DIO LI FA E POI NON TIRA L'ACQUA (1 Viewer)

DANY1969

Forumer storico
:d:
e noi a Roma ne abbiamo le prove :rolleyes:... comunque vedo che in giro per il mondo c'è il risultato di tanti sciacquoni mai tirati :rolleyes:
Buona settimana a tutti :)
Continuo con le foto del circuito di Annapurna in Nepal :)
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Val

Torniamo alla LIRA
Qui non si tratta di essere perversi o maleodoranti, ma se il virus ha colpito in media le persone da 82 anni in sù
significa che lo stato - l'inps - risparmierà soldi, tanti soldi.
E questi non li mettono in conto ? Non ricalcolano l'impegno dell'istituto ?
....troppo facile o forse troppo difficile...dovrebbero lavorare per fare i calcoli del risparmio.




Le pensioni sono il vero banco di prova della partita tra il governo e l'Ue. In mezzo ci sono più di 200 miliardi del Recovery Fund.

Bisogna chiarire un punto fondamentale su questo braccio di ferro tra Roma e Bruxelles:
l'Europa ci ha già detto che per ottenere i soldi per la ripartenza dopo la crisi Covid servono riforme strutturali.

E su questo punto l'Italia sa già da anni di essere in ritardo.

Ma attenzione: la richiesta esplicita che arriva dalle stanze di Bruxelles riguarda in pieno gli assegni previdenziali e tutto il sistema pensionistico.

Finora i pensionati italiani hanno avuto accesso al trattamento previdenziale muovendosi su tre binari principali:
legge Fornero,
Quota 100
ed
Opzione donna.

Il primo è il percorso principe con un'uscita ritardata dal lavoro e assegno pieno.

Il secondo percorso permette di lasciare il lavoro in anticipo ma solo fino al 31 dicembre del 2021.

La terza strada invece permette alle donne di abbandonare il lavoro prima degli uomini grazie ad una proroga della finestra d'uscita di manovra in manovra.


Ora l'Ue ci chiede a gran voce di rimettere tutto il pacchetto previdenziale nelle mani della Fornero.

Nelle ultime "Raccomandazioni della Commissione Ue" al nostro Paese c'è un punto fin troppo chiaro
ricordato dal Sole 24 Ore qualche giorno fa: dare attuazione piena alla riforma Fornero delle pensioni.


Ed è per questo motivo che bisogna guardare con attenzione a cosa farà il governo nei prossimi giorni.

Giorni caldi che decideranno il piano per il Recovery Fund che l'esecutivo zoppo dei giallorossi deve chiudere al più presto.

Ma in questo quadro c'è poco da stare tranquilli.


Infatti occorre rivolgere lo sguardo in Spagna per comprendere a pieno
quando i fondi Ue che dovrebbero arrivare sono in grado di cambiare totalmente il volto del sistema previdenziale.


La Spagna, come l'Italia, attende una grossa fetta di liquidità da Bruxelles.

In cambio l'Europa ha chiesto interventi sulle pensioni.

Intervento che il governo guidato da Sanchez ha immediatamente messo sul campo.


La mossa di Madrid per assicurarsi i soldi Ue è semplice:
l'esecutivo sta per varare un pacchetto di riforme previdenziali
che avranno un effetto abbastanza immediato con la diminuzione dell'importo degli assegni pensionistici.


Le polemiche in Spagna sono state feroci ma è stato proprio il ministro al Welfare, Escrivà,
a chiarire in modo gelido quanto sta per accadere:

il ministro ha infatti affermato che l'intervento è indispensabile per mettere le mani sui soldi che arriveranno dal Next Generation Ue.


Dunque è facile prevedere che lo stesso scenario potrebbe toccare all'Italia.

Il ritorno ad una Fornero pura con uscita oltre i 67 anni e assegni ricalcolati potrebbe rappresentare una mazzata.
 

Val

Torniamo alla LIRA
«Questo libro deve molto a molti», scriveva il procuratore Nicola Gratteri nelle prime pagine del suo «Fratelli di sangue», pubblicato nel 2006.

E tra i ringraziamenti a chi lo aveva accompagnato nel suo lavoro di ricerca e di indagine sulla 'ndrangheta,
in mezzo a colonnelli, vicequestori, giornalisti celebri come Roberto Saviano, Gratteri ricordava
«il luogotenente del Gruppo operativo antidroga della Guardia di finanza di Catanzaro, Ercole d'Alessandro».

