Educare il gusto (1 Viewer)

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Analisi interessante.
Ma alla fine di artistico in tutti e 4 non c'è nulla.
Sbaglio?
Quasi nulla, ma non mi interessavano i quadri in sé, bensì mostrare le "tecniche di seduzione" più banali. E pensa che si tratta di lavori comunque superiori alla media di ciò che si trova nei mercatini.
Perché se da una parte si devono apprezzare le qualità, dall'altra occorre evitare di confondersi quando la qualità manca, senza prendere fischi per fiaschi. A un torinese questi quadri dicono poco, ma nel Veneto proseguono (non bene) una tradizione coloristica che è come una bandiera al sole che distrae dalla "bruttezza" di chi la sventola, o, se vogliamo, approfitta di tutti i quadri che hanno creato tale tradizione per rubare qualche cenno di approvazione, imitandoli malamente.

Pensa che quando vedo i quadretti della tradizione labronica, nel relativo 3d dell'altro forum, spesso mi viene da pensare che non sanno proprio profittare del colore.
E' la vecchia diatriba tra pittura veneta e pittura toscana, colore contro disegno, tuttora vivissima, come si vede.
 

Cris70

... a prescindere
Ti seguo con piacere e ti ringrazio a nome di tutti per queste "chicche" che indiscutibilmente accrescono le competenze di tutti noi.
Grazie prof :bow:
 

baleng

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Una bella donna

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Una brutta megera (Maximilien Luce, la Carestia)

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pongo le due immagini a confronto simultaneo perché divenga più chiaro a tutti che noi le guardiamo in un modo ben differente.
(Capisco di rivolgermi qui quasi solo ai maschi, e me ne scuso: cercherò di rimediare)
A me sembra che nel guardare la prima immagine operiamo con gli occhi un processo di avvicinamento. L'occhio non fa questi grandi percorsi: più o meno inconsciamente va a cercarsi dirittamente le zone erogene più esposte. La bellezza non viene ricercata in tutta la superficie del rettangolo, ma solo entro il soggetto (vi fossero alberi o case sullo sfondo addirittura distrarrebbero). Nel secondo caso l'occhio non va diretto all'immagine, ma comincia dei percorsi che sono insieme di riconoscimento e valutazione di tutta la superficie. Soprattutto andiamo a cercare un significato, un messaggio che la superficie stessa ci dà: il messaggio che qualcuno (l'autore) vi lasciò, composto di quegli stessi gesti che furono necessari per la creazione. Anzi, il lavoro stesso è tutto un insieme di gesti.
Di qui l'imbarazzo che, credo, tutti abbiamo provato quando giudicammo un disegno credendo fosse una fotografia, e pure il contrario, scambiando per disegno quella che era una fotografia. Perché i modi di leggere nei due casi sono diversi. In una foto BN il nero viene prodotto meccanicamente, in un disegno come questo esso è invece frutto di una quantità di scelte fatte dall'autore.Per le quali è dunque necessaria la presenza di una personalità di cui andiamo a ricercare le tracce, mentre per la foto il nostro interesse andava al soggetto.

E qui già fischiano le orecchie, perché qualcuno dirà che "sì, ma la foto artistica? anche lì ci sono delle scelte, c'è un autore ecc." La differenza è che in un caso l'opera viene creata, decisa dall'artista, nell'altro l'artista elabora una immagine data dall'esterno. Il che si riflette proprio in quei due approcci di cui dicevo all'inizio. L'occhio si avvicina come danzando verso il disegno in cui tutto nacque dalla mano e dalla testa dell'artista, il pittore immette un sacco di cose (soggetti, modi, scelte) e noi ci si avvicina con più discrezione a tutto questo ben di dio andando a cercare non tanto e non solo il bello che c'è, ma soprattutto quello che vi ha riversato la persona dell'artista (si immagini un affresco in gran parte andato perduto: noi comunque non giudichiamo l'oramai modesto effetto odierno, ma recuperiamo mentalmente proprio quel poco che rimane, magari un decimo della superficie). Per carità, anche Sharon Stone è un ben di dio. Ma, appunto, lei, S.Stone, non la sua immagine, che certamente non interessa quanto le qualità originarie della signora (e se sì, trattasi di voyeurismo:banana: :help:).


