Economia USA in RECESSIONE? (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
L’ennesimo “giorno della marmotta” dell’economia Usa parla una sola lingua: RECESSIONE

Di Mauro Bottarelli , il 16 ottobre 2015 2 Comment



Giornata di dati macro quella di ieri negli Usa e devo dire che la ripresa pare più pimpante che mai (già mi attendo qualcuno che tra i commenti posterà grafici sul Pil del Burkina Faso per dimostrare che l’America non sta così male o che, comunque sia, i nuovi ordinativi in Iowa vanno meglio di quelli della Siberia), a partire dalla prosecuzione in grande stile della dinamica un po’ bislacca di cui vi parlavo due giorni fa.


Ovvero, questa.

Come vedete il gap tra domande di sussidio di disoccupazione e tagli occupazionali continua a divergere, visto che questa settimana il dato per la richiesta di benefit è sceso di altre 7mila unità a 255mila totali, il minimo dal 1973.
Siccome ho già sbugiardato questa dinamica l’altro giorno grazie allo studio della sovversiva e filo-moscovita Goldman Sachs sul tasso di breakeven, evito di annoiarvi ulteriormente.
Ma veniamo all’indice Empire Fed, il quale dopo essere collassato ad agosto, a settembre è rimbalzato da -14.67 a -11.36, come ci mostra questo grafico




ma restano un paio di fatti: primo, ha mancato in negativo le previsioni per 7 degli ultimi 8 mesi e, soprattutto, era dal mitico 2009 che l’Empire Fed non era sotto -10 per 3 mesi di fila.

Inoltre, dando un’occhiata alle sotto-componenti ci sono simpatiche sorprese, come ad esempio il dato dei nuovi ordinativi, crollati ai ritmo più veloce dal novembre 2010, come ci mostra il grafico.




E con i prezzi scesi verso i minimi dei ciclo e l’occupazione in calo, direi che la parolina recessione può starci tutta come lettura riassuntiva della situazione.



Ma andiamo avanti, sempre con dati freschi freschi di ieri. In agosto le scorte di business sono rimaste invariate, con il dato manifatturiero a -0,3% ma le vendite sono scese dello 0,6% su base mensile, come ci mostra il grafico.

Il che ci dimostra che la liquidazione delle scorte – queste ultime principale driver del Pil nel secondo trimestre – non è ancora cominciata, tanto che questo grafico

ci mostra come la ratio scorte/vendite sia oggi a 1.37x, la più alta del ciclo attuale: le ultime due volte che si è trovata a quel livello, gli Usa erano ufficialmente in recessione.


Ma ancora, ecco l’indice Philly Fed per l’attività di business generale, salito a ottobre da -6 a -4,5, come ci mostra questo grafico




ma mancando però le attese degli analisti per il secondo mese di fila, un qualcosa che non si vedeva dal 2013.




Peggio però è dare un’occhiata a quest’altro grafico

ovvero le sotto-componenti dell’indice:
i nuovi ordinativi sono sobriamente collassati da +9.4 a -10.6, l’occupazione da 10.2 a -1.7,
il dato sugli “unfilled orders” crollato a -11.7

e la workweek è evaporata, passando da +7.0 a -7.3.

Anche la voce “hope” è scesa da 44.0 a 36.7, trascinata dal tonfo delle aspettative legate al CapEx.
Forse il blocco di tutte le spese per investimento fisso fino al 2019 annunciato mercoledì da Walmart c’entra qualcosa… Sicuramente non è piaciuto al mercato, visto che come ci mostra questo grafico

sulla scorta di questa notizia, il titolo della più grande catena di distribuzione degli Usa ha patito il peggiore calo intraday da quando è quotato (-10%) e da inizio anno ha perso un sobrio 30%.

Rintomo di ripresa dei consumi.
E ancora, ecco il dato delle vendite al dettaglio escluse le automobili, uscito mercoledì.

Un bel -0,3% a settembre, secondo calo mensile di fila e la peggior diminuzione dal mese di gennaio, quando però c’era la scusa del freddo e della neve. Siamo al 7mo fallimento delle attese in 10 mesi e, cosa peggiore, come ci mostra questo grafico




il cosiddetto “control group” ha registrato il suo primo calo mensile dall’inverno rigido che fece schiantare il Pil in febbraio. Il tutto, calcolando che il settore auto, l’unico a tirare, per restare in vita a dovuto generare questa dinamica dal 2010 ad oggi

ovvero l’esplosione dei prestiti subprime legati al credito al consumo del comparto. Insomma, in America se sai soffiarti il naso o allacciare le scarpe da solo, puoi comprare un’autovettura. Accipicchia, tutto questo non farà bene al Pil. E infatti, nello stesso giorno della pubblicazione del dato, la Fed di Atlanta ha rivisto la propria tracciatura in tempo reale della crescita nel terzo trimestre e questo è il risultato.

Il GDPNow è a 0,9%, rivisto al ribasso proprio il giorno stesso del dato dal precedente 1,0% rilevato il 9 ottobre.
Il motivo? “Il modello di previsione della spesa per consumi reali nel terzo trimestre è sceso da 3,6% a 3,2% dopo il report di stamattina sulle vendite al dettaglio da parte del Census Bureau”.
E’ di ieri, invece, il dato CPI sull’inflazione e come ci mostra questo grafico,

quella core (che esclude cibo ed energia) è salita dello 0,2% su base mensile, più dell’atteso +0,1% e ha portato il tasso di crescita su base annua a +1,9%, il massimo da più di dodici mesi.
Come mai?

Ce lo spiegano questi due grafici


ovvero l’aumento del 3,7% si base annua del costo degli affitti medi, quasi il doppio del tasso di inflazione e al livello massimo dalla fine del 2007, quando però le condizioni economiche dei cittadini Usa erano migliori e in grado di fronteggiare meglio questi aumenti.



Ma a preoccupare davvero deve essere questo grafico

il quale ci mostra la comparazione storica a partire dal 2001 tra costi medi per l’affitto e reddito medio degli affittuari. Una dinamica spiacevole che porta però con sé una conseguenza che penso preoccuperà non poco la Fed, visto che in condizioni simili o alzi i tassi e fai scoppiare la bolla degli affitti prima che diventi troppo grande e la prossima emergenza sarà quella del numero crescente di americani che dormono in stazione o sotto i ponti.
Lo farà?

Davvero i tassi saliranno del mitologico quarto di punto entro fine anno? Questo grafico

ci dice chiaramente che il mercato non vede manovre sui tassi prima di marzo 2016 e la tendenza è quella di un allontanamento ulteriore, come confermato anche dalla chiusura in spolvero di Wall Street ieri sera, in ossequio al ritorno in grande stile della strategica di trading denominata “keep calm and buy the bad macro news”.



