Crimea sceglie la Russia. Occidente furioso (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
è appena arrivata la notizia che la Banca Mondiale ha approvato il prestito di 3 miliardi di dollari per aiutare il governo golpista

naturalmente la garanzia è l'acquisizione dell'oro
 

tontolina

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DALLE FALSE ”FOSSE COMUNI IN SERBIA” IN POI, MEDIA OCCIDENTALI SPECIALISTI NELLA DISINFORMAZIONE: ORA TOCCA ALL’UCRAINA.

Sulle cose della politica proprio le menzogne, se continuamente ripetute, riescono a sembrare le uniche verità e tutti vi si adeguano. Una clamorosa dimostrazione di questa tecnica fu, durante la guerra che la Nato scatenò contro la Serbia, la storia delle fosse comuni.
Poco prima l’attacco, tutta l’opinione pubblica mondiale rimase impressionata da fotografie aeree che mostravano cumuli di terra che, ripetevano i media, racchiudevano corpi di vittime kossovare innocenti trucidate dagli spietati serbi. Peccato che, alla fine della guerra, i medici di varie nazioni inviati dal Tribunale Penale Internazionale scoprirono trattarsi, nella maggior parte dei casi, solo di terra smossa che non copriva un bel niente: anche nelle poche vere fosse dove furono ritrovati corpi, i medici stabilirono essere cadaveri seppelliti a guerra già iniziata e la cui etnia era impossibile accertare. Le foto comunque erano già bastate agli attaccanti per giustificare davanti alle opinioni pubbliche le ragioni per la guerra e ottenere così il consenso dei più.
Lo stesso metodo, disinformazione e propaganda, è quanto sta avvenendo oggi a proposito della questione Ucraina. I giornali, alcuni in buona fede, altri molto meno, continuano a sostenere concetti la cui veridicità o coerenza è per lo meno dubbia.
Vediamone alcuni.



