«Così ho visto crollare la mia Lehman (1 Viewer)

Spike V

Forumer storico
Ero tentato di buttarmi dalla finestra»

di Maria Teresa Cometto
INTERVISTA. Parla Lawrence McDonald, l'ex trader che ha raccontato gli ultimi giorni della banca d'affari visti dall'interno in un libro intitolato «Un colossale fallimento del buon senso».

New York. «Un anno fa quasi mi stavo buttando da quella finestra, tanto ero depresso», dice Lawrence McDonald, ex trader di Lehman Brothers e autore (con l’aiuto dello scrittore Patrick Robinson) di “Un colossale fallimento del buon senso”, la miglior storia da insider del crollo della banca d’affari americana pubblicfata finora. La finestra è quella del suo appartamento a Manhattan, al 58° piano di un condominio a pochi isolati dalla ex sede di Lehman, ora di Barclays. Il 15 settembre 2008, quando l'amministratore delegato Dick Fuld dichiarò la bancarotta di Lehman, McDonald era già fuori. «Ero uscito sei mesi prima insieme a un gruppo di dissidenti messi a tacere dai vertici, perché da tempo davamo fastidio, avvertendo che la banca aveva assunto rischi folli», racconta McDonald al Riformista.

Che cosa si ricorda di quel 15 settembre 2008?

Ero veramente triste e giù, come un pugile suonato sul tappeto. Metà dei soldi che avevo fatto nei quattro anni di lavoro alla Lehman, dal 2004 al 2008, era in azioni della società: in fumo con la bancarotta. L’assurdo era che molte delle attività di Lehman andavano ancora bene, dal reddito fisso – il suo tradizionale core-business – al trading. In poche parole: 24.992 persone producevano profitti e gli otto manager al vertice hanno distrutto tutto”.

Tutta colpa di Fuld e dei top manager suoi complici?

Sì, Lehman si è persa perché marcia nella testa. Nata nel 1850, era sopravvissuta alla guerra civile americana, alla Grande Depressione, a due guerre mondiali, a 9/11. La sua forza era nel business delle obbligazioni: per conto di aziende bisogne di finanziamenti emetteva bond e li vendeva, guadagnando commissioni dell’1-2 per cento. Ma dal 2004 si è messa invece a comprare titoli in proprio, a scommettere sul mercato e investire somme gigantesche su investimenti immobiliari.

Fuld era sopravvissuto anche nel 1998 al crac dell’hedge fund Ltcm, che era legato a Lehamn e molti pensavano l’avrebbe travolta…

Ma nel 1998 le attività di Lehman valevano 38 miliardi di dollari. L’anno scorso erano arrivate a 780 miliardi grazie a un indebitamento pari a 44 volte il capitale della banca. Era diventata un enorme hedge fund impegnato in scommesse rischiose che Fuld non capiva”.

Per esempio?

Il mio amico Larry McCarthy, uno dei migliori cervelli della banca, capo del trading dei distressed-bond, da tre anni scriveva rapporti sulla bolla immobiliare, i mutui subprime e i titoli costruiti sui mutui, suonando l’allarme sul loro imminente crollo. Lui e altri manager sapevano che cos’erano “le armi finanziarie di distruzione di massa”, i contratti derivati così definiti da Warren Buffett e su cui Lehman è saltata in aria. Ma Fuld non ascoltava: era isolato al 31° piano, il posto più misterioso di Wall Street. Noi lavoravamo a testa bassa, facendo i soldi, nei trading floors al 2°, 3° e 4° piano. Chi minacciava il suo potere erano rimosso: dal 2004 al 2008 sono cambiati quattro chief financial officers e quattro capi del reddito fisso”.

A che cosa pensava Fuld?

Era ossessionato da altro: la sua collezione personale d’arte; i meeting quotidiani dell’ufficio del personale sulla diversity dei dipendenti o le regole per vestirsi in ufficio; la globalizzazione con l’apertura di costosissime sedi a Dubai e in Russia; e sentirsi accettato nel club dei miliardari. Soprattutto era geloso.

Di chi?

Dei banchieri di Goldman Sachs e di due ex Lehman, Pete Peterson e Stephen Schwarzman, che avevano fondato la società di private equity Blackstone e, dopo la sua quotazione in Borsa, erano diventati miliardari. Blackstone faceva anche un sacco di soldi con gli immobili e Fuld credeva di poter imitarla. Ma non capiva la differenza fra il private equity, che può fare operazioni di lungo temine perché i suoi investitori non possono andarsene per anni, e una banca quotata come Lehman, che è nel mirino di azionisti, speculatori e della Sec (la commissione di vigilanza sulla Borsa). Non capiva soprattutto che i prodotti finanziari di cui Lehman era piena zeppa – bond basati sui mutui commerciali e residenziali, e i contratti derivati da quei bond – potevano rapidissimamente diventare illiquidi come il cemento, impossibili da vendere. Il che è successo un anno fa.

Quei titoli, cosiddetti “tossici”, ingolfavano anche i bilanci di Merrill Lynch e Aig, che però il ministro del Tesoro di allora, Henry Paulson, non ha lasciato fallire…

Fuld ha sottovalutato anche quanto non piacesse a Paulson. Il ministro era molto deluso perché dopo il salvataggio di Bear Stearns nel marzo 2008 Fuld avrebbe potuto vendere la banca: quella primavera-estate c’era il boom delle materie prime, circolavano molti soldi e qualcuno poteva comprarsi Lehman o pezzi delle sue attività.

Ma come mai il Tesoro, la Sec, gli investitori, nessuno ha ascoltato prima i dissidenti di Lehman?

La Sec era distratta, a caccia ancora di vecchi scandali stile Enron. Gli investitori si fidavano di Fuld per i successi del passato. Nel giugno 2008 un gruppo di top executive di Lehman organizzò un ‘colpo’ e riuscì a far dimettere il vicepresidente Joe Gregory e la CFO Erin Callan, due inesperti signorsì. Ma era troppo tardi. E poi il fallimento di Lehman e il salvataggio di Aig hanno fatto comodo a Goldman Sachs, che ha recuperato molti soldi dai contratti aperti con Aig e preso affari dal concorrente morto. Il CEO di Goldman, Lloyd Blankfein, è stato l’unico banchiere di Wall Street presente alla riunione in cui il Tesoro decise di salvare Aig. Paulson era stato CEO di Goldman e il suo team al Tesoro era pieno di uomini ex GS. J.C.Flowers, ex manager GS, ha fatto da consulente a Bank of America per comprare Merrill Lynch, il cui CEO John Thain veniva anche lui da GS. Bank of America aveva speso 12 giorni a valutare se acquisire Lehman prima del crac, ne ha impiegati due per salvare Merrill Lynch. Se si mette insieme tutto questo, puzza.

È mai tornato a trovare i suoi ex colleghi?

Sì, quindici giorni fa, sul trading floor: mi hanno applaudito calorosamente. In un ufficio dello stesso piano lavora Bob Diamond, il CEO di Barclays Capital, l’erede di Lehman. Una bella differenza con Fuld, che noi trader non vedevamo mai e chiamavamo l’‘uomo invisibile’.


da Il Riformista
 

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