E il perché è presto detto, ce lo spiega questo grafico

relativo all’Economic Output Composite Index (EOCI), il quale comprende il Chicago Fed National Activity Index (un ampio misuratore con 85 sotto-componenti), i sondaggi regionali della Fed sul comparto manifatturiero, l’indice NFIB, l’indice LEI e il Chicago PMI, altro indice manifatturiero: la correlazione tra questo super-indice e la reale attività economica è altissima. Come notate, oggi l’indice EOCI è sceso ai livelli raggiunti i quali negli scorsi anni la Fed ha dato vita a manovre di stimolo e allentamento monetario, come il QE e non di contrazione monetaria come l’aumento dei tassi.
Questo andamento ci dice una cosa, chiarissima: l’economia Usa non è forte abbastanza per sopportare nemmeno un quarto di punto in più dallo zero attuale e perenne. Inoltre, noterete che non solo i netti cali nell’EOCI sono coincidenti con un indebolimento dell’attività economica ma anche con un calo dei prezzi degli assets. Auguri Janet, ne hai davvero bisogno.
Tanto più che questi due grafici della sempre sovversiva e filo-moscovita Goldman Sachs


ci mostrano come negli Usa stia per partire, in contemporanea con i dibattiti per le presidenziali, anche l’ennesima pantomima sull’aumento del limite di debito e sugli shutdowns. Tranquilli, come al solito non succederà nulla. Nel senso che anche questa volta gli Usa non capiranno che non si può vivere stra-indebitati per sempre ma che si metterà mano a qualche magheggio, affinché non si inneschi troppa volatilità sul mercato a causa dei “bla bla” al Congresso.

E tutto già scritto, sembra una riedizione perenne degli errori passati. Sembra di essere nel “giorno della marmotta” raccontato nel film “Ricomincio da capo”, solo che invece di un meteorologo che vive sempre la stessa giornata, abbiamo la realtà macro che continua a ricordarci come la crisi non sia mai finita. Anzi, rischi di peggiorare. Magari nominare Bill Murray alla Fed al posto di Janet Yellen potrebbe essere una soluzione…
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big_boom

Forumer storico
i tassi se vengono aumentati lo faranno per un po di mesi e poi dopo il crollo dell'azionario rientreranno long gassati e drogati piu' di prima

il trend e' sempre quello per l'occidente: debito non si sa su cosa ma debito su una cosa virtuale chiamata valuta, si specula sul 3' mondo, si fanno le guerre, si investe sulla mercificazione del prodotto ormai commerciale detto "famiglia", si corrompono le democrazie o pseudo tali europee

ma se qualche cosa mette in discussione il modello occidentale state sicuro che sara' la fine non solo di questo modello di sviluppo
l'estinzione delle scimmie evolute ovvero noi
 

tontolina

Forumer storico
Dopo aver raggiunto una nuova recessione, gli Usa festeggiano la morte della classe media

Di Mauro Bottarelli , il 23 ottobre 2015 9 Comment


Nel giorno in cui Mario Draghi, al termine del board della Bce, ci avvisava del possibile pericolo in arrivo dai mercati emergenti (quando uno ci vede lungo, c’è poco da fare), dagli Usa arrivavano il balbettio di Hillary Clinton in audizione di fronte al Congresso riguardo l’attacco all’ambasciata Usa di Bengasi nel 2012 e un’altra bella serie di dati che gridano recessione col megafono. Partiamo da qui,

ovvero dal Chicago Fed National Activity Index, il quale con un modesto aumento da 0,39 a 0,37 sta mantenendosi ai livelli minimi dal gennaio 2014, quando il brutto tempo garantì alla Fed una scusa per il collasso. La lettura negativa di settembre è la settima su nove quest’anno e per la prima volta da giugno, l’indicatore più seguito, la media a tre mesi, è tornata in negativo. Insomma, i sei indicatori regionali delle Fed su sei che parlavano di recessione, avevano ragione.


Ma ecco arrivare il misuratore più importante per l’economia Usa, il Leading Economic Indicators (LEI),

sceso dello 0,2% su base mensile, il calo maggiore da marzo 2013 e al terzo mese consecutivo di fallimento delle stime.

Ma c’è qualcosa di ancora più interessante, al di là della mera lettura. Se infatti a pesare in negativo ci hanno pensato tutte le sotto-componenti come prezzi dei titoli, workweek media e permessi per costruzione, solo una ha garantito che il risultato non fosse peggiore: le richieste di disoccupazione.
Le quali, infatti, come ci mostra il grafico

questa settimana sono rimaste ai minimi dal 1973, essendo salite solo a 259mila dal dato rivisto di 256mila. Ma sempre il grafico, ci mostra come la dinamica continui a divergere in maniera nettissima non solo dal dato sui licenziamenti della Challenger ma anche dal rallentamento del dato sui nuovi posti di lavoro non agricoli e dagli indicatori sull’occupazione dell’indice ISM.

Insomma, chi racconta balle?
A sbugiardarsi, questa volta, ci hanno pensato le stesse autorità governative. Ricordate infatti come a settembre il dato non-farm payrolls fu deludente, con soli 142mila posti di lavoro aggiunti: bene, stando a questo grafico

la somma è molto più grande delle varie parti, visto che in base a dati del Bureau of Labor Statistics (BLS), non della Pravda, non solo più delle metà degli Stati Usa (28) ha perso posti lavoro in settembre ma il numero totale di licenziamenti, 120mila, è del 20% superiore ai posti creati, 99mila! Insomma, al BLS gira roba di prima qualità. Anche perché, stando ai loro dati lisergici e alcolici, il Texas – Stato che ha visto decine di migliaia di licenziamenti nel comparto petrolifero – avrebbe aggiunto 26.600 posti di lavoro in settori come retail, spedizioni, educazione, sanità ma, soprattutto, ristoranti e hotel.
Evviva, i mitici baristi e camerieri che mantengono in vita la pantomima della ripresa Usa, grazie a posti di lavoro sotto-pagati, part-time e senza garanzie. Anomalia anche per New York, seconda per posti di lavoro creati con 12mila, nonostante tutte le grandi banche, tranne Goldman Sachs, abbiano continuato a licenziare migliaia di dipendenti. Anche qui, un esercito di portatori di Martini cocktail per i “fat cats” della City rimpingua un po’ le statistiche, mentre la manifattura si schianta.



Non stupisce, quindi, che come ci mostra questo grafico

l’indice National Economy Expectations di Bloomberg sia sceso a 42.0, poco sopra i minimi di settembre 2014 e al livello di debolezza dello shutdown del 2013. In calo da febbraio, l’indice sta conoscendo la stringa temporale più lunga di cali dal 2011, con la propensione alla spesa degli intervistati scesa ai minimi da maggio.