1.Il popolo ucraino si è democraticamente ribellato contro un governo illegittimo e la crudele repressione attuata dalle forze di polizia è stata un’operazione dittatoriale per contrastare la volontà popolare.
Ma le elezioni che portarono al potere Yanukovich e il suo partito furono giudicate “sufficientemente corrette” dagli osservatori internazionali dell’OSCE e quindi quel governo era, a tutti gli effetti, legittimo. In qualunque parte del mondo, quando le manifestazioni di piazza diventano violente, è dovere delle locali forze dell’ordine intervenire per fare rispettare la legge.
2. Il presidente Yanukovich e il suo governo sono stati democraticamente destituiti dal Parlamento Ucraino, che ha così dato spazio alla volontà della maggioranza dei cittadini.
Su quel “democraticamente” ci sarebbe molto da discutere perché è sotto gli occhi di tutti che il Parlamento ha dovuto decidere sotto la pressione della violenza e non certo a seguito di una normale dialettica politica. Il nuovo Governo non ha avuto nessuna legittimità elettorale e, tra l’altro, è, pure lui, contestato da una gran parte degli stessi manifestanti.
3. La maggioranza degli ucraini è scesa in piazza perché non ha condiviso la decisione di Yanukovich di abbandonare il tavolo delle negoziazioni con l’Unione Europea.
Visto da lontano e in base alle sole informazioni ripetute dai media occidentali sembrerebbe così, salvo che la stessa USAID, ente governativo americano, aveva svolto in Ucraina, pochi giorni prima, un’indagine dalla quale risultava che solo il 40% degli Ucraini preferiva l’opzione europea. E’ inoltre risaputo che tra costoro molti erano, e sono, illusi dal pensare che l’associazione economica con l’Unione Europea possa coincidere con un futuro di ricchezza per ciascuno e di fine delle difficoltà economiche che tuttora soffocano il Paese.
4. Il desiderio manifestato dal governo di Crimea di far svolgere un referendum per chiedere l’indipendenza e la richiesta di adesione alla Federazione Russa sono contro la Costituzione Ucraina. Poiché la Russia appoggia tali richieste, si pone fuori del diritto internazionale e l’invio di propri militari in Crimea per proteggere la locale maggioranza russa da discriminazioni costituisce una condannabile invasione.
USA e Governi Europei che sostengono quanto sopra dimenticano quanto essi stessi fecero con il Kosovo. Nessuno si domandò cosa dicesse in proposito la Costituzione Serba e tantomeno se ci fossero cittadini europei o americani da salvaguardare. Fu proprio dopo quella guerra che molti Paesi decisero di riconoscere il Kosovo come Stato indipendente, violando, allora sì ogni diritto internazionale.
5. Il nuovo governo di Kiev è e sarà democratico e non ha alcuna intenzione di discriminare cittadini di etnia diversa da quella ucraina.
Strano, però, che uno dei primi provvedimenti votati “democraticamente” proibisse l’uso della lingua russa su tutto il territorio ucraino. Quel provvedimento è stato ritirato solo dopo i “suggerimenti “ degli europei che, oltre a vergognarsene, temevano le ripercussioni, negative per l’immagine, che ne derivavano.
Strano anche che interi gruppi di cosiddetti manifestanti abbiano fatto a gara nell’urlare insulti e minacce antisemite, razziste e contro la popolazione di origine russa.
6. Gli europei desiderano da sempre che l’Ucraina entri nell’Unione, percependola come parte integrante dell’organismo politico europeo.
Niente di più falso! La maggior parte dei cittadini europei non ha alcun desiderio, né interesse, a che l’Ucraina faccia parte dell’Unione Europea. Senza contare che la crisi economica è talmente forte da rendere economicamente impossibile, se non suicida, pensare di poter provvedere al risanamento della disastrata economia ucraina. Quei politici europei che hanno promesso 15 miliardi di euro come aiuto immediato al nuovo Governo ucraino dovrebbero spiegare ai cittadini di ogni Paese membro dell’Unione da dove arriverebbero quei soldi, cioè da quali tasche saranno presi. E già che ci sono dicano anche come pensano di continuare con gli aiuti dopo che quel primo “dono” si sarà velocemente esaurito. Altri fondi per aiutare le aree depresse? E altri ancora per pagare gas e petrolio che non avranno più i prezzi agevolati prima garantiti da Mosca? I cittadini europei amano gli Ucraini, ma non possono ne’ vogliono un altro Paese che gravi ancora di più sulle sofferenti economie comunitarie.
7.Le forze politiche progressiste di tutto il mondo stanno dalla parte dei ribelli ucraini perché bisogna stare sempre con il “Paese reale” e non con il “Paese legale”.
Chiamare “Paese reale” gruppi di persone che sfasciano i palazzi delle Istituzioni, uccidono poliziotti e non rispettano le loro stesse leggi è un atteggiamento pericoloso, soprattutto quando è molto dubbio il consenso vero che costoro hanno nel resto della popolazione. Ma, si dice, i “progressisti” stanno sempre con i rivoluzionari. Perché, allora, in Venezuela questi stessi “progressisti” difendono il legittimo governo Maduro e non i ribelli che manifestano da settimane nelle piazze?
La verità è che quanto successo in Ucraina ha più a che fare con la geo-politica che con i bisogni del popolo. Qualcuno, in occidente ha nostalgia della guerra fredda e continua a pensare sia una necessità “contenere” la Russia, ancora identificata con “ il nemico”. Chi dispensa false informazioni e false promesse non ha a cuore la sorte degli ucraini e li sta usando come semplice strumento per tutt’altri scopi che non possono essere dichiarati apertamente. E’ importante, quindi, che noi, cittadini europei, si sappia distinguere tra informazioni e propaganda e, poi, ognuno scelga liberamente da che parte stare.
LA VOCE DELLA RUSSIA
Fonte: (Qui)
 

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Abbattuti due droni USA in Crimea...Putin non scherza



drone.jpg



L'agenzia americana Before It's News ha riportato questa notizia a firma Susan Duclos:

"La notizia viene riportata da News of Crimea ma nel video sotto viene letta dall'agenzia iraniana FARS, se è vera, dobbiamo chiederci se Barack Obama userà l'accaduto per iniziare la terza guerra mondiale.
L'articolo sostiene che due droni Usa sono stati abbattuti in Crimea, dove gli Usa non hanno alcun "affare" che giustifichi l'uso di apparecchi del costo di 4 milioni di dollari del contribuente.
La Russia ha sparato il primo colpo in questa guerra?

