E ANCHE SE SONO UN LIBRO APERTO, MICA TUTTI SANNO LEGGERE! (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
L'assalto alla diligenza è partito dai ministeri e, secondo la migliore tradizione inaugurata negli anni della Prima Repubblica, l'esordio è un'infornata di statali.

Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri al vertice di maggioranza di mercoledì sulla Legge di Bilancio ci aveva provato.

Aveva chiesto ai colleghi di limitare le richieste; facendo capire che quelle di sostanza riguarderanno solo plastic tax e auto aziendali.

Correzioni che valgono 1,5 miliardi di euro al massimo.
Ma per l'agenzia di rating Dbrs comunque per questo governo si profila vita breve.

«È improbabile che l'attuale governo durerà fino al 2023», scrive l'agenzia pur riconoscendo che il vantaggio della Lega nei sondaggi è un forte disincentivo ad andare alle elezioni.

Quanto alle assunzioni, ieri dagli uffici dei dicasteri sono trapelate le prime indiscrezioni sulle richieste.
Tra le tante, spicca per generosità la proroga per l'assunzione dei precari della Pubblica amministrazione dalla fine del 2020 al 31 dicembre 2021.
Ancora un anno per stabilizzare i cococo che ancora albergano negli uffici di enti pubblici locali e non.
Sono quasi 350mila. Un lavoratore della Pa su 10 è un atipico, secondo i dati della Ragioneria.

Altra richiesta è quella di lasciare mano libera alle amministrazioni pubbliche sui concorsi, prevedendo la possibilità di scorrere,
anche integralmente, le graduatorie senza il limite numerico dei posti messi in palio.

In sostanza si vorrebbe introdurre la possibilità di assumere, entro due anni, anche chi ha perso un concorso.

Si tratta di modifiche che ancora devono passare al vaglio del ministero dell'Economia, ma il clima è più che favorevole alle assunzioni di statali,
come dimostra la fine del regime di blocco parziale del turn over (cioè delle assunzioni a fronte di uscite) in vigore fino a ieri.

Da lunedì gli enti pubblici potranno assumere un dipendente per ogni pensionato.

Presto le Regioni potranno andare anche oltre.

Generosità che potrebbe cozzare con l'esigenza di non caricare troppo una legge di Bilancio in gran parte basata su nuovo deficit.

Tra le altre proposte dei ministeri c'è la conferma anche per il 2020 dei cinque giorni di congedo per tutti i neo padri, per il pubblico e per il privato.

L'incremento di 120 milioni in tre anni del fondo per lo sport,
altri 120 milioni per il fondo solidarietà nel settore delle telecomunicazioni.

Poi si punta a rendere permanente il «contratto di espansione», cioè uno scivolo pensionistico di 5 anni per i dipendenti di aziende con più di 1.000 addetti che sono prossimi alla pensione.

Lunedì scade il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti alla legge di Bilancio in commissione al Senato
e il governo si ritroverà a fare fronte alle richieste della coalizione di governo.

Alcuni dei temi più caldi del decreto fiscale, in particolare le misure anti evasione e per favorire l'uso del contante, potrebbero rispuntare tra gli emendamenti.

Pressioni anche fuori dai palazzi della politica. Sono mobilitati i Vigili del fuoco e i pensionati, che oggi scendono in piazza.

E sul fronte previdenza c'è anche una buona notizia che riguarda i pensionandi.
L'accesso alla pensione di vecchiaia resta fissata a 67 anni anche nel 2021.
La decisione in un decreto del ministero dell'Economia.
Ma non si tratta di una scelta politica. La speranza di vita è aumentata poco, dello 0,021% e il dato arrotondato equivale a zero.
 

Val

Torniamo alla LIRA
ops....

"Non abbiamo dubbi su da che parte stare", scrivevano. Sono contro chi "odia, insulta e discrimina". Tutto giusto.

Chissà come reagiranno, però, nel sapere che anche uno dei loro esponenti condivideva post di dubbio gusto su donne ed ebrei.