Per il 39% degli intervistati l’outlook economico del Paese sta peggiorando, contro il 36% di settembre, mentre per il 23% sta migliorando, la percentuale minima da 13 mesi.
Ma il dato più impressionante, a mio modo di vedere, lo ha reso noto l’altro giorno la US Social Security Administration, quindi non PutinTg24, le cui ultime statistiche certificano la morte della middle class statunitense, visto che

il 51% di tutti i lavoratori guadagna meno di 30mila dollari l’anno, ovvero circa 2500 dollari al mese!

Di più,
il 38% del totale guadagna meno di 20mila dollari l’anno,
il 62% meno di 40mila

e il 71% meno di 50mila dollari l’anno.
Ma è il primo numero a dover inquietare, perché il livello federale di povertà negli Usa per una famiglia di cinque persone è fissato a 28.410 dollari e questa soglia, come appena visto, riguarda il 38% dei lavoratori totali! Uniamo a questo dato i 7,9 milioni di statunitensi ufficialmente disoccupati e i 94,7 milioni non contemplati nella forza lavoro e arriviamo ad unire al quadro di chi fa fatica, un esercito di 102,6 milioni di persone che non lavora proprio o campa di lavoretti in nero e sussidi statali.
E per finire, un dato di Credit Suisse, per la quale il 25% degli statunitensi ha un net-worth negativo:
significa che se avete in tasca 10 euro e non avete debiti, state meglio del 25% degli statunitensi!

La chiamano ripresa.

Ma sicuramente nella provincia di Novosibirsk i dati sono peggiori.
E fa anche più freddo.
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tontolina

Forumer storico
Il 26% dei bambini americani vivono sotto il livello di povertà.


Il capitalismo si morde la coda. Anzi, se la divora con appetito

Di Maurizio Blondet , il 21 ottobre 2015 27 Comment

Sembrava la ripresa americana. I media ne parlavano, ce la additavano ad esempio; ecco, l’economia Usa è stata la prima a riprendersi, perché è flessibile, a dominare è il mercato senza lacci sociali, e credito a iosa…
Belle notizie.



I pignoramenti di immobili sono aumentati del 66% anno su anno, nell’ultimo trimestre. Le banche si riprendono case su cui avevano concesso i mutui, che gli abitanti di queste case non possono pagare. Adesso le banche le metteranno sul mercato. A prezzi stracciati. Ciò trascinerà in basso i prezzi dell’immobiliare, tanto più che quelle pignorate sono abitazioni “a cui è mancata da tempo la manutenzione”, dice Daren Blomquist, vice-presidente di un osservatorio del settore, RealtyTrac.
Repossessions spike 66% as foreclosure crisis lingers
La ricchezza posseduta da una tipica famiglia Usa di classe media (in mobili, immobili e salari) era di 87.992 dollari nel 2003. Oggi, è di 56.335.
http://web.stanford.edu/group/scspi/_media/working_papers/pfeffer-danziger-schoeni_wealth-levels.pdf
Nella fascia mediana (ossia classe media) il reddito di una famiglia è oggi diminuito del 7% rispetto a quello che godeva nel 2000.
56 milioni di americani vivono in condizioni di “insicurezza alimentare”, o non mangiano tutti i giorni o ricorrono a banche del cibo caritative per sfamare sé e i figli; ma anche queste banche, dopo tanti anni di depressione, sono sempre meno fornite. Oltre 10 milioni di uomini in età da lavoro (25-55 anni) semplicemente non lavorano; uno ogni sei maschi.

Il 26% dei bambini americani vivono sotto il livello di povertà.





Il 25% delle famiglie dei militari in servizio ha bisogno di aiuto sociale per mangiare: sono 620 mila famiglie, il cui padre (o madre) in mimetica, dispiegato in Corea o in Irak, non guadagna abbastanza per sfamarle e pagare le bollette nello stesso tempo.
http://www.usatoday.com/story/news/nation/2014/08/17/hunger-study-food/14195585/?AID=10709313&PID=4003003&SID=1l92zowprtged


Il Baltic Dry Index, ossia il costo del nolo di navi da carico che portano merci “secche”, è ad un calo record – e cala dal 2009, sostanzialmente senza interruzione E’ la misura più concreta dell’economia reale, degli scambi di merci, alimentari e no, fra paesi. Adesso sono al minimo. Questo calo può anche significare che il credito è scarso e difficile da ottenere; infatti occorre credito per il nolo di navi mercantili.
Ma com’è possibile, visto che farsi prestare denaro costa quasi nulla, grazie alla Fed (la banca centrale) che stampa e stampa e tiene i tassi a sostanzialmente a zero da anni, praticamente dalla crisi di Lehman del 2008?
Ma no, ma no, non è possibile.
Infatti le 25 maggiori banche americane riferiscono che, loro, prestano a rotta di collo, danno credito a grandi imprese; imprese ben contente di indebitarsi a tassi bassissimi…per farne cosa?
Si scopre che le grandi imprese usano quel denaro preso a prestito – attenzione! – per comprare le loro stesse azioni, ritirarle dalla Borsa, facendone così aumentare artificialmente il “valore”, dato che le rendono più rare: è la famosa legge della domanda e dell’offerta, diventata folle. Oppure per “fusioni ed acquisizioni”, ossia per mangiarsi altre imprese concorrenti, nella tipica attività cannibalica del capitalismo lasciato senza redini.

Ci sono persino aziende, ha notato il Financial Times, che prendono il denaro in prestito (visto che è così conveniente) per pagare dividendi ai grossi azionisti.






Ovviamente questi non sono “investimenti”. Sono operazioni sterili per l’economia reale, i posti di lavoro, i salari produttivi.
I prestiti per comprare proprie azioni non portano alcuna crescita nell’economia reale, e nemmeno le fusioni-acquisizioni. Già comprare azioni proprie con i propri capitali è un fallimento dello spirito capitalistico (vuol dire che l’imprenditore non sa in cosa investire, non ha idee); è un fatto del tutto patologico, che porta ad un fittizio aumento delle borse, di valori azionari di imprese che stanno in rovina. Farlo poi con denaro a prestito, è una doppia patologia.
Gli ultimi dati mostrano che le prime 500 imprese quotate (S&P500) hanno aumentato i loro dividendi ed acquisti di azioni proprie del 6,6%, una cifra-record di 923 miliardi di dollari a giugno, mentre i loro profitti calavano dell’8,4%, ossia di 841 miliardi di dollari, nello stesso periodo”. (così Chris Wood, dirigente della CLSA, grossa impresa di brokeraggio sui mercati asiatici).
Vediamo se abbiamo capito bene: queste grandi aziende si pagano dividendi con denari presi a prestito, mentre i loro profitti diminuiscono. Non fanno crescere l’economia, e si spartiscono il bottino del denaro a basso costo fornito dalla banca centrale. Potranno mai ripagare il debito?
Dell’aumento del credito che le 25 maggiori banche Usa hanno indicato trionfalmente, quanto ne va’ in “investimenti capitali”, ossia per finanziare attività in qualche modo produttive, che so, acquisto di impianti, materie prime da lavorare, , nolo di navi per import o export? Tenetevi forte: il 6 per cento.
Il 94% dei prestiti che le grandi imprese hanno chiesto ed ottenuto, va’ in attività sterili che danno un guadagno indebito ai grandi azionisti, fingendo che “il mercato azionario” salga, e di fatto, divorando il proprio stesso futuro.
Dal punto di vista aziendale, l’indebitamento a tassi zero incoraggia l’ingegneria finanziaria a danno dell’investimento capitale, e nello stesso tempo consente ad imprese non competitive di sopravvivere più a lungo”, dice Wood.
Fra l’altro, con un altro trucco notevole: le aziende dissestate si finanziano emettendo obbligazioni; siccome sono malmesse, queste obbligazioni danno un interesse maggiore di quello che gli investitori finanziari trovano sul mercato.

