E DEL RESTO L'OROSCOPO L'AVEVA DETTO, I PRIMI 83 ANNI SARANNO UN PO' COSI' (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
1620889927382.png


"I risultati di RECOVERY sono favorevoli all'uso di tocilizumab.

I nostri risultati mostrano che i benefici di tocilizumab
si estendono a un vasto gruppo di pazienti bisognosi di ossigeno, con o senza altre forme di supporto respiratorio"


Il controllo è lo standard of care UK, o meglio una serie di diversi SOC, il gruppo trattati era SOC+ tocilizumab.

L'82% dei pazienti arruolati ricevevano corticosteroidi
(il che significa che l'aggiunta di tocilizumab a desametasone e assimilabili può avere un senso,
specie nelle situazioni in cui il solo corticosteroide non risolve, e qua sopra c'è stata la testimonianza di un paziente che è stato così trattato).

Lo studio non è in doppio cieco, ma open label,
(come SOLIDARITY di OMS, che pure aveva una randomizzazione un po' così e che molti ritengono vangelo).

In breve RECOVERY dimostra che aggiungere tocilizumab allo standard of care migliora il quadro,
specialmente nei pazienti non ancora arrivati alla ventilazione meccanica.

Per questa fascia il miglioramento è sensibile e statisticamente solido,

" Among those not receiving invasive mechanical ventilation at baseline,
patients allocated tocilizumab were less likely to reach the composite endpoint of invasive mechanical ventilation or death
(35% vs 42%; risk ratio 0·84; 95% CI 0·77–0·92;p<0·0001).

Una manifestazione dello spettacolare effetto placebo di tocilizumab, su cui qua sopra è capitato di scherzare?

Comunque tocilizumab rientra in pista, e per restare, si direbbe.


Perlomeno in UK.
 

Val

Torniamo alla LIRA
“In Francia cova una guerra civile perché lo Stato si è arreso ai musulmani radicali”.

L’allarme di circa 2000 militari in servizio, contenuto in una “petizione” al presidente Emmanuel Macron
pubblicata sulla rivista Valeurs Actuelles, è solo l’ultimo di una serie di allarmi lanciati da gruppi di militari francesi.


Il 21 aprile scorso 20 generali in pensione avevano indirizzato allo stesso presidente un “appello”
(pubblicato dalla stessa rivista conservatrice) in cui affermavano che in seguito alla “disintegrazione della Francia
e alla “islamizzazione” prima o poi i militari sarebbero stati chiamati, loro malgrado, a intervenire.

I 20 generali erano stati seguiti quattro giorni dopo da altri generali e ufficiali – circa 1200 –
che avevano inviato al Parlamento un documento nel quale era scritto tra l’altro:

“Ci è stata dichiarata una guerra ibrida e multiforme che finirà nel migliore dei casi con una guerra civile e nel peggiore con una sconfitta crudele senza futuro”.


La leader della destra sovranista, Marine Le Pen, aveva appoggiato i firmatari
e li aveva invitati a sostenere la sua politica e la sua candidatura per la presidenza francese
nelle elezioni previste per il 2022 attirandosi la definizione di “figura pericolosa da parte del governo di Parigi”.

Anche il capo di Stato maggiore delle forze armate, il generale François Lecointre,
aveva minacciato i firmatari dell’appello: un procedimento disciplinare e quindi la radiazione o il pensionamento.


Nonostante queste minacce delle massime autorità, è giunta domenica scorsa la nuova “petizione” a Macron dei 2000 militari in servizio,
che hanno comprensibilmente preferito restare anonimi.

Essi tengono a fare sapere di avere servito in Africa e in Afghanistan e di avere preso parte all’Operazione Sentinel
(le pattuglie antiterrorismo nelle strade francesi dopo le stragi del 2015) e tengono anche a chiarire che non si tratta di un “pronunciamento”.


“Se scoppierà una guerra civile, i militari manterranno l’ordine sul territorio solo perché sarà chiesto loro di farlo.

Nessuno può desiderare una situazione così terribile, ma la guerra civile si sta preparando in Francia e voi lo sapete perfettamente.

