DITEMI COSA VI ASPETTATE DA ME CHE LO ASPETTIAMO INSIEME (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Ma stiamo scherzando ? 6 anni che lo stabile è occupato.
Questo è un insulto alla legalità. Un insulto verso chi paga le bollette.
....e ci sono pure delle attività commerciali ? Il Comune saldare le bollette ?
Signori miei. I primi che devono correre sono i proprietari dell'immobile.

Andrea Alzetta, portavoce di Spin Time Labs, l’associazione legata al condominio.
La corrente elettrica era stata staccata dall’azienda Hera per morosità.

Lo stabile, proprietà della Banca Finnat, era stato occupato il 12 ottobre 2013 dal movimento “Action”.

Nel corso degli anni si è progressivamente popolato.
Oggi all’interno ci sono anche un’osteria, un laboratorio di birra artigianale, una falegnameria, una sala prove.

Il palazzo è, secondo gli attivisti, “un punto di approdo, aperto a tutti, attento ai giovani, agli ultimi e ai più bisognosi”.

Il debito accumulato dal 2013 sembra che superi i 300 mila euro, per questo lo stacco della corrente.

“Siamo senza acqua e luce da tre giorni”, aveva dichiarato Spin Time Labs.
“Ma non sarà certo il buio a fermarci. Questo è un’appello alla città di Roma”.

Gli occupanti hanno tuttavia saputo che il Campidoglio non salderà le bollette della luce arretrate.

Domani, secondo quanto riporta l’Adnkronos, sarà presentato un esposto in Procura contro ignoti
per la violazione dei sigilli della cabina elettrica di media tensione. La manomissione della cabina
avrebbe potuto portare conseguenze anche mortali qualora fosse stata effettuata una manovra errata
ed è per questo che la segnalazione è un atto dovuto da parte del Gruppo Acea,
la cui società di distribuzione, Areti Spa, era stata obbligata a interrompere la fornitura su incarico del Gruppo Hera,
cui fa capo il contratto del palazzo.

"Lo stabile Spin Time rientra tra i clienti del servizio di salvaguardia.
Poiché le forniture non venivano corrisposte dallo stabile, Hera Comm, essendo titolare del credito,
come previsto dallo stesso regolamento di salvaguardia, ha sollecitato Areti Spa, società di distribuzione del Gruppo Acea,
per l’interruzione della fornitura. Quando le bollette saranno pagate, verrà tempestivamente ripristinata la fornitura”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Poverina. Ma sarà andata all'asilo mariuccia ? Dichiarazioni da asilo infantile....e figura di menta.
Minestra Trenta, lei critica Salvini che indossa il cappello con la piuma. Io critico aspramente lei perchè non ha indossato quel cappello!
Allora anche i bambini non dovrebbero indossarlo, mica sono alpini.
Alle sfilate il cappello lo indossano uomini, donne, bambini, mamme, nonne.
Ho ben presente le autorità che assistono alla sfilata dal palco e ogni anno alcuni ministri di vario colore lo hanno indossato.
Lo ha indossato perfino l'attuale Papa.
Se, presente alla festa degli alpini, un alpino gli mette in testa il proprio cappello per una forma di omaggio
ed approvazione al suo operato, non significa che, da quel momento, Salvini si spacci per essere un alpino e si comporti se lo fosse.
La signora Trenta si ricordi, piuttosto, di tutti quelli che, pur essendo nati dal 1940 in poi
sono iscritti all'ANPI e dichiarano di essere partigiani. Quelli si che usurpano un'appartenenza che non hanno!
Meglio indossare un cappello da alpino che pulire una targa con il Tricolore ( Gori sindaco di Bergamo PD)!!!
Come mai non dice niente a proposito la sig. Ministro Trenta ???
Il Signor Matteo SALVINI PUO' indossare il cappello degli alpini
in quanto avendo fatto il servizio militare in fanteria PUO' (gli alpini sono una specialità della Fanteria e non Arma).
Il cappello indossato dal Signor Ministro dell'Interno Onorevole Matteo SALVINI è un cappello ANONIMO senza insigne di grado e senza insigne del Reggimento.

Dal sito dell'esercito:

I reggimenti di fanteria più anziani del nostro Esercito, riallacciano le loro tradizioni ai reparti della fanteria sabauda le cui prime unità organiche nascono nel 1619 sotto Carlo Emanuele I.
Soltanto nel 1664 sei reggimenti saranno stabilmente ordinati e denominati come le provincie dello stato ad eccezione delle "Guardie".

