- COSA FAI OGGI? (1 Viewer)

DANY1969

Forumer storico
- LASCIO CHE LE MIE SINAPSI CREINO ALGORITMI LIBERI DI LIBRARE NELL'ARIA
- PRATICAMENTE?
- UN KAZ
:d::d:

Buona settimana a tutti :)
Dite che l'abbiamo risolta con una bella mangiata in Argentina? :mumble:

Vista l'occasione... foto del Perito Moreno in Patagonia ;)

Immagine18.jpg



 

Roberto.M

Forumer storico
Dany, ti dico che faccio oggi.

Un gazz. Mi rilasso; con lunga passeggiata e musica.

Boh.. :d:


Secondo me dovresti postare qualche foto che rispecchi la realtà ogni tanto...magari un po' de monnezza... ce n'é così tanta che fare finta di non vederla non aiuta certo. :baci:


 

Val

Torniamo alla LIRA
Buongiorno.
Non conosco il Vs. pensiero, ma il mio è sicuramente l'esatto contrario di quello di chi ha scritto questo articolo.

Bisogna mettere un punto alle pensioni d'oro. TUTTE. Non solo quelle sopra i 4500 euro lordi.
Chi ha avuto ha avuto, ma ora basta.

Tu - caro non amico mio - non stai percependo i "tuoi soldi" versati.
Tu stai percependo i NOSTRI SOLDI.
Quelli che stiamo versando nelle casse del'INPS per pagare te
e tutti quei .........i che sono andati in pensione con il sistema retributivo.

Tutti quei ........i che hanno avuto un aumento di stipendio l'ultimo anno di lavoro e sulla base di questo
è stato effettuato il calcolo della pensione. Non sulla base della media degli stipendi che hai percepito nei
tuoi 35 anni di lavoro.

Quanto accaduto in Italia negli ultimi 30 anni è ben peggio di quanto accadde nell'Unione Sovietica.

Non un taglio del 20% della tua farlocca pensione, ma il RICALCOLO della pensione sulla base dei
contributi effettivamente versati
. Questa è equità sociale.

I pensionati sono milioni, i pensionati d’oro, d’argento o di vermeil, nella accezione dimaiana, sono una bella porzione, con le loro famiglie, le loro clientele.
Aiutano i figli, contribuiscono allo studio dei nipoti. Redistribuiscono crediti accumulati in una vita di studio e di lavoro,
in tempi forse più generosi ma certo anche più duri, trascorsi non nel Paradiso terrestre.
Sono la attuazione contemporanea del precetto evangelico.
Non le facili fanfaluche demagogiche di Papa Francesco, ma il concreto sostegno a chi fra quelli vicino a te hanno più bisogno.
Duemila anni dopo, il mondo non è più quello dei tempi di Cristo.
A chiedere l’elemosina sono professionisti dell’accattonaggio, cui rende di più invocare la fame, anche se non sembrano averne tanta, vista l’aria generalmente pasciuta, piuttosto che lavorare.

Oggi il problema della povertà non si risolve con l’elemosina ma con il lavoro,
non con il reddito di cittadinanza ma con il lavoro e il riscatto è la dignità che il lavoro porta con sé.

Togliere soldi dalle tasche di chi ha lavorato una vita per darli a chi non ha mai lavorato
o ha lavorato in nero, preferendoli di più, maledetti e subito, be’ questo è un crimine di Stato.

Chiarisco che faccio parte della categoria dei pensionati d’oro e che forse ne sono anche ai vertici.
Come anche tanti altri “colleghi”, con quei soldi, però non mi regalo vacanze esotiche né auto di lusso ma li uso per farci qualcosa di utile agli altri.
Nello specifico, ci finanzio questo giornale. Sono una dozzina di giovani, ai quali ho dato una opportunità professionale e soprattutto la dignità del lavoro.
Sono tutti a tempo indeterminato, a contribuzione Inpgi e trattenute fiscali.
Non proprio come il collega di governo di Salvini e nemico dei pensionati Luigi Di Maio, nella natia Campania.

