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Val

Torniamo alla LIRA
Incensurato incensurato non era .....

A 19 anni aveva l’aria di un bambino, ma il piglio di un capo.
Era lui a guidare la banda che nel 2009 svaligiò 70 garage di Sondrio, rubando in pochi giorni quattro auto,
decine di rampichini e biciclette, ma anche autoradio e navigatori satellitari.
Un bottino da centinaia di migliaia di euro.

Mircea Vitalye, il moldavo ucciso con due colpi d’arma da fuoco da Fredy Pacini,
il gommista aretino che stanco di subire furti si era ormai trasferito nella sua officina che presidiava giorno e notte, in Valtellina era un volto noto.

Qui aveva rimediato - il 25 novembre del 2010 - una condanna a quattro anni di reclusione per furto, tentato furto,
ricettazione (un solo episodio) e resistenza a pubblico ufficiale per aver mandato in ospedale l’agente
che la sera del 5 novembre del 2009 lo bloccò nei sotterranei di un condominio senza però riuscire ad acciuffarlo.
Il suo arresto se lo ricordano bene in Questura a Sondrio, perchè la banda di Vitalye seminò paura tra i residenti e diede del filo da torcere agli agenti.

Quando fu arrestato ebbe la faccia tosta di ammettere senza battere ciglio che tutti quei furti li avevano messi a segno lui e i suoi compari.
«Se non mi prendevate, lunedì ricominciavo. Nel fine settimana no, signor giudice, non faccio furti perchè sto con la mia ragazza».
Era un tipo sveglio questo moldavo.
Riuscì a sfuggire alla cattura, ma all’indomani fu fermato a bordo di una Mercedes rubata
che il proprietario sulle prime non riconobbe neppure come propria: «Questa non è la mia auto, perchè la mia autoradio era rotta...».

«È vero, non funzionava bene - aveva ribattuto il moldavo - così ne ho rubata un’altra e l’ho sostituita».
Quel giovane sfrontato aveva indicato anche il luogo in cui a Milano la refurtiva sarebbe stata stipata in attesa di essere rivenduta,
ma quando gli agenti fecero irruzione a quell’indirizzo, era ormai sparita tutta la merce.
Lui pagò per tutti, mentre i suoi complici si dileguarono. La banda fu decapitata ma non sgominata.
Non tradì mai “gli amici”, in compenso confessò una marea di altri furti messi a segno soprattutto a Milano e nella Bergamasca.
Basti il dire che lo scorso anno la Procura meneghina emise un ordine di cattura per il latitante Vitalye Mircea per un cumulo di pena pari a sei anni di carcere.

Messo su un aereo a Malpensa nel gennaio del 2012 con un decreto di espulsione in tasca,
Mircea è rientrato in Italia, con il nome della moglie ed è tornato a fare quello che gli veniva meglio: rubare.
A proteggerlo, un alias e quelle maglie della giustizia sempre troppo larghe quando si tratta di garantire la certezza della pena.

Avrebbe dovuto scontare quattro anni di carcere ma dietro le sbarre è rimasto solo tredici mesi.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Sempre loro ...mah ....ed intanto paga pantalone.
102 dipendenti contro i 15 che dovrebbero essere.

Campione d'Italia.
I giudici amministrativi hanno sospeso fino a febbraio i tagli del personale del municipio del Comune in dissesto.

Il Tribunale amministrativo del Lazio ha “salvato” tutti i dipendenti comunali. Almeno fino al 26 febbraio del 2019.

I giudici alla luce della specificità dell’enclave hanno infatti deciso di prendere tempo
e di approfondire il tema oggetto del ricorso presentato nei mesi scorsi: nel frattempo hanno però deciso di “congelare” gli 87 esuberi,
ovvero i tagli al personale approvati quest’estate dalla precedente amministrazione come del resto impone la normativa nazionale
in ragione del rapporto tra i 1900 residenti e 102 funzionari del municipio.