Nel 1798 a seguito della occupazione francese Carlo Emanuele IV scioglie dal giuramento le truppe.
Le unità nazionali saranno ricostituite dopo il 1814 che arriveranno ad essere 24 nel 1848.

L'Arma di Fanteria, formata dai Granatieri e dalle unità di linea, si sviluppa progressivamente aprendosi a nuove specialità .
Nel 1836, da un'intuizione del Cap. La Marmora, nascono dai Granatieri i Bersaglieri.
Nel 1872 è la volta di Giuseppe Perrucchetti con gli Alpini e bisogna aspettare il 1920 per la Fanteria Carrista.
Fra il 1938 ed il 1939 nascono le prime unità Paracadutisti e soltanto nel 1950 si affacceranno alla ribalta i Lagunari, specialità più giovane dell'Arma.

Negli anni settanta apparvero le dizioni d'arresto, motorizzata e meccanizzata per meglio definire la peculiarità dei battaglioni
che si chiamavano esclusivamente di fanteria se addetti all'addestramento delle reclute.

Dopo l'assegnazione della specialità Carrista all'Arma di Cavalleria,
la Fanteria allinea le specialità Granatieri, Bersaglieri, Alpini, Paracadutisti e Lagunari.
I suoi reggimenti sono ordinati su Comando di Reggimento e Compagnia Comando,
un battaglione su tre compagnie fucilieri, una mortai ed una controcarri.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Da qualche settimana prosegue il braccio di ferro a distanza tra la Difesa e il Vimianale.

Prima il botta e ripsota sui porti chiusi, poi lo scontro tra i due dicasteri per il tweet rimossa dalla Difesa su una presunta operazione della Marina militare nel Mediterraneo vicino la Libia. Adesso a pungere Salvini è di nuovo la Trenta che usa la sfilata degli alpini a Milano per pungere il ministro. Il motivo dell'attaco nasce da una foto di Salvini con il classico cappello degli alpini. Il vicepremier sabato ha incontrato alcuni alpini e con loro ha condiviso qualche selfie indossando il cappello tipico della divisa. Un gesto che però non è piaiciuto alla Trenta.

E così domenica ha colto l'occasione per mettere nel mirino il titolare degli Interni.

Come riporta ilCorriere, tra la folla di Alpini, qualcuno rivolge una domanda chiara al ministro della Difesa
: "Perché non indossa il cappello con la piuma?".

La risposta non lascia spazio ad interpertazioni: "Lo possono indossare solo gli alpini — risponde la Trenta —. Salvini l’ha fatto sabato? Beh, lui non è un militare: io, sì".

Infine è arrivata anche la critica di Ignazio La Russa, vicepresidente del Senato.
L'esponente di FdI non ha gardito la mossa della Trenta che ha fatto partire la sfilata senza aspettarlo.
La reazione è furibonda:

"Io sono per protocollo più alto in grado di lei! Questa signora fa piccole ripicche e solo figuracce,
è detestata dai militari e non sa d’essere l’ultima ruota del carro".

Poi la Russa va via senza salutarla.

Insomma anche la sfilata degli alpini ha mostrato tutta la tensione che ruota attorno alla Difesa in questo periodo.
E il cappello da alpino è diventato l'ultimo fronte su cui combattere la guerra tra i gialloverdi.
 

Val

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Val

Torniamo alla LIRA
BALLABIO – La storia che vi stiamo per raccontare alla vigilia della tredicesima Fiera del Taleggio,
conferma come i ballabiesi abbiano velocemente dimenticato le proprie radici contadine
non conservando quelle origini (luoghi storici, prati, stalle, ghiacciaie e grotte) legate alla lavorazione casearia
che hanno fatto la storia di grandi marchi come Locatelli e Galbani.
Eppure, come capita spesso, molto di questo c’è ancora, anche se non è sempre facile da individuare.

“Sotto” il paese ci sono in profondità quelle grotte in cui i maestri casari ballabiesi ponevano i loro formaggi a stagionare
e dove sopra si sono costruiti dei complessi abitativi. Così come esistono ancora le tracce delle ghiacciaie
da cui venivano ricavati i blocchi da gettare nelle grotte, per mantenere i formaggi alla giusta temperatura.
Troverete in questo articolo la parola probabile ripetuta più volte, non perché la storia che vi stiamo per raccontare non sia vera
ma semplicemente perché nessuno ha mai pensato di scriverla pur sapendola bene i vecchi ballabiesi.