Lo stesso d'Alessandro che tre giorni fa Gratteri ha fatto arrestare nell'ambito del blitz «Profilo Basso»,
la retata che ha portato all'avviso di garanzia al leader dell'Udc, Lorenzo Cesa
(con coda di polemiche sulla scoppiettante intervista del procuratore al Corriere).

A d'Alessandro, che ora è in pensione, viene riservata una accusa pesante:
avere usato i suoi rapporti per procacciare notizie riservate a uno degli imprenditori accusati da Gratteri di collusione con la criminalità organizzata.
Anzi, stando alle conferenze stampa di Gratteri, il più alto in grado: Antonio Gallo, indicato dal magistrato come l'uomo simbolo
di una imprenditoria capace di avere contatti con «forze dell'ordine, politica e 'ndrangheta».

Tra i contatti di Gallo con le «forze dell'ordine» salta fuori proprio d'Alessandro.

Una mossa che può da una parte dimostrare come il procuratore di Catanzaro sia uno che non guarda in faccia a nessuno.

Ma che dall'altro solleva inevitabilmente una domanda: se Gratteri indaga Cesa accusandolo in sostanza di non avere scelto con cautela le sue frequentazioni
(il solito Gallo, indicato come terminale della cosca Grande Aracri) il procuratore non ha nulla da dire su come si sceglieva i collaboratori?

E non stiamo parlando di uno qualunque tra le decine di investigatori della polizia giudiziaria che ruotano intorno a un magistrato di prima fila.

Il rapporto tra Gratteri e d'Alessandro era così stretto che nei giorni scorsi l'Espresso definisce il sottufficiale addirittura «l'ex braccio destro» del procuratore di Catanzaro.

Non a caso il contributo di d'Alessandro è quasi una costante nel lavoro di Gratteri come prolifico autore di libri:
anche in «Oro bianco», pubblicato da Mondadori nel 2015, Gratteri si profonde in ringraziamenti,
una lunga sfilza di nomi importanti e alti gradi, ci sono generali, procuratori, questori.
Un solo sottufficiale: «il maresciallo Ercole d'Alessandro del Goa della Guardia di finanza di Catanzaro».

Un uomo di assoluta fiducia di Gratteri, che per anni gli ha assegnato compiti delicati e ad alta riservatezza: questo era d'Alessandro, come tutti sanno in Calabria.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Da parecchio tempo non seguo più i tg nazionali.......anche gli altri a dire il vero.
Tutta fuffa partitica.

I deputati e senatori della Lega in Commissione Vigilanza Rai chiedono che il direttore del Tg1, Giuseppe Carboni,
dia spiegazioni in commissione sulla messa in onda di alcuni servizi del Tg1 delle 20 del 23 gennaio considerati tendenziosi.

"La Lega chiederà con urgenza la convocazione del direttore del Tg1 in Vigilanza
per gli indecenti e falsi servizi confezionati questa sera per giustificare il disastro del ministero della Sanità
sulla zona rossa in Lombardia. Sono solo la punta dell'iceberg".

Nel mirino anche la mancata messa in onda di approfondimenti e servizi adeguati su fatti di rilevanza nazionale e internazionale.

Inaccettabile per la prima rete: "Dopo aver bucato i fatti di Washington e dopo non essersi accorta della crisi di governo,
la Pravda del direttore Carboni oggi ha dato sfoggio di un becero giornalismo a tesi, piegato sulle menzogne del ministero della Sanità".

Il richiamo al direttore del Tg1 è strettamente correlato alla messa in onda di due servizi relativi al caso della Lombardia in zona rossa.

"Non abbiamo sentito nulla sui reali motivi del passo indietro del ministro Speranza,
ovvero che l'algoritmo dell'Iss non teneva conto dei dati ospedalieri,
oltre ad utilizzare erroneamente il dato dei sintomi.
Si è dato, infine, credito alla bugia dei dati rettificati dalla Regione,
quando si è trattato invece di una integrazione richiesta da Roma alla luce del ricorso al Tar della Regione".
 

Val

Torniamo alla LIRA
Se, da una parte, tutto il mondo attende con ansia un'ampia distribuzione dei vaccini anti Covid,
dall'altra i ricercatori dell'Università dell'Ohio hanno da poco pubblicato sulla rivista
Biochemical and Biophysical Research Communications promettenti risultati nella ricerca di un altro metodo per fermare il virus,
ovvero interrompendone il suo RNA e la sua capacità di riprodursi.


Nello specifico, la dottoressa Jennifer Hines, professoressa presso il Dipartimento di Chimica e Biochimica dell'Università dell'Ohio,
assieme a studenti del suo ateneo, ha realizzato la prima analisi di biologia strutturale
di una sezione dell'RNA virale Covid chiamata "stem-loop II motif" ("sequenza stem-loop II").

