Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi (7 lettori)

METHOS

Forumer storico
Apro questo thread di taglio più macroeconomico per cercare di seguire la situazione dei mercati e gli sviluppi per il 2009.
Non vorrebbe essere un thread nè catastrofista ne ottimista ma semplicemente un tentativo di capire a che punto siamo della crisi e quali prospettive possono emergere. Pochi commenti (da parte mia) e prevalentemente news.

Direi che il punto di partenza o lo spunto di partenza c'è lo possa fornire l'ormai arcinoto Roubini che ha assunto un ruolo di vate spropositato a mio avviso ma con le sue opinioni è in grado di influenzare il mercato (forse).
Ha azzeccato l'avvio della crisi ma probabilmente manco lui si aspettava un casino così forte. Quanto diceva tempo faera sottovalutato ora sono tutti lì che pendono dalle sue labbra. Novello oracolo del 2009.

Comunque cercando di essere più obbiettivi possibili partiamo dai famosi 12 punti di Roubini dello svolgimento della crisi sistemica:




1. A questo punto è chiaro che questa è la peggiore recessione del settore immobiliare dalla grande depressione e che i prezzi delle case negli Stati Uniti crolleranno tra il 20 e il 30 per cento rispetto al picco della bolla. Ciò implicherà anche che un altissimo numero di famiglie, tra i 10 e i 20 milioni, si ritroverà proprietario di case il cui valore sarà inferiore a quello del mutuo ipotecario e che si troverà quindi costretto a cederle, incrementando massicciamente le perdite delle banche che hanno concesso il credito.
Inoltre, ben presto potrebbero essere costrette a dichiarare bancarotta anche alcune delle grandi società immobiliari del settore residenziale.

2. Le perdite procurate al sistema finanziario dal crollo catastrofico del settore dei mutui ad alto rischio, una cifra che, si stima, potrebbe sfiorare i 300 miliardi di dollari, stanno intaccando ora anche i mutui a basso e a bassissimo rischio, in quanto le avventate pratiche utilizzate per concedere i mutui subprime sono le stesse impiegate nell’intero spettro del settore dei mutui. Si tratta quindi di una crisi e di un crollo generalizzati del settore dei mutui, e non soltanto di quello ad alto rischio. Le perdite riguardanti questi vari tipi di mutui saliranno drammaticamente con la caduta dei prezzi delle case e con la discesa a spirale dell’economia verso una grave recessione. a queste perdite occorre aggiungere quelle catastrofiche ammontanti a centinaia di miliardi di dollari non iscritti a bilancio causate dagli strumenti di investimento strutturati come i Siv e i Conduits, che le banche sono state costrette a iscrivere a bilancio a seguito dell’inventario degli Abcp, i titoli di debito a breve termine con asset a garanzia. A causa della cartolarizzazione, questa spazzatura è tracimata dalle banche ai mercati del capitale e ai loro investitori, negli Stati Uniti e nel resto del mondo, incrementando, piuttosto che riducendo, il rischio sistemico e rendendo globale la crisi del credito.

3. La recessione porterà - come sta già facendo - a un notevole aumento del numero di prestiti al consumatore di altre tipologie non onorati: carte di credito, prestiti per l’acquisto di auto e per lo studio. Negli Stati Uniti i prestiti ad alto rischio concessi tramite carte di credito e quelli per l’acquisto di automobili ammontano a centinaia di miliardi di dollari.. Ne consegue che anche queste perdite dovranno essere aggiunte alle perdite finanziarie delle banche e delle altre istituzioni finanziarie, il che, a sua volta, aggraverà ancor di più la stretta creditizia.

4. Il mercato dei prestiti per l’acquisto di immobili commerciali potrebbe ritrovarsi presto in una situazione catastrofica analoga a quella dei mutui subprime, giacché le pratiche per la cessione di prestiti nel settore immobiliare commerciale sono state altrettanto avventate di quelle del settore immobiliare residenziale. La crisi immobiliare residenziale non può che condurre, con un lieve ritardo, allo scoppio della bolla del settore della costruzione di immobili non residenziali, in quanto nessuno vorrà più costruire uffici, negozi o centri commerciali in città fantasma.

5. Se da una parte resta incerta l’entità delle perdite che le società di assicurazioni mono-ramo specializzate subiranno a causa delle assicurazioni concesse ai titoli con sottostanti i mutui residenziali, alle obbligazioni garantite da junk bond (i Cdo) e ad altri prodotti finanziari garantiti da asset tossici; dall’altra, ora è chiaro che queste perdite sono molto più ingenti del pacchetto di salvataggio di 10 o 15 miliardi di dollari che le autorità stanno tentando di raffazzonare. L’abbassamento del rating di queste assicurazioni mono-ramo è necessario e sarà inevitabile - anche se le agenzie di rating stanno seguendo strategie dilatorie - e si tradurrà in altri circa 140 miliardi di dollari di perdite derivanti dai portafogli di titoli con asset a garanzia che delle istituzioni finanziarie, che hanno già subito massicce perdite, dovranno iscrivere a bilancio. Questo porterà a ulteriori perdite nel portafoglio delle obbligazioni emesse dalle municipalità..

6. Non è da escludere che alcune importanti banche regionali o addirittura nazionali molto esposte ai mutui ipotecari, sia residenziali sia commerciali, siano costrette a dichiarare bancarotta. Se ciò accadesse, alle 200 o più e istituzioni creditizie che hanno concesso prestiti ad alto rischio, andrebbero ad aggiungersi alcune grandi banche, contribuendo ad aggravare la seria stretta creditizia.