Il militante in questione si chiama Italo Pomes, tarantino di nascita che vive e studia sotto le due torri. Non è un volto qualunque.
Fresco di elezione al Senato accademico dell'Alma Mater Studiorum, a luglio è pure entrato a far parte della nuova segreteria dei giovani dem bolognesi (delega all'Università).

Scorrendo il suo profilo Instagram, emergono due fotografie curiose.

La prima risale al 2012, quando pubblica lo scatto di una maglietta che molti definirebbero maschilista: "La mia donna ideale? - si legge -
La donna Ikea: costa poco, la porti a casa subito e la monti in 5 minuti".

Il secondo post, invece, è del 2013: nella foto si vede una cancellata con la stella di David, corredata da un sibillino "Sede ufficiale AS Roma m...".
Il messaggio, tradotto dal gergo del tifo calcistico, dovrebbe offendere i romanisti. Vi ricordate il caso della figurina di Anna Frank?
I tifosi laziali ne attaccarono una all'Olimpico con la maglietta degli odiati cugini.
Esplose un putiferio e la notizia fece il giro del mondo. Il post di Pomes è analogo, perché usa gli stessi stereotipi.

Ci sarà pari indignazione?

Viene allora da chiedersi che sapore hanno per il Pd i post del giovane dem?

È davvero solo a destra che cresce l'antisemitismo?

Contattato al telefono, Pomes resta "a bocca aperta". Non ricorda di averli condivisi:
"Sono una persona molto di sinistra, contrario ad ogni tipo di sessismo o odio razziale".

Però i post ci sono. Instagram non mente.

"L'antisemitismo va affrontato e combattuto - ribatte lo studente - Non c'è nessuna ambiguità, non scherziamo su certe cose".

Ecco, non scherziamo.

Eppure nel maggio del 2015 Pomes lanciava un meme con l'immagine del film "Il bambino con il pigiama a righe",
un Bic Mac e la scritta, in romanesco, "Passami pure il panino che gli do una scaldata al forno".
 

Val

Torniamo alla LIRA
Poi non chiediamoci perchè i dati di vendita sono in caduta libera..........chi lo compra più ?

Le foreign fighters?

Si arruolano nell’Isis per scappare da «genitori conservatori e una società da cui non si sentono incluse né rispettate».

È la bizzarra tesi di Azadeh Moaveni, reporter californiana di origini iraniane che oggi riceve a Milano il premio Cutuli,
dedicato alla memoria della giornalista del Corriere della Sera uccisa in Afghanistan 18 anni fa.

E proprio il Corriere ha dedicato una breve quando sconcertante intervista alla Moaveni,
che spiega le ragioni dell’attrattiva dello Stato islamico per le combattenti.

«Diversamente dai gruppi jihadisti che l’hanno preceduto, l’Isis ha promesso alle donne ruoli importanti, non solo come mogli e madri»,

lasciando intravvedere la possibilità di riempire un vuoto lasciato dal fallimento delle Primavere arabe.
E anche «per le europee ci sono dietro storie personali di ribellione: contro genitori conservatori e una società da cui non si sentono incluse né rispettate».

Insomma, il principale quotidiano nazionale commemora una sua giornalista assassinata da due afgani,
pubblicando i vaneggiamenti di una reporter che sembra indicare nell’Isis un campione dell’emancipazione femminile.

E che dà la colpa degli arruolamenti di donne occidentali nella jihad ai «genitori conservatori» e alla società che non le capisce e non le valorizza.

Poverine: oppresse nei Paesi in cui vigono parità di accesso allo studio e alle professioni e libertà sessuale,
queste vittime del maschilismo corrono ovviamente tra le braccia dei fondamentalisti islamici.
Loro sì che promettono «ruoli importanti».

Ad esempio, quello delle schiave sessuali: la fine che fanno di solito le eroine sensibili alle sirene del Califfato.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Un po' cervellotico, l'articolo.

Che legame c’è fra il denaro e la Democrazia?

Apparentemente nessuno. E’ convinzione diffusa che il denaro sia una “questione privata”:
ho lavorato, ho guadagnato, ho pagato le tasse (a quel ladro di Stato), ora i soldi sono miei e ne faccio quello che voglio.

Quando sarà ora di votare potrò esprimere la mia opinione ed eleggere chi voglio io, perché siamo in una democrazia.