Plaudono i sindacati e i dipendenti
 

Val

Torniamo alla LIRA


Cari italiani, la rivoluzione
è ancora rinviata


Causa maltempo, la Rivoluzione è rinviata a data da destinarsi.
Nell’immortale, grottesco, ferocissimo aforisma di quel genio di Flaiano risiede tutta la dimensione politica,
il livello culturale, il profilo antropologico, addirittura lombrosiano di Luigi Di Maio.

La punta di diamante del partito degli scappati di casa - protagonista di quella celebre notte ad alto tasso alcolico
in cui fu annunciata l’abolizione della povertà, una delle scene più circensi a cui abbiamo avuto la fortuna di assistere
negli ultimi trent’anni della sgangheratissima politica italiana - è oggettivamente personaggio assai spassoso.

Soprattutto ora, visto che dopo le sventole, i ceffoni e i manrovesci rifilatigli dalla commissione europea
sta riscrivendo da zero la manovra economica, più con il piglio di Rumor che con quello di Che Guevara, a dir la verità.
Ma in fondo, per quanto possa apparire incredibile, non è poi così diverso da tanti altri che lo hanno preceduto.

Proviamo ad elevarci solo per un attimo dalla fanghiglia delle trattative sulla legge di bilancio.
È vero che in questi giorni stanno toccando livelli da pièce situazionista, ma il punto non è questo,
quanto invece il fatto che il termine rivoluzione, come ben intuito da Flaiano, acutissimo conoscitore e fustigatore della natura infida e fanghigliosa degli italiani,
sia totalmente sconosciuto e, ancora di più, assolutamente inapplicabile nel nostro paese.
E quindi, chiunque lo utilizzi nel dibattito politico, storiografico e, giusto per scendere di livello, giornalistico o è un falsario o è un illuso o è un pistola.

In Italia non esiste la parola rivoluzione. Non ha senso.
Non fa parte della nostra storia, della nostra morale, del nostro costume, della nostra visione del mondo.

La rivoluzione è roba da paesi seri, da francesi, da inglesi, da americani, da gente che ha tagliato la testa ai re,
che ha pensato, incubato e realizzato la rivoluzione borghese, la riforma protestante, la rivoluzione industriale, la rivoluzione digitale.
Mondi, in particolare quello anglosassone, feroci, competitivi, spietati, nei quali alla fine uno vince e prende tutto e l’altro perde ed esce di scena.
Terribile, di certo anche ingiusto, ma chiarissimo.

Qui, invece, nel regno di Pulcinella, non è che si vince o si perde. Qui ci si mette d’accordo.
Ed è un filo rosso tenace, inscalfibile e sottilissimo che percorre i secoli dei secoli, da Machiavelli&Guicciardini fino a Di Maio&Salvini.
È la natura. La nostra natura. La nostra natura di italiani. Gli italiani. I soliti italiani. I soliti simpatici, incorreggibili, inaffidabili italiani furbi e doppiogiochisti,
che ogni tanto straparlano all’osteria della Bastiglia, ma per i quali è subito e immediatamente Termidoro.
Noi non siamo paese di rivoluzioni, ma di rivolte. Di quelle - da Masaniello a quell’altro attaccato su per i piedi - sì che siamo massimi esperti al mondo,
tipica roba da paese sottosviluppato, da paese sudamericano, da paese che in duemila anni si è fatto invadere da tutti,
da tutti ha preso ordini e con tutti ha trovato il modo di arrivare al ventisette del mese.

È per questo semplicissimo motivo che i più accorti non se la sono mai bevuta la fola della rivoluzione del governo gialloverde.
Ma insomma, ma come si fa? È dalla scorsa primavera che ci stanno tormentando mane e sera, ce lo stanno ripetendo e insufflando e salmodiando,
dai, ce le stanno piallando, ce le stanno facendo a dadini sul terremoto italiano e sul riscatto del popolo
che presto metterà a soqquadro l’Europa tutta e probabilmente anche l’universo mondo.
E basta e me ne frego e qui comandiamo noi e quello là è un ubriacone e quell’altro è una cariatide
e Draghi è un pirla e l’Europa non conta una cippa e la casta ora trema e lo spread ce lo mangiamo a colazione
e chissenefrega dei numerini e qui si sfonda il deficit e duepuntoquattro o morte e quota cento per tutti
e reddito di cittadinanza per tutti e flat tax per tutti e dagli al negro per tutti e il popolo è con noi e la gente è con noi
e i meglio fighi del bigoncio sono con noi e tutti lì a pontificare, a concionare, a millantare, a catoneggiare,
a trombonare sulle magnifiche sorti e progressive del governo più rivoluzionario che c’è e bla bla bla…