7. Le banche vedranno lievitare le proprie perdite, perché i prestiti concessi sulla base di leve finanziarie per centinaia di miliardi di dollari, saranno iscritti nei bilanci con valori molto inferiori al valore nominale (attualmente circa 80 centesimi su un dollaro, ma presto molto meno). Sono stati questi prestiti a leva finanziaria a finanziare, a loro volta, gli acquisti di aziende con leva finanziaria (gli Lbo), molti dei quali ora stanno saltando.

8. Una volta che questa grave recessione sarà in corso, si verificherà una massiccia ondata di fallimenti di società. Tipicamente, in un anno, il tasso di fallimenti di compagnie è del 3,8 per cento circa; nel 2006 e nel 2007, questo tasso è sceso a un quasi trascurabile 0,6 per cento. Tipicamente, negli Stati Uniti, in un anno di recessione, questo tasso balza a più del 10 per cento, potendo arrivare a un 15 per cento. I tassi di fallimento molto bassi degli ultimi due anni si spiegano con l’eccesso di liquidità, le agevolate condizioni del credito e gli spread molto bassi. Ma, d’allora, il riprezzamento del rischio è stato massiccio. Occorre inoltre notare che se, in media, in termini di profittabilità e di indebitamento, le aziende statunitensi ed europee si trovano in condizioni migliori rispetto al 2001, molte società a bassa profittabilità hanno accumulato debiti con junk bond che presto dovranno essere rifinanziati con spread molto più larghi. Il tasso di fallimento di aziende potrebbe salire fortemente dunque durante la recessione del 2008. Una volta che i fallimenti e lo spread del credito saranno aumentati, nel settore degli Cds, i credit-default swaps ovvero gli strumenti derivati che hanno fornito protezione contro eventuali dissesti delle società, si verificheranno massicce perdite. Si valuta che le perdite potrebbero aggirarsi tra i 20 miliardi e i 250 miliardi di dollari, ma probabilmente la cifra si avvicinerà di più a quest’ultima stima.

9. Anche il “sistema finanziario ombra” (cioè composto da istituzioni non bancarie) si ritroverà presto nei guai. Questo sistema finanziario ombra è formato da istituzioni che, come le banche, ottengono prestiti a breve termine e in forme liquide, mentre concedono prestiti o investono a lungo termine in asset molto meno liquidi. Questo sistema include i Siv (i veicoli di investimento strutturati), i conduit (veicoli finanziari extra-bilancio), i fondi monetari, le assicurazioni mono-ramo, le banche di investimento, gli hedge fund e altri istituti finanziari non bancari. queste istituzioni sono tutte soggette al rischio di mercato, rischio del credito (dati i loro investimenti rischiosi) e, in particolare, al rischio di mancanza di liquidità legato al rinnovo delle scadenze debitorie, in quanto le loro passività a breve termine possono essere inventariate facilmente, mentre i loro asset sono a lungo termine e illiquidi. Diversamente dalle banche, queste entità non hanno accesso diretto o indiretto al sostegno delle banche centrali, neanche come fonte di finanziamento in extremis, in quanto non sono istituzioni depositarie. Così, di fronte a situazioni di difficoltà o di mancanza di liquidità, sono soggette al fallimento perché non sono in grado di procrastinare o rifinanziare le loro passività a breve termine. L’approfondirsi di questi problemi nell’economia e nei mercati finanziari, così come una inadeguata gestione del rischio, porteranno diversi di questi istituti a dover gettare la spugna..

10. I mercati azionari negli Stati Uniti e all’estero cominceranno a conteggiare nel prezzo delle azioni una recessione statunitense grave, invece di una lieve, e un deciso rallentamento dell’economia globale. La ripresa delle borse di fine gennaio sembra essere svanita, perché gli investitori hanno iniziato a rendersi conto che la crisi economica è più grave di quanto prospettato, che le assicurazioni mono-ramo non saranno facilmente salvate, che le perdite finanziarie continueranno a lievitare e che, in una recessione, si contrarranno drasticamente i guadagni delle aziende, e non soltanto quelle del settore finanziario. Alcuni hedge fund con quote di investimenti azionari alte falliranno nel 2008. Per quanto riguarda gli investimenti a maggioranza azionaria, la possibile ondata di richieste di integrazioni dei depositi in garanzia porterebbe a una ulteriore massiccia vendita di titoli azionari, dando il via a un effetto a cascata che dai mercati azionari degli Stati Uniti si trasmetterebbe a quelli globali. I mercati azionari statunitensi e del mondo entrerebbero quindi in un periodo persistente di mercato ribassista, dove la caduta dello Standard & Poor 500 potrebbe toccare il 28 per cento, come accade tipicamente negli Stati Uniti nei periodi recessivi.

11. La stretta creditizia che colpisce la maggior parte dei mercati del credito e dei mercati dei derivati del credito porterà a un prosciugarsi della liquidità in diversi mercati finanziari, tra i quali anche gli altrimenti molto liquidi mercati dei derivati. Ciò sfocerà in un’altra ondata di stretta creditizia nei mercati interbancari, innescata dal rischio che pongono le controparti, dalla mancanza di fiducia, dal costo della liquidità e dal rischio del credito e, di conseguenza, cresceranno una serie di tassi interbancari. Anche l’allentamento della stretta di liquidità, ottenuto con decise mosse delle banche centrali di dicembre e gennaio, perderà efficacia perché le preoccupazioni sul credito continueranno a mantenere larghi gli spread interbancari, nonostante ulteriori iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali.