Il denaro sembra qualcosa di assolutamente slegato dalla Democrazia.

La realtà dei fatti, però, è molto più complessa.

Innanzitutto vi sono diverse forme di denaro che possiamo utilizzare: monete metalliche, banconote cartacee, depositi bancari (pagamenti con bonifico o bancomat), moneta elettronica (carte di credito).
Ciascuna forma di denaro ha un soggetto che la emette, che ne determina le regole di emissione, la quantità, l’allocazione
(a chi viene o non viene destinato il denaro emesso) ed i costi a carico degli utilizzatori.

I costi? Sì.

Per poter utilizzare la maggior parte delle forme di denaro ci vengono addebitati dei costi.
Non solo i costi relativi alla emissione del denaro, ma anche relativi alle operazioni di controllo (ad esempio sui conti correnti o le carte di credito),
più gli utili eventuali di chi ha emesso quel denaro. Cosa evidente, se si tratta di soggetti che hanno fini di lucro.

Quando parliamo di utili non pensiamo solo ad utili “in denaro”, ma soprattutto di utili “in valori reali”.
Non dimentichiamo che il denaro non è un “valore reale”, ma è uno strumento che utilizziamo per poter disporre dei beni e servizi che ci servono per vivere, che sono l’unico valore reale.

Per intenderci: quando facciamo un lavoro e veniamo pagati, il pagamento non finisce quando percepiamo il denaro, ma quando convertiamo quel denaro in beni e servizi utili per noi.

Quindi i soggetti che creano denaro, evidentemente, non puntano a realizzare utili in denaro, che essi stessi possono già creare,
ma a realizzare utili in termini di maggiore disponibilità di beni e servizi e in termini di potere.

Ad esempio una società finanziaria che abbia il controllo di una banca e dell’azienda “A” potrebbe realizzare maggiori utili
se la banca non concede credito all’azienda “B”, sapendo che l’azienda “B” in quel modo andrà incontro al fallimento,
dopo del quale l’azienda “A” potrà realizzare un monopolio di mercato, facendo molti più utili
oppure potrà acquistare l’azienda “B” a prezzi di saldo, impossessandosi di un valore reale molto più elevato.

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Il fatto di avere in circolazione molte forme di denaro, molte delle quali emesse da soggetti privati in conflitto di interessi con attività nell’economia reale,
costituisce un effettivo problema per la Democrazia di un paese, in particolare dell’Italia.

La forma di denaro maggiormente utilizzata oggi è la moneta creditizia bancaria, quella dei nostri conti correnti e dei bancomat, per intenderci.
Rappresenta da sola circa il 93% del denaro circolante comunemente utilizzato per i pagamenti.

Questa forma di moneta, tecnicamente una moneta complementare (infatti non è moneta a corso legale)
viene originata quando le banche emettono un nuovo credito verso cittadini privati o imprese.
Il denaro creato viene bonificato dalla banca sul conto corrente del destinatario, il quale, spendendolo, lo mette in circolazione facendolo pervenire su altri conti correnti.

Man mano che il destinatario paghe le proprie rate del mutuo quello stesso denaro viene gradualmente distrutto dalla banca.

La banca, a sua volta, è autorizzata ad emettere quel denaro solo se detiene una quantità sufficiente di riserve e di patrimonio di garanzia.
Questi valori negli ultimi anni sono variati molto a seguito di disposizioni della BCE o di accordi bancari internazionali (Basilea 1, 2, 3 ecc.).
La partemonetaria di tali riserve deve essere a sua volta costituita da moneta a corso legale, emessa dalla BCE
in cambio di nuovi emissioni di titoli di stato ad interesse, non però ceduta direttamente agli stati, ma passando attraverso il “mercato secondario”.

Più si va avanti, più i meccanismi diventano complicati, così come è complicato districarsi fra i vari giochi di interesse che stanno dietro a certe complicate regole di emissione del denaro.
Quasi sempre un normale cittadino, a questo punto, si arrende, dichiarando di non essere un economista, e si limita a sperare che le cosa vadano meglio.

Eppure la questione è molto più semplice di come si presenta.