Agite, signore e signori… ne va della sopravvivenza del nostro Paese, del vostro paese”.



I 2000 militari puntano poi il dito chiaramente contro i politici:

“Vediamo l’odio per la Francia e la sua storia diventare la norma… mentre voi abbandonate, senza reagire,

interi quartieri del nostro Paese alla legge del più forte”.


La petizione è stata subito sottoscritta da oltre 109mila francesi.



Il capo di Stato maggiore delle Forze armate francesi, il già citato generale Lecointre,
questa volta si è limitato a invitare i sottoscrittori anonimi dell’appello a “lasciare l’Armée
e a “difendere le loro opinioni da uomini liberi dai doveri di riservatezza imposti dall’uniforme”.


La maggioranza dei francesi sembra però concordare in molte opinioni con i militari che lanciano quegli appelli.


Il 28 aprile scorso, a pochi giorni dal clamoroso appello dei 20 generali in pensione,
l’Istituto di sondaggi Harris Interactive ha condotto un’indagine da cui è risultato che

ben l’86 per cento dei francesi pensa che le leggi della Repubblica non si applichino nell’intero territorio,

l’84 per cento è d’accordo sull’aumento della violenza,

il 74 per cento pensa che l’antirazzismo esasperato provochi il razzismo

e il 73 per cento che la società francese si stia disgregando.


Il dato che ha inquietato di più l’Eliseo e i palazzi della politica e che quasi un francese su due (il 49 per cento)
si dichiari favorevole all’intervento dell’esercito anche “senza che gli venga ordinato di farlo per garantire l’ordine e la sicurezza in Francia”.

Persino l’ex presidente, il socialista François Hollande ha ammesso già mesi fa nel suo libro
Un president ne devrait pas dire ça” che il pericolo di uno “smembramento” (“partition”) della Francia è reale.


Per capire i neri umori francesi bisogna ricordare che in Francia vi sono ufficialmente
(senza contare cioè i numerosi sans papier clandestini) circa 4,1 milioni di musulmani (il 6 per cento del totale),
ma che tra i giovani fra 19 e 29 anni è identico il numero di quelli che si dichiarano cattolici e quelli che si dichiarano musulmani.

Tra i giovani musulmani prevalgono poi in maniera molto preoccupante le opinioni estremiste,
fondamentaliste e salafite e sono già 10.500 i musulmani, prevalentemente giovani,
schedati come “elementi pericolosi” e cioè terroristi attuali o potenziali.

La Francia è in un processo di progressiva islamizzazione parallelo alla sua decristianizzazione.

I cattolici praticanti in Francia sono solo il 5 per cento.


Ogni due settimane in Francia nasce una moschea e scompare una chiesa,

ha detto solo pochi giorni fa Edouard de Lamaze, presidente dell’Observatoire du patrimoine religieux di Parigi.



Il numero di moschee e sale di preghiera musulmane è raddoppiato negli ultimi venti anni ed esse oggi sono circa 2500.


Il consigliere del presidente Macron sull’Islam,
Hakim El Karoui ha scritto nel suo libro L’Islam, une religion française,
che l’Islam è già la prima religione praticata in Francia:

Ci sono più musulmani praticanti, tra 2,5 e tre milioni, che cattolici praticanti, 1,65 milioni”.

La Francia ha poi avuto in sei anni ben 265 morti per mano di jihadisti e 17 attacchi contro le forze dell’ordine.

L’ultima vittima è stata proprio una poliziotta, Stephanie Monfermé, sgozzata il 29 aprile,
senza ragioni particolari, da un fanatico musulmano a Rambouillet.

Nel 2005 la Francia sperimentò un assaggio di guerra civile con la rivolta delle banlieue
in cui si univano in una miscela esplosiva istanze sociali e motivazioni identitarie etnico-religiose.

Nel territorio francese vi sono circa 150-200 “aree sensibili” a maggioranza di immigrati nordafricani
controllate da gruppi islamisti salafiti spesso armati che in quelle zone “no go” dettano legge
anche perché sono state abbandonate dalle autorità al loro dominio.