12. Ciò risulterà in un circolo vizioso di perdite, contrazione del capitale, contrazione del credito, liquidazioni forzate e svendite massicce di asset a prezzi inferiori ai fondamentali, portando a un ciclo di perdite e di ulteriore contrazione del credito sempre più lungo. Le perdite in conto capitale daranno luogo a ulteriori richieste di integrazione dei depositi di garanzia e a una iscrizione nei bilanci di asset e passività rimaste fino a quel momento fuori bilancio nel sistema finanziario ombra. L’evento che innescherà la successiva fase di questo fenomeno a cascata sarà l’abbassamento del rating delle assicurazioni mono-ramo e il conseguente veloce crollo dei mercati azionari, che, a loro volta, porteranno a ulteriori richieste di integrazione dei depositi e di iscrizioni a bilancio degli asset e delle passività rimaste fino a quel momento fuori bilancio.

La ricapitalizzazione delle banche da parte dei fondi sovrani d’investimento, che assomma finora a circa 80 miliardi di dollari, non sarà in grado di contrastare queste iscrizioni a bilancio di asset e passività rimasti fuori dai bilanci. Quest’inclusione nei bilanci delle voci rimaste fino a quel momento fuori, vale a dire, la trascrizione di queste voci dal sistema bancario ombra a quello ufficiale, causerà una nuova contrazione del credito, perché le perdite in aumento peseranno rispetto alla ricapitalizzazione delle banche da parte dei fondi sovrani con un margine molto più largo.
Questa spirale contagiosa e a cascata della iscrizione a bilancio di voci precedentemente tenute fuori, della contrazione del credito, della brusca caduta del prezzo degli asset e dell’allargamento degli spread creditizi si trasmetterà poi a quasi tutti i settori del sistema finanziario. La massiccia stretta creditizia renderà dunque la contrazione dell’economia ancora più grave cagionando ulteriori perdite finanziarie. Le perdite totali nel sistema finanziario potrebbero superare i 1.000 miliardi, acuendo, prolungando e aggravando la recessione economica. Con il diffondersi delle perdite e della stretta creditizia al resto del mondo, si arriverà a una recessione economica quasi globale. Gli Stati Uniti e i mercati finanziari globali vivranno la loro più gravi crisi degli ultimi 25 anni.
 

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Usa 2009: mala tempora currunt… - 07/01/2009

Il 2009 sarà l’anno della ripresa? Assolutamente no, almeno per ciò che riguarda l’economia americana che, per i prossimi dodici mesi, continuerà ad essere caratterizzata dalla recessione...

Il 2009 sarà l'anno della ripresa? Assolutamente no, almeno per ciò che riguarda l'economia americana che, per i prossimi dodici mesi, continuerà ad essere caratterizzata dalla recessione. E' l'opinione espressa dagli analisti di RGE Monitor, il portale di indagine diretto dall'economista della New York University Nouriel Roubini. Queste, nel dettaglio, le previsioni per il nuovo anno:
Consumi individuali
Riduzione incessante per tutto l'anno. Conseguenze prevedibili visto che i consumi “personali” incidono per 2/3 sulla domanda aggregata.
Settore immobiliare
La tragedia continua per il quarto anno consecutivo. Secondo RGE occorrerà attendere il 2010 per assistere a un'inversione di tendenza.
Occupazione
Nel primo quarto dell'anno saranno bruciati dai 400 ai 500 mila posti di lavoro, la tendenza si confermerà, ma con un leggero rallentamento, anche nel secondo trimestre. A metà 2009 il tasso di disoccupazione raggiungerà l'8%.
Capitale investito
La contrazione degli investimenti proseguirà per tutto il 2009 a causa delle persistenti difficoltà di accesso al credito.
Commercio internazionale
Luci ed ombre. Da un lato l'effetto contagio della crisi sui mercati emergenti peserà negativamente, tuttavia la riduzione del prezzo del petrolio rispetto ai livelli da incubo dell'anno passato avrà un effetto positivo sulla bilancia commerciale americana.
Dollaro e inflazione.
Il biglietto verde dovrebbe rafforzarsi riducendo l'impatto dei tassi minimi sull'inflazione. Possibile una deflazione tecnica.
Crisi del credito
Le perdite continueranno a crescere. Possibile che dall'attuale trilione di dollari di rosso si arrivi a quota 2 trilioni entro la fine dell'anno.
Rapporto tra il mercato azionario e quello obbligazionario
I due segmenti sembrano procedere in direzioni opposte. Per quasi tutto il 2008 il primo ha perso costantemente mentre il secondo ha generato rendite. Nonostante la lieve ripresa di novembre, il mercato azionario dovrebbe continuare a cedere mentre i bond potrebbero iniziare a perdere valore di mercato.
 

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Per Roubini non è venuto ancora il momento di comprare bond, nemmeno quelli a tripla A ma di essere liquidi.