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Lo strachitt tund

Andando a cercare le origini del Gorgonzola sul sito del Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola DOP si legge:
Secondo altri la nascita [del Gorgonzola] ebbe luogo a Pasturo nella Valsassina, grande centro caseario da secoli,
grazie alla presenza di quelle ottime grotte naturali la cui temperatura media è costante tra i 6°C ed i 12°C e consente, pertanto,
la perfetta riuscita del gorgonzola, così come di vari altri formaggi
”.

Si tratta di un’inesattezza storica.
Infatti i contadini di Pasturo non sono mai scesi a svernare con le mucche in pianura, nell’area della bassa milanese.
I pasturesi facevano tutto in casa: in estate si trasferivano sui loro numerosi alpeggi, mentre nella stagione fredda scendevano in paese a fondovalle,
avendo il primato nella produzione del taleggio e i migliori pascoli della Valle: Ballabio compresa.

La transumanza stagionale era pertinenza dei contadini di Ballabio e Morterone che scendevano con il bestiame proprio nelle aree di Melzo e Gorgonzola.
Anche le “ottime grotte naturali la cui temperatura media è costante tra i 6°C ed i 12°C” erano più a Ballabio che a Pasturo.

La conferma viene dal fatto che i grandi marchi caseari italiani si erano stanziati in paese e non più “in dentro”.

Più veritiera sembra essere la storia della nascita del nobile formaggio:
Narra infatti la leggenda che un mandriano, arrivato a Gorgonzola, lasciò in un recipiente del latte cagliato;
in una sosta successiva, essendo sprovvisto degli utensili necessari per la lavorazione del latte, aggiunse alla prima cagliata un’altra cagliata.
Dopo diversi giorni si accorse di aver ottenuto un formaggio con delle venature verdi molto appetitoso
per la mescolanza della cagliata fredda della sera con la cagliata tiepida del mattin
o”.

Una conferma indiretta che il gorgonzola non è nato a… Gorgonzola ma che la sua lavorazione è stata portata da fuori,
proprio da quei contadini anche ballabiesi che transumavano in quei luoghi.

Ma è l’etimologia del nome a confermare che, con molta probabilità, il Gorgonzola è nato a Ballabio.:
…infatti il primo vero nome del Gorgonzola fu quello di “stracchino di Gorgonzola”, meglio definito poi dal suo sinonimo di “stracchino verde”.
In tal contesto, è fuor di dubbio che la sua produzione avvenisse con le mungiture autunnali della transumanza di ritorno dalle malghe od alpeggi
”.
Guarda caso, proprio quello strachitt dal doppio nome a cui i produttori ballabiesi aggiungevano la caratteristica forma rotonda: tund in dialetto (stracchino tondo).

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Francesco Locatelli romanin

A produrlo per primi, per lo meno a livello di serie ma con ogni probabilità ad “inventarlo”,
affinandone la tecnica ed utilizzando le loro grotte ancora esistenti sotto la via Provinciale all’altezza del numero civico 42,
Locatelli Francesco e il figlio Antonio romanin nella loro casera, cominciando a chiamarlo strachitt tund
proprio per differenziarlo dalla forma quadrata del taleggio: il primo gorgonzola era, infatti, di forma rotonda.

Questa famiglia del ramo Locatelli – erano numerose la famiglie con questo cognome a Ballabio – è molto antica,
acquisisce il soprannome di romanin nel 1500 pare in seguito ad un lascito da parte di un romano (abitante di Roma) [1]
I soprannomi erano obbligatori in un paese per distinguere le famiglie che si chiamavano tutte Locatelli, Galbani e Invenizzi.

La casera dei romanin, ancora esistente anche se trasformata in abitazione, era (e lo è ancora per la grande parte) una grande costruzione,
assai robusta (tra un piano e l’altro erano collocate putrelle d’acciaio) per sostenere il grosso peso dei formaggi, con due piani emergenti e almeno due sotterranei;
la funzione di queste due parti risiedeva nel fatto che la costruzione emergente era utilizzata per la stagionatura nei mesi freddi o stagioni di mezzo;
la parte interrata serviva per i mesi caldi, al fine di non creare danni ai formaggi [3].

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Tipica casera di Ballabio [3]

Per quest’ultimo preciso scopo si utilizzavano tonnellate di ghiaccio che veniva scaricato nel sottosuolo delle casere
(da apposite finestrelle raso terra) e poi coperto di “pula” o “iolla” (la polvere o scarto del fieno, onde ridurre la possibilità di scioglimento del ghiaccio).