Tornando allora al momento in cui si prende un disegno per foto (o viceversa), come nell'iperrealismo, il momento di incertezza riguarda sostanzialmente il fatto che non ci è subito chiaro quale codice di lettura si debba usare avvicinandosi al pezzo. Cosa su cui giocò abilmente Duchamp quando propose i primi ready.made: il pubblico non sapeva come "leggerli", certo è un orinatoio, ma se me lo presenti al museo devo guardarlo come una scultura.

Proprio per questo motivo ritengo fondamentale che un lavoro scelga anche il proprio ambito di decifrazione. Come devo guardare la sedia di Kosuth? Ovviamente non come un'opera lirica. Non come un film di Bergman. Ma nemmeno come guardo un quadro. E dunque, siamo in un recinto diverso da quello dell'arte figurativa o astratta che sia. Il che significa che mi vengono richiesti tutta una serie di atteggiamenti specifici, e significa anche che probabilmente il posto per queste opere non è affatto lo stesso museo dove stanno Monet e Botticelli (anzi, già questi raramente convivono!).


Addirittura potremmo concludere che un museo non è solo un luogo dove si raccolgono delle opere, ma anche un ambiente dove si propone uno schema di lettura dell'immagine. Così come l'atteggiamento richiesto/proposto è ben diverso se si va a vedere il balletto de lo Schiaccianoci o una pièce di Pina Bautsch
 
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baleng

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Completo il post precedente offrendo alcuni esempi di iperrealismo

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in modo che si possa guardarli cambiando atteggiamento, ora come foto e ora come dipinto, senza distogliere gli occhi dall'immagine, in continuo. E soprattutto prendendo coscienza di come facciamo, di che cosa cambiamo nel momento in cui muta l'atteggiamento.
Si noti che la terza immagine, apparendo forse un po' meno probabile riguardo al contenuto, per questo stesso risulti forse per l'occhio più "artistica" e meno fotografica.
 
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baleng

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Quello che in genere non sembra chiaro, o quantomeno non appare cosciente, è che per giudicare un'opera d'arte occorre prima sapere che cosa si va a cercare. Prima dell'invenzione della fotografia la somiglianza di un quadro al suo soggetto era uno dei valori più importanti per la "gente" ("Sembra vero!"). Un famoso aneddoto racconta che in una specie di gara di pittura nell'antica grecia ...

Zeusi, per dimostrare ad Apelle la sua abilità, dipinse un canestro di frutta così verosimile che perfino gli uccelli venivano tratti in inganno e scendevano a beccare gli acini d’uva. Tempo dopo, Apelle invitò l’amico a vedere la sua ultima creazione. Quando Zeusi entrò a casa di Apelle, vide il dipinto coperto da un panno e stese la mano per toglierlo ma si accorse che era un drappo dipinto. Così Apelle gli disse: La tua pittura è certamente grande, perché inganna gli animali, ma cosa dire della mia, che inganna gli uomini?

Intanto, l'aneddoto andrebbe rovesciato, in quanto oggi è chiaro che è assai più facile ingannare l'uomo, con tutte le sue metastrutture mentali, che la percezione "pura" dell'animale (senza contare che ogni specie animale possiede un campo di percezioni e percepiti diverso: magari il gatto vede in modo abbastanza simile al nostro, già l'uccello vede a 360°, e immagino che la mosca abbia attributi visivi ancora differenti. Ma non era questo il punto cui miravo. Bastava sottolineare come in altri tempi la somiglianza con il "reale" fosse uno dei valori principali (oggi molto meno) su cui si basava il giudizio dell'osservatore. Cioè, ancor prima di mettersi a osservare, già qualcosa stiamo cercando.
Altri valori "giusti o sbagliati", che oggi stazionano tra la nostra testa e il nostro occhio, per i quali cerchiamo soddisfazione nell'opera artistica, sono: espressività, sentimento, armonia di forme, armonia di colori, sorpresa ecc. Il loro numero e la loro gerarchia, però, variano nel tempo. Per esempio, l'espressione della fede, la devozione, fu un must nel '600, ed è per questo che un Guido Reni venne considerato il massimo tra i pittori (oggi evidentemente non più). Lo spettatore del 2000 è stato convinto che il messaggio politico-sociale abbia un preponderante valore artistico, ma ciò passerà sicuramente di moda nel prossimo futuro. Il Comunismo (in parte anche il Fascismo) considerava fondamentale il messaggio social-rivoluzionario, ma non è che i radiosi volti protesi al Sol dell'Avvenire a noi in particolare dicano di per sé granché., e il nostro giudizio usa ormai ben altri parametri. Qualcuno assai distorto, se è vero che l'omino del presente, già bombardato da mille stimoli, eppure sempre più insensibile, pare ricerchi nell'opera d'arte qualcosa che lo stupisca e lo risvegli, scuotendolo dal torpore (che invece era quanto il nonno, fanatico di nature morte, che ricercava per consolarsi, sognando, delle durezze della vita, aborriva).

