- COSA FAI NELLA VITA? (1 Viewer)

DANY1969

Forumer storico
- ESTRAPOLO SITUAZIONI A ME CONGENIALI DA CONTESTI INAPPROPRIATI.
- CIOE'?
- ME LA FACCIO PIACERE.:confused:
Buona settimana a tutti :)
Oggi cambio panorama :d:... anche se il trekking, di circa 30 km :help:, si svolgeva sulle Alpi marittime :)
Panorama 09-11.jpg
 

Val

Torniamo alla LIRA
Uhmmmm frase sibillina.....ME LA FACCIO PIACERE ....che ci sia un terzo senso ? :D:p:p
 

Val

Torniamo alla LIRA
Povero diavolo. Ce li ha tutti contro. Certo non è una cima ...però mi è simpatico perchè l'ha messo in k a tutti.....e tutti stanno cercando di tirarlo giù.


Ci voleva Trump perché i big della rete si accorgessero che il web è diventato un Far West nel quale ognuno può sparare le prime cavolate che gli passano per la testa.

Ci voleva Trump. Presidente bizzarro sì, ma democraticamente eletto dal popolo americano.
Non bastavano i video di ragazzi bullizzati, i ricatti sessuali, le violenze private sbandierate pubblicamente, i filmati di sgozzamenti,
i tutorial per sbudellare gli «infedeli» e i milioni di link che rimandano a pratiche e manuali di terrorismo.

Evidentemente non erano abbastanza per vellicare le anime belle della Silicon Valley.
Riavvolgiamo il nastro. Ieri sul New York Times Evan Williams, cofondatore di Twitter, si batte pubblicamente il petto:

se Trump ha vinto grazie al mio social network, chiedo scusa.
Per poi chiosare amaramente che internet è guasto, non funziona più, è morto (ma va!).
Un luogo virtuale pieno di imbecilli reali. Parzialmente vero.

Così com'è innegabile che se entriamo in un qualunque bar del mondo possiamo trovare una simile quantità di cretini.
Perché la rete è divenuta la mimesi - a tratti caricatura - del mondo reale, un'appendice della quotidianità, un arto ormai non amputabile del nostro corpo.
Certo, i padri fondatori di tutte le reti del mondo, pensavano di creare un paradiso digitale che unisse tutto il mondo nel nome della comunicazione e della fratellanza universale.
Un bel sogno cyberhippy fatto di bit e innaffiato con Lsd. Ma soltanto un sogno, appunto. Dal quale i signori del web sembrano essersi svegliati tardivamente. E con il piede sbagliato.

Riportiamo la questione alle nostre latitudini. Perché il problema del web non è solo un cruccio per filosofi attorcigliati alle loro riflessioni. Il problema non è Trump
Forse i signori della rete così occhiuti nel controllo e nella censura del politicamente scorretto, dovrebbero cercare anche di impedire alle truppe dell'Isis di imperversare sulle loro autostrade digitali.
Perché tutto quello che è virtuale, prima o poi diventa reale.
 

Val

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Che cosa possiamo vedere sui social e che cosa no? È Facebook a deciderlo, ma le scelte sono spesso fatte in fretta e non sempre appaiono logiche.
Sono documenti forniti al Guardian a spiegare come la creatura di Mark Zuckerberg decide cosa sia ammissibile e cosa no.

"Qualcuno spari a Donald Trump" è da cancellare, subito: il Presidente degli Stati Uniti ha più di 100.000 follower, quindi è una personalità pubblica e pertanto deve essere tutelato.
Ma i video di morti violente basta segnalarli come urtanti, perchè potenzialmente potrebbero persino essere utili ad un'indagine, o a una ricerca scientifica.

E se le immagini di violenze sui bambini sono bloccate, ma solo se sono a sfondo sessuale, o sadiche, pubblicare un aborto non è invece un problema, a patto che non si vedano nudità.

Sono lunghe e articolate le linee guida che Facebook ha introdotto da un anno a questa parte;
da quando cioè si scatenarono le polemiche per la sua decisione di eliminare una delle foto più famose degli ultimi decenni:
quella della bambina vietnamita che fuggiva nuda su una strada sterrata per salvarsi dal napalm degli americani. Un'immagine iconica, ma non per il social.

Un'inchiest, quella del Guardian, "destinata a gettare benzina sul fuoco del dibattito sul ruolo e la dimensione etica del gigante dei social media",
che deve confrontarsi con una dura realtà provocata dal suo stesso gigantismo.
Troppo grande per essere più un semplice mezzo usato da singoli per restare in contatto, ha attualmente due miliardi di utenti.
Ed è potenzialmente il più grande censore al mondo.

Censore dalle scelte spesso discutibili, perché frasi come "vaffanculo e muori" ricevono il bollino blu come "rappresentano minacce generiche e non credibili"
e "i video di morti violente di esseri umani sono urtanti ma possono contribuire a creare coscienza collettiva, come nel caso dei crimini di guerra:
i minori hanno bisogno di essere difesi, ma gli adulti hanno bisogno di poter scegliere. Quindi si usi la dizione 'nascosto ai minorì senza automaticamente cancellare".