Siccome questi investitori (per esempio gli assicuratori, i fondi pensione) sono “affamati di rendimenti” – e sono stati affamati precisamente dai tassi zero della Fed – si buttano ad incettare quelle obbligazioni maleodoranti, in un certo senso non possono fare altrimenti, perché i fondi previdenziali ad esempio hanno bisogno di erogare pensioni attraverso un costante flusso di interessi, diciamo, al 4-5% (introvabile sul mercato attuale dei tassi zero). Quindi dilapidano il capitale, affidandolo ad aziende che un giorno falliranno, per lucrare momentanei e filiformi interessi.


E così ecco spiegato il paradosso: crescono i prestiti concessi in Usa, mentre sempre meno gente ha un lavoro, aumentano quelli che faticano a trovar da mangiare, calano i consumi al dettaglio (perché calano le paghe), aumentano i magazzini di invenduto, cala l’import-export (a livello mondiale: l’India denuncia un calo del 25% di entrambi), e la spesa che cresce è quella per farmaci anti-depressione e persino di anti-psicotici (usati per sedare gravi malattie psichiche).
E si spiega perché la povera governatrice della Fed, Yanet Ellen, abituata alla tranquilla esistenza di professoressa universitaria, soffre di malori e annuncia un giorno che aumenterà i tassi, un giorno che no: non sa cosa fare, semplicemente.

Lei e gli altri banchieri centrali sono in un vicolo cieco. Aver tenuto i tassi a zero per tanto tempo, col proposito di stimolare l’economia, non ha vinto il clima di deflazione-depressione (che è mondiale), come dimostrano i cali del petrolio e delle altre materie prime; d’altra parte, lo “stimolo” dei prestiti a asso zero ha gonfiato una immane bolla finanziaria che non sanno come sgonfiare, se non in modo traumatico.
L’elegante madame Lagarde del FMI ha detto alla piccola Yellen di essere prudente: anche “Un moderato aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed potrebbe portare al ritiro di capitali dai mercati emergenti”, perché i capitali rifluirebbero in Usa dissanguando paesi indebitatissimi come il Brasile, o in difficoltà come Cina e Russia, e “ciò si tradurrebbe in una recessione globale.

Meglio, aggraverebbe tragicamente la depressione che già è instaurata.
“Siamo nel più grave calo da decenni”, ha spiegato i presidente della multinazionale degli impianti petroliferi Schlumberger annunciando una discesa del 6% dei profitti nel trimestre. D’altra parte questa “terza bolla finanziaria del secolo è immensa”, dice David Stockman, che fu il ministro del bilancio sotto Ronald Reagan, e fa’ il confronto con la bolla che scoppiò dopo il crack della Lehman: allora i mercati globali finanziari salirono fino a 60 trilioni di dollari – per poi crollare, dopo la Lehman, a 25 trilioni, innescando la crisi recessiva da cui gli sforzi della Fed e delle altre banche centrali non sono pervenuti a farci uscire.

Adesso la bolla globale è di almeno 80 trilioni, tutti creati dalla “sventatezza pura dei banchieri centrali”. Che ora si trovano paralizzati, in attesa della “madre di tutti i collassi che è dietro l’angolo”.
Se Stockman ha ragione la povera Yellen è nella condizione di un camionista il cui autoarticolato sta filando dritto contro un muro a 100 all’ora, e che non può toccare né freno, né acceleratore né il volante.
Ecco perché la minuscola professoressa ha dei malori. “I banchieri centrali sono terrorizzati”, commenta Gerald Celente, un famoso specialista di previsioni finanziarie.. E conclude: “indipendentemente dalla politica della Fed, manteniamo le nostre previsioni di una importante crisi dei mercati azionari a fine anno e delle pressioni recessioniste su scala mondiale”.
Gerald Celente ? Is This What Has The Central Planners So Terrified? | King World News
Se ha ragione, dopo sette anni di recessione post-Lehnam, quest’inverno piomberà su di noi una super-Lehman,che colpirà un’economia reale già dissanguata dalla depressione in corso. NOn so immaginare come si presenterà: altri milioni di disoccupati, gente alla fame che assalta i supermercati? Sparizione dei generi di prima necessità?

Conti correnti svuotati dal crack bancario universale?

Banconote che i produttori agricoli (di cibo) non accettano più, come prevedono i più apocalittici?

A me non resta che consigliare di fare una piccola scorta di generi di necessità, magari simile a quella consigliata dalle autorità svizzere in vista di una guerra o grave crisi.

Se potete, superate la quantità di scatolame, sale, sigarette, cose che potrete scambiare quando i supermercati fossero vuoti, contro altri generi.




Frattanto possiamo dedicarci al pensiero, e considerare filosoficamente che questa sciagura che ci pende sul capo è tutta e solo dovuta al capitalismo finanziario, più precisamente alla dittatura che la finanza ha fatto pesare sulla politica: da cui ha strappato l’abolizione della Glass-Steagall e delle altre leggi che vietavano alle banche commerciali di usare i soldi dei risparmiatori per speculare in creatività finanziaria;

il “divorzio” tra banche centrali e Tesoro, che prima sottraeva all’avidità della finanza il debito pubblico e i suoi grassi interessi;
la deregolazione con neutralizzazione delle norme anti-trust per cui certe banche si sono consentite di diventare “troppo grosse per fallire”, sicché la loro bancarotta fa’ crollare l’intero sistema mondiale liberista;
e la globalizzazione, ossia la creazione di un unico mercato globale senza dazi e senza ostacoli alla fuga di capitali in cerca di rendimenti – il che vuol dire senza pareti anti-fuoco quando scoppia l’incendio; la globalizzazione voluta dalle multinazionali per “la miglior allocazione dei capitali”, in pratica la ricerca di salari più bassi (minima retribuzione del lavoro, massima al capitale), che alla lunga ha provocato, con la riduzione salariale dei paesi ex-sviluppati, il restringersi di questi “mercati”: un altro esempio di come il capitalismo abbia finito per segare il ramo su cui siede.
E’ inoltre la globalizzazione che ha provocato crescite mostruosamente rapide di paesi come la Cina, e l’immane bolla che si è gonfiata laggiù; e adesso il contagio mondiale, la trasmissione della crisi che si produce in un qualunque paese a tutti gli altri.