Da tutto questo dovrebbe quantomeno apparire quanto poco duraturo sia il valutare in funzione del soggetto. La bimba col palloncino di Banksy, la scritta edificatrice, fintamente filosofica, dell'ennesimo concettuale, hanno in prospettiva per il giudizio lo stesso peso che hanno oggi la cura iconologica dei pittori del 600 (ad ogni santo andavano accostati i suoi precisi complementi, la ruota, la penna, la pecorella ecc) o la verisimiglianza di un affresco pompeiano.

Magari potrebbe essere utile andare in cerca di quali valori promettano di essere più solidi e più duraturi. Detto cambiando prospettiva, capire se quello che si sta cercando a priori posi su basi solide. Perché, se è vero che il fatto di sapere già prima che cosa si sita andando a cercare possa renderci ciechi di fronte ad un artista davvero rivoluzionario (e qui ci sono mille aneddoti, dagli Impressionisti "imbrattatele" alla pittura veneta vista dai toscani, che ritenevano i veneti non sapessero disegnare), è altrettanto vero che essere coscienti del proprio bagaglio attenzionale, cioè di che cosa cerchiamo nell'arte, ci dà delle sicurezze. Più varia e cosciente è la nostra "pre-parazione", più sicuro sarà il nostro giudizio, almeno per quanto riguarda i valori che andiamo cercando.
Naturalmente le cose si complicano quando appare un nuovo "genio" della visione, che richiede per essere compreso valori del tutto nuovi. Però, stiamo pure tranquilli, ciò non accade ad ogni svolta d'angolo, come vorrebbero far credere i mille pittori incompresi di cui la nostra epoca è persino satura. Accade assai raramente e, quando accade, certo, potrebbe trovarci impreparati, e magari esporci a delle figuracce. Il critico Tale sbeffeggiava Picasso, oh che ignorante. Manco un po', semplicemente era girato quando passò la stella cadente. Semmai, la sua colpa fu di non mettere in questione i propri valori, ma se ci mettiamo nei suoi panni non credo che noi di oggi saremmo stati più elastici.
Senza che questo significhi affatto che qualunque pisquano che proponga "stupefacenti novità" abbia un reale valore. Anche la novità è solo uno dei valori componenti la qualità. Se rimane l'unico, si tratta solo di pubblicità :B
 

baleng

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Per mettere alla prova quanto scritto ultimamente, si potrebbe andare ad ipotizzare se qualcuno degli artisti italiani 1950/2000 oggi ampiamente trascurati non abbia invece delle qualità tali che la loro resurrezione sul mercato appaia quasi inevitabile.
Brindisi, Cantatore, Migneco: creavano disegni "stilizzati", semplificati sempre allo stesso modo (quindi chiudendo a qualsiasi ricerca). Andavano incontro a chi cercasse contenuti facilmente comprensibili, ma "moderni". Per quanto mi sia difficile immedesimarmi in quanti trovavano in questi tre risposte adeguate alle proprie domande, posso immaginare che le loro immagini stereotipate e ripetute creassero sicurezza. Lo spettatore riconosceva la "formula" e poteva fermarsi lÌ. Per contro, il pittore, una volta ripetuta la formula con scarse varianti, talora poteva esprimere qualche timida ricerca, o sul colore come Cantatore, o sul racconto, come Brindisi.
Sassu, Fiume e Gentilini sono di un livello immediatamente superiore. Sassu cerca di esprimere con il colore, Fiume con l'apporto materico, Gentilini con ambedue + l'atteggiamento un po' fiabesco. In quest'ultimo consiste la soddisfazione già meno modaiola per cui egli può piacere. Probabilmente ciò non basterà a sottrarli alla marea cangiante delle mode, ma certamente oggi il pubblico non cerca più quella discreta sicurezza, però incrinata da una qualche inquietudine, che in loro si trova. Oggi si vuol essere catturati, attratti, richiamati, ma non come tentava di fare Sassu, con l'uso espressivo di colori assai saturi su soggetti semplici atti a permettere appunto tale esprimersi dell'artista. Oggi le abitudini visive vogliono essere violentate, e i pittori alla moda daranno proprio questo, facendosi così riconoscere.

