http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/crimea-quel-referendum-e-illegittimo-10164
7 aprile 2014
Andrea de Guttry
I recenti eventi in Ucraina e nella penisola di Crimea hanno, giustamente e prevedibilmente, attratto l´attenzione dell´intera Comunità internazionale e dell´opinione pubblica mondiale. Quello che sorprende è che, pur nella divergenza, spesso totale, sullo svolgimento dei fatti, le parti direttamente coinvolte e altri attori internazionali di primo piano che si sono pronunciati in merito, hanno continuamente fatto riferimento al diritto internazionale per giustificare le rispettive posizioni e decisioni. Da parte della Russia, poi, le critiche USA sul mancato rispetto delle regole internazionali sono state rispedite al mittente accusato di non avere autorità a parlare di rispetto di regole, visto quanto volte queste sono state violate proprio dagli USA stessi(1) e di essersi dimenticato del precedente dell’indipendenza unilaterale del Kosovo che era stata appoggiata proprio dagli USA e da molti paesi occidentali(2).
In questo contesto, si procederà ad una breve, e senza alcuna pretesa di esaustività, analisi di quelli che sono i profili rilevanti di diritto internazionale, che dovrebbero essere sempre alla base delle scelte di politica internazionale di uno stato specie in quelle situazioni che potrebbero avere ricadute per l’intero sistema di relazioni internazionali. L’oggetto di quest’approfondimento sarà limitato al referendum in Crimea e alla successiva decisione di secedere dall’Ucraina e di trasferire il territorio sotto la sovranità della Federazione russa nonché alle conseguenti reazioni della Comunità internazionale.
Gli eventi
Il territorio della Repubblica di Ucraina è suddiviso in 27 regioni: di cui 24 province (oblasts), 1 repubblica autonoma (Crimea) e due città con statuto speciale (Kiev e Sebastopoli). In quanto repubblica autonoma, la Crimea ha una propria Costituzione approvata nel 1998 (in sostituzione di quella del 1992 che concedeva un maggior grado di autonomia alla regione), che le conferisce un certo grado di autonomia pur essendo espressamente previsto che il Parlamento ucraino può porre il veto a qualsiasi legge approvata dal Consiglio Supremo della Repubblica autonoma di Crimea (Parlamento)(3).
Il 27 febbraio 2014, a seguito di varie turbolenze istituzionali e cambi di leadership, il Parlamento della Crimea ha deciso d'indire un Referendum al fine di chiedere una maggiore autonomia dall’Ucraina (non l’indipendenza): la legittimità di tale decisione è stata subito contestata dal Parlamento Ucraino. Ciononostante, e dopo svariate vicende interne, il Parlamento della Crimea decide, il 6 marzo 2014 di anticipare la data del referendum al 16 marzo e di modificarne l´oggetto: non più una maggiore autonomia dall’Ucraina ma l’adesione alla Federazione Russa. Agli elettori sostanzialmente era chiesto di esprimere la propria preferenza per una delle seguenti opzioni: 1. Riunificazione della Crimea con la Russia oppure 2. Ritorno alla Costituzione del 1992 e allo status della Crimea quale parte dell’Ucraina.
A fronte di questi avvenimenti, il Consiglio di Sicurezza, convocato su richiesta dell’Ucraina(4), si è riunito il 15 marzo per discutere una bozza di Risoluzione, presentata da circa 30 stati, nella quale, tra le altre cose, il Consiglio dichiarava che «this referendum can have no validity, and cannot form the basis for any alteration of the status of Crimea; and calls upon all States, international organizations and specialized agencies not to recognize any alteration of the status of Crimea on the basis of this referendum and to refrain from any action or dealing that might be interpreted as recognizing any such altered status»(5).
Com’è ben noto, la Risoluzione, che pur ha raccolto 13 voti a favore e un’astensione (della Cina), non è stata approvata a causa del veto della Russia.
Il Referendum ha avuto luogo il 16 marzo e, secondo le fonti ufficiali della Repubblica Autonoma di Crimea 1.274.096 elettori vi hanno partecipato (circa l’83,1% degli aventi diritto)(6) e l’opzione riguardante la riunificazione con la Russia avrebbe ottenuto circa il 97% dei voti validi espressi(7). Il giorno successivo il Consiglio Superiore della Repubblica Autonoma di Crimea, dopo aver proclamato l’indipendenza dall’Ucraina, ha formalizzato la richiesta alla Federazione Russa di ammettere la Crimea come una nuova Repubblica della Federazione stessa. Poche ore dopo tale richiesta il presidente russo Putin ha adottato un decreto che riconosce la Crimea come stato sovrano. Il 18 marzo il presidente Putin ha presentato al Consiglio della Federazione russa a) una legge di riforma costituzionale che prevede la creazione di due nuove entità all'interno della Federazione russa: la Repubblica di Crimea e la Città di Sebastopoli e b) un trattato internazionale che sancisce il passaggio della Crimea all’interno della Federazione russa(8). Nei giorni immediatamente successivi, il Parlamento russo ha approvato le proposte del presidente.