La mia come le altre pensioni non sono l’equivalente contemporaneo di quelle ricche
elargite motu proprio da concessione regale, spazzate via in Francia dalla Rivoluzione e in Italia da Cavour.
Chi le percepisce ha accantonato ogni mese presso un istituto di previdenza (INPS o equiparato) una percentuale della sua retribuzione, di norma per almeno 35 anni.

In aggiunta, anche le rispettive aziende hanno versato altri contributi.
Non si tratta di soldi rubati ma di un pezzo di stipendio o salario che è stato messo da parte per il futuro. Sono soldi nostri.

Potete anche dire che quegli stipendi erano troppo alti, potete essere d’accordo con quel dissennato di Renzi
che per inseguire i grillini ha tirato loro la volata varando norme stupidamente demagogiche come quella del tetto ai dirigenti pubblici.
Se la pensate così, siete in ritardo sul passato, perché l’Unione Sovietica si è sciolta 30 anni fa
ma vivete comunque nel Paese giusto, perché l’Italia sta per essere la reincarnazione del socialismo reale,
peraltro con un passo indietro rispetto a Stalin, che credeva nell’industria al punto da far morire qualche milione di “sabotatori”
tipo quelli della decrescita felice o della civiltà contadina; e anche fuori pista rispetto al comunismo capitalista cinese
che ripudiando la società pastorale e analfabeta di Mao ha impugnato le modernizzazioni di Deng.
Così facendo la Cina è passata da terra di conquista a possibile futuro padrone dei nostri figli e nipoti.
 
Ultima modifica:

Val

Torniamo alla LIRA
Notate bene. Il tizio attacca tutto e tutti. Ma non proferisce parola su quella che sarebbe la "vera" giustizia sociale.
Il ricalcolo della pensione.........eh già. Lui lo sa già quanto perderebbe. Altro che il 20%


Ma torniamo alle pensioni.

Molti cittadini italiani sono potuti andare in pensione in anticipo, credo anche dopo 15 o 16 anni.
Sono categorie che hanno beneficiato non di rapine a mano armata ma di leggi dello Stato, come i ferrovieri e il personale di volo dell’Alitalia.
Per altri, come gli operai e gli impiegati dei giornali, ci sono state leggi, accordi sindacali e rigorose procedure ministeriali.

Ci sono stati anche alcuni casi clamorosi di integrazioni contributive che hanno portato, per alcuni dirigenti d’azienda di alto livello,
a delle pensioni ben più alte di quello che sarebbero dovute essere senza l’intervento del Parlamento che approvò a loro beneficio apposite leggi o meglio leggine.
Ma sempre dal Parlamento emanate, non da una parrocchia o da un centro sociale.

Questo riguarda in ogni caso un numero limitato di persone, nel settore ex telefonico.

In conseguenza della abitudine di fare di tutta erba un fascio, da qualche anno si è sviluppato fra i politici italiani
e fra qualche giornalista un po’ irresponsabile un po’ sicofante un gioco che consiste nel tiro al bersaglio ai pensionati.
Secondo costoro, chi prende più di mille euro di pensione al mese è un nemico del popolo, un sabotatore dell’economia, un agente del grande complotto internazionale.
Ai tempi di Beria il loro destino sarebbe stato segnato. Oggi c’è Luigi Di Maio, che per nostra fortuna non è Beria,
ma che ci si è messo di impegno a seguire il solco tracciato, ricordatevelo sempre perché è il più bolscevico (nel senso di cinico) di tutti,
da Berlusconi (con i dividendi ad aliquota fissa che gli distribuisce Fininvest, che gli importa di noi?
Con la mia pensione di un anno non ci paga nemmeno un giorno di alimenti alla ex moglie) e dal suo Tremonti, seguiti poi dal tragico Mario Monti e poi da Letta e poi da Renzi.

Quello dei nemici dei pensionati è un partito trasversale che unisce destra e sinistra.
Da Giorgia Meloni (che poi sul tema ha messo saggiamente il silenziatore) al post comunista Cesare Damiano al post socialista Guglielmo Epifani.
Tutta gente che non ha avuto nemmeno il pudore di rivelare, prima di pontificare, i contributi figurativi, naturalmente a carico nostro,
di cui hanno goduto le loro pensioni extra da giornalista o da sindacalista.