Il denaro, pensiamoci bene, è qualcosa che non esiste in natura. E’ una creazione nostra.
E’ una creazione giuridica, infatti sono le nostre regole a stabilire che cosa è denaro e che cosa non lo è.
Sono le nostre regole a stabilire chi abbia diritto di creare denaro e chi non lo abbia.
Era la legge a vietare a Totò e a Peppino di stampare denaro falso nel famoso film.
Il fatto che oggi esistano meccanismi complessi e poco comprensibili riguardo l’emissione e la circolazione del denaro
ha delle ragioni storiche che non intendiamo trattare in questa sede, ma è evidente che le complicazioni delle regole
impedisce a troppi cittadini di capire che cosa è il denaro, di capire che lo Stato lo potrebbe creare da sè,
senza indebitarsi con banche ed istituzioni finanziarie, che non è possibile che lo Stato sia “senza soldi”.

Se il denaro è una creazione giuridica, è necessario che lo strumento sia sottoposto al nostro controllo democratico e, quindi, alla nostra comprensione.
Per questo sarebbe necessario riformare le regole e le forme del denaro, in modo da renderle semplici e facilmente comprensibili da parte degli elettori.

Proviamo quindi a fare una proposta in tal senso.

Ogni forma di moneta dovrebbe essere emessa dallo Stato: monete metalliche, banconote cartacee, moneta elettronica, depositi bancari, bancomat, carte di credito.
Compresa la moneta che viene prestata quando le banche fanno credito.
In questo modo sarebbe molto più chiaro che solo lo Stato, che noi controlliamo tramite la Democrazia,
è responsabile del fatto che in circolazione ci sia troppo poco denaro o troppo denaro.

Potendo lo Stato crearsi da sè la moneta che gli occorre, non sarebbe più necessario avere un sistema fiscale per finanziare lo Stato.
Il fisco avrebbe quindi come sole utilità quella di stabilire la valuta da utilizzare
(se le tasse si pagano in talleri, tutti avranno bisogno di usare i talleri nell’economia reale)
e quella di indirizzare l’economia tramite una tassazione differenziata di diverse situazioni.

Il bilancio dello Stato diventerebbe molto più semplice di quello attuale.
Nella legge finanziaria si scrivono i bisogni, con relativo costo, dopo di che lo Stato crea il denaro necessario a finanziare quelle spese.
La spesa sarebbe indipendente dagli incassi fiscali. Il denaro incassato tramite il pagamento delle tasse verrebbe semplicemente eliminato,
dopo le necessarie registrazioni contabili per le verifiche fiscali.

In questo modo sarebbe chiaro che se mancano i soldi per opere importanti è per decisione politica, non per vincoli di bilancio.
Così come sarebbe chiaro, in caso di spesa eccessiva rispetto alla capacità produttiva del paese,
chi sia il risponsabile dell’inflazione generata (mentre oggi le banche private creano le bolle speculative,
quindi inflazione, quando fanno troppo credito e lo fanno al di fuori del controllo pubblico).

Il debito pubblico non avrebbe più ragione di esistete come debito.
La moneta potrebbe essere creata, per diritto, come “moneta positiva”, come lo erano le famose 500 lire di Aldo Moro.
In questo modo sarebbe evidente che non esiste alcuna limitazione “per debito” alle emissioni di denaro.

Gli attuali titoli di stato potrebbero essere convertiti in certificati di deposito presso la nuova Banca Pubblica di Risparmio, alle stesse condizioni di capitale, scadenza e interesse.
L’ex-debito pubblico verrebbe quindi trasformato in un servizio pubblico di risparmio, che nessuno si sognerà più di “dovere ridurre”. Tutto molto più chiaro e molto più semplice.

Non è certo un semplice articolo a dover descrivere tutti i cambiamenti semplificativi che si potrebbero portare
all’attuale sistema di regole riguardanti il denaro, le tasse, la finanza pubblica, il sistema del credito, ecc.

Ci interessa per il momento ribadire il concetto che se le regole sono più semplice, la gente le comprende
ed è in grado di esercitare il proprio controllo democratico sulle decisioni di chi ci governa.