Nonostante tutto questo sono attivi in Francia alcuni gruppi di intellettuali e di giovani francesi

che si dicono “anti-razzisti”, ma esprimono un’ideologia, detta “razzialista”,

cioé anti-bianca, antifrancese e ovviamente anti-occidentale.



Essi affermano chiassosamente di battersi “contro l’islamofobia” e per la “decolonizzazione” culturale,
cioè del linguaggio, del pensiero e degli scritti, ma fanno da scudo e supporto ai gruppi islamici estremisti.

Questi gruppi sono molto aggressivi e si sono specializzati all’unisono con i gruppi salafiti,
nell’accusare di islamofobia gli intellettuali e i giornalisti che esprimono opinioni critiche
verso i fondamentalisti islamici anti-laici e intolleranti
concentrati nelle banlieue che cercano di imporre la loro ideologia salafita agli altri musulmani e ai francesi.


Il risultato è che decine di personalità vivono blindate e sotto scorta
e che in Francia molti abbiano paura di esprimere liberamente le proprie opinioni su questioni riguardanti la religione musulmana.



Nel frattempo il Consiglio di Stato ha deliberato qualche giorno fa che la canzone “Jésus est pedé” (Gesù è gay)
trasmessa da France Inter “nonostante la sua natura oltraggiosa” non eccede “i limiti della libertà di espressione”,
essendo anzi intesa “a criticare gli atteggiamenti discriminatori”.

Alcuni mesi fa, 80 intellettuali hanno pubblicato su vari giornali un documento dal titolo Decolonialismo, una strategia egemonica.

Tre settimane fa, 80 psicanalisti hanno lanciato l’allarme contro il pericolo dell’ideologia decoloniale, pubblicato sul giornale Le Monde:
secondo loro, la piovra decoloniale starebbe sostituendo quella islamista, che a sua volta ha sostituito la piovra comunista.



Diversi commentatori hanno ricordato che il generale Charles de Gaulle spiegò ad Alain Peyrefitte
il suo sostegno all’indipendenza dell’Algeria dicendogli:

Altrimenti il mio villaggio non si chiamerà più Colombey le due chiese, ma ‘Colombey le due moschee.


Il caso francese mostra che basta una proporzione di circa il 6 per cento della popolazione

per fare registrare un’intensa aggressività dei gruppi fondamentalisti islamici

e per diffondere una percezione di una molto problematica invasione

ed una parallela islamizzazione della società, tanto da indurre gli ambienti militari a prevedere una guerra civile

ed a paventare che un giorno non lontano saranno chiamati, loro malgrado, a ristabilire l’ordine pubblico in Francia.



Sarebbe una situazione che di necessità avrebbe delle ripercussioni anche in Italia.


È una lezione su cui anche la classe dirigente italiana – se ce n’è una e se tale si possa chiamare – è chiamata a riflettere.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Dopo aver annunciato l’intenzione di accettare il pagamento per le auto di Tesla in bitcoin a febbraio,
il CEO di Tesla Elon Musk ha appena comunicato tramite tweet
che la società sospenderà i pagamenti in bitcoin per preoccupazioni sull’impatto ambientale.



Tesla & Bitcoin pic.twitter.com/YSswJmVZhP
— Elon Musk (@elonmusk) May 12, 2021




Tesla ha annunciato durante il suo rapporto sugli utili del primo trimestre pubblicato il mese scorso
di aver realizzato un profitto di $ 272 milioni vendendo parte del bitcoin che aveva acquistato nel bilancio dell’azienda.

All’inizio di questa settimana, Musk aveva pure scherzato sulla possibilità che l’azienda possa accettare Doge per il pagamento.


In una nota pubblicata su Twitter, Musk ha scritto che mentre crede ancora personalmente nella criptovaluta,
Tesla si è preoccupata per il ruolo delle fonti non rinnovabili nel mining di bitcoin,
una critica comune fatta dagli ambientalisti contro il bitcoin.

“La criptovaluta è una grande idea su molti livelli e ha un futuro promettente,
ma questo non può avere un grande costo per l’ambiente”, ha scritto Musk.

Ha aggiunto che la società “non venderà alcun bitcoin e intendiamo usarlo per le transazioni non appena il mining passerà a un’energia più sostenibile”.