Matteo Renzi ci ha giocato per un bel po’. Ricordate? Pensandoci tutti grulli, arrivò a palazzo Chigi in Smart
(prestata per l’occasione) e esordi in tv attaccando la pensione di reversibilità della nonna.
Dopo qualche uscita sulle pensioni fece marcia indietro, imbavagliò quel tale Yoram Gutgeld, che con le sue teorie ha fornito la base teorica agli attacco del M5s ai pensionati.
Probabilmente Renzi si accorse da qualche sondaggio che gli attacchi ai pensionati costavano consensi.
Ma ormai il danno era fatto. Compreso quello di avere messo a presidente dell’Inps Tito Boeri, quello che ci vorrebbe morti per risparmiare sugli assegni.
I pensionati o hanno girato le spalle al Pd o rinunciando al voto hanno abbandonato il Pd al suo destino e al saccheggio dei 5 stelle.
Incidentalmente, forse Salvini farebbe bene a documentarsi e chiedere a Renzi copia di quelle ricerche.

L’attacco ai pensionati in genere e a quelli a valore più elevato è una delle colpe di questa nostra sinistra da talk-show.
Priva di radici in quella che fu la classe operaia, costituita in prevalenza da figli di famiglie benestanti o dell’establishment,
una vita passata negli uffici del Pci o uffici pubblici, non hanno lavorato nella vita vera un giorno di più di Luigi Di Maio.

Si sono buttati a pesce piranha sulle pensioni, non nel quadro di una politica complessiva che prevedesse la tassazione piena della rendita finanziaria,
tale per cui il capo di una azienda pagasse meno del 45 per cento e giù a scalare gli altri, mentre il proprietario pagava e paga sui dividendi una decina di punti in meno.
Tanto per dire: meno tasse all’amministratore delegato di Mediaset, un po’ di più a Berlusconi, che paga con una aliquota che è quasi la metà del suo top manager.

Per non dire delle multinazionali di internet e non di internet che, basate fuori dell’Italia, di tasse non ne pagano proprio o quasi.
Anzi. Renzi si alzò per difendere il loro privilegio e bloccò tutto. Con i soldi delle tasse che Facebook e le altre multinazionali non pagano,
sai quanti redditi di cittadinanza ci finanziavi e quante pensioni dignità, caro Di Maio?
Ma, come cantava Natalino Otto, rilanciato da Renzo Arbore,…che figura, il professore non lo sa.

C’è poi un dubbio che mi torment da un po’ di anni. Penso di essere nel torto ma lo voglio esporre.
Nessuno mi toglie dalla testa che dietro tutto il can can sulle pensioni, che va avanti da parecchi anni, ci sia anche il grande gioco delle compagnie di assicurazione.
Perché la prima cosa che fece il generale Pinochet, appena impadronitosi del potere in Cile,
dopo avere fatto sparire qualche decina di migliaia di sostenitori di Allende e della sinistra, fu di passare la gestione delle pensioni alle aziende private?
Lo stesso voleva fare Bush figlio, ma la sinistra americana insorse e lo impedì.
La sinistra americana infatti non sembra sul viale del tramonto, sta riconquistando voti e collegi, e comunque Hillary Clinton ha preso più voti di Trump, prima di essere punita dal loro sistema elettorale.

La sinistra italiana ha sposato in pieno la tesi degli economisti, ha solo saputo protestare perché c’era la possibilità che Berlusconi,
quando si parlava dei fondi integrativi, potesse guadagnarci con la sua quota in Mediolanum.
Il bolscevico Berlusconi mollò ai sindacati il controllo dell’operazione tfr e tutto tacque. Nulla si è più saputo di quella epocale svolta.
Mi sembra ci siano stati due risultati concreti: un po’ di gettoni di consigli di amministrazione per un po’ di sindacalisti,
le aziende espropriate di una forma di autofinanziamento (non gratis ma senza dovere chiedere alle banche), i lavoratori di una certezza.

Questa degenerazione della pseudo sinistra ha pavimentato la strada al Movimento 5 stelle, che costituisce il peggio di quello che si può augurare a un Paese.
Come ho scritto sopra, Stalin aveva un’idea di sviluppo, ha trasformato la Russia da Paese del terzo mondo a superpotenza mondiale.
Questi hanno un’idea di sottosviluppo. A Napoli nel ‘700 c’erano i lazzaroni, tanto amati dal re che mangiava pubblicamente i maccheroni con le mani, per imitarli.