La "richiesta di sicurezza" in arte è comprensibile, ma deleteria. Crea l'accademismo.
 

Heimat

Forumer attivo
Mi viene in mente la differenza fra prototipo (ricerca) e stereotipo (opere seriali con la identica cifra stilistica). Credo che il vero artista sia quello che continua nella sua ricerca mai ripetendosi.
 

baleng

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Approfitto di una citazione masochistica dal 3d Fontana del FOL per allegare i link a un critico diciamo eccentrico, che può risultare irritante o stimolante, ma comunque si può leggere con discreto interesse. Curioso che i poveri idolatri del Lucio abbiano fornito questi dati, per loro suicidi. Personalmente per ora mi astengo da qualsiasi giudizio e invito a leggere. E si può anche discuterne.
Il Cottignoli, comunque, evidenzia come all'appuntamento con l'opera occorre andare senza pregiudizi. I suggerimenti precedentemente dati qui non sono in contraddizione con tale opinione: io stesso dico sempre: la prenderei a un mercatino, buttata a terra e trattata quasi come spazzatura? Ilo fatto è che essere coscienti dei parametri del proprio giudizio è indispensabile per poterli modificare. Quindi andare freschi incontro all'opera sì: ma non disarmati ;)

LUCIO FONTANA, UN IMBECILLE PER COLLEZIONISTI IMBECILLI - Blog di Alberto Cottignoli


Blog di Alberto Cottignoli
 

baleng

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Continuando invece l'argomento iniziale, ripeto qui una cosa che forse ho già scritto altrove.
Nonostante quanto scritto su Sharon Stone e La Carestia, è ben nota l'importanza del soggetto nel determinare i valori di mercato di un'opera d'arte.
Il prezzo sarà il massimo se un quadro rappresenta una bella donna, giovane e magari non troppo vestita, sorridente meglio che triste, ricca e nobile o magari nota ed importante meglio che anonima o povera e, pertanto, sofferente. Fatto cento il suo prezzo, la donna anziana o il commendatore impettito possono valere anche meno di 10, pur essedo della stessa qualità e mano.
Un paesaggio con l'acqua vale il 20% di più: messi di fronte alla scelta se acquistarne uno con acque (fiumi o mare) oppure senza, ciò significa che il primo ci attrarrà molto maggiormente.
La cascata in questo discorso costituisce l'eccezione, è quasi meglio che non ci sia, e invito a chiedersi perché mai sia un soggetto non particolarmente gradito.
Il paesaggio urbano funziona se non risulta opprimente. Uno stretto passaggio tra case è a priori svantaggiato.
Un paesaggio, poi, dev'essere orizzontale, se di formato verticale vale anche il 30% in meno.

Tutto questo non tanto per informare un eventuale acquirente, ma per segnalare che, oltre a quelli individuali, esistono dei condizionamenti del gusto quasi universali, legati al semplice soggetto.
Se poi analizziamo questi "condizionatori" osserviamo che libertà e gioia sono elementi che, suggeriti, fanno piacere, mentre tristezza, durezze e, non sia mai, cadaveri vengono rifuggiti spontaneamente e minano i valori economici del quadro.
Tutto questo può sembrare lapalissiano, ma non sempre è presente alla coscienza. Per esempio, gli stessi condizionatori agiscono anche quando si valuti un quadro astratto. Magari vedremo in seguito come ciò sia possibile.
 

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