Ovviamente, la dittatura possiede anche le banche centrali, e le menti dei banchieri centrali, conquistati alla sua ideologia. Sicché impone stampa, tassi zero, salvataggi di banche private con miliardi dei contribuenti, e (in Europa) austerità e inflazione zero nell’interesse dei creditori. Lanciando il Sistema contro il muro, e rendendo impossibile frenare…
Abbiamo visto alcuni esempi di capitalismo che si morde la coda; che letteralmente si morde a coda per papparsela, ossia per estrarne gli ultimi indebiti profitti.

Stranamente, a riprova del potere dell’ideologia sulle menti, gli scandali di questa dittatura non scuotono la credenza – negli economisti del Principe, nei giornalisti economici o politici, nei lettori – della “moralità intrinseca” del mercato. Il mercato sarebbe “oggettivo”: duramente, spietatamente, obbligherebbe gli attori economici a cercare l’equilibrio tra domanda e offerta, il livello a cui abbassandosi il salario diventa competitivo ossia “giusto” (niente pasti gratis), e nei detentori di capitale, ecciterebbe gli “spiriti animali”; la creatività, l’audacia, l’amore per il rischio. Quindi: meno Stato più mercato, anzi nessun controllo pubblico, le regolamentazioni spariscano, non fanno che ostacolare i condottieri audaci del Mercato.
Ebbene: spero non vi sia sfuggito il caso di Martin Shkreli, un classico genietto delle biotecnologie lanciatosi nell’imprenditoria. La sua audacia e inventiva consiste in questo: la sua ditta, Turning Pharmaceutical, ha comprato i diritti di un farmaco chiamato Daraprim, prodotto e inventato oltre 60 anni fa dalla Glaxo SK, un antiparassitario molto importante per controllare la toxoplasmosi nei malati di Aids, e di certi cancerosi dal sistema immunitario indebolito. Tutto ciò che ha fatto Shkreli è, una volta messe le mani sui diritti, aumentare il prezzo del Daraprim da 13,50 dollari a pillola, a 750. A pillola. Un rincaro del 5 mila per cento.




il grande imprenditore Di fronte alle proteste e indignazioni generali, poi, il giovine capitalista ha promesso di ridurre l’aumento del prezzo.

Ma che volete?

Il giovine ha dato valore agli azionisti.

E il prezzo esoso è in fondo quello consentito dal “mercato”: come ha spiegato Economist, il Daraprim vende bassi volumi, sicché non c’è da temere che un’altra farmaceutica esca fuori con un farmaco simile a prezzi inferiori; il costo della ricerca-sviluppo sarebbe proibitivo.

Questa è diventata una pratica tipica nel settore: una certa Horizon per esempio ha comprarto da Astza Zeneca i diritti di Vimovo (un antidolorifico) e ne ha moltiplicato il prezzo per 7. I medicinali sono rincarati dal 2008, secondo Economist, del 127%, contro l’11 per cento dei prezzi al consumo.
Per la Turing Pharmaceuticals, rischio imprenditoriale, nessuno. Ricerca, zero. Invece l’astuto acquisto di una rendita di posizione, di un monopolio, sfruttato fino al dissanguamento dei consumatori – in questo caso, malati gravi e loro assicurazioni sanitarie.
Altro che effcienza, snellezza e riduzione dei prezzi a causa della concorrenza “spietata” fra capitalisti. Quella che il capitale cerca, per sè, quando può, è la rendita di una posizione monopolista (come già sapeva Marx).

La stessa rendita perseguita da John D. Rockefekller quando la sua Standard Oil, a forza di acquisizioni, fusioni e sporchi trucchi, divenne la pià grossa petrolifera americana e “faceva” i prezzi. Ma allora c’era ancora uno stato: il Dipartimento della Giustizia, confermato poi dalla Corte Suprema, obbligò i Rockefeller a smembrare la colossale holding in 34 compagnie minori, i cui nomi ancora ricordiamo: Mobil, Esso, Conoco, Amoco, Chevron…con management rigorosamente distinto. Lo smembramento giovò agli stessi Rockefeller, che divennero ancor più ricchi dato che le azioni delle compagnie, complessivamente, superarono in valore quelle della Standard.



Oggi, contro gli speculatori come Shkreli, lo stato americano non ha una sola arma. Hillary Clinton ha promesso che, se la eleggono alla Casa Bianca, farà importare più farmaci generici.
Se oggi ci fosse ancora uno Stato, avrebbe smembrato gli oligopoli bancari, non ci sarebbero state banche “troppo grandi per fallire”, ci sarebbero stati risparmiati il crollo di Lehman, la recessione-depressione che dura da allora, e le banche centrali dominate dai banchieri non filerebbero a velocità pazzesca contro il muro, senza poter frenare.
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In Europa di più
Quanto sopra ho raccontato, non deve suonare una critica speciale agli Stati Uniti. E’ solo che lì la patologia è più aperta, più esposta e chiaramente dispiegata, dunque è narrabile. Come dice in una recente intervista il generale Fabio Mini, bisogna sperare che i delitti del nostro tempo siano commessi dagli americani, perché alla fine riusciamo a capirci qualcosa. In Italia, la povertà è salita del 130 per cento negli ultimi cinque anni, 7,8 milioni sono in povertà relativa, oltre 4 milioni vivono in povertà assoluta.

L’Europa ha più miliardari dell’America, più dell’Asia.

E il numero dei miliardari in Occidente è cresciuto, in 25 anni, del 665%.