Salvini guida un partito che è agli antipodi di tutto questo.
I suoi elettori sono gente come noi, lavorano, non aspettano lo Stato vivendo nei container.
Sprofonda la strada per Portofino? Se la rifanno da sé, non aspettano Toninelli o Di Maio.
Certo tutto è più facile se sei in Friuli, a un’ora di macchina dalla Germania che in Abruzzo, in mezzo agli Appennini.

Ma sono anche due visioni del mondo contrapposte, non solo dal punto di vista ambientale e climatico.
La seta e il marmo. E quei disgraziati delle pensioni d’oro stanno in prevalenza lassù, non laggiù.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Chi è il tizio che ha scritto l'articolo sopra evidenziato ?

La Cina è vicina. Nel senso che ti si struscia addosso per poi nascondersi tra le pile di libri e giornali accatastate.
Cina è la gatta di Marco Benedetto, che si muove da padrona nella sua grande casa romana di Piazza in Piscinula,
dove al piano terra l\'ex amministratore delegato dell\'Espresso (ora ne è vicepresidente) ha impiantato la piccola redazione dell\'avventura online che sta per cominciare.

Fa coppia con U-boat, il maschio, che di giorno sovrintende al lavoro dei giornalisti.
Insomma, gatto ci cova dietro a Blitz, il sito che non sarà un giornale ma, per dirlo con una brutta parola che tra gli adepti della rete spopola, un aggregatore di notizie.

Si prende un po\' di qua e un po\' di là, si rimanda ai vari blog, si condisce il tutto con qualche commento originale per affermare un tono editoriale.
Nel tempo che gli resta, Benedetto ha anche cominciato un libro di memorie sul mondo che lo ha visto per tanto tempo protagonista,
lo scrive «come se lo spiassi dal buco della serratura» dice, e che Mondadori si è già fatta avanti per pubblicare.
 

Val

Torniamo alla LIRA
ROMA – Quando riceviamo chiamate telefoniche da un call center non meglio identificato
che ci propone questa o quella promozione è bene stare in guardia, misuriamo le parole: soprattutto,
mai dire “sì”, nemmeno se ci chiedono conferma sul nostro nome.

Potrebbe essere un call center falso, il cavallo di Troia di una truffa telefonica ai nostri danni,
truffa congegnata ad arte per rubarci soldi per un servizio premium mai richiesto, per estorcerci informazioni sensibili sui nostri dati.

Quel “sì” sarà usato contro di te.
Perché con quel “sì” che abbiamo concesso con troppa facilità – magari perché presi per stanchezza o esasperazione –
avremo fornito al ladro che si nasconde dietro l’operatore di call center l’arma per fregarci: un “sì” che sarà registrato
e utilizzato per dare la nostra risposta affermativa ad altre domande, più compromettenti dal punto di vista dei soldi. I nostri.

Per i truffatori è infatti un gioco da ragazzi realizzare un montaggio audio per iscriverci a servizi che non ci siamo mai sognati di richiedere.

Quel “sì” ci condanna: magari la domanda era “mi sente?”, oppure “lei è utente di tal gestore di energia?”.
Se poi l’operatore ci chiede di confermare i nostri dati invitandoci a ripeterli per non creare confusione,
facciamoli dire a lui: un operatore vero non avrebbe mai fatto quella richiesta, quello falso attaccherà subito.

In genere il consiglio è di rimanere evasivi, evitare di dire “sì” sostituendolo con un “giusto” o con un “ok”.
Quando ci sarà da dire un “sì” a un call center vero ce ne accorgeremo: c’è infatti una procedura standard, con doppia lettura, un po’ noiosa ma sicura.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Completamente d'accordo. L'informazione televisiva sta terrorizzando gli Italiani.
Ogni giorno vengono ripetute le stesse scemenze. E qualcuno dimentica che in campagna
elettorale aveva proposto di portare le pensioni minime a 1000 euro .........non a 780

«C’è qualcuno che è stato zitto per anni, quando gli italiani, gli imprenditori, gli artigiani, venivano massacrati.
Ci lasciassero lavorare e vedranno che l’Italia sarà molto meglio di come l’abbiamo ereditata»,

Sulla fatidica quota del 2% di deficit, Salvini continua a rifutarsi di utilizzare il pallottoliere:
«Si tratta di numeri su cui si esercitano giornalisti e commissari europei, non noi.
Noi badiamo alla sostanza e a trovare risorse. E una manovra seria non dipende dallo “zero virgola” ma dai contenuti:
una manovra che ha investimenti che non ci sono mai stati negli anni precedenti».