Ovviamente i taleggi e più ancora il gorgonzola andavano lavorati e cioè si doveva – a ciclo continuo – girarli e salarli con l’avvertenza che il Gorgonzola,
formaggio ben più qualificato, esigeva anche la perforazione (operazione delicata) con grosso ago di rame per consentire il formarsi del caratteristico “verde”
(che altro non è che una muffa penicillinea) [3].

È ancora possibile attraverso le grate del muro perimetrale della casera romanin sentire il freddo provenire dalle profonde grotte del sottosuolo
e osservare le botole di accesso raso terra, dove veniva gettato il ghiaccio proveniente dal vicino laghetto (non più esistente) posto dall’altro lato della strada.

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Antonio Locatelli romanin

I romanin si trasferirono come altre aziende casearie di Ballabio nel novarese dove iniziarono a produrre questo formaggio a livello industriale.

Però a portarlo nell’area di Melzo, Pavia e Gorgonzola fu l’altra importante famiglia ballabiese di produttori: quella di Egidio Galbani
che trasforma la lavorazione artigianale in industriale e, con molta certezza, sostituisce il nome originario di strachitt tund [2]
nel più semplice e pronunciabile gorgonzola, iniziando a produrlo in quelle aree.
Va sottolineato che per molto tempo sia i Locatelli sia i Galbani portavano su particolari carri a Ballabio nelle loro grotte il gorgonzola a stagionare.

Nell’immediato dopoguerra viene messa a punto una nuova tecnica, cioè la lavorazione del gorgonzola ad “una pasta”.
Gradualmente sostituisce la precedente produzione, assai empirica, sensibilmente più costosa,
igienicamente e qualitativamente incostante facendo decadere l’utilizzo delle grotte di stagionatura
e decretando il definitivo trasferimento delle aziende casearie più grosse lontano da Ballabio [3].

Giacomo Piazza
 

Val

Torniamo alla LIRA
C’è un terzomondismo dilagante che prende sempre più piede tra le varie sigle all’ombra di San Pietro.
È il solco tracciato da Bergoglio che sta mettendo al centro del proprio papato un’instancabile
opera a sostegno degli immigrati e, più in generale, degli ultimi.
“Dai migranti all’emergenza abitativa – spiega l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita –
il Papa applica la lezione del Concilio e fonda il proprio Magistero economico sulla scelta prioritaria per i poveri dell’episcopato latino-americano”.

In Vaticano il “gesto d’impeto” del cardinale Krajewsni non è stato stigmatizzato.
Anzi, lo hanno considerato un “gesto di umanità”, senza vedere i rischi che questo comporta.
“Pagherò quelle bollette”, ha assicurato. Ma la sua promessa è uno schiaffo a tutti quei cittadini che,
pur non riuscendo ad arrivare a fine mese, non occupano gli appartamenti.

Per la sinistra, che è sempre pronta a scaricare il Vaticano quando gli fa più comodo, è già diventato un'icona.

Forti del gesto dell’elemosiniere, gli occupanti, quando è arrivata la polizia per rimettere i sigilli al contatore,
hanno creato una barriera umana per opporsi fisicamente. L’illegalità contro lo Stato.

Negli ultimi due anni, secondo uno dei dirigenti di Action, sono stati occupati, più o meno, una sessantina di stabili solo a Roma.

In troppi casi Giunte di sinistra hanno avvallato l’illegalità, lasciando impuniti gli abusivi troppo a lungo.

Se ad appoggiarli ci si mette ora anche il Vaticano, sarà presto il caos.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Fantastico. Avanti così .....da domani non paghiamo più nulla. Occupiamo tutto.
Viva la legalità. Qui c'è una organizzazione. Mica bau bau micio micio. E nessuno fa nulla.
E tutto in nero.........bella roba davvero.

ROMA - Il 12 ottobre 2013, per i cosiddetti antagonisti, è una giornata memorabile, che si chiuderà con un “bottino” ricco.
Quel sabato, Action – che a Roma controlla la maggioranza delle principali occupazioni – decide di protestare contro la carenza di alloggi.
Viene preso via Curtatone: qui si insediano 200 famiglie. Blitz a Cinecittà. E poi a Tor Sapienza, dove a finire nel mirino c’è persino una chiesa abbandonata.