Poi, ma guarda un po’ - tra qualche milione di social card fantasma con relativa esibizione da Circo Medrano del sottosegretario Castelli
e qualche lavoretto in nero a casa e in pizzeria che però lui era tanto giudizioso -, quando alla fine si è presentata quella che quello là chiamava “la realtà effettuale”,
con gli intollerabili danni all’economia del nord, alle infrastrutture e agli investimenti delle aziende, è venuto giù tutto.
Con tanto di ingloriosa, a tratti fantozziana, rimangiatura, insabbiatura e riscrittura nelle segrete stanze di quanto
si era sbandierato ai quattro venti a ogni comizio, in ogni intervista e a ogni comparsata televisiva. Statisti.

D’altronde sono lustri che i più saggi si fanno delle crasse risate sulle fantasmagoriche rivoluzioni all’italiana,
naturalmente strombazzate dai nostri formidabili giornaloni, che in quanto a senso critico, autonomia di giudizio
e schiena diritta nei confronti dei padroni del vapore non prendono lezioni da nessuno.

Che bei ricordi. La rivoluzione qualunquista di Giannini (e giù risate), la rivoluzione comunista delle Brigate Rosse (e giù mitragliate),
la rivoluzione socialista di Craxi (e giù risate), la rivoluzione giustizialista di Di Pietro&Davigo (e giù risate&suicidate),
la rivoluzione federalista di Bossi (e giù risate), la rivoluzione liberista di Berlusconi (e giù risate),
la rivoluzione ulivista di Prodi (e giù risate), la rivoluzione rottamista di Renzi (e giù risate)
e, infine, ciliegina sulla torta, la rivoluzione popolarista, antieuropeista e anticastista dei 5Stelle (e giù risate!!).

Sono trent’anni che ridiamo a crepapelle, qui nel paese dell’avanspettacolo.
Ora ci manca solo da aspettare i nuovi padroni e vedere se avranno voglia di ridere pure loro.

G.Minonzio
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ragazzo mio, sveglio sveglio non sei proprio...paghi il mutuo e affitti la casa al Comune
con la possiilità di sub-affitto ?

Bologna, 6 dicembre 2018 - “Io dormo in un garage e loro dormono nella mia casa”.
Il caso di Juri Malini, 41enne operaio di Zola sta tutto in queste poche parole.
Il suo appartamento è stato occupato abusivamente da una famiglia di romeni e lui,
a distanza di oltre sei mesi dal fatto, non riesce a rientrarne in possesso.
Con la conseguenza che il ‘senzacasa’ adesso è lui, costretto a vivere in dieci metri quadrati di un ex garage senza neppure il riscaldamento.

Nel 2008 decise di lasciare la famiglia di origine, a Riale, ed accendere un mutuo per acquistare un appartamento tutto suo ad Anzola dell’Emilia.

Poi per ragioni di lavoro andò all’estero.
Da qui la decisione di affidarlo per l’affitto (con la possibilità di subaffitto) al Comune di Bologna che lo utilizzò per l’accoglienza dei migranti.

“I miei problemi sono iniziati proprio da quel momento: per tutti questi anni l’appartamento
è stato destinato ad una famiglia di romeni che lo ha ridotto in condizioni pietose.
Basti dire che il preventivo per sistemarlo supera i 36mila euro. Era completamente ammobiliato.
Ebbene mobili, elettrodomestici, sanitari, legno a vista... se non è stato rovinato è stato rubato.
Da quel che so questi assegnatari hanno pagato solo poche rate di affitto e da allora in poi, per anni,
ha provveduto il Comune di Bologna, comprese le spese condominiali, che io ho sempre anticipato
per evitare che staccassero le utenze a tutto il palazzo...».