Si tratta di una sezione non codificante dell'RNA: ciò significa che non è stata tradotta da una proteina,
ma probabilmente è la chiave per la replicazione del virus.


Gli attuali vaccini danno alle cellule istruzioni per produrre un piccolo pezzo di proteina;
da questo frammento proteico si innesca una risposta immunitaria,
in grado di fornire protezione in caso di esposizione al virus reale.

Gli scienziati, diversamente, stanno studiando una sezione di RNA che non codifica per le proteine e che si trova nel Covid e in altri virus simili.

Essi, inoltre, lo stanno confrontando con l'RNA virale dell'epidemia di SARS
e stanno cercando un possibile bersaglio per un farmaco antivirale che possa attaccare il patogeno e impedirne la riproduzione.

Il genoma dell'RNA del coronavirus che causa la pandemia Covid è assai efficiente nel requisire cellule umane al fine di produrre più particelle virali.

I ricercatori hanno scoperto che la sezione della sequenza stem-loop II dell'RNA virale è altamente conservata nel virus Covid.

Ciò significa che mentre altre parti del patogeno continuano ad evolversi, questa parte assomiglia ad una roccia.

E, affinché il virus causi la malattia, deve replicarsi all'interno del corpo umano.

Per saperne di più su questa piccola sezione dell'RNA Covid, Hines ha adottato un approccio basato sui Big Data prima di iniziare la ricerca basata sul laboratorio.

Con il progredire del lavoro, il team si è concentrato su un singolo nucleotide,
su come questo differisce tra i focolai Covid e SARS e sull'area di applicazione
che potrebbe rendere la sequenza dell'RNA vulnerabile agli attacchi.

Utilizzando metodi biochimici e computazionali complementari, si è scoperto che la flessibilità strutturale
di questa importante sequenza di RNA non codificante è diversa rispetto a quella dell'epidemia di SARS dei primi anni 2000 per un solo cambiamento di nucleotide.

«Abbiamo anche identificato farmaci approvati dalla FDA che legano la sequenza RNA,
alterandone la flessibilità - afferma Hines -questa è stata un'osservazione entusiasmante
poiché la struttura e la flessibilità dell'RNA non codificante influisce sulla sua funzione,
indicando che potrebbe essere possibile sviluppare terapie antivirali
che prendono di mira specificamente questa sequenza dell'RNA e ne interrompono la funzione».
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ahahahahah

La Germania sarà il primo stato membro dell’Unione Europea ad utilizzare il cocktail di anticorpi monoclonali che è riuscito a guarire Donald Trump.

Ad annunciare la svolta è stato il ministro della salute Jens Spahn, che ha dichiarato al Bild am Sonntag
(le sue parole sono riportate da Deutsche Welle) che “il governo ha acquistato 200mila dosi al prezzo di 400 milioni di dollari”.

Il cocktail, ha confermato il ministro, sarà inviato agli ospedali universitari tedeschi nel corso delle prossime settimane
ed il trattamento “funziona come una vaccinazione passiva.

Somministrare gli anticorpi nelle prime fasi della malattia evita che i pazienti ad alto rischio progrediscano verso forme più gravi del morbo”.

Spahn non ha nominato esplicitamente la casa farmaceutica produttrice del trattamento
ma ha chiarito che il cocktail è la stessa medicina somministrata al presidente Trump nel mese di ottobre.

Si tratta dunque del preparato sviluppato dalla multinazionale americana Regeneron.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Chissà come mai qualcuno ha dei dubbi ? .......
.........forse la casa farmaceutica non fa parte del suo curriculum di lavoro .....

Lo aveva già chiesto l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato:

“Fateci usare lo Sputnik V”,

ed ora anche i nostri esperti si sono pronunciati su un'eventuale distribuzione del vaccino russo in Italia.

Come sottolinea Adnkronos, il vaccino di casa Russia potrebbe essere “l'ancora di salvezza” per le campagne vaccinali in tutta Europa.


Il primo parere favorevole riguardo allo Sputnik V arriva da Matteo Bassetti:
“Visto quello che sta succedendo con i vaccini che abbiamo approvato, Pfizer e Moderna,
che al momento non consentono di metterci al riparo con le dosi
e l'annuncio di AstraZeneca che consegnerà una quantità minore di dosi,
evidentemente avremo dei problemi con la campagna vaccinale.
Credo quindi che si debba pensare a soluzioni alternative,
l'Ungheria l'ha già fatto acquistando i vaccini russi. Facciamolo anche noi".