«Questa è la settimana di riappropriazione degli stabili abbandonati», puntando il dito contro il sindaco, Ignazio Marino, colpevole di voler vendere il «patrimonio pubblico inutilizzato».

Così, quel 12 ottobre, un gruppetto di antagonisti – ai quali si unirà, successivamente, Andrea Alzetta, ovvero Tarzan,
capo indiscusso degli occupanti romani di professione, con alle spalle una condanna e un numero imprecisato di denunce
– si presenta armato di martelli e frullini nel palazzo già sede Inpdap e, dal 2004, di proprietà della Investire Sgr.

Dentro allo stabile – 8 piani complessivi e due interrati, per quasi 17 mila metri quadrati, valore di mercato 50 milioni di euro – ci sono due guardie giurate.

La proprietà, pochi mesi prima, aveva fatto distruggere i bagni e reso inutilizzabile l’impianto elettrico, proprio per evitare quello che poi sarebbe successo.

Neanche i vigilantes armati scoraggiano il blitz: viene forzato il cancello esterno, un agente viene invitato ad uscire fuori, mentre l’altro viene tenuto in ostaggio.
«Tu resti qui con noi», gli ordinano. La proprietà, allertata, chiama la polizia.

Ma quando arrivano le forze dell’ordine, davanti allo stabile ci sono già 200 potenziali inquilini abusivi, tra cui molte mamme e bambini

La Investire Sgr, che gestisce il Fondo Immobili Pubblici, vede così naufragare la trattativa per la vendita del palazzo:
l’obiettivo era quello di realizzarvi un hotel, che avrebbe dato lavoro a 150 famiglie.

Quel 12 ottobre, così, si celebra il trionfo dell’illegalità mascherata da “emergenza abitativa”.
Il numero di quanti approdano in via di Santa Croce in Gerusalemme, aumenta, anno dopo anno, fino ai 450 attuali,
tra i quali molti stranieri: ognuno deve versare ad Action una quota di affitto.

Nel corso degli anni, vengono registrati due fatti drammatici: nel gennaio del 2015, un nigeriano viene trovato morto
(l’autopsia chiarirà che si è trattato di un decesso per cause naturali); l’anno dopo, a marzo, un marocchino si toglie la vita.

Ma il vero business non è quello del pizzo preteso da chi gestisce questo stabile, bensì “Spin Time Labs”,
che indica, originariamente, la costola “ludica” di questo fortino presidiato all’ingresso dalle vedette anti-polizia.

Musica, birra, trattoria, falegnameria, persino cinema, ma, soprattutto, una discoteca (con ingresso in via Statilia).

Ogni weekend vengono organizzate serate con ingresso a pagamento: ci sono le feste delle scuole superiori,
djset con artisti stranieri, tutti possono affittarsi (pagandola) una sala. I giovani amano questa disco,
perché l’alcol viene venduto a prezzi calmierati e perché il “fumo” si trova facilmente.
I residenti, in compenso, sono esasperati: il venerdì e il sabato, la musica rimbomba in tutte le vie limitrofe, talvolta fino all’alba.

Il vice-sindaco, Luca Bergamo qui si è visto per un convegno, insieme alla presidente del I Municipio, Sabrina Alfonsi: quando c’è un problema, Tarzan si rivolge a loro.

Da qualche tempo, vi hanno trovato casa anche i ragazzi di Scomodo,
che qui hanno organizzato uno dei loro party memorabili: nella stessa notte in cui ad Ancona si consumava la tragedia della “Lanterna Azzurra”,
nel piano interrato entravano rombando delle moto.

La proprietà ha presentato almeno cinque esposti alla Procura, oltre ad aver sollecitato più volte la Prefettura a intervenire.

Qualche mese fa la beffa: i vigili hanno inviato una missiva alla Investire Sgr, sollecitandola a “tutelare” il decoro del porticato dello stabile, occupato da alcuni clochard.

«Quel palazzo è una bomba ad orologeria: non ci sono uscite di emergenza, e nei weekend, nella discoteca entrano centinaia di persone», dicono i residenti, ormai sempre più rassegnati.
 

Val

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Questa è la "co-operazione europea".....

Migranti cacciati dalla porta che rientrano dalla finestra che, nella realtà dei fatti,
vengono espulsi dal nostro Paese per poi essere rispediti in Italia dai paesi di prima destinazione.

Migranti rispediti in Italia da Germania, Austria e Francia

Sono principalmente Germania, Austria e Francia i Paesi che rimandano al mittente (in Italia) un numero di migranti superiore a quelli che sbarcano.