Venute meno le condizioni per l’aiuto abitativo il Comune di Bologna avviò le procedure per lo sfratto esecutivo.
Messa alle strette la famiglia affidataria e morosa lo scorso aprile lasciò l’appartamento.

“La consegna ufficiale delle chiavi era già fissata il 12 luglio”, aggiunge Malini.
Peccato però che qualche settimana prima un’altra famiglia, sempre romeni,
forse parenti della precedente (il cognome è lo stesso) abbia forzato le inferriate,
sostituito le serrature ed occupato di nuovo l’appartamento.

“Hanno sfondato una finestra, cambiato le serrature e io, che sto continuando a pagare il mutuo,
non posso rientrare in casa mia perchè questa famiglia l’ha occupata e né i carabinieri, né il Comune di Bologna,
né un’azione legale, dopo sette mesi dal fatto mi permettono di rientrare in possesso della mia casa.
In Comune a Bologna ho bussato alle porte di tutti gli uffici.
Chi ha scassinato l’ingresso e occupato la mia casa ha più diritti di me.
Io dormo in un garage e loro dormono nella mia casa. E il Comune paga il loro affitto”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ogni giorno ne salta fuori uno. Questo è recidivo. Ma al piano di sopra non dicono nulla ?

"Obiezione di coscienza" contro il dl Salvini.
Con questa scusa il parroco della Chiesa di San Torpete a Genova ha deciso di non celebrare la Santa Messa del 24 dicembre.

"Natale non è più natale cristiano: non più 'memoria' della nascita di Gesù, ma cinico fatto commerciale, mescolato a ripetuti riti e liturgie".

Ma poi Farinella parla di Gesù come "migrante dei migranti", come
"emigrante perseguitato dalla polizia di Erode, fuggito alla persecuzione,
accolto in Egitto e ritornato a stabilirsi a Nazaret, dopo un viaggio allucinante
e pericoloso attraverso il deserto del neghev".

Il don sostiene che i cristiani "sono complici del degrado di Natale, perché la memoria della nascita di Gesù non c'entra nulla con questo Natale,
trasformato in saga paesana di abbuffate tra regali e presepi, mentre accanto 'i poveri cristi' muoiono di fame e freddo in mare, nei bordelli della Libia, pagati dall'Italia".


"Ogni volta che si fa un torto sul piano del diritto alla persona del povero lo si fa direttamente a Gesù nella carne viva dei migranti.
Con quale diritto i cristiani possono pretendere di celebrare il natale di quel Gesù che il loro paese,
senza alcuna loro resistenza o protesta, espelle l'uomo nel figlio di dio?".

"Se Gesù, con Maria e Giuseppe, si presentasse da noi per celebrare la sua nascita,
col decreto immondo di Salvini, sarebbe fermato alla frontiera e rimandato indietro perchè migrante economico,
perchè senza permesso di soggiorno e perchè in Palestina non c'è una guerra 'vecchia' dal 1948".

"Tutto questo avviene nel silenzio complice di un mondo cattolico che inneggia a un ministro che dondola un presepe di plastica,
sventola un vangelo finto e illude con il Rosario in mano, senza suscitare un rigurgito di vomito dei cosiddetti cattolici da salotto".


PS: Don Farinella non si ferma di fronte a nulla pur di ottenere un minimo di visibilità mediatica,
anni addietro balzò ai disonori della cronaca inserendo una moschea in un Presepe,
ottenendo, oltre un falso storico, la riprovazione di cristiani e mussulmani.
Vada in Nigeria ad aiutare i cristiani perseguitati.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Questi sono i "poveri cristi" di Don Farinella.