Se è così, gli Usa non avevano motivo di trovarsi lì.

La voce nel video chiarisce che se quanto riportato fosse vero, il governo NEGHEREBBE."
traduzione di Barbara Notav

Articolo originale riportato sotto

Report: Russia Shoots Down 2 US Drones Over Crimea
Tuesday, March 11, 2014 10:20
(Before It's News)
By Susan Duclos
This originally comes from News of Crimea online newspaper, but the report read in the video below is from the Fars News Agency, but if true we have to wonder if Barack Obama will use this to start World War III.
The report claims that two US drones have been shot down over Crimea, somewhere the US has no business allocating assets that cost $4 million dollars of taxpayer money.
Did Russia just fire the first shots in this war? If so, since the US has no business being there to begin with, is there anything he US can even do about it?
beforeitsnews.com/war-and-conflict/2014/03/report-russia-shoots-down-2-us-drones-over-crimea-2451056.html

Fonte:DIETRO IL SIPARIO: La Russia abbatte due droni americani in Crimea
 

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La Crimea dichiara l’indipendenza
Mosca: “Dichiarazione è legittima”



La Stampa - La Crimea dichiara l?indipendenza Mosca: ?Dichiarazione è legittima?


La penisola russofona vota a favore dell’autonomia dall’Ucraina
Ricompare il deposto Yanukovich: «Sono io l’unico presidente».
Il presidente ad interim Turcinov: «non interverremo militarmente»



AFP
«Il 16 gennaio noi decidiamo», questo il cartello che annuncia il referendum nelle strade di Sebastopoli. Da notare che la scelta viene presentata come quella tra un’Ucraina «nazista» con tanto di svastica e una russa.




La Crimea è una Repubblica autonoma, il deposto presidente ucraino Viktor Yanukovich spara bordate contro Kiev dalle rive del Don, a Rostov in Russia. È la controffensiva dei filo-russi, dopo giorni segnati dalla nuova linea rossa messa in campo dall’Occidente, che ha intimato a Simferopoli di non procedere oltre, e di non tenere un referendum bollato come illegittimo.


È la sintesi di una giornata frenetica, con le prese di posizione che si accavallano, in un crescendo di tensione.
A Sebastopoli si è addirittura diffusa l’allerta per l’acqua: «Non la bevete, quelli di Maidan potrebbero avvelenarla», è il preoccupato tam tam che circola sui social network locali. E in alcune piazze sono comparsi stamani dei manifesti: «La risposta di Sebastopoli alla Nato è vaff...», ci spiega la signora che traduce la scritta, arrossendo per la parolaccia, che dice sottovoce. Mentre il monumento dedicato alla Marina, dove campeggia la scritta «La Flotta (del Mar Nero) ci deve essere», è ornata da fiori e bandiere.

Poco dopo le 11 l’annuncio del Parlamento che ha scritto un nuovo capitolo della sua storia. Con 78 voti a favore su 81, è stata approvata la dichiarazione di indipendenza, e 60 anni e un mese dopo, Simferopoli cancella il `regalo´ di Nikita Krusciov, che il 19 febbraio 1954 cedette la regione a Kiev in segno di amicizia per i trecento anni dal trattato di Pereyaslav tra i cosacchi ucraini e Mosca.