Quanto all’Italia, da noi le peggiori nefandezze sono coperte e sepolte nell’omertà delle bande bancarie e politiche, verniciate di similoro dai media servili; i farabutti ci vengono additati alla venerazione. Gravissime omissioni di vigilanza bancaria, speculazioni dementi coi derivati che hanno fatto perdere miliardi di denaro dei contribuenti, possono essere premiate, se va bene, con la presidenza della repubblica e il governatorato della Banca centrale europea; se va’ male, con una presidenza Rai, un senatorato a vita, la fama di Venerato Maestro.
L’articolo Il capitalismo si morde la coda. Anzi, se la divora con appetito è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.
 

tontolina

Forumer storico
Usa, prosegue la galleria degli orrori macro ma gli americani danno il sangue. Letteralmente

Di Mauro Bottarelli , il 28 ottobre 2015 1 Comment



Barack Obama ha rotto gli indugi e si è travestito da Rambo: gli Stati Uniti tornano infatti a fare la voce grossa e ad agitare le acque del Mar della Cina meridionale, inviando una nave da guerra a 12 miglia nautiche dalle isole artificiali Spratly, rivendicate da Pechino. Un funzionario del Dipartimento della Difesa ha sottolineato che gli USA non hanno avvertito la Cina di questa manovra, spiegando che “non è necessario consultare nessuno quando si esercita il diritto della libera navigazione in acque internazionali”. Immediata però è giunta la reazione del governo cinese che, attraverso il suo ministro degli Esteri, Wang Yi, ha puntato il dito contro gli Stati Uniti, intimandogli di non “creare problemi dal nulla” in questo tratto di mare e convocando l’ambasciatore Usa.
Accipicchia, roba grossa. Insomma, mica tanto. Perché Rambo, se guardato bene bene da vicino, assomiglia più ad Alvaro Vitali. Vi spiego anche perché, basandomi su un reportage della Cnn, nota emittente anti-americana e di ispirazione trozkista. Lunedì i leader del Congresso e la Casa Bianca, in maniera totalmente bipartisan, hanno infatti raggiunto un accordo per alzare il limite di debito e i budget caps per difesa e programmi interni. Di fatto, un modo per evitare il formale default del 3 novembre e lo shutdown dell’11 dicembre. Oltretutto, l’accordo include un aumento di 80 miliardi di dollari per difesa e welfare nei prossimi due anni.
E come si finanzia tutto ciò?
Così,

ovvero vendendo le riserve strategiche di petrolio nel momento di prezzo più basso da anni e anni, un po’ come Gordon Brown fece con quelle auree di Sua Maestà.
E a chi le si vende?

Alla Cina, la quale come ci mostra il grafico

è in pieno programma di riempimento delle proprie riserve strategiche (SPR) e si avvantaggia delle difficoltà di budget degli Usa e del basso prezzo per comprare a dir poco a saldo, visto che il suo programma andrà avanti fino al 2018. Accipicchia, proprio guerra di nervi, Obama stavolta non arretra di un passo.


D’altronde, non c’è da stupirsi, visti gli ultimi indicatori macro usciti ieri negli Stati Uniti. Cominciamo da questo,

ovvero dal fatto che nonostante la pesante revisione al ribasso del dato di agosto (-2,3% su base mensile), nel mese di settembre i nuovi ordinativi di beni durevoli si sono letteralmente schiantati al suolo, calando dell’1,2% e per il quinto mese quest’anno. Su base annua il calo è stato del 3,6%, il sesto calo consecutivo per le letture anno su anno. Ma quest’altro grafico ci dice di più sullo stato dell’economia reale Usa,

visto che dimostra plasticamente come il Core CapEx su base annua sia in calo del 7,9%, la peggior lettura dal 2009, mentre quest’altro

certifica il crollo nonostante l’aggiustamento stagionale. Alziamo i tassi a dicembre? O forse, invece, siamo alle soglie di una bella recessione? Non ditelo a Radio24, però, ci restano malissimo, peggio che se gli insultaste la mamma.
E che dire del dato dei servizi, i quali come ci mostra questo grafico

a ottobre hanno presentato una lettura di 54.4, la più bassa da nove mesi e ben lontano dal 55.5 atteso. L’ultima volta che si registrò un dato così basso (54.2) era in gennaio, quando la Fed giustificò tale debolezza con il maltempo e, in parte, con gli scioperi nei porti. Ottobre è stato molto mite negli Usa e settembre il più caldo della storia, a detta dei meteorologi: quindi? Colpa della carne rossa? Di Putin? Di Marc Marquez? Una cosa è certa, per Markit “questa debolezza farà crescere le richieste verso i regolatori di un rinvio dell’aumento dei tassi fino a quando l’economia non avrà raggiunto un passo più sostenuto”. Amen.


Ma non basta, perché quello di ieri è stato davvero un festival dell’orrore macro. Ricorderete come nelle ultime settimane io abbia insistito sulla non convergenza del dato sulla fiducia dei consumatori tra il Conference Board e l’istituto demoscopico Gallup. Bene, ora i dati cominciano a convergere: nemmeno a dirlo, al ribasso. Questo grafico

ci mostra infatti come il Conference Board sia sceso a 97.6 dai 103 del mese precedente e mancando in pieno le attese di 102.9, con la voce “hope” ai minimi da tre mesi. Questi altri due grafici


invece ci parlano dell’Economic Confidence Index di Gallup, il quale nella settimana conclusasi il 25 ottobre era a -13, stesso risultato della settimana precedente e fisso nel range -12/-14 da otto settimane di fila. Di più, il secondo grafico ci dice come il 24% degli americani pensino che l’economia sia in condizioni buone od ottime contro il 30% che le definisce “povere”, mentre l’outlook economico è a -19, visto che il 38% pensa che l’economia migliorerà contro il 57% che pensa il contrario.
E questo ha delle implicazioni, perché all’interno del Conference Board c’è anche questo dato,

ovvero il fatto che il numero di persone sta pianificando l’acquisto di un’automobile è ai minimi dal gennaio 2013, un qualcosa di sgradevole se posto in relazione al record raggiunto dalla ratio scorte/vendite dei produttori Usa,

ai massimi assoluti per un periodo di non recessione e con il fondamentale mercato cinese in netto rallentamento nel secondo semestre di quest’anno. Essendo quello dell’auto l’unico comparto che finora aveva salvato un po’ di dati della manifattura, c’è poco da stare allegri.
Ma si sa, fatti salvi i giornalisti del Sole24Ore, Stampa e Repubblica, tutti sanno che questi sono momenti difficili per gli Usa, momenti nei quali occorre dare il sangue. Letteralmente, però. Perché come raccontava nel suo reportage dell’altro giorno il noto quotidiano stalinista Los Angeles Times, con 9,4 milioni di americani in più sotto la soglia della povertà rispetto al 2007, come ci mostra il grafico,

la gente deve arrangiarsi per campare.