Gli agenti della questura di Lucca hanno effettuato questa mattina un’operazione
contro lo spaccio di droga al centro accoglienza gestito dalla Croce Rossa Italiana in zona Tagliate:
tre richiedenti asilo, tutti di nazionalità nigeriana, sono stati arrestati ed è stato sequestrato
un ingente quantitativo di marijuana, pronta per lo spaccio.

Secondo quanto ricostruito durante le indagini, i tre si rifornivano di marijuana a Modena per poi spacciare a italiani e agli stranieri
all’interno della struttura gestita dalla Croce Rossa Italiana a Lucca.

L’operazione ha scardinato un gruppo che, da gennaio a luglio scorsi, ha trasformato piazzale Don Baroni
in un mercato della droga a cielo aperto, ceduta appena fuori la struttura della Croce Rossa che li accoglieva in quanto richiedenti asilo.
Il gruppo nascondeva lo stupefacente nelle tende del centro, tra i guanciali e i materassi.
Se i clienti erano italiani gli indagati, contattati telefonicamente, uscivano dalla struttura per effettuare la cessione.
Se il cliente era uno straniero, e di colore, veniva invitato ad entrare e fornito di un badge;
fingendosi un richiedente asilo, aveva così libero accesso e, acquistato lo stupefacente,
poteva scegliere di trattenersi in struttura o di allontanarsi. Vitto e alloggio compreso, dunque.

A capo del sodalizio un 28enne nigeriano, prima ospite della struttura ed in seguito trasferito a Montecatini Terme (Pistoia).
L’uomo poteva contare su una clientela che è riuscito a mantenere ed incrementare grazie ai complici,
due connazionali all’epoca dell’indagine ospiti della Croce Rossa:
un 22enne, richiedente asilo ospite di una struttura di Ghivizzano (Lucca), sottoposto alla custodia cautelare in carcere,
e un 28enne, richiedente asilo, sottoposto agli arresti domiciliari presso una struttura di Camporgiano.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Questi affrontano il problema dal lato sbagliato. Ma è chiaro. L'indagine parte da "loro".
E terrorizzare la gente è prassi.

Se un'azienda assume un lavoratore per 2 anni, significa che "ha bisogno" di quel lavoratore.
Invece che dargli la possibilità di assumere un altro lavoratore per altri 2 anni, DEVE essere
obbligatorio il passaggio del primo lavoratore a tempo indeterminato. E fatto divieto di
assumere un altro lavoratore a tempo determinato. Troppo semplice vero ?

Le agenzie del lavoro perderebbero i loro guadagni.........e meno male, perchè vanno eliminate
e ridato il potere di collocamento agli Uffici di Collocamento.

L’effetto del decreto dignità potrebbe essere un boomerang per i contratti a tempo determinato.
Secondo le stime di Assolavoro sono 53mila le persone che non potranno essere ricollocate dalle agenzie del lavoro a gennaio.
A lanciare l’allarme è anche Federmeccanica che ieri, illustrando i dati dell’indagine congiunturale sull’industria metalmeccanica,
ha annunciato, con riferimento al decreto dignità, che il 30% delle imprese del settore non rinnoverà, alla data di scadenza, i contratti a tempo determinato in essere.


Nel dettaglio Assolavoro, nella nota diffusa, spiega:
«Sono circa 53mila le persone che, a partire dal 1° gennaio 2019, non potranno essere riavviate al lavoro
attraverso le agenzie per il lavoro perché raggiungeranno i 24 mesi di limite massimo per un impiego a tempo determinato,
secondo quanto previsto da una circolare del ministero (n.17 del 31 ottobre 2018) che ha retrodatato
a prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del cosiddetto “decreto Dignità”
il termine da considerare per questi lavoratori assunti dalle agenzie.

Si tratta di una stima prudenziale, approssimata per difetto, elaborata da Assolavoro,
l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro, con una proiezione sull’intero settore dei dati rilevati dagli operatori associati (circa l’85% del mercato).
Assolavoro evidenzia che, nonostante le ripetute manifestazioni di disponibilità,
non c’è stato ancora nessun riscontro in generale e in particolare sull’interpello relativo proprio alla circolare n.17 del 31 ottobre 2018.
L’Associazione nazionale delle agenzie per il lavoro ribadisce la necessità di “correggere il tiro” a tutela dei lavoratori. ??????????
 