Sarà vero ?

In realtà Bitcoin sta ultimamente segnando il passo intorno ai 50 mila , dopo aver toccato un massimo a 64 mila.


btc-13-5.png



Non è che Musk ritiene di aver massimizzato l’utile possibile che si può ottenere da BTC
e che quindi non intenda più rischiare in una valuta virtuale comunque estremamente volatile ?

Anche perchè, quando ha accettato BTC a mezzo di pagamento, conosceva sicuramente benissimo i problemi legati al mining.

Perchè allora non ha scelto subito una soluzione più affidabile ?

Oppure dobbiamo credere che non ne sapesse nulla ?


L’attesa per Bitcoin “Verde” rischia di essere molto lunga......



Questo, più che altro, sembra un alibi.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Claudio Borghi Vs Selvaggia Lucarelli alla radio sul tema di Ioannidis
e della sua ricerca che riteneva il lockdown “Poco utile”.

La Lucarelli fa il lavoro classico della giornalista di parte,
quello di mettere in bocca all’intervistato cose che non ha mai detto
o che vengono completamente decontestualizzate.


Poi si parla di rapporti Salvini Meloni.

La Lucarelli vuole seminare zizzania, ma non sa che , proprio mentre lei parlava,
veniva raggiunto un accordo definitivo sui candidati sindaci in quasi tutte le città italiane,
soprattutto le maggiori…. ...


Selvaggia, sei sempre fuori tempo e sempre dalla parte sbagliata.

 

vetro

valgo zero ma non sono scemo
La FAZ ci mostra come verrà introdotta, con la scusa del “Cambiamento climatico”
la tassa patrimoniale sugli immobili, seguendo l’esempio della Germania.


In futuro, gli inquilini dovranno sostenere solo la metà del sovrapprezzo energetico

per le emissioni di CO2 su petrolio e gas in vigore dal 1 ° gennaio.



Ciò emerge da una risoluzione che il governo federale tedesco ha adottato mercoledì
per accompagnare la legge sulla protezione del clima modificata.

Questo dopo una settimana di discussioni sulla materia all’interno del Governo Merkel.


I Verdi e l’SPD si erano espressi a favore della riduzione dei costi sugli inquilini,

mentre la CDU aveva sostenuto che i proprietari non potevano essere considerati

responsabili del consumo di elettricità e riscaldamento.



Il parziale sollievo degli inquilini fa parte di una risoluzione del gabinetto
che il governo federale ha approvato mercoledì insieme alla modifica della legge federale sulla protezione del clima.


In questo, il governo federale si impegna anche a fornire altri otto miliardi di euro
per finanziare ulteriori misure di “Protezione Climatica”.

Anche gli standard per i nuovi progetti di costruzione devono essere migliorati
al fine di creare ulteriori incentivi per soluzioni rispettose del clima nel settore delle costruzioni.

Nel frattempo Il governo ha anche innalzato i propri obiettivi per la riduzione delle emissioni di CO2,
con una riduzione del 65% rispetto agli aumento dal 1990 entro il 2030.


Appare chiaro che quella che viene imposta è una tassa patrimoniale.

Comunque la si giri, anche se arrivasse la bolletta di luce e gas al proprietario di casa,
comunque è un’imposta che pesa sul patrimonio.


Può anche essere un modo per spingere verso una migliore efficienza energetica degli edifici,
ma resta il fatto che è, comunque, un’Imposta sul patrimonio.


Io sono disposto a scommettere un caffè che, partito l’esempio tedesco,
il PD inizierà a pressare affinché la stessa imposta venga applicata sugli immobili italiani.