"Apriamo anche a noi a questo vaccino che alla fine è molto simile a quelli di AstraZeneca e J&J
perché utilizza come vettore un altro virus (adenovirus). L'efficacia del vaccino russo, stando ai dati, non è scoraggiante.
Ora in emergenza l'obiettivo deve essere vaccinare il maggior numero di persone e per farlo servono dosi".

Di opinione favorevole anche il virologo Fabrizio Pregliasco, che ha dichiarato:
“Ci vuole il passaggio all'Ema e la trasparenza dei dati, ma non vedo preclusioni al suo utilizzo in Italia.
E' un vaccino della stessa tipologia di quello sviluppato da AstraZeneca".

Anche il professor Franco Locatelli, intervistato da Huffington Post, ha affermato che i ritardi di Pfizer e Moderna,
"richiederanno una rimodulazione della campagna vaccinale".
Locatelli ha affermato che la priorità resta quella di garantire la copertura vaccinale alle persone pù fragili,
e per questo tra gli scenari possibili si dice d'accordo allo Sputnik V.
"È tale la fiducia in Ema che se dovesse dire che il vaccino russo risponde a standard di efficacia e profili sicurezza convincenti,
non vedo ragioni per avere preclusioni. Basandoci sul giudizio delle Agenzie regolatorie,
appartenendo noi all’Ue e avendo rappresentanti italiani in Ema, non vedo motivi per non prendere in considerazione il vaccino russo.
Ovviamente, sarà importante anche valutare i risultati dello studio di fase 3 di questo vaccino,
non dimenticando le riserve sollevate da alcuni colleghi per i risultati dello studio di fase 2".


Ad avere ancora dei dubbi in merito è invece Walter Ricciardi,
il quale alla domanda di una possibile apertura dell’Italia al vaccino russo, ha risposto:
“Non fino a quando non è approvato dall'Aifa".


Lo Sputnik V fino ad ora è stato approvato dall’Istituto Nazionale di Farmacia e Nutrizione dell’Ungheria (OGYÉI),
primo Paese ad usufruire del vaccino russo per la popolazione.

Intanto la cancelliera Angela Merkel parla di una "collaborazione" con la Russia,
nonostante le vedute differenti dei due Paesi, al fine di spalancare le porte al vaccino di Putin in Germania.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Dopo un periodo di relativa calma, il professor Zangrillo aveva riacceso le polemiche nei suoi confronti
quando aveva "osato" ridimensionare la situazione di emergenza sanitaria della sua Lombardia.

"Le strutture sanitarie della mia regione non sono in sofferenza", ha puntualizzato qualche giorno fa Zangrillo.

"Dal 22 dicembre nel mio ospedale ricoveriamo una media di quattro pazienti Covid al giorno.
I medici sul territorio fanno la loro parte e purtroppo continuano a morire molte persone indipendentemente dall'infezione virale".

Una situazione diversa da quella costruita attorno alla regione, ritornata in zona arancione.

"Un elevato numero di contagi non si traduce necessariamente in un'emergenza sanitaria"

"Convivere con i virus, non "con il virus" richiede: nervi saldi, grande attenzione ai numeri della clinica,
profilassi vaccinale con un piano realistico e non utopistico, credere nell'azione di un sistema sanitario
che si occupi con tempestività e rigore di tutte le patologie.
Basta con i titoli ad effetto dei media che servono solo a disorientare, spaventare e proporre banalità".


Un affondo che il professore ha voluto rimarcare anche quest'oggi utilizzando il proprio profilo Twitter, con lo scopo di mitigare gli allarmismi.

"Convivere e vincere contro SarsCov2: rispetto delle norme, educazione civica, cure corrette. I colori hanno fallito".

Il cromatismo tanto caro all'esecutivo giallorosso guidato da Giuseppi pertanto,
non sarebbe per il dottor Zangrillo la soluzione giusta per vincere contro il Covid.


Tuttavia il suo post, come prevedibile, ha portato alla scomposta reazione di uno dei tanti haters.

"I tuoi consigli estivi hanno fallito, sei un demente", ha cinguettato un utente.

Con grande calma e senza scomporsi, Zangrillo ha così replicato: "Le auguro tanta felicità e una buona domenica".
 

Val

Torniamo alla LIRA
Un altro piccolo passo - e ben copeto da altri scopi - per aumentare "la demenza giovanile"
e prepararli al "grande reset".


Il suo nome è Rachel Levine e il 19 gennaio 2021 è stata indicata dal presidente
per ricoprire la prestigiosa carica di assistente segretario alla sanità.