Val

Torniamo alla LIRA
Impossibile dargli torto.

“Speravo di iniziare più tardi con i recuperi in Grigna in ‘stile invernale’, anche perché mancano ancora una ventina di giorni all’inizio della stagione più fredda.
Tuttavia mi tocca constatare che quest’anno ci siamo portati avanti”.

I nostri ragazzi hanno effettuato un recupero molto difficile, mettendo a repentaglio la loro stessa vita.
Per fortuna sono ‘giovanotti’ altamente preparati sia fisicamente che tecnicamente
e sanno muoversi benissimo in ogni ambiente montano e in ogni condizione, come hanno dimostrato sabato notte”.

Poi Rocchi aggiunge: “Va però ricordato che pur essendo preparati non sono super eroi.
Sono uomini come tutti noi, volontari che hanno le loro vite: lavoro, mogli, figli, fidanzate
e che mettono a repentaglio la propria vita per aiutare chi è in difficoltà.
Quindi, prima di affrontare un’escursione in montagna, pensate bene a cosa andate a fare”.

Rocchi coglie l’occasione per ricordare a tutti gli escursionisti le buone prassi per affrontare al meglio una salita in montagna,
sottolineando inoltre le maggiori insidie e difficoltà che si possono trovare nel periodo invernale.

“Bisogna essere onesti con se stessi e conoscere la propria condizione fisica, atletica e tecnica,
di conseguenza si deve scegliere un itinerario adatto al proprio tipo di preparazione.
Dite sempre a qualche conoscente o amico dove andate e lungo quale percorso,
questo faciliterà gli interventi di soccorso qualora fossero necessari.
Prima di partire controllate sempre le previsioni meteo e calcolate, soprattutto in questa stagione,
le ore di luce, questo per evitare di essere sorpresi dal buio.
Nello zaino dovete sempre avere un paio di ramponcini fino ad aprile inoltrato, una pila frontale
e un telefono… possibilmente carico – specifica Rocchi, lasciando intendere di averne viste, come si suol dire, di tutti i colori –
Ricordatevi che i versanti nord delle nostre montagne sono già ricoperti di neve e ghiaccio, quindi,
se sugli altri versanti le condizioni possono apparire ‘normali’, a nord troviamo già condizioni tipicamente invernali; pertanto dovete prestare molta attenzione.
Se poi, come sta avvenendo in queste ultime settimane, di giorno le temperature si alzano e fanno sciogliere neve e ghiaccio,
di notte si riabbassano andando a formare il temibile ‘verglas’, uno strato molto insidioso di ghiaccio trasparente
che ricopre rocce o pareti che, se non si presta estrema attenzione, può risultare fatale”.

Raccomandazioni che valgono sempre e per tutti, come tiene a ribadire il Capo Stazione Rocchi:
“Andate in montagna prima con la testa e poi con le gambe!
Non approcciatela in modo approssimativo e prima di stabilire la meta fate tutte le valutazioni del caso.
Non fatevi ingolosire dall’amico che ha postato la bella foto su Facebook, perché troppe volte
ci troviamo a dover soccorrere gente che si ritrova in situazioni pericolose solo perché ha visto foto o letto racconti di amici e conoscenti”.

A tal proposito Rocchi aggiunge: “Proprio, sabato mattina (1 dicembre, ndr), mentre eravamo impegnati in Grignetta
in un’esercitazione che ha visto la partecipazione di una ventina di volontari del Soccorso Alpino,
abbiamo incrociato due escursionisti che stavano per affrontare il sentiero della Direttissima
con scarpette leggere senza avere almeno un paio di ramponcini nello zaino.
Gli abbiamo chiesto se conoscevano le condizioni del versante nord: non avevano la benché minima idea. Li abbiamo fatti tornare indietro”.
 

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