ll gas nella guerra delle sanzioni. Un gioco al massacro strategico in cui la speculazione internazionale si arricchisce, e in molti mandando a picco l’economia di un intero continente
www.remocontro.it
Gli speculatori al mercato di Amsterdam
Anche ieri il prezzo del gas ha toccato livelli intollerabili, a 339 euro al Megawattora. Si tratta di quotazioni che nemmeno la guerra scatenata contro l’Ucraina riesce a giustificare. Il sistema con cui viene fissato il prezzo del gas naturale, sul mercato di Amsterdam, fa acqua da tutte le parti. Sembra organizzato apposta per premiare i traffichini e i trafficanti, che lucrano fortune immense alla faccia di centinaia di milioni di cittadini europei. Costretti a stringere la cinghia. Questa specie di Catena di Sant’Antonio si regge solo grazie all’incapacità della Commissione di Bruxelles o, peggio, alla inconsapevole complicità di inetti burocrati, che tengono bordone a questo scempio finanziario.
La solidarietà di convenienza
La verità è che la solidarietà tra i Paesi dell’Unione esiste solo nei comunicati stampa. Poi, ognuno, nel chiuso delle Cancellerie fa quello che più gli interessa. Tutti ricordano le battaglie, coraggiose ma senza esito, condotte dal nostro premier Mario Draghi, per mettere un tetto collettivo al prezzo del gas. Fare “consortium” sarebbe una mossa che ci farebbe trattare da una posizione di forza con i Paesi produttori. Ma questo finora non si è fatto. Perché, al di là della diplomazia ufficiale, esistono relazioni internazionali bilaterali, in cui ognuno cura il proprio orticello.
In Italia, effetto devastante
In Italia, l’impatto sulla struttura produttiva e su quella sociale dell’aumento del prezzo del gas è devastante, sia per la sua portata che per la velocità dell’escalation. Si pensi solo che, ieri, il costo dell’energia elettrica ha superato gli 800 euro al Megawattora, per poi attestarsi intorno ai 720 euro. Cioè, oltre 200 euro in più di una settimana fa. In queste condizioni, le aziende “energivore”, cioè quelle che consumano molto elettricità per trasformare materie prime e semilavorati, non hanno scampo: in breve tempo saranno destinate a chiudere. Tutti i nostri politici, ovviamente, si sono mobilitati annunciando “provvidenze”. Che servono solo a mettere una pezza, perché tutti capiscono che, comunque, il problema non si risolve con i “ristori”. Diciamo che lo Stato dovrà fare altro debito (se non vorrà mettere altre tasse) per evitare “tensioni sociali”.