Mentre i deputati votavano, il presidente «legittimo» dell’Ucraina, come si è definito lui, Viktor Ianukovich ha levato alta la sua voce contro Kiev: «Continuo ad essere il comandante in capo dell’Esercito», e ancora «le prossime presidenziali sono illegali» e «Kiev vuole scatenare la guerra civile». Ianukovich parlava da Rostov sul Don, est della Russia, in una conferenza trasmessa in diretta tv. La mossa dell’ex padre padrone dell’Ucraina, eletto democraticamente, potrebbe essere collegata al fatto che domenica, quando la Crimea filorussa si recherà a votare, presumibilmente in massa, per l’adesione alla Federazione di Valdimir Putin, servirà la sua firma per ratificare l’esito della consultazione. I deputati a Simferopoli hanno citato nella dichiarazione il Kosovo, lasciando intendere che si appelleranno alla Corte dell’Aja e poi al Palazzo di Vetro a New York per avere il riconoscimento internazionale che cercano.

Intanto il presidente ad interim ucraino Aleksandr Turcinov annuncia all’Afp che il Paese non interverrà militarmente in Crimea per impedirne l’annessione da parte della Russia, perché ha scelto di proteggere i propri confini orientali. «Non possiamo impegnarci in un’operazione militare in Crimea - ha aggiunto - indeboliremmo i confini orientali, l’esercito russo conta su questo». Poi definisce il referendum «una farsa che si decide al Cremlino. I russi - ha sottolineato- rinunciano a qualsiasi contatto» nonostante la comunità internazionale le abbia chiesto di «aprire negoziati di pace ».


Ma le cannonate, mediatiche, sono arrivate subito dopo, con Parigi e Londra a fare da capofila della reazione occidentale - che minaccia nuove sanzioni da lunedì - con il premier David Cameron che ha attaccato Putin, il suo è «uno schiaffo al diritto internazionale», ha tuonato in una intervista a Bild.
Mosca ha quindi offerto il fuoco di copertura: «La dichiarazione di indipendenza è legittima», ha detto il ministero degli Esteri russo, rimandando al mittente l’attacco del ministro francese per gli Affari europei Thierry Repentin, che da Roma aveva sottolineato «l’illegittimità» della decisione di Simferopoli e Sebastopoli, e spiegato che «nessun paragone regge», né con il Kosovo né con la Georgia.

Intanto, mentre le autorità in Crimea reclutano volontari nelle forze di auto-difesa, la Russia - fiduciosa del fatto che gli abitanti della penisola ribelle domenica nel referendum decideranno a favore dell’annessione- pensa ai prossimi passi: la “camera bassa” del Parlamento, la Duma, discuterà il prossimo 21 marzo come semplificare le procedure perché la Crimea possa unirsi alla Federazione.

L’Occidente invece prova ad aumentare la pressione diplomatica su Mosca. La prossima settimana il Collegio dei Commissari della Ue darà il via libera al «sostegno macrofinanziario da un miliardo di euro» per l’Ucraina preparato dai servizi del vicepresidente Olli Rehn. Lo ha detto il presidente della Commissione, José Manuel Barroso. La Francia ha minacciato nuove sanzioni contro Mosca, mentre la Germania ha avvertito che se la posizione russa non cambierà entro il week-end, il prossimo passo contro Mosca sarà preso dal Consiglio Europeo del prossimo lunedì, a Bruxelles. Il capo della diplomazia tedesca, Frank-Walter Steinmeier, in visita in Estonia, Lituania e Lettonia, ha anche rassicurato le ex-repubbliche sovietiche innervosite dalle manovre russe che possono contare su Ue e Nato. Ma una risposta arriva anche dalla Nato: alla alla minaccia di una guerra sull’estremo lato orientale dell’Europa, l’Allenza Atlantica reagisce confermando il previsto insediamento di aerei da ricognizione Awacs in Polonia e Romania per monitorare gli eventuali spostamenti russi.
 

tontolina

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Ucraina: un?Altra Cosa che non ci Hanno Detto (di Maurizio Blondet) - Rischio Calcolato

Ucraina: un’Altra Cosa che non ci Hanno Detto (di Maurizio Blondet)

14 marzo 2014 Di Maurizio Blondet



Nota di Rischio Calcolato: Questo post è tratto dalla rivista on-line EffediEffe sito di informazione a cui consigliamo caldamente un abbonamento (50€ spesi benissimo).