Fonti di Facebook hanno risposto che esistono e vengono usati alcuni software per intercettare alcuni tipi di contenuto prima che entrino nel circuito,
ma che "si vuole che la gente sia messa in condizione di discutere gli avvenimenti attuali e globali, quindi talvolta ha la sua importanza il contesto in cui viene condivisa un'immagine violenta".

In termini pratici: dopo aver rimosso la foto della bambina vietnamita, nel capitolo dedicato alle rappresentazioni del "terrore della guerra"
adesso sono accettate alcune "eccezioni di importanza informativa". Ma non si deve trattare di "nudità infantili nel contesto dell'Olocausto".
 

Val

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Non tutti sanno che ......

Sei un itticoltore e utilizzi il pesce allevato per produrre medaglioni panati? Non è più reddito agricolo, ma d'impresa.
Le risoluzioni dell'Agenzia delle Entrate, infatti, sono una valida mappa del labirinto fiscale che attanaglia non solo aziende e professionisti, ma anche il comparto agricolo.

Il primo spunto è offerto dalla risoluzione 56/E pubblicata il 3 maggio scorso dell'ente guidato da Rossella Orlandi.
Il testo è molto chiaro: l'Iva agevolata al 5% si applica «solo a confezioni contenenti esclusivamente le piante aromatiche espressamente e tassativamente indicate dalla norma»,
cioè la legge europea 2016 che ha modificato le aliquote.

Che cosa vuol dire? Che se un agricoltore, un'azienda agricola o un industria alimentare vende salvia, rosmarino, basilico e anche origano a rametti singolarmente o anche confezionati assieme,
l'imposta sul valore aggiunto è quella del 5 per cento.
In tutti gli altri casi, però, «se nella stessa confezione sono presenti anche altre erbe aromatiche, l'intera confezione sconta l'Iva ordinaria, attualmente del 22%».

Che significa? Che se a qualcuno venisse l'idea di inserire in quella busta o pacchetto anche foglioline di menta, dovrebbe pagare il 22% che è l'aliquota applicata a quella pianta.
L'esempio citato dall'Agenzia delle Entrate è ancor più sorprendente in quanto fa riferimento a confezioni contenenti una salvia e rosmarino (entrambi al 5%) assieme a foglie di alloro (aliquota al 10%)
e l'altra salvia, rosmarino, origano (5%), alloro e timo (10%).
Entrambi i packaging pagano il 22% perché la legge Iva non prevede queste combinazioni, ma solo l'elenco delle singole piante con relativa aliquota.

Identico discorso per l'itticoltore oggetto della risoluzione 52/E.
Il produttore ha chiesto all'Agenzia se potesse considerare reddito agricolo la produzione di medaglioni di pesce effettuata nella stessa azienda
sfilettando branzini e impanandoli con un preparato di pane grattugiato e olio di semi.
La questione è seria perché l'imposta sul reddito agricolo si paga su base catastale.
Insomma, è una sorta di forfait su quanto si può produrre dal terreno coltivandolo o allevando bestiame. E invece no.

Il decreto ministeriale 13 febbraio 2015, spiega l'Agenzia, fa rientrare nella tabella dei prodotti agricoli, tra gli altri,
la «produzione e conservazione di pesce, mediante congelamento, surgelamento, essiccazione, affumicatura, salatura, immersione in salamoia, inscatolamento e produzione di filetti di pesce».
Il decreto non cita la trasformazione del pesce in medaglioni.

All'itticoltore, perciò, non resta che pagare l'Ires e restare muto come un pesce.
 

Val

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:jack::jack::jack:
Sommersa dalle critiche e dalle domande su chi sono i ministri che hanno ricevuto in regalo tre Rolex e sono rimasti in carica,
l’ex sottosegretaria Simona Vicari è costretta a scrivere una nota dove ridimensiona le sue affermazioni.

«Dopo la decisione che ho preso e cioè di dimettermi per non consentire strumentalizzazioni di un fatto che ho spiegato
e che tornerò a spiegare nelle sedi appropriate, non consento rivisitazioni o esercizi di fantasia sull’accaduto».

È quanto dichiara l’esponente del partito di Alfano in una nota.

«A questo fine -prosegue l’ex sottosegretaria- chiarisco due punti: – In merito alla richiesta di utilizzo delle intercettazioni che mi riguardano,
chiederò io stessa, al presidente della commissione per le Immunità, che si rendano immediatamente disponibili, senza aspettare la formalizzazione della relativa richiesta.
– Il riferimento ai tre Rolex, preciso che è stata una mia provocazione indirizzata ai giornalisti –
in particolare alla giornalista che sul Corriere ha costruito, con le mie dichiarazioni, una intervista che non avevo autorizzato
– per rispondere ironicamente sulla linea del Rolex che i giornalisti ormai hanno eletto ad argomento “trending topic”.

La mia amara ironia è stata ulteriormente alimentata dalla grandissima attenzione suscitata, presso la stampa, da un regalo di Natale.
 

