza espressiva che dà il percepire il senso dell'ora in un quadro, ... specifico di Hopper è che venga sentito dolorosamente il contrasto tra il ritmo regolare della giornata, scandito dalla corsa del Sole intorno alla terra, l'immobilità drammatica e inerte della materia, vegetale, minerale od opera dell'uomo, e, terzo protagonista, il tempo interiore dell'uomo stesso, costretto a rifugiarsi in esso dalla sua estraneità alla vicenda sole\terra, su cui non può incidere in alcun modo.

Basta rileggere queste righe con l'idea dei tempi differenti, individuali, per vedere che cosa in realtà intendevo dire, che cosa soprattutto ci fa sentire Hopper. L'estraneità è conseguenza di una velocità di tempi differenti, e lo è persino tra persona e persona, tra due individui di una medesima specie! La giornata solare ha un tempo a velocità tot, il meditare individuale ne ha un'altra, gli oggetti, il paesaggio, tutti sono racchiusi entro i limiti del proprio metamorfosarsi a velocità differenti. Hopper riesce a spiegare in pittura ciò che S.Agostino non riusciva a chiarire con parole, chiuso com'era in quel concetto di tempo come prigione meccanica che è giunto sino a noi con ben poche modifiche e ci blocca in un ragionare impossibile. Ugualmente, tutti + o - sentiamo che Hopper è un grande, pur se ci è arduo darne una spiegazione logica. Se ho ragione per quanto detto, la sua grandezza sta nell'aver mostrato e risolto in immagini un enigma filosofico di immensa portata.
Per concludere, se mai con Hopper ciò sia possibile, in quest'ottica assume maggiore senso quel "sentire il peso della propria singolarità, unicità", di cui la solitudine è solo una delle conseguenze, essendo, come è stato ben chiarito, fatto psicologico che a Hopper non interessa molto, nel senso che non suggerisce introspezioni dei personaggi. La singolarità come conseguenza del vivere tempi differenti. In questa visione, uomini, vegetali e oggetti sono tutti portatori di individualità, di tempi propri: e infatti comunicano tutti quanti quello stesso sentire, assumendo, uomini o cose, dignità di soggetti. E infine, il senso onnipresente del limite, di cui si è detto, è appunto il sentire relativo a questa differenza. Lo si può vivere come "incomunicabilità", come "distanza" ecc. Ma esso è essenzialmente funzione del fatto che tra tempi differenti non vi è rapporto possibile: questo dice Hopper e questo fa vedere appunto come esista un limite invalicabile.

PS come controprova: posso parlare di tempo solo dopo aver ipotizzato una identità. Esempio grossolano: il tronco che vedo per terra rappresenta l'albero caduto (dal verbo cadere, e il verbo è in relazione con il tempo) solo se ritengo che sia lo stesso albero che prima era in piedi. Se invece fosse un albero diverso, non parlerei della metamorfosi di un soggetto, a meno di non comprendere i due alberi in una medesima identità (gli alberi schiacciano l'erba).
 
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