Ecco un’altra verità taciuta: è in questa mappa. Il Pil pro capite della popolazione ucraina è meno della metà di quello della Russia (15.738 dollari annui contro 6.651); persino quello del Kazakhstan è quasi doppio di quello ucraino.
economia_ucraina_1a.jpg

Come mai questo disastro economico? Essenzialmente, perché l’Ucraina, sperando nell’integrazione all’Occidente, ha eseguito fedelmente gli ordini del Fondo Monetario e ne ha applicato le ben note «ricette di risanamento»: eliminazione di ogni dazio (ossia protezione) per la sua economia, privatizzazioni in massa, svendita del patrimonio pubblico, chiusura di industrie «inefficienti», tagli dello Stato sociale (chi entra in ospedale si deve comprare farmaci, siringhe, bende) e dei salari e delle pensioni, austerità, con il conseguente arricchimento di oligarchi che poi mettono i soldi rubati a Londra e New York, l’odiosa e scandalosa disparità sociale, e la corruzione dei politici arraffoni che dalla svendita dei beni pubblici hanno estratto le loro tangenti… perchédemocrazia è inseparabile dalla corruzione politica, come sappiamo ben noi italiani.
Contrariamente alla propaganda, Yanukovich non era affatto un filo-sovietico nostalgico del collettivismo; al contrario, lui e prima di lui la bionda Timoshenko sono stati allievi-modello del Fondo Monetario, e della UE, eseguendone le direttive.

La stessa devastazione è stata operata in Russia dalla cosca Eltsin e dai suoi consiglieri della Scuola di Chicago. Putin ha raddrizzato la situazione, rallentato le privatizzazioni, recuperato i cespiti strategici nazionali rubati (e mettendo in galera Khodorkovski). Ci sono certo inefficienze nel sistema russo, e in quello kazako; ma alla popolazione è stato risparmiato l’abisso di miseria che rivela la cifra del Pil ucraino pro-capite.
Quello che Yanukovich stava per firmare co la UE era un trattato di libero scambio totale, che avrebbe eliminato le protezioni su quel che resta della povera industria ucraina già devastata dalle privatizzazioni del 1990 e seguenti: lo svela un documento di 1200 pagine dal titolo orwelliano eurocratico: Deep and Comprehensive Free Trade Agreement (DCFTA), il cui primo capitolo annuncia: «LA massima parte delle tariffe doganali saranno eliminate appena l’accordo entra in vigore – L’Ucraina e l’Unione Europea elimineranno rispettivamente il 99,1% e il 98,1% delle tariffe». Significava chiusura di fabbriche e licenziamenti in massa, mentre il Paese sarebbe stato invaso di merci estere. Per di più, c’erano gli incalcolabili costi dello sforzo di conformare la propria legislazione alle 20 mila norme europee (normative tecniche, direttive ambientali eccetera), valutabili in decine di miliardi di euro. E, come non bastasse, il trattato comportava una clausola di armonizzazione tra EU ed Ucraina nella «sicurezza» (leggi: preparazione per l’integrazione nella NATO) in base a cui il Paese, che attualmente destina alla difesa lo 1,1% del Pil, avrebbe dovuto alzarla ali livello dei Paesi membri della UE, oltre il 2%: più spese militari, meno disponibilità per le spese interne. A guadagnarci erano più Northrop Grumman e Lockheed che la gente ucraina.
A questo punto il Governo Yanukovich deve aver finalmente intuito che l’Europa non era il paradiso promesso.