2009, lontani dalle borse, vince la liquidità

di Roberta Sonia Rossi - Mercoledì 7 Gennaio 2009 alle 10:06
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Nouriel Roubini, economista, docente alla Facoltà di Economia della New York University e presidente di RGE Monitor, società specializzata in analisi finanziarie, ha rilasciato al quotidiano Fortune, nel mese di dicembre, i suoi consigli agli investitori sul comportamento da adottare nel 2009.
Il guru americano, che aveva già previsto con largo anticipo all’inizio del 2008 l’aggravarsi della crisi del settore immobiliare, dichiarando che avrebbe coinvolto tutta l’Europa e che avrebbe avuto una durata minima di un anno, ha detto:
Siamo nel bel mezzo di una bufera, la peggiore da mezzo secolo a questa parte e che durerà per tutto il 2009. Si sta sgonfiando la peggior leva finanziaria del secolo e non siamo ancora arrivati alla fine.
Roubini ha continuato affermando che ci sono ancora eccessi, che vanno dai prestiti concessi agli studenti, al debito dei consumatori maturato sulle carte di credito, e che è il caso di parlare di recessione non più solo per l’economia americana, ma per tutte le economie avanzate che sono ormai nella stessa situazione.
Frenano anche i Paesi emergenti, a partire dalla Cina, e la recessione ormai è in peggioramento e si è estesa a livello globale.
Le prospettive per il futuro sono, per l’economista, ancora peggiori per la gente comune: il PIL USA peggiorerà fino alla fine del 2009 e la ripresa, nel biennio 2010/11, non sarà superiore all’1-1,5%, sempre che si verifichi, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe salire dal 6 al 9%.
Roubini consiglia quindi di stare alla larga dalle Borse, dalle materie prime, dai Bond ad alto rendimento e anche da quelli con rating a tripla A, e indica agli investitori di parcheggiare i risparmi in liquidità o in strumenti analoghi, come i titoli governativi, che è vero che rendono poco, ma sono sempre meglio di andare a rimetterci anche il 50% del capitale eventualmente investito.
In questi momenti quello che conta è preservare ciò che si possiede. Il professore conclude dicendo che, purtroppo, il tempo gli ha già dato ragione sulle previsioni rilasciate un anno fa e che teme di aver ragione anche su quelle di quest’anno.
 

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ECONOMIA USA: IL 2009 SARA' PEGGIO DEL 2008?
di *Alfonso Tuor
Si sconsiglia la lettura agli animi sensibili o ai malati di ottimismo. Si parla del possibile crollo del tasso di cambio della valuta statunitense, combinato con l’enorme quantità di dollari che la Fed sta stampando: conseguenze devastanti.

*Alfonso Tuor e' direttore del Corriere del Ticino. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Anche la banca centrale statunitense lo ha confermato: questo 2009 sarà un anno di recessione nonostante il pacchetto di rilancio economico che il presidente eletto Obama sta preparando e nonostante il ricorso senza precendenti a strumenti di politica monetaria non tradizionali.
È quanto emerge dai verbali dell’ultima riunione del Comitato direttivo della Federal Reserve, in cui si legge che «l’economia americana dovrebbe contrarsi nel primo semestre di quest’anno in modo più forte di quanto finora previsto, la recessione dovrebbe fermarsi nella seconda metà dell’anno ed una lenta ripresa potrebbe cominciare a prendere forma l’anno prossimo».
La banca centrale americana prevede inoltre un rallentamento notevole dell’inflazione che potrebbe prolungarsi anche nel 2010 e non esclude l’ipotesi della deflazione, ossia una dinamica dei prezzi in diminuzione, come emerge da questa citazione: «L’inflazione potrebbe calare per un certo periodo di tempo al di sotto del livello giudicato conforme con la stabilità dei prezzi».
http://www.wallstreetitalia.com/insider.asp
La Federal Reserve è perfettamente consapevole che questa è la più grave crisi economica dalla Grande Depressione degli anni Trenta. Sa che gli 8.000 miliardi di dollari finora spesi per salvare il sistema bancario e finanziario americano sono stati unicamente un rattoppo nemmeno sufficiente per riportare la calma sul mercato monetario e su quello dei capitali, un rattoppo che non è riuscito a far riaprire i cordoni del credito alle banche americane.
È pure consapevole che il pacchetto fiscale da 750 miliardi di dollari di Obama è insufficiente per compensare la riduzione dei consumi delle famiglie e la forte contrazione degli investimenti delle imprese e che, quindi, potrà al massimo produrre un piccolo rimbalzo dell’economia per un trimestre.
Le grandi speranze riposte nel pacchetto fiscale di Obama appaiono infatti sempre più infondate. Strada facendo sono state notevolmente ridimensionate le intenzioni iniziali del presidente eletto di coniugare, grazie a un programma di grandi investimenti pubblici, l’obiettivo del rilancio dell’economia e quello del recupero dei ritardi infrastrutturali accumulati negli ultimi anni dagli Stati Uniti.
Anche per ottenere il consenso dell’opposizione repubblicana, sono stati privilegiati i tradizionali sgravi fiscali, cui verranno assegnati 300 miliardi di dollari, che nella situazione attuale appaiono totalmente inadeguati. Infatti le famiglie useranno questi sgravi prevalentemente per ridurre il loro indebitamento, mentre le imprese non avvieranno nuovi investimenti solo perché vi sono condizioni fiscali più favorevoli.
Quindi mentre il deficit federale americano è destinato a superare quest’anno i 1.000 miliardi di dollari, si può già dire che il grande pacchetto di Obama si rivelerà una grande occasione persa. Il 2009 sarà un anno di severa recessione che dovrebbe concludersi, secondo le stime degli economisti più accreditati, con una contrazione annuale del PIL americano addirittura superiore al 3,5%.
Ma la realtà potrebbe rivelarsi peggiore. Vi sono due grandi questioni irrisolte, di cui non vi è il minimo cenno nei verbali del Comitato direttivo della Fed: l’impatto della crisi economica su un sistema bancario americano già in stato comatoso e la disponibilità degli Stati stanieri a continuare a finanziare gli Stati Uniti e quindi ad evitare un crollo del dollaro.
Diversi istituti di ricerca indipendenti prevedono che le sofferenze dei crediti concessi dal sistema bancario americano raggiungeranno quest’anno i 1.600 miliardi di dollari, il 13% del totale dei crediti bancari che non sono stati ancora cartolarizzati, ossia che sono ancora nei bilanci delle banche, poiché non ancora impacchettati e trasformati in titoli da vendere sul mercato.
A queste perdite sono da aggiungere quelle dovute all’ulteriore svalutazione dei titoli tossici, che non sono come noto solo detenuti dalle banche americane, ma anche da quelle svizzere, europee e di altri Paesi. La crescita di queste sofferenze è dovuta al perdurare della crisi del mercato immobiliare (si prevede che i prezzi debbano ancora calare almeno del 20% rispetto agli attuali livelli), a perdite minime del 20% sui 1.400 miliardi di dollari di crediti al consumo, del 10% su un totale di 3.700 miliardi di dollari di crediti bancari non cartolarizzati concessi alle imprese americane e del 30% sui 170 miliardi di crediti concessi ai fondi Private Equity non ancora trasformati in titoli venduti sul mercato.
Vi sono inoltre le perdite che accuseranno banche, investitori istituzionali e privati americani e del resto del mondo che hanno acquistato titoli con cui è stata finanziata l’enorme bolla del credito statunitense.
Se è scontato che la Federal Reserve non permetterà il fallimento di alcuna banca americana di dimensioni rilevanti, come ha fatto recentemente concedendo 350 miliardi di garanzie a Citigroup, non è invece scontato che le dimensioni sempre più impressionanti degli interventi della Fed non comincino ad impensierire i Paesi che stanno continuando a finanziare gli Stati Uniti. Ciò è determinante per il tasso di cambio del dollaro: questa è la grande incognita del 2009.
Se gli altri Stati continueranno a finanziare gli Stati Uniti, si rivelererà corretta la previsione di deflazione formulata dagli stessi governatori della Federal Reserve. Se dovesse invece diminuire la disponibilità di asiatici ed arabi a sottoscrivere la crescente montagna di titoli pubblici americani, lo scenario economico cambierebbe radicalmente. Il crollo del tasso di cambio della valuta statunitense, combinato con l’enorme quantità di dollari che la Fed sta stampando, avrebbe conseguenze devastanti. Da uno scenario deflattivo si potrebbe passare in un battibaleno ad uno scenario di iperinflazione negli Stati Uniti. Dunque il 2009 non si prospetta migliore dell’anno appena conclusosi anche perché sia gli interventi della Federal Reserve sia quelli previsti da Obama non sembrano cogliere che la soluzione della crisi non può che passare dal riconoscimento della bancarotta del sistema finanziario e dalla ricostruzione ex novo del sistema bancario. Il 2009 non solo rischia di essere peggiore del 2008, ma anche di risultare un altro anno perso se non verranno create le premesse per uscire veramente dalla crisi.
 