Un modo diverso per una patrimoniale che, o si abbatterà sugli affitti, nelle grande città,
o abbatterà il valore degli immobili, dove non vi è tensione della domanda.


riguarda anche noi in italia?
..sta per arrivare una tassa dentro le bollette o una vera e propria patrimoniale a parte?

non basta che vogliono distruggere il meglio del made in italy propinando ottimi prodotti alimentari lavorati e pessimi i nostri come oilio d'oliva formmaggi come parmigiano prosciutto ect con questa nuova etichettatura pro multinazionali, pure altra mazzata sul mattone,,e basta UE..usciamoneeeeeee
grazie
 

Val

Torniamo alla LIRA
Mentre la commissione parlamentare nata, sulla carta, per occuparsi del crac di Monte dei Paschi di Siena
continua a muoversi a rilento, e con la massima accortezza nel tutelare i responsabili del disastro dell’istituto senese
e non i risparmiatori fregati, emergono altri, inquietanti dettagli relativi al bilancio 2002-2012,
nel periodo che ha visto la crisi sui conti di Mps farsi via via sempre più drammatica.

Mentre i numeri andavano verso un profondo rosso, però, veniva distribuito denaro a pioggia,
a conferma di un comportamento sconsiderato di fronte al quale non si possono continuare a tenere gli occhi chiusi.


Come rivelato dai documenti pubblicato da Il Fatto Quotidiano, infatti,
proprio mentre il baratro si faceva sempre più vicino,
ecco che Mps dilapidava la bellezza di 593,3 milioni di euro in promozioni, pubblicità e sponsor.

Una spesa media altissima, di 54 milioni l’anno, “la metà dei quali investita in sponsorizzazioni sportive”.

A decidere questi esborsi pesantissimi era David Rossi,
manager poi morto suicida in circostanze sulle quali i magistrati continuano a indagare,
al quale era stato affidato il controllo delle sponsorizzazioni da Giuseppe Mussari.


Si giravano soldi, tanti, a squadre di basket, calcio e media, mentre la banca andava incontro a un destino inesorabile.


A partire dal 2007, l’anno della sciagurata acquisizione di Antonveneta con la benedizione di Mario Draghi,
il budget per la comunicazione di Mps non è mai sceso sotto i 57 milioni di euro, toccando “l’apice nel 2010 con 66,1 milioni di euro”.

Con una virata improvvisa verso le sponsorizzazioni sportive, diventate improvvisamente un chiodo fisso dell’istituto:
su 58 milioni spesi nel 2011, per esempio, un terzo è andato in pubblicità e il rimanente (ben 35,6 milioni)
per legare il nome della banca a squadre di rugby, calcio e basket, spesso team di città di provincia.


Il motivo di questi investimenti apparentemente folli ?

Uno scambio di favori, come emerso in un’intercettazione pubblicata dal Corriere della Sera
nella quale l’ex presidente Mps Mussari parlava con Giuliano Amato.

Amato si impegnava a sostenere la candidatura di Mussari a presidente Abi (l’associazione bancaria italiana),
il numero uno della banca in cambio garantiva la sponsorizzazione al Circolo tennis Orbetello, di cui il politico era presidente onorario.


Tanti, tantissimi i lati oscuri ancora da approfondire in questa vicenda.


Con la commissione d’inchiesta sbandierata dal governo che continua a non prendere forma.


La giustizia verso gli italiani raggirati dalla banche, d’altronde, non sembra essere tra le priorità di questo esecutivo.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Due notizie dai circoli berlusconiani hanno agitato il pomeriggio di ieri della politica, entrambe lanciate da Dagospia.

La prima è che Alessandro Sallusti ha dato le dimissioni dalla direzione del Giornale,

la seconda è che Silvio Berlusconi ricoverato al San Raffaele “sta vivendo la partita più difficile”.

Se accostate, le news disegnerebbero un quadro di fine impero.

Di nessuna c’è stata conferma ufficiale, ma di entrambe si hanno certezze:

la prima è vera, la seconda no.


Sallusti lascerà il quotidiano della famiglia Berlusconi probabilmente per fare il direttore unico delle testate della famiglia Angelucci (Il Tempo e Libero),

mentre il Cavaliere non si trova in condizioni gravi: per lui accertamenti e un po’ di riabilitazione.


Eppure, anche se l’addio di Sallusti non va legato a un improvviso quanto inesistente
precipitare della salute di Berlusconi, tra le due notizie un legame c’è.

Il Cavaliere in ospedale cerca di tornare in forze.