Si tira la cinghia, si utilizzano i sussidi federali, i food stamps per mangiare e poi.. si dona il sangue. Per l’esattezza il plasma, pagato tra i 25 e i 30 dollari dopo una donazione che può durare due ore. Addirittura, l’offerta è tale che il gruppo Octapharma offre 50 dollari a donazione per le prime cinque visite e nei suoi laboratori campeggia un poster con scritto “Donate 10X by the end of October for a chance to win a TV!!!”. Ma c’è poco da ridere, perché il signor Rogers intervistato dal Los Angeles Times ha giustificato così la sua scelta: “Quando prendi 50 dollari ti senti bene, perché posso pagare la bolletta del gas”. E non di solo plasma campa l’uomo, visto che sono in grande aumento anche le donazioni di sperma, ovuli, latte materno e urina, molto richiesta per evitare controlli anti-doping e anti-droga. Se non ci credete, cercate nell’archivio on-line del Los Angeles Times.
Accidenti che ripresa, ragazzi! Ma non ditelo a quelli di Radio24, mi raccomando. Teniamocelo per noi complottisti anti-americani e anti-capitalisti. Loro, invece, sono amici e seguaci del libero mercato, lo stesso che ci ha portato a questa situazione,

plastica rappresentazione di come le mosse monetarie della Fed, che oggi torna a riunirsi nell’ennesimo meeting pantomima, abbiano creato una ,trappola della liquidità da cui pare impossibile uscire. A meno di un bell’evento bellico (che Obama cerca di scatenare prima contro la Russia ed ora contro la Cina), un warfare multiplier in piena regola. E quando leggo che si vendono le riserve petrolifere per garantire extra-spesa per il comparto difesa nei prossimi due anni, qualche dubbio mi viene. Perché allora ci sarà al governo Hillary Clinton, una che di guerra ne sa qualcosa e con sponsor che non attendono altro che alla Casa Bianca arrivi un inquilino pronto a tutto.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli
 

big_boom

Forumer storico
la verita' e' che il modello sociale USA e' fallito nel 2008

poi avrei altre osservazioni e intuizioni come "la soluzione finale" per quest'era secondo me gia' pianificata
 

tontolina

Forumer storico
ricordatevi quest’ultimo grafico,

il quale ci mostra meglio di mille parole e cifre in cosa si sia sostanziata la ripresa economica degli Usa post-2008.

Cari amici del Sole24Ore, vi voglio bene. Ma sull'economia Usa, almeno una volta, dite la verità - Rischio Calcolato
La crisi umanitaria infinita negli Stati Uniti: 21 dati che lo confermano

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102,6 milioni di americani in età lavorativa che non ha un lavoro in questo momento


I dati che seguono, tratti dal blog "The economic collapse", sono un'ulteriore prova che la crescita della povertà negli Stati Uniti è selvaggiamente fuori controllo. Si scopre che c'è una quantità enorme di sofferenza nella "nazione più ricca del pianeta", e che la situazione sta peggiorando di anno in anno. Durante questa stagione elettorale, i politici di tutte le tendenze cercano di convincere gli americani della grandezza della loro nazione, della loro "eccezionalità". Ma è proprio vero? Come si vedrà in seguito, la povertà sta raggiungendo livelli senza precedenti in questo paese, e la classe media è sta scomparendo. Non ci sono abbastanza buoni posti di lavoro, la dipendenza dal governo non è mai stata più grande, e sono le nuove generazioni ad essere colpite più duramente. Se ci sono tutte queste persone che vivono al limite della disperazione ora, quando i tempi sono "buoni", cosa dobbiamo aspettarci quando l' economia statunitense inizierà a cadere a pezzi? Di seguito ci sono 21 fatti riguardanti la crescita esplosiva della povertà in America che vi lasceranno a bocca aperta ...

# 1 L'US Census Bureau dice che quasi 47 milioni di americani vivono in condizione di povertà in questo momento.

# 2 Altri dati dello US Census Bureau sono altrettanto inquietanti. Ad esempio, nel 2007 circa un bambino su otto in America usufruiva di buoni pasto. Oggi, quel numero è uno su cinque.

# 3 Secondo Kathryn J. Edin e H. Luca Shaefer, autori del libro dal titolo "$2.00 a Day: Living on Almost Nothing in America “, ci sono 1,5 milioni di famiglie "ultrapovere" negli Stati Uniti che vivono con meno di due dollari al giorno. Quel numero è raddoppiato dal 1996.

4 # 46 milioni di americani si rivolgono alla banca alimentare ogni anno, e le file iniziano a formarsi davanti ad alcune banche alimentari americane sin dalle 6:30 del mattino perché la gente vuole prendere qualcosa prima che le scorte di cibo si esauriscano.

# 5 il numero di bambini senza casa negli Stati Uniti è aumentato del 60 per cento negli ultimi sei anni.

# 6 1,6 milioni di bambini americani ha dormito in un rifugio per senzatetto o qualche altra forma di alloggi di emergenza lo scorso anno.

# 7 La polizia di New York ha identificato 80 accampamenti di senzatetto in città

# 8 Più della metà di tutti gli studenti delle scuole pubbliche Usa sono abbastanza poveri da beneficiare di sussidi per le mense scolastiche.

# 9 Secondo un rapporto del Census Bureau, il 65 per cento di tutti i bambini negli Stati Uniti vive in una casa che riceve qualche forma di aiuto da parte del governo federale.

# 10 Secondo un rapporto che è stato pubblicato dall' UNICEF, quasi un terzo di tutti i bambini in questo paese ", vivono in famiglie con un reddito inferiore al 60 per cento del reddito medio nazionale".

# 11 Quando si parla di povertà infantile, gli Stati Uniti si collocano 36esimi sui 41 "paesi ricchi"

# 12 Il numero di americani che vive in aree ad alta povertà è raddoppiato dal 2000.

# 13 Un sorprendente 45 per cento di tutti i bambini afro-americani negli Stati Uniti vive in aree a "povertà concentrata".

# 14 Il 40,9 per cento di tutti i bambini negli Stati Uniti che viene cresciuto da un solo genitore vive in condizioni di povertà.

# 15 Un sorprendente 48,8 per cento di tutti i 25enni americani vive ancora a casa con i genitori.

# 16 Non ci sono semplicemente abbastanza buoni posti di lavoro. Può essere difficile da credere, ma il 51 per cento di tutti i lavoratori americani guadagna meno di $ 30.000 all'anno.

# 17 Ci sono 7,9 milioni di americani in età lavorativa che sono "ufficialmente disoccupati" in questo momento e altri 94,7 milioni di americani in età lavorativa che sono considerati "Non nella forza lavoro". Quando si sommano i due numeri si ottiene un totale di 102,6 milioni di americani in età lavorativa che non hanno un lavoro in questo momento.

# 18 Possedere una casa è sempre stato un segnale che si appartiene alla classe media. Questo è il motivo per cui è così allarmante che il tasso di proprietari di abitazioni negli Stati Uniti sia in calo per otto anni di fila.

# 19 Secondo un recente sondaggio Pew, circa il 70 per cento di tutti gli americani crede che «il debito sia una necessità nella loro vita".

# 20 Il 25 per cento di tutti gli americani ha un patrimonio netto negativo. Ciò significa che il valore di quello che devono è maggiore del valore di tutto ciò che possiedono.