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O-CONOMY: OBAMA, SE NON AGIAMO LA RECESSIONE PUO' DURARE ANNI
di WSI - ANSA - Il Sole 24 Ore
Esplicito l'appello del presidente eletto: se il Congresso degli Stati Uniti non agira' subito, la crisi andra' avanti e gli Stati Uniti perderanno mille miliardi di Pil l'anno.

Se non si agisce, la recessione potrebbe durare anni, afferma il presidente eletto Usa Obama precisando che serve 'un'azione decisa'.
Sostiene poi che nell'economia ci sono state 'devastanti perdite' di fiducia: 'forse ci vorranno anni ma dobbiamo ripristinarla'. E promette un taglio delle tasse per 1.000 dlr per il 95% delle famiglie nel suo piano di rilancio dell'economia.
Per Obama infine serve riformare il sistema regolatorio per 'prevenire il fallimento di istituzioni finanziarie'.
È esplicito l'appello del presidente eletto Barack Obama dalla George Mason University di Fairfax, in Virginia. Il presidente eletto degli Stati Uniti si è detto consapevole della grave crisi che sta erodendo i fondamentali dell'economia americana, ma anche sicuro di avere in mano una ricetta per fare in modo che la recessione venga superata.Tale ricetta, per essere operativa, dovrà avere però l'autorizzazione del Congresso: ed è questa che oggi Obama è tornato a chiedere.
Il presidente eletto ritiene infatti che un mancato intervento del Governo si tradurrebbe in particolare in un calo dei redditi delle famiglie americane, in un aumento del tasso di disoccupazione fino a due cifre su base percentuale e in un'attività economica in perdita di ben 1.000 miliardi di dollari. «Non penso - ha affermato il presidente eletto - che sia troppo tardi per cambiare le cose, ma lo sarà se non prendiamo azioni decisive il prima possibile la situazione potrebbe peggiorare drammaticamente».
Riguardo alle iniziative che prenderà per risollevare l'occupazione, Obama ha confermato che «la grande maggioranza dei posti di lavoro che saranno creati sarà nel settore privato, mentre il nostro piano salverà i settori pubblici e dunque gli insegnanti, i poliziotti, i vigili del fuoco e tutti coloro che forniscono servizi vitali». Sicuramente, ha aggiunto Obama, nel breve periodo l'adozione del piano si tradurrà «in un aumento del deficit federale», ma se si farà troppo poco o nulla, le conseguenze saranno di «un deficit ancora maggiore di posti di lavoro, di redditi e di fiducia nella nostra economia».
Il governo Usa, ha rassicurato Obama, utilizzerà l'intero arsenale di strumenti di cui dispone per risanare i mercati del credito e per evitare una nuova ondata di casi di perdite di diritti di riscatto da parte dei cittadini americani sulle loro abitazioni. Forte il passaggio dedicato alle radici recondite della crisi che l'America sta attraversando: «Non è stata scatenata dal caso, siamo arrivati a questo punto a causa di un'era di grande irresponsabilità, di mancati controlli e di una regolamentazione troppo poco rigida, motivo per cui bisogna ora lavorare per ricostruire la fiducia degli americani, investendo il denaro e non gettandolo via». «Per anni - ha denunciato Obama - troppi manager di Wall Street hanno assunti decisioni imprudenti e pericolose, cercando profitti senza preoccuparsi del rischio. Le banche hanno effettuato prestiti senza preoccuparsi se questi potessero essere poi ripagati. I politici hanno speso soldi dei contribuenti senza disciplina. Il risultato è stata una devastante perdita di fiducia nella nostra economia, nei mercati finanziari e nel nostro Governo». Intanto, però, per rilanciare i consumi il presidente eletto ha annunciato un taglio fiscale da mille dollari al 95% delle famiglie Usa, un primo passo per sostenere la classe media in difficoltà.
index.asp
 

