TIM (TIM) per telecom (1 Viewer)

tontolina

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dal graf. settimanale sembra che voglia ritestare il super trend
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Tim-Open Fiber, ok a emendamento su rete unica
La Commissione Finanze al Senato ha approvato ieri notte i due emendamenti di M5s e Lega al decreto fiscale che incentivano l'aggregazione fra la rete di Tim e quella di Open Fiber e la nascita della newco con un sistema tariffario incentivante sul modello Rab di Terna e Snam. Il Dl fisco va oggi in aula
di Francesca Gerosa
Tim-Open Fiber, ok a emendamento su rete unica - MilanoFinanza.it

Bassanini: emendamento su rete unica per recuperare handicap accumulato
Per il presidente di Open Fiber l'emendamento al dl fiscale per favorire la nascita di una rete in fibra unica è giusto. Inoltre, l'infrastruttura della rete in fibra è necessaria con una copertura universale. Tim debole in borsa: il consenso al momento non riflette un peggioramento del trend nel quarto trimestre
di Francesca Gerosa
Bassanini: emendamento su rete unica per recuperare handicap accumulato - MilanoFinanza.it
 

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Più che la Telecom, sembra il Pd
Nell'azienda telefonica più grande del Paese regna il caos. E nella guerra tra Elliott e Vivendi sullo scorporo della Rete, il governo si muove goffamente e in maniera contraddittoria.

A Largo del Nazareno, dove la confusione regna sovrana e siamo a un passo dal tutti contro tutti, possono esultare. C’è qualcuno che è messo peggio di loro, ed è un qualcuno non di poco conto, visto che si tratta della più grande azienda telefonica del Paese. Telecom (dovremmo chiamarla Tim, ma siamo affezionati al vecchio nome) è appena uscita da un ribaltone che l’ha scossa dalle fondamenta, e che ha portato la minoranza a impadronirsi dell’azienda e a nominare un nuovo amministratore delegato.

Neanche il tempo di prendere possesso delle scrivanie, di settare i computer, ed ecco che si profila un altro cambio.

Il socio di maggioranza relativa, Vivendi, vuole riprendersi il controllo dell’azienda mandando a casa il nuovo numero uno Luigi Gubitosi nonché il presidente Fulvo Conti, reo secondo i francesi di aver fatto da regista occulto al golpe che ha portato il fondo americano e trumpiano Elliott a prendere il potere. Per questo sta premendo per la convocazione di una nuova assemblea, che i neo padroni cercano di procrastinare il più possibile. Ma con un azionista al 24%, tale è la quota dei transalpini, è difficile per chi sta al 9%, ovvero gli americani, fare più di tanto resistenza. Certo, si può lavorare di avvocati, carte bollate e cavilli, ma è giusto una tattica prendere tempo. Ma in attesa di cosa?

ELLIOTT PER LO SCORPORO DELLA RETE, VIVENDI SI OPPONE
E qui entra in gioco il convitato di pietra, ovvero il governo, che in questa vicenda è altrettanto responsabile se non di più dei due contendenti. Uno dirà che una compagine dove ognuno fa ormai quel che gli pare invadendo il terreno dell’altro è ben difficile possa avere una idea condivisa. Invece, e qui scatta il paradosso, l’idea ce l’hanno, perché sui destini di Telecom i due partner la pensano più o meno esattamente allo stesso modo. Vogliono scorporare l’infrastruttura dalla società, la rete dalla fornitura dei servizi, creando un’azienda a controllo pubblico che possa servire a condizioni paritarie tutti gli operatori. Sul punto, che non è di poco conto, Vivendi fin qui si è opposta. Depauperare il gruppo della distribuzione significherebbe un ridimensionamento che ne mette a repentaglio il futuro. Elliott invece si era sin dall’inizio mostrato ben felice di esaudire i desiderata dell’esecutivo, presente nella compagine attraverso la Cdp. Che infatti, nel braccio di ferro con i francesi, ne ha appoggiato le mosse.

LA MARCIA INDIETRO DEL GOVERNO CON IL FONDO AMERICANO
Tutto risolto dunque? Nemmeno per sogno. Avendo fatto i conti senza l’oste, quel Vincent Bolloré, nome arcinoto nelle cronache finanziarie del Paese, che di Vivendi è il patron, ora il governo teme di essere clamorosamente sconfessato da una nuova conta assembleare. E che fa? In una parola non elegantissima ma efficace, paraculeggia. E dice che non è più così sicura delle reali intenzioni di Elliott, che trattandosi di un fondo speculativo (toh, ma guarda) certo di investimento strategico non si può parlare, e che quindi l’obiettivo di fondo degli americani sia far spezzatino di Telecom per venderla lucrosamente a singoli pezzi. Domanda vergognosamente ingenua: ma non poteva pensarci prima? Risultato: l’incazzatura dei francesi prefigura che la vita degli attuali assetti duri come quella di una falena.

Elliott comincia a pensare a una possibile via di fuga, anche perché se Palazzo Chigi non gradisce ti viene a mancare un alleato fondamentale. Palazzo Chigi, che si trova sempre attraverso Cdp ad avere i piedi in due scarpe (sì, perché l’altro capolavoro renziano fu quello di far entrare Enel nella partita della fibra per fare un dispetto a Bolloré), rischia di far da spettatore impotente di una guerra destinata a depauperare ulteriormente uno degli asset industriali più importanti del Paese.
Fin qui lo stato dell’arte, il seguito alle prossime appassionanti puntate. Che, vista la piega presa dagli eventi, non tarderanno a venire.
 