Poi dedica un passaggio alle consuete polemiche, che si ripetono di anno in anno, sul Palio di Siena:
«Nel pieno rispetto delle opinioni e delle sensibilità di ciascuno, mi sento di dire giù le mani dalle tradizioni,
giù le mani dalla nostra storia e giù le mani dal Palio di Siena!».
 

Val

Torniamo alla LIRA
Torniamo con i piedi per terra e ricreiamo i valori perduti.

C’è un racconto di Gabriele D’Annunzio, sul tempo di Natale, che pochissimi conoscono
e che tuttavia appare utilissimo oggi per esprimere quella patina di nichilismo e disillusione
che da decenni ormai sta impolverando la festa della Natività.

D’Annunzio non era certo uno spirito religioso e devoto.
Fatta questa premessa doverosa, ecco che cosa racconta: la storia narra di una coppia di poverelli,
così miseri da non avere una casa né pane alla vigilia di Natale.
Pure, in quella santa notte, i due incontrano un gatto, e con lui condividono quel po’ di lardo che è stato dato loro come elemosina.
Il gatto li conduce in una capanna abbandonata e i due poverelli tendono le mani verso il focolare nero.
Sono senza fuoco, e sempre più disperati finché non vedono nel focolare due tizzoni,
al cui calore si scaldano per tutta la notte ringraziando Gesù per averli soccorsi.
Solo al mattino si accorgono che i due tizzoni sono solo gli occhi del gatto randagio che dice loro: “Il tesoro dei poveri è l’illusione”.

E’ chiaro in questa novella lo spirito anticristiano e vagamente nicciano che D’Annunzio intende infondere al racconto.
Tuttavia essa, rapportata ai nostri giorni, è la perfetta metafora di come si festeggia il Natale consumistico,
ridotto ormai alla stregua di un Black Friday, illudendosi di percepirne la magia e la spiritualità ma sbagliando totalmente la prospettiva.
Gli occhi del gatto sono come monete d’oro che ci danno l’illusione del miracolo ma in realtà ci lasciano nel nostro gelo.

Illusi anche noi, quindi, con i panettoni che arrivano nei supermercati già ai primi di novembre, i pandori in offerta,
le luminarie per attrarre turisti e consumatori (dove non si vede mai un angelo, mai una stella cometa,
mai un simbolo che rimandi a quello straordinario evento religioso che è il Natale), l’albero fatto nelle case prima dell’inizio del ciclo dell’Avvento,
le pubblicità caramellose e tutto quell’insieme di atteggiamenti e scelte (tra cui il Gesù censurato dalla canzone di Natale)
che deformano la festa, la stravolgono e la riducono a festa dei buoni sentimenti.

Massimo Cacciari lo ha giustamente definito il “non Natale”.
Un non Natale che è anche figlio della mancanza di pazienza, del non sapere attendere il giusto tempo,

del non sapere percepire più la differenza tra il tempo sacro e quello profano

Un non Natale che quest’anno si celebra subito dopo il triste annuncio delle chiese vuote e destinate ad essere dismesse.
Un inequivocabile segno dei tempi.

Qualcuno ci vedrà forse la vittoria di una laicità che fa del materialismo la sua missione più alta (o più bassa, a seconda dei punti di vista).
Altri, più correttamente, ci vedono l’incedere dell’incapacità di dare significato superiore all’esistenza.

La Natività è un evento che fonda la storia del nostro tempo, per questo appare ridicolo ogni tentativo di distorcerne il significato.
“Ciò che avvenne a Betlemme – scrive lo studioso russo Nikolaj Berdjaev, esiliato nel 1922 da Lenin – condizionò tutta la storia universale.
Mentre a Roma, in Egitto e in Grecia si compivano i processi di riunificazione, si costituiva un’unità universale di popoli e di culture in un’unica umanità ecumenica,
in un punto apparentemente non centrale avvenne la comunicazione suprema del Divino, la rivelazione suprema e la riunificazione dei processi dall’alto e dal basso,
dei processi riuniti dalla corrente della storia antica in un unico fiume universale”.