Oggi, invece, con regole complesse e responsabilità non chiare, i cittadini non sono in grado di controllare le decisioni
che vengono prese in materia e di sapere chi le ha prese, condizione ideale per ingannare i cittadini, che, infatti,
si ritrovano sempre più poveri, senza capire il perché e a chi chiederne conto.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Christine Lagarde: “La Bce deve ascoltare e parlare con i mercati, ma non farsi guidare da essi;
deve anche ascoltare e comprendere le persone, perché una moneta è in fin dei conti un bene pubblico che appartiene alla gente
”.

Christine Lagarde lo ha dichiarato nel suo discorso davanti al Parlamento Europeo il 4 settembre 2019.

Visto che la nostra associazione Moneta Positiva sostiene da anni una “campagna per una moneta dei cittadini e libera dal debito“,
stiamo pensando seriamente di assegnarle la carica di socia onoraria.

Che cosa sta succedendo ?

Sta succedendo che si stanno rendendo conto tutti, che la crisi economica non può essere risolta con le politiche monetaria messe in atto dalla BCE negli ultimi anni.

La crisi economica generata dall’esplosione della bolla finanziaria innescata dai mutui sub-prime nel 2007,
è stata risolta in ambito finanziario con l’immissione di liquidità nei mercati finanziari con il QE e nelle banche con i TLTRO,
ma non è stata risolta nell’economia reale perchè non ha beneficiato di questa enorme liquidità, se non in minima parte e indirettamente (calo dei rendimenti sui titoli di stato).

La crisi nell’economia reale è ormai strutturale e richiede un cambio radicale di paradigma
rispetto a tutte le teorie economiche basate sul contenimento dell’inflazione,
che potevano avere un senso fino a qualche decennio fa, perchè oggi abbiamo il problema opposto.

L’automatizzazione ed informatizzazione nella produzione di beni e servizi genera un aumento della produttività
ma anche una riduzione degli occupati e quindi della capacità di spesa della popolazione.

Stiamo andando verso il paradosso che siamo in grado di produrre sempre più beni e servizi
ma non c’è sufficiente moneta in circolazione per acquistarli, per cui si riduce la domanda interna
e conseguentemente anche i prezzi, generando una recessione cronica.

Il sistema economico tende alla deflazione e tutti gli interventi di politica monetaria degli ultimi anni
non sono riusciti a far raggiungere l’obiettivo prefissato del 2% di inflazione, nonostante la enorme massa monetaria creata con il QE e i TLTRO.

Inoltre questa situazione di crisi, che si protrae da più di 10 anni, sta provocando l’arricchimento di una piccola percentuale della popolazione più ricca,
meno dell’1% e costituita da chi vive di rendite e di speculazioni finanziarie, a scapito del restante 99% che si impoverisce sempre di più.

L’aumento delle disuguaglianze, della disoccupazione e del disagio sociale sono ormai un chiaro segnale che il sistema economico così congegnato non sta in piedi e rischia di implodere.

Per noi questa analisi è quasi banale, ma la novità è che anche autorevoli esponenti dell’Unione Europea e della Banca Centrale Europea,
che sono espressione dei poteri finanziari e bancari, se ne stanno accorgendo e stanno cambiando atteggiamento, almeno a parole.

Ursula von der Leyen ha dichiarato durante la conferenza stampa del 16 luglio 2019 :

Serve una Europa più sociale, con un meccanismo di riassicurazione europea della disoccupazione e un quadro per un salario minimo su scala europea”,
ha spiegato von der Leyen a Strasburgo. “Dobbiamo garantire un salario minimo che consenta una vita dignitosa”.

E ha ribadito in Aula quanto assicurato il giorno prima ai socialisti in una lettera: sul patto di stabilità
servono riforme e investimenti. Dobbiamo far sì che possa essere utilizzata, tutta la flessibilità prevista dalle regole.
Non è il popolo che serve l’economia, ma è l’economia che è al servizio del nostro popolo
”.

Ma le dichiarazioni più rivoluzionarie sono quelle dell’ormai uscente Presidente della Banca Centrale Europea,
come avevamo iniziato a spiegare nell’ultimo articolo Draghi: politiche fiscali per aumentare la domanda - Come Don Chisciotte - Controinformazione - Informazione alternativa.