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da Cosa c'è dietro lo scontro fra Enel e governo sul decreto rinnovabili - Lettera43

OPEN FIBER E GLI «ACCROCCHI FINANZIARI»
Non da meno il capitolo Open Fiber, la controllata di Enel e Cdp che entro il 2021 vuole cablare con la banda larga 19 milioni di abitazioni. Durante la presentazione del piano Starace ha provato a trattenersi. Ma all'ennesima domanda su che cosa pensasse dei progetti del governo per una società unica della rete sotto il cappello pubblico, unendo anche l'infrastruttura di Telecom per lo più in rame, è sbottato: «Ogni volta che si parla della rete, non parliamo mai di Open Fiber, ma di "fantafinanza". Diciamo invece che sta facendo bene il suo mestiere, sta cablando, ha i soldi, funziona, sta mettendo giù un'infrastruttura che è quanto di meglio ci sia in Europa». Per essere più chiaro, eccolo aggiungere: «Open Fiber è nata per cablare nel modo più veloce e più economico il Paese. In passato ho parlato di accrocchi finanziari, oggi dico che tutto quello che va in questa direzione aiuta, va bene, il resto no».

IL PROGETTO IN SOLITARIA DI CABLARE L'ITALIA
A un cronista che gli faceva notare che il sistema tariffario Rab per incentivare gli investimenti avrebbe finito per alzare il costo delle bollette telefonica, ha replicato: «Appunto, dovremo anche vedere la creazione di valore per gli italiani. Al momento non sappiamo nemmeno di cosa si sta parlando, quindi si lasci lavorare Open Fiber, si lasci tempo a Tim di definire la loro strategia con un accordo tra gli azionisti che permetta di avere un interlocutore». Al di là delle battute e dei messaggi, la strategia di Starace sulla banda larga è sempre la stessa. In primo luogo, provare ad andare avanti in solitaria cablando l'Italia anche nelle cosiddette zone a fallimento di mercato e offrirsi come fornitore wholesale ai tutti player della telefonia, Tim compresa. In caso contrario far confluire Open Fiber in una nuova società, soltanto se allocheranno gli asset in fibra e non quelli in rame, ma tenendo fuori i debiti e i dipendenti in esubero di Telecom. Ma il governo e i soci dell'ex monopolista, sia i vincitori Elliott sia gli sconfitti di Vivendi, sembrano avere progetti diversi.
 

tontolina

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IL DOCUMENTO

Tim svela le carte: Genish ha “occultato” i conti, budget 2019 non in linea con la realtà
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E’ quanto emerge dall’allegato alla convocazione dell’Assemblea in calendario il prossimo 29 marzo. L’ex ceo accusato di non aver intrapreso azioni ai fini di evitare il peggioramento della performance finanziaria. Ecco tutti i dettagli
Tim svela le carte: Genish ha "occultato" i conti, budget 2019 non in linea con la realtà - CorCom


L’ex Ad di Tim Amos Genish avrebbe nascosto al Cda l’aggiornamento delle previsioni finanziarie per il 2018. Questa la principale accusa messa nero su bianco nell’informativa che il cda di Tim ha allegato alla convocazione dell’Assemblea in calendario il prossimo 29 marzo.

Genish – che secondo quanto risulta dalle prime indiscrezioni avrebbe già rimandato al mittente tutte le accuse e si starebbe preparando a fare causa all’azienda – è accusato non solo di aver “occultato” i conti ma anche di non aver messo in atto contromosse ai fini di evitare il peggioramento della performance finanziaria. Di qui la decisione di licenziare Genish e di chiamare al timone Luigi Gubitosi.

“Le previsioni del primo anno del piano strategico approvato nel marzo 2018 non hanno retto al confronto con il deteriorato quadro competitivo e regolatorio e comunque l’execution di questo piano non ha visto mettere in campo a tempo debito (e nonostante gli inequivoci segnali d’attenzione deducibili quanto meno dalle analisi svolte in occasione della relazione semestrale, in merito alla tenuta dei valori di avviamento) azioni correttive idonee a evitare l’obbligo di accertamento di un significativo impairment loss, in sede di relazione finanziaria al 30 settembre 2018. Si tratta di circostanze di per sé sole sufficienti a mettere a dura prova la relazione fiduciaria con ogni Chief Executive Officer, a tanto maggior ragione quando questo rapporto già aveva conosciuto momenti di tensione e cedimento”, si legge nel documento.Nonostante al ceo sia stato “chiesto ripetutamente” dal cda “un momento di verifica del piano”, Genish non avrebbe dato esito al confronto e sarebbero stati i risultati presentati a novembre a “svelare” e comprovare quel deterioramento dei conti paventato dallo stesso Consiglio. “A luglio 2018 le funzioni interne hanno predisposto il forecast che evidenziava uno scostamento rispetto alle previsioni di budget contenute nel piano industriale varato nel precedente mese di marzo”, si legge ancora nel documento. Forecast – consegnato a Genish – che “non lo ha trasmetto al Cda e al Ccr, nonostante i consiglieri nel avessero fatto richiesta”, motivando il diniego con un’incompletezza dei dati tant’è che il forecast è stato presentato poi nella seduta del 24 settembre 2018.Inoltre relativamente al budget 2019 “risulta che in tutte le versioni intermedie tale documento evidenziava confermandoli i trend di deterioramento anticipati dal forecast. Nulla di tutta questa documentazione è stata fatta oggetto di confronto con il board”. Data la situazione il Cda sottolinea dunque “l’infondatezza delle censure mosse dal socio Vivendi alle azioni del Cda” intraprese nelle sedute di novembre, e che hanno determinato “il venire meno della fiducia del Consiglio nei suoi confronti, con le inevitabili conseguenze del caso”.
 

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