Se confermata dal Senato, la Levine diventerebbe uno dei personaggi più influenti e potenti degli Stati Uniti:
il ruolo per il quale è stata nominata prevede, infatti, che agisca in qualità di primo consigliere
del Segretario della salute e dei servizi umani su tematiche relative a sanità, istruzione e benessere.

La scelta della Levine ha dello storico: potrebbe essere la prima persona apertamente transgender
a ricoprire un incarico federale su investitura del Senato.
La sua nomina, però, è importante anche e soprattutto per un’altra ragione:
è indicativa del percorso che intraprenderà l’amministrazione Biden nei riguardi dell’accettazione delle persone lgbtq+ nella vita pubblica,
e della promozione dell’ideologia di genere e della legalizzazione delle droghe leggere a livello nazionale e internazionale.

Rachel Levine, originariamente Richard Levine, nasce a Wakefield (Massachusetts) nel 1957.
Cresciuta in una famiglia di ebrei americani osservanti, trascorre l’infanzia tra scuola ebraica e sinagoghe
sviluppando un senso di sconforto per il fatto che né a casa né altrove fosse dato spazio a tematiche relative al mondo lgbt;
la Levine, infatti, ha manifestato un forte interesse verso l’argomento sin dalla gioventù.

Richard è divenuto ufficialmente Rachel nel 2011.

Alla transizione di genere ha fatto seguito il divorzio dalla moglie Martha Peaslee Levine,
Dal rapporto di lunga data, poi suggellato in matrimonio, sono nati due figli, David e Dayna.

La Levine è un’attivista ed un’autrice prolifica che si batte per una maggiore inclusione delle minoranze sessuali nella società
e per la legalizzazione della cannabis ad uso ricreativo.

E' altamente probabile che Levine possa sfruttare la permanenza al dipartimento
per dare legittimità istituzionale al movimento di decriminalizzazione e legalizzazione della cannabis,
che potrebbe contare su un portavoce influente a livello federale. Un evento storico.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Un giorno o poco più per sciogliere gli ultimi nodi e decidere sul da farsi.


Conte è stato sollecitato ad accelerare l'operazione responsabili per stabilizzare la situazione
ed evitare di vivere perennemente con l'acqua alla gola il resto dell'esperienza giallorossa.


Ma proprio perché i numeri sono risicatissimi al premier è stato avanzato più di una volta,
specialmente in questo fine settimana, un consiglio ben preciso: dimissioni prima di dare vita a un Conte-ter.

La risposta del presidente del Consiglio però, almeno per il momento, è stata altrettanto chiara: "Non ne ho alcuna intenzione".

Il timore maggiore è che possa uscirne con le ossa rotte: "E se vado al Colle da Papa e ne esco cardinale?".

I giallorossi continuano a ribadirgli massima fiducia, assicurandogli che dopo di lui ci sarà solo un ter.

Nel frattempo temporeggia. Lo fa da troppo tempo.

Non ha ben compreso che gli italiani stanno nutrendo più di qualche perplessità sulla sua strategia attendista.

"Come mai ancora va a dimettersi?", ci si chiede effettivamente.

Alla base dei suoi tentennamenti vi è lo spettro di non essere reincaricato.

"E se poi tutto sfugge di mano, e se le pretese dei partiti diventano ingestibili?".

Eppure in questi giorni aveva aperto alle dimissioni, fissando però un paletto imprescindibile:
un patto di ferro tra gli alleati per garantirgli la permanenza a Palazzo Chigi dopo il passaggio dal Quirinale.

Un accordo politico che non è stato siglato e che quindi fa cadere ogni certezza.


La giornata di domani, martedì 26 gennaio, potrebbe essere decisiva:
non è da escludere che possa presentarsi dimissionario dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.


Con questa mossa salterebbe il voto su Bonafede, evitando sgambetti e ulteriori conferme di instabilità.


Già ieri a Conte erano arrivati appelli alle dimissioni prima di formare il ter.

Bruno Tabacci di Centro democratico gli ha suggerito un gesto di chiarezza:

"Dimettersi per formare un nuovo governo. E se non ci riesce, si va al voto. Per vincere.
Ora tutti devono assumersi le proprie responsabilità. Ma l'impressione è che si rotoli in fretta verso le elezioni".

Sulla stessa scia Pier Ferdinando Casini:
"Conte dovrebbe andare al Quirinale e dimettersi. Aprire la strada per essere reincaricato.
Recuperare il dialogo con Renzi e mettere nel dimenticatoio i personalismi".
 

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