Val

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"La maggior parte dei ponti italiani è vicina alla fine del ciclo di vita in sicurezza"

“In tutti i casi non è lo stato di manutenzione la prima causa del crollo, anche se in alcuni è la concausa”,
ha detto durante l’ultima audizione in commissione Ambiente il presidente di Anas, Gianni Vittorio Armani.

Ovviamente pesano anche i vizi in fase di costruzione, gli errori di cantiere e, nel caso di Annone, i ripetuti trasporti eccezionali con carichi molto superiori alla portata della struttura.
Ma la manutenzione insufficiente un ruolo lo ha.
Soprattutto perché i soldi per farla non bastano: servirebbero 2,5 miliardi l’anno, ma gli ultimi stanziamenti si fermano a 1,1 miliardi l’anno fino al 2019.
Questo in un Paese in cui, secondo gli esperti, la maggior parte dei ponti sta per arrivare alla fine del suo ciclo di “vita in sicurezza“.
 

Val

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Un allarme arriva poi da Coldiretti.
In Italia, nel secolo scorso, si contavano 8mila varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2mila
e, di queste, ben 1.500 sono considerate a rischio di scomparsa anche per effetto dei moderni sistemi della
distribuzione
commerciale che privilegiano le grandi quantità e la standardizzazione dell’offerta.

“L’omologazione e la standardizzazione delle produzioni a livello internazionale – spiega Coldiretti –
mettono a rischio anche gli antichi semi della tradizione italiana sapientemente custoditi per anni da generazioni di agricoltori”.

La perdita di biodiversità riguarda l’intero sistema agricolo e di allevamento con il rischio di estinzione che si estende dalle piante coltivate agli animali allevati.
Non va dimenticato, comunque, che l’agricoltura italiana ha invertito la rotta negli ultimi anni.
“L’Italia – ricorda Coldiretti – è l’unico Paese al mondo con 4.965 prodotti alimentari tradizionali censiti,
291 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, ma è anche leader in Europa
con quasi 60mila aziende agricole biologiche e ha fatto la scelta di vietare le coltivazioni Ogm e la carne agli ormoni a tutela della biodiversità e della sicurezza alimentare”.

Grazie all’impegno degli allevatori, nel nostro Paese, sono state salvate dall’estinzione 130 razze allevate
tra le quali ben 38 di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini.

“Una azione di valorizzazione – continua l’associazione – che si estende anche alle specie vegetali
con la riscoperta dei frutti dimenticati del passato come la pera cocomerina, le giuggiole o il corbezzolo
e di grani antichi come il Senatore Cappelli che dopo aver rivoluzionato la produzione di pane e pasta in Italia,
ha rischiato di sparire, ma adesso torna sulle tavole italiane grazie alla Società Italiana Sementi con capitale 100 per 100 italiano detenuto dagli agricoltori attraverso i Consorzi Agrari”.
 

Val

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Abbonati Telecom a propria insaputa. E’ accaduto a migliaia di consumatori che, riferisce il Corriere della Sera, sono risultati intestatari di utenze telefoniche con un doppio risvolto. Quello per cui erano considerati morosi e quello giudiziario per cui risultavano nella banca dati utilizzata dalla magistratura per le intercettazioni. Vicenda per cui Telecom parla di una “pregressa anomalia software“, ma che al momento è già costata al gruppo delle telecomunicazioni una censura del Garante della Privacy accompagnata dalla promessa di sanzioni amministrativa oltre che dall’imposizione di una “bonifica degli errori nel sistema informatico”, di “apposite annotazioni che lascino traccia nella banca dati giudiziaria” e avviso agli “utenti interessati”.

La vicenda è venuta a galla grazie al reclamo di un abbonato inconsapevole che, inseguito dalle società di recupero crediti, ha scoperto che il suo codice fiscale era associato a ben 826 telefoni. Secondo Telecom il caso è imputabile al cambio di sistema gestionale che risale addirittura ai primi anni duemila. E a distanza di quasi 15 anni il problema sembra ben lontano da una soluzione. Da un’ispezione del Garante della Privacy di fine 2016, riferisce ancora il Corsera, emerge che le intestazioni non corrispondenti alla realtà “hanno interessato un novero più ampio di clienti, allo stato non precisamente delimitabile“. Anomalie di cui “la società non è stata in grado di dar conto”, tanto che, scrive sempre il Corriere, “lo scorso 25 gennaio il Garante lancia un altro campione, stavolta sui codici fiscali associati a più di 5 telefoni: già così affiorano disallineamenti (nei dati di intestatario-cliente-fatture) «riguardanti 644 clienti complessivamente intestatari di oltre 7.000 linee». Numero per difetto: non solo perché bisognerebbe vedere anche gli ignari intestatari da 5 linee in giù, e non solo perché non sono compresi gli elenchi di San Marino, ma soprattutto perché la società spiega che analoghe verifiche «non sono praticabili per clienti non più Telecom Italia qualora il cliente sia passato ad altro operatore»”.
 

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