Bisogna dire che le speranze che facevano balenare i politici europei erano straordinarie: in un incontro a Yalta il 20 settembre 2013, il Ministro svedese Carl Bildt aveva detto agli ucraini che, se avessero aderito all’Unione doganale con Mosca, il Pil ucraino sarebbe sprofondato del 40%, mentre con l’adesione alla UE, Bildt prometteva un aumento del Pil del 12%: tassi di crescita da far invidia alla Cina.
Menzogne sfrontate naturalmente, e il Governo Yanukovich ha cominciato a capirlo. Il suo viceministro Yuri Boyko, invitato dagli occidentali a chiedere il soccorso finanziario del FMI un’altra volta per i costi dell’integrazione economica con la UE, ha dichiarato: «Non contiamo su un aiuto del FMI perché la sua ultima offerta esigeva un rincaro delle tariffe dell’elettricità per le famiglie del 40%».
Un rincaro del 40% della luce, ad una popolazione che produce e guadagna per 6500 dollari l’anno a testa. Il macello sociale, con in cambio la vaga prospettiva di «investimenti esteri» che nella grande recessione europea diventavano sempre più ipotetici. Non si deve dimenticare che già nel 2011 il FMI ha sospeso una linea di credito di 12 miliardi, perché il Governo ucraino si era rifiutato di mettere fine ai sussidi che consentono di fornire il gas alle case ucraine a prezzi politici.
A questo punto l’offerta di Putin, di 15 miliardi di dollari per entrare nella sua Unione Eurasiatica (un mercato comune), è apparso il male minore.
È infatti interessante vedere com’è andata ai Paesi dell’Est che si sono fatti inglobare dalla UE, entrando nel «mercato» libero. Certo, ci sono perdenti e vincenti in ogni nazione.
Ma per esempio:
Lettonia: ha perso le sue industrie d’auto ed elettroniche.
Lituania: per l’introduzione delle quote latte, ha dovuto eliminare il 75% del bestiame che allevava. Su ordine della UE, il piccolo Paese ha dovuto chiudere la sua centrale nucleare di Ignalina, e di conseguenza diventare un importatore di elettricità (inoltre, deve procurarsi un miliardo di euro per smantellare la centrale).
Estonia: ha eliminato l’80% del suo capitale in bestiame, e la sua agricoltura è stata riorientata nella produzione di biocarburanti. Su richiesta UE, ha tagliato la sua produzione di elettricità di due terzi (da 19 a 7 miliardi di kWh). Aveva un settore di macchine utensili: non esiste più. La fabbrica Volta di Tallin, che produceva materiali per l’industria energetica, è stata chiusa.
Nel 2007 la UE ha multato tutti e tre i Paesi baltici perché tentavano di costituirsi delle riserve alimentari al fine di far calare i prezzi: violazione del «mercato». L’industria della pesca dei baltici è stata parimenti stroncata dalle «quote» e dalle «norme di solidarietà» (sic) nell’uso delle risorse marine europee.
Ungheria: ha dovuto liquidare l’industria di bus e autocarri Ikarus, che negli anni migliori produceva 14 mila veicoli l’anno.
Polonia: presunta storia di successo dell’integrazione nella UE. Un successo basato sui bassi salari e una fiscalità «business friendly», amica degli investitori esteri. Nel successo polacco, c’è che ha vinto e chi ha perso. Hanno perso i 300 mila minatori licenziati appena dopo l’entrata nell’Europa, perché le miniere di carbone sono state chiuse e il 75% dei minatori non ha più lavoro. I grandi cantieri navali di Gdansk (Danzica) che hanno costruito grandi navi per il mercato mondiale negli anni ’60-70, sono divisi in due società, che vanno male. Decine di cantieri più piccoli hanno parimenti chiuso. Quando si è unita alla UE, la Polonia aveva un debito estero di 99 miliardi di dollari; nel 2013, il debito estero era salito a 360 miliardi. Chiamatelo successo…
E a proposito di cantieristica:
Grecia: aveva una celebre industria navale. Oggi praticamente non esiste più: gli armatori greci, da quando il Paese è entrato nell’euro, hanno comprato all’estero 770 navi; l’esigenza di adeguarsi alle normative eurocratiche ha fatto salire i costi in modo proibitivo. La produzione di cotone è dimezzata, sempre a causa delle normative europee, e causa delle «quote» di solidarietà (sic) imposte da Bruxelles, il settore vitivinicolo è stato duramente colpito. Sempre più gli analisti concordano nel ritenere che l’allineamento sulle normative e direttive europee è stato il fattore preliminare della catastrofe ellenica.
Spuntano gli oligarchi