E forse quella dagospiata sibillina per cui l’ottantaquattrenne leader “sta vivendo la partita più difficile”
non si riferisce alla suprema lotta tra la vita e la morte,
ma al colpo di reni verso la meta più ambiziosa mai raggiunta quanto agognata: il Quirinale.



Matteo Salvini e Giorgia Meloni gli hanno detto che il suo nome sarà anche il loro.

Glielo hanno fatto credere, ma c’è da credere che non sia una promessa al vento:
i giovani leoni del centrodestra spenderanno la candidatura di Berlusconi quando si apriranno i giochi per la successione a Sergio Mattarella.

Che poi la cosa vada in porto è tutto da vedere, intanto però il vecchio Silvio deve farsi trovare pronto,
in forma e possibilmente libero da preoccupazioni giudiziarie come il processo Ruby ter che le degenze ospedaliere contribuiscono ad allontanare.


Qualunque sarà l’esito, la corsa berlusconiana per il Colle segnerà una svolta nel centrodestra ma anche negli affari della famiglia.

Berlusconi presidente significherà via libera a SAlvini e Meloni.

Berlusconi sconfitto significherà la sua definitiva uscita di scena,
soprattutto se al Quirinale dovesse salire un’altra figura di centrodestra, meno ingombrante e più “ecumenica”.


Uno per esempio come Gianni Letta, che in queste settimane ha un’agenda fitta di appuntamenti
e tra un libro e un dibattito non perde occasioni per incontrare gente.


E se nemmeno Letta dovesse farcela, sarebbe il segno che l’epopea berlusconiana è davvero giunta al tramonto.


Nei prossimi mesi, dunque, lo scenario nella coalizione moderata è destinato a cambiare profondamente.

Ed è inevitabile che comincino le fibrillazioni e i riposizionamenti non solo in sede parlamentare.

È in questo contesto che si collocherebbero le dimissioni di Sallusti.

La mossa va letta non solo in chiave politica, ma anche aziendale:
non è un mistero che la Mondadori, cioè Marina Berlusconi, consideri il Giornale (di cui possiede poco più del 35%)
come un peso finanziario non bilanciato da un’adeguata influenza editoriale e politica.

Per il quotidiano fondato da Indro Montanelli si parla di ulteriori tagli imminenti
che il Cavaliere non potrebbe più scongiurare come ha fatto finora.


E così Sallusti avrebbe preferito cambiare aria in attesa del rimescolamento innescato dalla partenza della corsa verso il Quirinale.
 

Val

Torniamo alla LIRA
“No! Non ci posso credere, qualcuno le dia una mano, guarda lì, non ci credo!”,

commenta una voce in sottofondo al video che riprende lo scippo dei cinghiali che rubano la spesa a una signora.

Nella Roma dei gabbiani che aggrediscono i turisti
può accadere anche che un branco di cinghiali aggredisca una donna appena uscita dal supermercato per rubarle la spesa.

È successo all’esterno di un grande punto vendita del centro commerciale
a Le Rughe, nel comune di Formello, alle porte di Roma.

Le immagini mostrano il branco costituito da alcune femmine e numerosi piccoli
che si muove tra le auto nel parcheggio del supermercato e poi i cinghiali che rubano le buste della spesa.

La donna cerca di allontanarli fino a quando non ‘molla’ i sacchetti sui quali i cinghiali si avventano per poi fuggire.





lg.php
 
Ultima modifica:

Val

Torniamo alla LIRA
Travaglio

Il “ripulisti” di Draghi di quel che fu il potere grillino fa piangere Marco Travaglio.

Silurato da un momento all’altro il capo del Dis, Vecchione, la mano lunga di Conte nell’intelligence.

Tanto che quest’ ultimo non l’ha presa affatto bene: («questo è un atto di sfiducia nei miei confronti»);
sta per sloggiare Mimmo Parisi, il profeta grillino del reddito di cittadinanza, dall’Anpal.

Per non parlare della riforma della giustizia: le proposte della ministrea Cartabia sono un affronto alle posizioni giustizialiste dei Cinquestelle.

Tutti gli opinionisti e gli osservatori commentano come, pezzo dopo pezzo, i poterino dei grillini stia andando in frantumi.