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Forumer storico
Da cobraf.com

Questo è un esempio del perchè come spiegava ieri Vaclav Klaus si sta andando nella direzione sbagliata, sia in europa che in america, per cui ci sarà un rally fino a marzo e poi il crollo (cioè è giusto essere positivi ora, ma solo per poco).

Perchè allora un rally fino a marzo ? Perchè tanti si illudono che si "sta cambiando politica".

Questo è un discorso del 2002 sui mutui del Presidente degli Stati Uniti in cui invita le banche a fare prestiti senza guardare al credito di chi contrae il mutuo ("..consumers with poor credit will be able to get a mortgage...") per ragioni di equità sociale. E invita a non chiedere un pagamento iniziale, a fare mutui al 100% (cosa che in europa nessuno ha mai fatto) e da loro un obiettivo nazionale di 5 milioni di mutui per neri e messicani entro cinque anni. Questo è un discorso che avrebbe potuto fare Peron in Argentina (buonanima), Chavez in Venezuela, Calderon in Messico o Bertinotti in Italia. L'obiettivo infatti è stato centrato, sono stati creati i cinque milioni di mutui subprime.

Ovviamente gli stessi discorsi li facevano a sinistra Clinton prima ed Obama (il quale addirittura in quanto avvocato dei centri sociali di colore a Chicago faceva cause alle banche perchè non facevano abbastanza mutui, ma sono dettagli che sfuggono ai giornali). Non c'è nessuna differenza sui problemi del credito e dei mutui che poi hanno creato il crac, destra e sinistra hanno fatto demagogia sui mutui spingendo per anni a fare credito per ragioni sociali, interferendo con il funzionamento del mercato e del credito per quindici anni almeno. E in Inghilterra i laburisti uguale, in forme diverse con risultati simili

Senza contare poi la politica della FED che ha tagliato i tassi di interesse come rimedio per qualunque problema alimentando la bolla del debito

Una volta scoppiata la crisi però tutti dichiarano invece che è stata la mancanza di controlli da parte del governo e che ora "si regolerà più strettamente". Ma se era il governo che da metà anni '90 ha martellato le banche perchè facessero mutui "sociali" per colmare i gap razziali e sociali !

Il governo una volta scoppiata la crisi è poi intervenuto pesantemente negli ultimi mesi, tagliando i tassi a zero di nuovo, distribuendo sussidi e assegni, rallentando i pignoramenti e sovvenzionando chi non paga, comprando mutui direttamente dalle banche, nazionalizzando Fannie Mae, ricapitalizzando le banche... Finora è servito a poco però si cambia governo e quindi c'è speranza.

Con Obama, come ha spiegato oggi, si interferirà ancora più pesantemente con il mercato e l'economia, portando il deficit a 2 mila miliardi di dollari nel 2009 (stima ufficiale!). Insomma, hanno cominciato a interferire e manipolare il mercato e allargare il peso del governo e non smettono più anzi rilanciano cotinuamente creando un economia artificiale puntellata ora da centinaia di miliardi di soldi pubblici (che poi non hanno nemmeno perchè li prendono a prestito dai cinesi)

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...From Bush's June 17, 2002 speech to St. Paul's African Methodist Episcopalian church:


..Now, we've got a problem here in America that we have to address. Too many American families, too many minorities do not own a home. There is a home ownership gap in America. The difference between Anglo America and African American and Hispanic home ownership is too big. (Applause.) And we've got to focus the attention on this nation to address this.

And it starts with setting a goal. And so by the year 2010, we must increase minority home owners by at least 5.5 million. In order to close the homeownership gap, we've got to set a big goal for America, and focus our attention and resources on that goal. (Applause.)...

I want to thank Franklin Raines, of Fannie Mae and Leland Brendsel of Freddie Mac. Thank you all for coming. (Applause.)...

Three-quarters of white America owns their homes. Less than 50 percent of African Americans are part of the homeownership in America. And less than 50 percent of the Hispanics who live here in this country own their home. And that has got to change for the good of the country. It just does. (Applause.) And so here are some of the ways to address the issue. First, the single greatest barrier to first time homeownership is a high downpayment. It is really hard for many, many, low income families to make the high downpayment. ...