Mario Draghi ha dichiarato durante la conferenza stampa del 12 settembre 2019 :

La politica monetaria da sola è insufficiente per far ripartire l’inflazione e la crescita dell’Eurozona”.

Noi abbiamo fatto il nostro, ora tocca ai governi. All’interno del Board”, ha detto Draghi,
c’è stata unanimità sul fatto che la politica fiscale debba diventare lo strumento principale per aumentare la domanda interna”.

Tutti i paesi dovrebbero intensificare gli sforzi per conseguire una composizione delle finanze pubbliche più favorevole alla crescita”.

Rispondendo ad una domanda del membro del partito ecologista belga P. Lamberts, Mario Draghi ha anche affermato parlando del QE che immette liquidità nel sistema finanziario:

È questo il modo migliore per allocare liquidità, se hai in mente obiettivi come i cambiamenti climatici e la riduzione delle disuguaglianze ?
Beh, probabilmente no. Probabilmente ci sono diversi modi per farlo. E in effetti alcune delle nuove idee sulla politica monetaria come la MMT,
mi piace un recente articolo presentato da vari autori, tra cui il prof. Fischer e altri, suggerirebbero diversi modi di incanalare il denaro verso l’economia.
Ora queste sono idee oggettivamente piuttosto nuove. Non sono state discusse dal Consiglio Direttivo e quindi dovremmo esaminarle. Ma non sono state testate
”.

In conclusione Mario Draghi chiede un maggior intervento dello Stato con le proprie politiche economiche e fiscali,
perchè le sue politiche monetarie da sole non sono sufficienti a raggiungere l’obiettivo dell’inflazione al 2% e della crescita economica.

Molto interessante l’opinione che Mario Draghi ha espresso su possibili misure di “helicopter money”,
dichiarando che la BCE non ha affrontato il discorso perchè “Consegnare soldi alle persone rappresenta un politica fiscale, non monetaria”.

Infatti la creazione di moneta e la sua immissione nell’economia reale, non rientra tra le politiche monetarie della BCE,
ma possono essere considerate un esercizione di sovranità monetaria e fiscale che, come diciamo da anni, è
di competenza esclusiva dello Stato in quanto unico soggetto al mondo che ha il potere di creare un qualsiasi strumento di pagamento che dichiara di accettare per il pagamento delle tasse.

Forse ha ascoltato qualcuno dei nostri convegni, come ad esempio l’ultimo mio intervento al Senato il 16 luglio 2019 …

Fare politiche fiscale che favoriscano la crescita significa che lo Stato deve aumentare la differenza
tra la sua spesa nell’economia reale e le tasse che percepisce, al netto degli interessi pagati sul debito pubblico.

In pratica deve aumentare la moneta in circolazione.

Quindi tre sono le soluzioni :

1) permettere deficit maggiori dei vincoli di bilancio per l’Italia (3% o meno come impone la CE);

2) permettere di non conteggiare integralmente la spesa per investimenti Green o infrastrutturali;

3) immettere strumenti monetari nuovi nell’economia reale che non aumentino il deficit e il debito.

L’aumento del deficit non è possibile perchè non è d’accordo la Commissione Europea,
che aveva addirittura chiesto per l’Italia la procedura d’infrazione, dopo che la manovra finanziaria è stata bocciata nuovamente da Bruxelles.

La possibilità di scorporare alcuni investimenti dal calcolo del deficit, è una modifica radicale delle politiche dell’Unione Europea,
oggi poco realistica, e quindi non percorribile nel breve termine.

Rimane la creazione di strumenti monetari nuovi in grado di immettere liquidità direttamente nell’economia reale,
nel pieno rispetto delle norme dei Trattati Europei ma anche della nostra Costituzione, quando all’art.47 afferma che
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito“.

In questo momento non solo si assiste ad una riduzione del credito bancario alle imprese,
ma anche ad un trasferimento all’estero del controllo delle banche italiane, con probabile peggioramento della situazione nei prossimi anni.