Marco Travaglio – come lo descrive Minzolini – vedovo inconsolabile di quel che fu il Conte2- “sbatte la testa al muro”.

L’editoriale sul Fatto testimonia questa difficoltà.

lg.php

Inizia con stizza:

I forzaleghisti fanno il bello e il cattivo tempo, ottenendo da Draghi quasi tutto quel che vogliono.
Le teste di Arcuri, di Borrelli, di metà dei membri del Comitato tecnico-scientifico.
Poi le riaperture premature il 26 aprile all’insaputa del nuovo Cts.
E l’altroieri il licenziamento del capo del Dis, generale Vecchione.
Pezzo per pezzo si sta smontando l’esperienza giallo-rosa, come se la maggioranza di Draghi potesse esistere senza M5S , Pd e Leu”.


Ripiangere ancora Arcuri è folle.

La “sostituzione” di Mr Invitalia con il Generale Figliuolo è l’unica cosa buona e giusta dell’attuale governo.

Staremmo ancora qui a parlare delle Primule.

Ma la cosa più sconcertante (e divertente) è che il direttore del Fatto non si renda conto che sta parlando di un M5s che non c’è più.

E’ come giocare a carte col morto.

Se ne dovrà fare una ragione.

Il M5S è una galassia scomposta che sta cercando faticosamente di capire cosa sia e cosa sarà.


Sconcerta poi la recriminazione sulle riaperture del 26 aprile:
un ritorno – o quasi- a una parvenza di normalità, ossigeno per molti imprenditori, giudicato “prematuro”.

E’ un insulto
a intere categorie.

Ecco, sappiamo che Travaglio non è dalla parte evidentemente di quegli italiani che anelano al ritorno a una vita purchessia.


Ancora lacrime:
“Appena nacque il governo Draghi, M5S , Pd e Leu annunciarono un intergruppo parlamentare
per affrontare compatti la sfida ai neoalleati forzati di centro-destra (Lega, FI , Iv e altri centrini sfusi).
Poi, siccome era un’ottima idea, la lasciarono cadere”.


Ecco, di nuovo Travaglio fa riferimento al M5S come se fosse un unoco partito in grado di decidere una strategia.

Non esiste più il M5s come lui lo ricorda e lo anela, figuriamoci se può consigliargli di fare un intergruppo.

Travaglio non si rassegna.

“La domanda è semplice: quousque tandem subiranno in silenzio?
Che aspettano a coordinarsi in un intergruppo che restituisca loro un’influenza sul governo pari al peso parlamentare?”.


Ma sarebbe come abbaiare alla luna.


Gli scotta tanto il caso 007:

“Nessuno discute le capacità della nuova direttora Belloni: beatificata dai soffietti dei giornaloni come estranea alla politica;
come se non navigasse alla Farnesina nel sistema dei partiti dalla notte dei tempi e l’avesse portata la cicogna.
La verità la conoscono tutti: Vecchione ha l’unica colpa di essere stato nominato da Conte, dunque dava noia ai due Matteo“.


E qui la butta, al solito, in caciara.


Tutta colpa dei Matteo, del destino cinico e baro, di un grande complotto per depotenziare i grillini.


Travaglio arriva a definire “vergogne” tali mosse e denuncia come un bimbo offeso il fatto che
“Draghi ha glissato in Parlamento sul sottosegretario leghista al Mef Durigon.
Che – accusa il giustizialista Travaglio – non dovrebbe restare al suo posto un minuto di più;
dopo aver detto che l’ufficiale della Guardia di Finanza che indaga sulla Lega “l’abbiamo messo noi” (la Gdf dipende dal Mef).


“Resta da capire – conclude- quale sia la funzione di M5S , Pd e Leu, le tre forze maggioritarie che sostengono Draghi:
a parte quella degli (in)utili idioti che tacciono e acconsentono, ingoiano e votano tutto”.


Ecco quale sia la funzione del M5S non la sa neanche Crimi, figuriamoci.

Sugli altri due partiti fa tutto lui: sono inutili, idioti e dicono sempre sì.


In effetti per Travaglio è un momentaccio.
 

Users who are viewing this thread

Alto