# 21 Lo 0,1 per cento di tutte le famiglie americane possiede una ricchezza pari a quella posseduta dal 90 per cento di tutte le famiglie americane.

Se gli Usa sono veramente "la più grande nazione del pianeta", allora perché non si prendono cura del loro popolo?

Perché ci sono decine di milioni di americani che vivono in povertà?

Forse gli Stati Uniti non sono così grandi, dopo tutto, conclude Michael Snyder.
 

tontolina

Forumer storico
Cara America ti scrivo così Ti distraggo un po’, e siccome sei molto lontana dalla realtà più forte ti scriverò. Da quando sei partita c’è una grossa novità, l’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora da te non va.
Fine anno tempo di bilanci, senza dimenticare che un’occhiata al 2016 l’abbiamo già data insieme al nostro Machiavelli. Come più volte sussurato la crisi è iniziata in America e in America finirà.
A febbraio in un’intervista all’amico Claudio avevo suggerito che c’era … . Troppo ottimismo nei dati USA
Gli ultimi dati provenienti dai consumi e dagli investimenti residenziali, vendite di case esistenti o nuove non importa, l’economia americana resta un gigante d’argilla, nonostante tutte le illusioni che la sua Banca centrale cerca di diffondere!
Diamo una rapida occhiata a come è andata in realtà l’economia americana, osservando da vicino alcuni indicatori principali.
Spiace constatare che per l’ennesima volta le previsioni della Fed sulla crescita sono risultate alquanto lontane dalla realtà, una crescita prevista tra il 2,6% e il 3% per il 2015…
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Se come sembra il GDP dell’ultimo trimestre sarà solo del 1,3% o dintorni, la crescita complessiva per il 2015 sarà intorno al 2 % come sempre ben lontana dal potenziale storico dell’economia USA e dalle solite previsioni della Fed.
Dell’inflazione nessuna traccia, per il sesto anno consecutivo abbiamo fatto centro!
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Di crescita dei salari non si vede l’ombra…
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…e la velocità di circolazione della moneta, ormai è solo un lontano ricordo sbiadito.


Il settore manifatturiero americano è in recessione…
Chicago Fed National Activity Index -0.3
Nov/15 -0.04 -5.02 : 2.7 Monthly
Dallas Fed Manufacturing Index -4.9 Index Points
Nov/15 -12.7 -60.2 : 47 Monthly
NY Empire State Manufacturing Index -4.59 Index Points
Dec/15 -10.74 -34.82 : 38.99 Monthly
Philadelphia Fed Manufacturing Index -5.9 Index Points
Dec/15 1.9 -57.9 : 58.9 Monthly
Richmond Fed Manufacturing Index 6 Index Points
Dec/15 -3 -42 : 27 Monthly
Chicago Pmi 48.7 Index Points
Nov/15 56.2 21.4 : 78.8 Monthly

TROPPO OTTIMISMO NEI DATI USA | icebergfinanza
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Per qiuanto riguarda il mercato immobiliare, basta dare un’occhiata agli ultimi dati…
Le vendite di case esistenti negli Stati Uniti sono calati in novembre molto più delle previsioni, scivolando al minimo in 19 mesi.(…) L’indicatore, calcolato dall’associazione di settore National Association of Realtors (Nar), ha registrato un ribasso del 10,5% a 4,76 milioni di unità. Gli analisti attendevano un ribasso a 5,32 milioni. Il dato è del 3,8% più basso rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, il primo calo su base annuale da settembre 2014.(America24)

Una meraviglia vero?
Meglio ancora va con le vendite di case esistenti, con un pò di fantasia si possono fare miracoli… US New-Home Sales Rose 4.3% in November
Riassumendo le vendite salgono del 4,3 % dopo una pesante revisione al ribasso dal 10,7% di ottobre al 6,3 %. Peccato che tutti si siano già dimenticati il MENO 12,9 % di settembre, ovvero tre mesi passati nel nulla più assoluto.
Ma noi che abbiamo la brutta abitudine di ficcare il naso nella realtà, con due semplici grafici, vi facciamo osservare da vicino il nuovo “american dream”…

Tutto chiaro ora?
Ma proseguiamo e osserviamo da vicino i mirabolanti effetti della piena occupazione in America sui consumi, un’altra strepitosa performance dell’economia americana…
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showimage.asp

Una inesorabile tendenza negativa, un 2015 tutto in discesa, una discesa che ha addirittura costretto la Fed di Atlanta ad aggiornare al ribasso le previsioni per l’ultimo trimestre 2015…
GDPNow – Federal Reserve Bank of Atlanta


Caspita ma che è successo?
Niente di particolare, una piccola revisione al ribasso delle previsioni di spesa reale dei consumatori americani, passata dal 2,6 % al 2,1 % e la crescita degli investimenti residenziali rivista al ribasso dal 8 % al 0,9%, nulla di particolare solo questione di virgole!
Per non parlare dei profitti della corporate americana che risentono in maniera particolare dell’avvicinarsi della fine del ciclo e della forza del dollaro…

Chissà cosa accadrà nei prossimi mesi, ora che novembre e dicembre sono trascorsi senza un fiocco di neve e con 20 gradi a New York e dintorni, cosa si inventeranno per nascondere la recessione che verrà.
Buone notizie? A si, la piena occupazione, lavorano tutti in America, risparmiano e non spendono, perchè hanno messo di credere alle favole.
Poco importa, visto che nel resto del mondo va bene…
Japan Industrial Production for November (preliminary)
For the m/m, -1.0% (expected -0.5%, prior was 1.4%)
+1.6% y/y (expected 1.6%, prior -1.4%)
Surveyed manufacturers see December output +0.9% m/m (previously they had seen it at -0.%) and January output at +6.0% m/m
The sluggish November result offset somewhat by an improved expectation for December and another in January.
Also out, retail sales for November,
-2.5% m/m (expected -1.4%, prior was 1.1%)
-1.0% y/y (expected -0.1%, prior was 1.8%)
Ah si il quantitative easing funziona che è una meraviglia in Giappone…
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Come sempre la verità è figlia del tempo! Buona consapevolezza!
 

big_boom

Forumer storico
totntolina la realta' e' che in questi 4 anni si sono solo preparati alla crisi riempiendo di soldi le banche ...

io vedo qui in thailandia
oggi baht a 35 su dollaro benzina a 20 baht al L

nel 2009/10 in piena crisi baht intorno a 33 sul dollaro benzina sui 18 baht al L

1 anno fa baht a 33 su dollaro benzina a 44 baht al L ...

sai che ti dico? o il prezzo del petrolio schizza su nuovamente a 44 oppure il dollaro questa volta va a 50 facendo crollare tutte le borse mondiali ;)

secondo me va a 50 e se le borse crollano non me ne frega un piffero per 5 anni sono apposto andassero tutti a piedi e in bici :D
 

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