L´Unione europea e altri attori internazionali hanno deciso di adottare delle sanzioni economiche contro la Russia preannunciandone ulteriori.
I profili di diritto internazionale
Dal punto di vista del diritto internazionale, così frequentemente richiamato da tutte le parti in causa, due sono le questioni che saranno esaminate in questa sede. In primo luogo la legittimità del referendum indetto dal Parlamento della Crimea e in secondo luogo la legittimità dell´annessione dalla Federazione Russa, per incorporazione, della Repubblica di Crimea e della città di Sebastopoli.
Le critiche circa la legittimità internazionale del refe-rendum stesso non sono sempre state puntuali, anche perché spesso si sono concentrate più che sul referendum stesso, sulle sue conseguenze. A ogni modo è utile richiamare, in questo contesto, quanto affermato nelle Conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea del 17 marzo nel quale il Consiglio
« … strongly condemns the holding of an illegal refer-endum in Crimea on joining the Russian Federation on 16 March, in clear breach of the Ukrainian Constitution. The EU does not recognise the illegal “referendum” and its outcome. It also takes note of the draft opinion of the Venice Commission on this “referendum”. It was held in the visible presence of armed soldiers under conditions of intimidation of civic activists and journalists, blacking out of Ukrainian television channels and obstruction of civilian traffic in and out of Crimea».
In altri termini, il referendum sarebbe stato illegittimo in quanto organizzato a) in violazione della Costituzione Ucraina(9) e b) in condizioni tali da non permettere il libero esercizio del diritto di voto da parte degli aventi diritto. Quest’ultimo punto, già anticipato nelle conclusioni del Consiglio, è stato ripreso con maggiore dettaglio nella Relazione della Commissione di Venezia adottata il 21 marzo 2014 e da altre organizzazioni dedite alla protezione dei diritti umani(10). Sia da parte della Repubblica autonoma di Crimea sia da parte della Federazione Russa tali argomenti sono stati rigettati con vigore(11). È del tutto evidente, sulla base della prassi assai diffusa di organizzazioni quali l’ONU, l’OSCE e l’UE, particolarmente attive nelle attività di monitoraggio di elezioni e di referendum, che le asserite condizioni che avrebbero caratterizzato l’espressione del voto in occasione del referendum, non erano tali da garantire un processo “genuino” e in grado di assicurare la libera espressione della volontà dei votanti come invece richiedono le rilevanti convenzioni internazionali in materia(12).
Sul secondo profilo, quella della legittimità, dal punto di vista del diritto internazionale, della secessione della Crimea e della città di Sebastopoli dall’Ucraina e dell’incorporazione nella Federazione Russa, le questioni giuridiche sono più complesse anche perché sono in gioco valori a principi non sempre facilmente compatibili e componibili, quale quello dell’autodeterminazione dei popoli e quello dell’integrità territoriale. Qualora il distacco di una parte del territorio (per formare un nuovo Stato, o per fondersi con un altro Stato o anche per incorporarsi in uno stato già esistente) avvenga con il consenso dello stato da cui ci si stacca e previa consultazione della popolazione locale, non sorgono particolari problemi di rilievo giuridico. Molti sono i precedenti che si possono citare in questo senso: dalla separazione delle varie ex repubbliche russe dall’URSS alla separazione tra Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca e, più di recente, la separazione del Sud Sudan dal Sudan. Ma questo certamente non è il caso della secessione della Crimea e della città di Sebastopoli.
Qualora, come nel caso in esame, non vi sia il consenso delle parti interessate, la questione giuridica diviene più complessa: la regola generale è, comunque, che non sono ammesse violazioni dell’integrità territoriale. L’unica eccezione si potrebbe verificare in presenza di uno stato sul quale vivono più popoli, ciascuno dei quali gode, a sensi dell’art 1 para 2 della Carta delle Nazione Unite, del principio di autodeterminazione. Secondo un’opinione diffusa d’interpretazione delle regole internazionali (soprattutto alla luce della Dichiarazione del 1970 dell’Assemblea Generale riguardante i principi di diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli stati in conformità con la Carta delle Nazioni Unite)(13), il diritto all’autodeterminazione potrebbe includere anche il diritto alla secessione se il Governo centrale si comporta in maniera discriminatoria nei confronti dei vari popoli stanziati sul proprio territorio(14). In caso contrario prevale il principio dell’integrità territoriale, salvo l’obbligo dello stato di assicurare ai vari popoli adeguate forme di autonomia istituzionale. Nel caso in esame non pare proprio possibile invocare il principio di autodeterminazione a giustificazione della secessione: non solo perché non è del tutto pacifico che in Ucraina vi siano più popoli (da tenere ben separato questo concetto da quello di minoranza), ma anche perché il governo ucraino non ha attuato discriminazioni tra le varie realtà esistenti sul proprio territorio.
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