Una soluzione fondamentale è l’istituzione di banche pubbliche che siano dedicate e specializzate al finanziamento delle imprese nell’economia reale,
in modo da fornire una valida alternativa e uno stimolo al sistema bancario privato.

Ma questa soluzione comunque fa aumentare il debito privato, quindi vanno bene ma non bastano, perchè è necessario,
come ha ammesso anche Mario Draghi, che gli Stati adottino politiche fiscali come strumento principale per aumentare la domanda interna.

Certamente non possiamo ridurre le tasse perchè questo comporterebbe un aumento del deficit e quindi del debito pubblico,
vietato dai Trattati Europei, mentre possiamo utilizzare una versione più evoluta del sistema di agevolazioni fiscali
che lo Stato già utilizza per incentivare gli investimenti, creando nuovi strumenti monetari da immettere nell’economia reale,
che però non generino deficit per lo Stato, nè debito pubblico.

Il SIRE è un Sistema Integrato di Riduzioni Erariali, che è una evoluzione tecnologica, innovativa e quantitativa dello strumento fiscale già oggi utilizzato dallo Stato
per concedere agevolazioni fiscali nelle ristrutturazioni edilizie, riqualificazioni energetiche, adeguamenti sismici, sistemazioni di giardini, acquisto di caldaie, elettrodomestici, arredamenti, ecc…

L’evoluzione dello strumento delle agevolazioni fiscali già oggi utilizzato dallo Stato sarà :

tecnologica, perchè utilizzerà una piattaforma informatica elettronica per la memorizzazione su un conto corrente fiscale di queste “riduzioni erariali”, di controllata e gestita dal MEF;

innovativa, perchè queste “riduzioni erariali”, una volta certificate e caricate sul conto corrente fiscale, potranno essere trasferite tra soggetti appartenenti al circuito, in pratica tutti i cittadini maggiorenni e tutte le aziende;

quantitativa, perchè lo Stato potrà ampliare le agevolazioni concesse ad una platea più ampia dell’attuale per realizzare politiche fiscali espansive della domanda interna.

Il meccanismo di funzionamento del Sire è semplice:

– i cittadini e le aziende pagano molte tasse, che in una fase di recessione riducono fortemente la nostra capacità di spesa
e quindi corrispondentemente anche la quantità di entrate fiscali da parte dello Stato, innescando un circolo vizioso che aggrava la conseguenze della crisi;

– se abbasso le tasse oggi a tutti, aumento certamente la domanda interna ma aumento anche il deficit dello Stato ed anche il suo debito pubblico;

– se invece creo uno strumento fiscale che abbassa le tasse dei cittadini ed aziende fra due anni,
ma che può essere utilizzato fin da subito come strumento di scambio di beni e servizi,
ottengo un aumento subito della domanda interna e quindi delle entrate fiscali,
ma differisco nel tempo la riduzione delle entrate fiscali, in modo che i due effetti tendano a compensarsi.

L’aumento della domanda interna dipende non solo dalla “quantità” di strumenti fiscali creati,
ma anche dalla “velocità di circolazione” di questi strumenti, per questo è necessaria l’innovazione tecnologica di una carta di credito fiscale elettronica,
in tutto simile alle carte di credito bancario, che deve servire ad “agevolare” il suo utilizzo in modo che producano il massimo aumento del numero degli scambi.

Chissà se Mario Draghi e Christine Lagarde sarebbero d’accordo …

Magari potrebbero diventare testimonial della nostra “campagna per una moneta dei cittadini e libera dal debito”.

Fabio Conditi
 

Val

Torniamo alla LIRA
Eccola qua la buffonata 5 stelle. I difensori dell'etica............

Ha ottenuto l’alloggio «di servizio» poco dopo essere stata nominata ministro della Difesa.

Ma in quell’appartamento in uno dei luoghi più suggestivi del centro di Roma, Elisabetta Trenta
ha deciso di rimanerci anche adesso che non ha più alcun ruolo pubblico
.

E ci è riuscita facendolo assegnare al marito, il maggiore dell’Esercito Claudio Passarelli.

Una vicenda che imbarazza il dicastero ma soprattutto il Movimento 5 Stelle che l’aveva indicata per l’esecutivo come
«esperta di questioni militari» e da sempre è schierato — almeno a parole — contro i privilegi.