And let me talk about some of the progress which we have made to date, as an example for others to follow. First of all, government sponsored corporations that help create our mortgage system -- I introduced two of the leaders here today -- they call those people Fannie May and Freddie Mac, as well as the federal home loan banks, will increase their commitment to minority markets by more than $440 billion. (Applause.) I want to thank Leland and Franklin for that commitment. It's a commitment that conforms to their charters, as well, and also conforms to their hearts.

This means they will purchase more loans made by banks after Americans, Hispanics and other minorities, which will encourage homeownership. Freddie Mac will launch 25 initiatives to eliminate homeownership barriers. Under one of these, consumers with poor credit will be able to get a mortgage with an interest rate that automatically goes down after a period of consistent payments. (Applause.)..
 

paologorgo

Chapter 11
Obama Remarks on the Economy

The following is the full text of President-elect Barack Obama’s remarks on the economy, delivered today at George Mason University.


Throughout America’s history, there have been some years that simply rolled into the next without much notice or fanfare. Then there are the years that come along once in a generation – the kind that mark a clean break from a troubled past, and set a new course for our nation.
This is one of those years.



....
 

METHOS

Forumer storico
Intanto la gente esce dai fondi, il che secondo me non è nemmeno una brutta cosa.

Fondi/ La crisi triplica i riscatti 2008 a 140 mld - punto -
08/01/2009 19:07

La crisi dei mercati ha triplicato il rosso dei fondi. Secondo i dati provvisori di Assogestioni, il 2008 del risparmio gestito si è infatti chiuso con riscatti complessivi a quota 140 miliardi di euro. Solo nei primi nove mesi dell'anno, con un bilancio negativo per circa 100 miliardi, si era già raddoppiato il profondo rosso del 2007 di 52,4 miliardi, che ha già costituito un saldo negativo record e un balzo notevole rispetto ai -9,3 miliardi del 2006. Il patrimonio complessivo investito in fondi aperti è così calato a fine 2008 a 409 miliardi: a settembre del 2007, già dopo la prima estate di turbolenze, era ancora a 647 miliardi. A dicembre 2008, i deflussi sono stati leggermente inferiori a 9 miliardi. Per quanto riguarda le diverse categorie di fondi comuni aperti (i prodotti di risparmio gestito più diffusi in Italia, che consentono di sottoscrivere o liquidare le quote in ogni momento), la più colpita è quella dei prodotti obbligazionari, che a fine 2008 presentano un conto negativo di 65,7 miliardi dall'inizio dell'anno (-2,8 miliardi a dicembre), a fronte comunque del patrimonio più importante, pari a 160 miliardi e al 39% del totale. Relativamente più contenuto il rosso degli azionari, un po' meno colpiti per le quotazioni ai minimi delle azioni (-29,5 miliardi a fine 2008, - 437 milioni a dicembre, con patrimonio a 69,8 miliardi, che rappresenta il 17% del complessivo). I fondi di liquidità hanno invece chiuso l'anno con 11 miliardi di riscatti (2,1 miliardi a dicembre) e un patrimonio a 86,5 miliardi, il 20% del totale. Il rosso per i fondi hedge è stato a fine 2008 di 8,3 miliardi ( 2,1 mld a dicembre), con un patrimonio di 21,5 miliardi, il 5,3% delle masse. Il rosso complessivo dei fondi di circa 140 miliardi è distribuito tra gli 82, 7 dei fondi di diritto italiano e i 57,3 di quelli di diritto esteri. Tra i big italiani, in dicembre Intesa Sanpaolo ha registrato una raccolta negativa per 1,5 miliardi, Pioneer Unicredit di 2,3 miliardi, Ubi Banca per 550 milioni, Mps per 525 milioni, Banco Popolare per 606. Sempre lo scorso mese hanno invece registrato una performance positiva Mediolanum (+166 milioni) e Generali (+11,5 milioni). L'analisi di Assogestioni mette in rilievo come il settore italiano del risparmio gestito accusi da tempo significativi deflussi netti. "Per i fondi di investimento di diritto italiano - ricorda - i flussi sono negativi dall'inizio degli anni duemila " mentre per l'insieme dei fondi di investimento attivi in Italia, il rosso è iniziato nell'aprile 2006 (con l'eccezione di agosto dello stesso anno). "La tendenza negativa, attribuibile anche a distorsioni fiscali e ad asimmetrie regolamentari, è stata aggravata - ricorda l'associazione - dalla crisi finanziaria, soprattutto a causa della 'fuga verso la liquidità' dei risparmiatori e della pressante domanda di fondi liquidi da parte delle banche". La garanzia statale sulle passività delle banche, introdotto a ottobre 2008, poi, "ha ulteriormente aggravato il quadro", favorendo il dirottamento dei risparmi verso forme garantite.

copyright @ 2009 APCOM​
 

METHOS

Forumer storico
Una valanga di licenziamenti interrompe il rally di inizio anno di Wall Street!



Come scrivevo soltanto pochi giorni orsono, la tempesta perfetta in corso oramai da diciassette mesi ci ha abituati a brevi fasi di bonaccia che in genere hanno solo preparato nuove, e spesso più alte, ondate che, altrettanto spesso, non fanno che mettere in risalto nuovi e più preoccupanti aspetti sino a quel momento sovrastati dai micidiali effetti sulle entità protagoniste del mercato finanziario globale e sui rami dell’industria che più stanno risentendo del calo della domanda.