Ogni rilettura di un evento che è l’Evento non può che passare da qui, dalla sua eccezionalità e dal suo essere irripetibile,
dal suo essere mistero e dal suo essere rivelazione.

E tanto più appaiono prive di senso le riletture in senso multiculturale del Natale che, in quanto fondamento di una storia universale, comprende già in sé tutte le culture e le supera.

Joseph Ratzinger
ha parlato del Natale come del “solstizio d’inverno” della storia dell’uomo:
“È questo il senso vero del Natale: è il “giorno di nascita della luce invitta”, il solstizio d’inverno della storia del mondo che,
nell’andamento altalenante di questa nostra storia, ci dà la certezza che anche qui la luce non morirà, ma ha già in pugno la vittoria finale.
Il Natale scaccia da noi la seconda e più grande paura, quella che nessuna scienza fisica può fugare: è la paura per l’uomo e di fronte all’uomo stesso.
È una certezza divina, per noi, che nelle segrete profondità della storia la luce ha già vinto e tutti i progressi del male nel mondo,
per grandi che siano, mai potranno assolutamente più cambiare il corso delle cose. Il solstizio d’inverno della storia è irrevocabilmente accaduto con la nascita del bambino di Betlemme”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Poverini. Non sanno più che pesci prendere. Destinati all'oblio.

“Ieri prima ancora di verificare che cosa fosse successo, senza aver minimamente le prove
che nel Comune di Codroipo fosse in atto la discriminazione che gli si imputava, è stato gridato un grosso al lupo al lupo.
Salvo verificare, dopo aver svegliato tutto il paese e iniziato a dare la caccia al lupo cattivo,
che in realtà il lupo non c’era, ma che era solo un’ombra cinese, per altro manco fatta per bene”.

Lo scrive oggi su Linkiesta il giornalista Andrea Coccia.
Uno he di certo di destra non è ma che ha deciso di non intrupparsi col gregge conformista che vede il razzismo anche dove non c’è.

E’ il caso di Codroipo, comune sconosciuto ai più, nella provincia di Udine,
dove il Pd è insorto perché hanno tolto un emendamento dal regolamento sull’asilo.

Nel regolamento approvato si dice che il nido d’infanzia deve contribuire a integrare le differenze ambientali e socio-culturali.

Forse potrebbe essere una dichiarazione d’intenti sufficiente. Invece no.
Quelli del Pd volevano la seguente aggiunta: “anche assicurando la presenza di materiali ludico-didattici che fanno riferimento alle diverse culture”.

Niente da fare, l’aggiunta viene cancellata.
E’ a questo punto che parte una campagna social che è tutta fuffa: attenzione, grida la sinistra antirazzista, a Codroipo vogliono vietare i bambolotti neri all’asilo.

A parte il fatto che le bambole per la sinistra femminista sono un gioco “sessista”,
e quindi non dovrebbero proprio esserci negli asili, ma sarebbe carino conoscere una maestra che
per fare integrazione fa giocare una bimba nera con un bambolotto nero. Che integrazione sarebbe?

Semmai col bambolotto nero deve giocarci la bimba bianca, e col bambolotto bianco la bimba nera.
Ma lasciamo stare queste assurdità ludico-sociologiche.

A Codroipo bocciano un emendamento del Pd al regolamento e la faccenda diventa che sono vietati i bambolotti con la pelle scura,
mentre è vero il contrario: e cioè che i bambolotti neri non sono obbligatori.

Giustamente il sindaco, Fabio Marchetti, non si capacita di questa bufala diventata in poche ore virale.

Tanto più che gli stranieri a Codroipo sono circa 1160, e nessuno ha mai subìto discriminazioni.

Oggi i giornali fanno marcia indietro, ma quanti hanno creduto ieri a questa stupidaggine,
che è stata anche autorevolmente commentata da Debora Serracchiani e da Laura Boldrini?
 

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