Anche perché la concessione potrebbe essere avvenuta aggirando i regolamenti, visto che la coppia
ha una casa di proprietà nella capitale e dunque non sembra avere necessità di usufruire dell’alloggio.


In ogni caso il «livello 1» di dimora attribuito al momento di scegliere la casa per la ministra,
è molto superiore a quello previsto per l’incarico e il grado del suo consorte.

E dunque non è escluso che la magistratura contabile sia chiamata a valutare eventuali danni erariali
e quella ordinaria debba verificare la regolarità della procedura di assegnazione.

Senza contare che potrebbe essere il Movimento, primo fra tutti il capo politico Luigi Di Maio, a chiedere conto all’ex ministra di quanto accaduto.

Si torna dunque al giugno 2018 quando Movimento 5 Stelle e Lega formano il governo guidato da Giuseppe Conte.

Trenta viene scelta come responsabile della Difesa.

In genere i ministri che risiedono a Roma o comunque hanno a disposizione un appartamento in città non ottengono l’alloggio di servizio.
Si provvede a «blindare» la loro casa e a predisporre tutte le misure di sicurezza adeguate al ruolo mentre il trasferimento viene deciso soltanto in situazioni eccezionali di grave minaccia.

Lei ha una casa al quartiere Pigneto, non sembra ci siano rischi particolari, però chiede una «residenza» dove si trasferisce con il marito.

Si trova in uno stabile del ministero a poche centinaia di metri da piazza San Giovanni in Laterano.
L’appartamento è al 2° piano, molto ampio, chi lo ha visto parla di «casa di alta rappresentanza».




 

Val

Torniamo alla LIRA
La procedura viene seguita dal V reparto della Stato Maggiore dell’esercito guidato dal generale Paolo Raudino.

Ben prima che il governo gialloverde entri in crisi, la ministra decide di rendere definitiva l’assegnazione.

E così si stabilisce che l’intestatario sia il marito.

In realtà appena due giorni dopo l’arrivo alla Difesa il rapporto tra Trenta e il consorte era stato al centro delle polemiche su un possibile conflitto di interessi.
Passarelli era infatti «ufficiale addetto alla segreteria del vice direttore nazionale degli armamenti all’ufficio Affari Generali»
e questo aveva spinto l’opposizione a sollevare il problema di possibili incompatibilità.

Con una nota ufficiale i collaboratori di Trenta avevano dunque comunicato che
«la ministra ha chiesto il trasferimento del maggiore Claudio Passarelli per questioni di opportunità all’ufficio Affari Generali,
retto da un dirigente civile, che sovrintende alle esigenze organizzative e logistiche del funzionamento del segretariato generale».

Lo spostamento in realtà non risulta avvenuto, ma evidentemente Trenta non ritiene che il suo legame familiare possa crearle problemi.

Dunque va avanti la procedura relativa all’appartamento.

E quando a fine agosto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte decreta la fine del governo gialloverde, Passarelli risulta intestatario dell’alloggio.



I requisiti mancanti
Secondo le regole del ministero della Difesa - pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale - gli alloggi «di servizio» vengono assegnati in base all’incarico ricoperto.

E il grado di maggiore di Passarelli non rientra tra quelli che possono ottenere un alloggio di primo livello,
come è appunto quello occupato dalla ministra e ora rimasto nella disponibilità della coppia.

E poi c’è da chiarire il problema della casa al quartiere Pigneto, visto che uno dei requisiti per entrare in graduatoria
è dimostrare di non avere un’altra abitazione nel Comune di residenza.

Circostanze sulle quali Trenta e suo marito dovranno fornire spiegazioni.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Questa è la verità. Piaccia o meno è così. Antidemocratici.

Li chiamano presidi antifascisti, sit in democratici, cortei di protesta, ma sono solo espressioni plateali di un’intolleranza inaudita.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Scendere in piazza per zittire il nemico, per impedire l'accesso dei cittadini ad un incontro politico,
non può essere preso ad esempio (come stanno, invece, facendo in queste ore i vertici del Partito democratico) ma dovrebbe essere condannato da tutti.
 
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