Si chiamano "dublinanti" perché, proprio grazie al Trattato di Dublino (le cui norme non sono state mai cambiate)
i paesi che li ricevono possono legittimamente rinviarli al paese di sbarco, l'unico dove, per legge, i migranti possono chiedere asilo e rimanere.

A darne notizia, dati alla mano, è il Sole 24 Ore.
Sono moltissimi gli stranieri sbarcati in Italia, poi passati dalle frontiere a Ventimiglia, a Bolzano scoperti dalle forze dell'ordine,
identificati in base ai dati della rete Eurodac, la banca dati europea delle impronte digitali e rispediti indietro.

Nel 2018, dalla Germania sono stati ritrasferiti in Italia 2.848 persone.
Dal primo gennaio all'8 maggio 2019 nel nostro Paese sono arrivati 857 migranti,
nello stesso arco di tempo ben 710 "dublinanti" sono stati mandati indietro soltanto dalla Germania.

Senza contare quelli mandati indietro dall'Austria che, in percentuale, è il paese che ne rispedisce di più indietro.

E poi ci sono quelli che vengono rispediti da Parigi.
 

Val

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Il Garante della Privacy ha dato parere favorevole alla sperimentazione dei controlli sui conti correnti
da parte dell'Agenzia delle Entrate per scovare i furbetti che risparmiano troppo.

Tra le condizioni del parere, l'obbligo di presentare all'Autorità le risultanze della sperimentazione
per valutare l'idoneità delle misure previste e il no a controlli automatizzati.

Il contribuente deve infatti avere la possibilità di dire la sua, dimostrando con prove scritte la provenienza del denaro utilizzato per le spese correnti e non prelevato dal conto corrente.

Arrivano i controlli anti-evasione sui conti correnti

L'aumento della liquidità sui conti correnti degli italiani è un segnale forte di sfiducia, ma anche di allarme per il Fisco.
I dati ci dicono che a fine marzo sui conti degli italiani sono finiti più di 1500 miliardi di euro.

Risparmi che fanno subito pensare male.

Se due più due fa quattro è logico pensare che chi riesce a mettere da parte quasi tutto lo stipendio evade.
Entrate e spese sono sbilanciate? Allora non c'è che una spiegazione: si sono incassati soldi in nero.

Per vivere bisogna fare la spesa, pagare le bollette, il riscaldamento, le cure mediche e la benzina per spostarsi.

Come è possibile risparmiare tanto?
Vero che, soprattutto le donne, sono abilissime fin dai tempi, a far quadrare i conti anche quando i soldi sono pochi,
se però la liquidità è eccessivamente "virtuosa" qualche dubbio è normale che sorga.

Da qui i controlli sui conti correnti attraverso un meccanismo di verifica che prevede l'impiego di un algoritmo
capace di estrarre e prendere come riferimento il saldo di fine anno dei conti correnti.

Un dato che, messo a confronto con il reddito dichiarato dal contribuente, è in grado di rivelare irregolarità capaci di far scattare gli accertamenti fiscali previsti.

Superanagrafe dei conti correnti: limiti del Garante Privacy
La Superanagrafe sarà formata dai dati messi a disposizione dalle banche, che potranno essere utilizzati all'Agenzia delle Entrate per eseguire i suddetti controlli.
Nell'eseguire tali verifiche però il Fisco dovrà attenersi ai limiti stabiliti dal Garante.
L'Autorità infatti con i provvedimenti n. 58 del 14 marzo 2019 e n. 84 del 4 aprile 2019 (sotto allegati) ha sottoposto l'utilizzo dei nuovi strumenti di controllo fiscale a precisi limiti.



Il contribuente in sostanza non potrà essere sottoposto a controlli automatizzati,
ma avrà la possibilità di difendersi in un contraddittorio preventivo, nel quale sarà in grado di dimostrare, attraverso prove scritte,
l'origine lecita del denaro utilizzato per le spese correnti come una donazione, un lascito o una vincita al gioco

. Il Garante inoltre ha richiesto che l'Agenzia, conclusa la fase di sperimentazione, gli invii i risultati delle attività svolte, per verificare l'idoneità delle misure adottate.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Sblocca cantieri: Tari nella bolletta della luce

È quanto chiede l'Anci in una proposta presentata nel corso dell'audizione in commissione al Senato
sulla conversione del decreto Sblocca cantieri e rientra nel pacchetto di proposte dell'associazione
 

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