Sopravvissuta pressoché indenne ad una vera e propria raffica di dati molto negativi sul settore immobiliare, sia in termini di vendite che di prezzi, sugli ordini di beni più o meno durevoli, sui vari indici che misurano i livelli di attività dell’economia reale statunitense, la mini ripresa dei corsi azionari innescatasi nelle prime sedute dell’anno si è infranta ieri sui dati scioccanti provenienti dall’indagine mensile sull’occupazione nel settore privato che ha segnalato, con riferimento al mese di dicembre, una perdita di 693 mila posti lavoro che fa, peraltro, seguito a una flessione di poco meno di 500 mila posti di lavoro nel mese di novembre, il che sta a dire che in soli due mesi sono stati distrutti poco meno di un milione e duecentomila posti di lavoro, dati che non fanno certo ben sperare per l’attesissimo Non Farm Payrolls che il Dipartimento del lavoro diffonderà venerdì.

Raramente ho avuto modo di leggere reazioni tanto preoccupate di autorevoli analisti come quelle di cui erano pieni ieri i siti specializzati statunitensi, un’improvvisa adunata di neofite cassandre che si esercitavano nell’enunciazione di previsioni nere sull’andamento del mercato del lavoro nell’anno che si è appena aperto, con perdite di posti di lavoro che oscillano dai 2 ai 3,5 milioni di unità e che andrebbero a sommarsi agli almeno due milioni di buste paga già perse nell’orribile 2008, mentre non mancavano stime su una flessione del prodotto interno lordo a stelle e strisce tra il 5,5 e il 6,0 per cento per il quarto trimestre del 2008 e superiori al 3 per cento per il primo quarto del 2009

Alle pessime notizie provenienti dal fronte dell’occupazione hanno fatto immediatamente seguito profit warning allarmanti provenienti dal fronte societario, con particolare riferimento al colosso informatico Intel, sino a poco tempo fa una delle galline dalle uova sempre d’oro di Wall Street e del gruppo principe dei media, Time Warner-AOL, che ha reso nota una non del tutto chiara appostazione negativa straordinaria per qualcosa di più di 23 miliardi di dollari che graverà sui risultati del quarto trimestre 2008, notizie che non hanno certo contribuito a risollevare gli umori degli operatori e degli investitori che, per il secondo giorno consecutivo, hanno spedito in modo deciso verso il rosso i tre principali indici azionari statunitensi e la pressoché totalità di quelli europei, con particolare riferimento a quella piazza affari milanese che solo il giorno prima aveva cercato di prendere il volo sull’anticipazione, ancora priva di conferme ufficiali, del possibile matrimonio del secolo tra Mediobanca e Unicredit Group.

La tragica scomparsa di un miliardario tedesco coinvolto nell’operatività al ribasso sul titolo Volkswagen assieme a un nugolo di hedge funds, una campagna ben orchestrata del tutto one way che si era conclusa con una ritirata tutt’altro che strategica dei raiders, costretti clamorosamente ad abbandonare il campo con perdite miliardarie dopo la beffa ordita dai vertici di Porche che, con un colpo da maestri anche se alquanto spregiudicato, sono riusciti a far sparire la maggior parte delle azioni della casa automobilistica tedesca oggetto del contendere, getta una luce alquanto sinistra su questa fase della tempesta perfetta, anche perché viene solo pochi giorni dopo l’analogo e tragico gesto di un finanziere francese coinvolto, suo malgrado, insieme ai suoi ricchi e spesso molto blasonati clienti nello schema di Ponzi messo in piedi da Bernanrd L. Madoff.

Fa, invece, un po’ sorridere quanto si è appreso a proposito dell’ex presidente del Nasdaq per bocca dell’oramai ex presidente della Securities and Exchange Commission, il mitico Effe O Ixs (al secolo Christopher Cox), che ha testimoniato martedì al Congresso che le attività di Madoff erano state sottoposte per ben sedici volte allo scrutinio della SEC e di altre autorità e che in più di un’occasione erano emerse irregolarità senza che alcuno sentisse il bisogno di accendere un faro su alcune su e società che risultavano non avere clienti!

Come era largamente prevedibile, le stesse ragioni che sono alla base della brusca interruzione del rally borsistico vissuto nelle prime due sedute del 2009 hanno anche contribuito a gettare secchiate di acqua gelida sul mercato delle commodities, orno nero e giallo ovviamente inclusi, mentre il dollaro ha ripreso a indebolirsi nei confronti delle principali valute convertibili, il che non deve certo stupire alla luce del disastroso stato dei conti pubblici statunitensi attuale e prospettico, anche perché è di ieri la nuova stima per il deficit pubblico per il 2009 che è previsto balzare all’astronomica cifra di 1.200 miliardi di dollari, mentre lo stock del debito pubblico potrebbe addirittura più che raddoppiare nell’arco dei prossimi due anni, al netto della voragine previdenziale e del non marginale apporto prevedibile dalla problematica sistemazione dei conti delle recentemente nazionalizzate Fannie Mae, Freddie Mac, Ginnie Mae, per le quali un veramente esasperato Hank Paulson ha detto non più tardi di ieri che sono indispensabili drastici cambiamenti, dei quali dovrà però occuparsi il nuovo ministro del Tesoro USA ed attuale presidente della Federal Reserve di New York, il giovane e battaglieri Timothy Geithner, mentre credo proprio che Hank si prenderà un anno sabbatico prima di tornare a occuparsi della ‘sua’ sempre potente anche se sempre meno preveggente Goldman Sachs!
 

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