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Rinat Akhmetov
Il Governo auto-proclamato di Kiev ha nominato due oligarchi come governatori delle regioni di Dnepropetrovsk e del Donetz: Igor Kolomoisky (Privat Bank) e Sergei Taruta; e i due hanno ricevuto l’appoggio di un terzo oligarca, il più ricco di tutti, Rinat Akhmetov. I primi due sono legati al «sistema Timoscenko», è gente di pessima reputazione, con collegamenti alla malavita. Ciò permette di capire meglio uno dei moventi del putsch: alcuni oligarchi si sono vendicati del clan Yanukovich.
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Igor Kolomoisky
Igor Kolomoisky è presidente del Congresso Ebraico ucraino, e grande finanziatore di organizzazioni ebraiche; la sua elevazione al potere, da parte di un Governo in cui sono ampiamente rappresentati partiti e formazioni «antisemiti» come Svoboda, intende forse rassicurare la comunità giudaica internazionale. Ma l’ambasciatore israeliano a Kiev, Reuve Din El, ha aperto un contatto permanente con Dmitri Yarosh, capo delle formazioni militari Pravi Sektor, il quale ha assicurato l’ambasciatore che «prenderà tutte le misure» per combattere «l’antisemitismo». Ciò è ritenuto un colpo verso il partito Svoboda, che ha espresso posizioni «antisemite». (Israeli envoy opens ‘hotline’ with Ukrainian ultra-nationalist)
D’altra parte, gli oligarchi dispongono di proprie forze di piazza nelle tifoserie calcistiche violente, che loro controllano. Il candidato dei russofoni nella regione di Donetsk, Pavel Gubarev, che voleva opporsi all’oligarca Taruta scelto da Kiev, è stato sequestrato, portato a Kiev e condannato dalla procura (che è del partito Svoboda) a due mesi di prigione. Ma attivisti russofoni di Donetsk hanno impedito il rapimento di altri esponenti della loro parte, impadronendosi del pullman in cui venivano trasportati. Va segnalato che l’oligarca Taruta, forse per ingraziarsi la componente russofona, ha tenuto un durissimo discorso contro il Pravi Sektor.
 

marofib

Forumer storico
95% (mai visto una % cosi') che vuole una cosa.....e gli occidentali che si ritengono liberi.....non li considerano?
 

tontolina

Forumer storico
adesso manca l'adesione del resto dell'ucraina :-o
2014-03-17. h 11:42. La Ukraina mobilita parzialmente le Forze Aramte.




Giuseppe Sandro Mela.

«il Parlamento di Kiev ha approvato un decreto del presidente ad interim Oleksandr Turchynov per la mobilitazione parziale delle forze armate del Paese. Con la mobilitazione, ha spiegato in Parlamento il capo del consiglio di sicurezza ucraino, Andriy Parubiy, saranno chiamati 40mila riservisti (20mila per le forze armate e 20mila per la guardia nazionale)».
Non è mai sensazione piacevole leggere che uno stato ha mobilitato, sia pure parzialmente, le proprie forze armate.
Usualmente sono solo prove di forza: chi intendesse veramente entrare in conflitto armato sicuramente non avviserebbe in modo così plateale il potenziale avversario.
Tuttavia la storia insegna che non raramente quando ci siano troppe armi in giro e la tensione nervosa troppo tesa, sia fortemente probabile che qualcuno faccia anche delle sciocchezze, casuali magari, ma dai risultati impredicibili.

Adnk. 2014-03-17. La Crimea dichiara l’indipendenza Kiev mobilita le forze armate.
Simferopoli, 17 mar. (Adnkronos/Ign) – All’indomani del referendum nel quale il 96% degli elettori si è pronunciato a favore della secessione dall’Ucraina, il Parlamento di Crimea ha votato formalmente per l’indipendenza e ha chiesto l’annessione alla Russia.
Secondo quanto riferito dal Parlamento, convocato in seduta straordinaria, 88 dei 95 deputati hanno votato a favore della dichiarazione, nella quale si dice anche che le autorità di Crimea hanno ora il pieno controllo delle istituzioni e delle proprietà della penisola.
AKSIONOV: “TORNIAMO CON LA RUSSIA”. “Nessuno ci potrà togliere la nostra vittoria, entriamo nella Russia” ha detto il primo ministro della Crimea, Sergei Aksionov. Torniamo a casa, la Crimea con la Russia”, gli ha fatto eco il presidente del parlamento della Crimea Volodymyr Konstantynov.
Da Mosca Sergei Neverov, vice presidente della Duma, ha espresso soddisfazione per risultati della consultazione referendaria, sottolineando che “tutte le decisione legislative ncessarie sui risultati del referendum verrano prese al più presto possibile”. “Il referendum mostra che il popolo di Crimea vede il proprio futuro come parte della Russia”, ha aggiunto.
KIEV IN ALLARME – In tutta risposta, il Parlamento di Kiev ha approvato un decreto del presidente ad interim Oleksandr Turchynov per la mobilitazione parziale delle forze armate del Paese. Con la mobilitazione, ha spiegato in Parlamento il capo del consiglio di sicurezza ucraino, Andriy Parubiy, saranno chiamati 40mila riservisti (20mila per le forze armate e 20mila per la guardia nazionale).
CONDANNA UE E USA - Dopo la condanna da parte degli Stati Uniti e dell’Ue, oggi dal Consiglio Ue Affari Esteri che si tiene a Bruxelles potrebbe arrivare la decisione di varare sanzioni contro Mosca.
L’Unione europea “sta cercando di mandare il segnale più forte possibile” alla Russia, “in modo che capiscano la serietà della situazione” in Ucraina, ha detto l’alto Rappresentante Ue Catherine Ashton. In ogni caso, ha sottolineato, “l’Ucraina vuole e ha bisogno di buone relazioni con la Russia, così come vuole la Ue e il resto del mondo”. Ashton ha chiesto “alla Russia ancora una volta di incontrare i leader ucraini e di avviare un dialogo e di iniziare il più presto possibile un allentamento della tensione”. A Bruxelles c’è anche il ministro degli Esteri Federica Mogherini. “Abbiamo incontrato il ministro degli Esteri ucraino. Stiamo lavorando insieme per una risposta unitaria di tutti gli europei e della comunità internazionale che segni una reazione a un referendum che valutiamo illegale e illegittimo, che lasci però la porta aperta ad un dialogo per una soluzione politica alla crisi”. “Sono fiducioso che oggi troveremo un accordo” sulle sanzioni individuali “ma allo stesso tempo è importante che tutti i canali diplomatici con Russia rimangono aperti” sottolinea il ministro degli Esteri britannico, William Hague, a margine del consiglio Ue Affari esteri. “La lista delle persone colpite da sanzioni -ha continuato- sarà preparata oggi, spero che saranno colpiti non solo personalità della Crimea ma anche russe”. In ogni caso, ha concluso, il referendum che si è tenuto ieri in Crimea non è “legale, legittimo o significativo”.
In una nuova telefonata tra Barack Obama e Vladimir Putin, il presidente americano ha avvisato il leader russo del rischio di “costi aggiuntivi” per la Russia. “Il presidente Obama ha ribadito che una soluzione diplomatica non può essere ottenuta mentre le forze militari russe continuano le loro incursioni nel territorio ucraino e che esercitazioni russe in larga scala non faranno altro che esacerbare la situazione”, ha detto ancora Obama al presidente russo, secondo quanto riportato dalla Casa Bianca.
Sulla questione della Crimea, Putin interverrà domani con un discorso di fronte al Parlamento russo riunito in seduta comune.
 

big_boom

Forumer storico
l'Ucraina e' come la Serbia solo che questa volta agli Usa/europei va bene sopprimere le spinte secessioniste kosovare (crimea) e quindi niente autodeterminazione dei popoli vanno bene anche i nazisti basta che facciano quello che chiedono le lobby occidentali

non e' cambiato molto dalla seconda guerra mondiale
 

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