Con l'attacco alla Siria hanno “normalizzato” Trump (1 Viewer)

tontolina

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Guerra in Siria: l’Iran traccia la linea rossa per gli Usa

Nei giorni scorsi Washington ha dichiarato d'essere pronta a colpire l'Esercito siriano e i suoi alleati nel caso di uso di armi chimiche, ritenuto imminente dal Pentagono; e che sia il preannuncio di un possibile attacco lo afferma la Cnn, secondo la quale le unità dell'Us Navy nel Mediterraneo Orientale sono in attesa di un ordine della Casa Bianca per colpire.

Immediata è stata la reazione del ministro degli Esteri russo Lavrov, che ha considerato pericolosa la posizione Usa, anche in considerazione del fatto che "ribelli" e terroristi dispongono di armi chimiche ed è ovvio che, trovandosi in estrema difficoltà, potrebbero facilmente usarle per spianare la strada all'ennesimo intervento americano contro Damasco.

Tuttavia, a parte l'intervento del Cremlino, è stato l'Iran a rispondere con estrema durezza al preannuncio dell'ennesima provocazione, tracciando quella che può essere definita una "linea rossa" per gli Usa, il cui superamento avrebbe conseguenze incalcolabili, facendo degenerare la guerra in Siria in uno scontro di portata inimmaginabile.

A lanciare l'ammonimento è stato il Segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, l'ammiraglio Alì Shamkhani, che in un linguaggio assai chiaro ha espresso due concetti:
per prima cosa ha messo in guardia gli Usa da avventate mosse unilaterali, senza un calcolo delle conseguenze che stavolta sarebbero incalcolabili; inoltre, con riferimento all'attacco Usa alla base aerea di Sharyat dell'aprile scorso, ha ricordato che è stata proprio Washington ad opporsi ad un'inchiesta internazionale sull'uso di armi chimiche a Khan Shaykhun, pretesto usato per il lancio dei Tomahawk, e l'ha invitata a rivolgersi all'Opac, con sede all'Aja, per ispezionare i siti di stoccaggio sospetti.



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© EAST NEWS/ PETER DEJONG

Diplomazia russa: rapporto OPAC su armi chimiche in Siria basato su dati ambigui
Con le sue dichiarazioni Shamkhani ha rigettato il solito meccanismo caro allo Zio Sam, ovvero una narrazione di comodo dei fatti subito supportata dai media occidentali e del Golfo che ne fanno la "verità" a prescindere, buona per giustificare ogni aggressione.
Ma a parte questo, ha tracciato una "linea rossa" in base alla quale un'ulteriore aggressione degli Usa nei confronti di Damasco e dei suoi alleati scatenerebbe conseguenze catastrofiche; un fatto inedito che rispecchia la mutata situazione sui campi della guerra in Siria e i nuovi equilibri che sono ormai emersi in Medio Oriente.


Shamkhani non è un funzionario qualunque: è un ex capo della Marina dei Pasdaran, ex capo della Marina iraniana ed è stato Ministro della Difesa per otto anni; un personaggio di assoluto spicco nella dirigenza politico-militare iraniana. Il suo posto di Segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale lo pone al centro dell'impostazione strategica della politica nazionale ed ha il ruolo di negoziatore per tutta la politica del nucleare iraniano. Se a tutto ciò s'aggiunge la completa stima della Guida Suprema Khamenei ci si rende conto che si tratta di uno dei leader iraniani più influenti, e che le sue parole, soprattutto su temi militari, rispecchiano il pensiero di Teheran.



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© FOTOLIA/ MARK RUBENS

L’Iran nel mirino, a rischio il Medio Oriente
Dietro quello che è un altolà gettato in faccia a Washington, c'è la crescita geopolitica dell'Iran nel Medio Oriente allargato e nell'Asia Centrale, che ha avuto nella guerra in Siria e nella crisi irachena la sua più evidente consacrazione. Dopo anni di lotte, Teheran si è ormai posta al centro della Mezzaluna Sciita che dall'Iran giunge fino al Libano, saldando quell'Asse della Resistenza che sta ottenendo il riposizionamento di molti Stati e mutando profondamente gli equilibri dell'area.


I tempi dell'isolamento della Repubblica Islamica sono ormai lontani, con buona pace di Arabia Saudita, Israele, Amministrazione Trump e delle loro politiche demenziali che tentano di trovare uno sbocco proprio nella guerra in Siria. Il fatto è che, nella fase finale di quel conflitto, e per come sono ormai evolute le cose, ogni mossa avventuristica sobillata dal Golfo e messa in atto da Washington rischia ormai di avere conseguenze inimmaginabili. Esattamente come ammonito da Shamkhani.

di Salvo Ardizzone

Fonte: ilfarosulmondo.it
 

tontolina

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L’esperienza di Trump ci libera dal falso idolo della democrazia
Scritto il 19 maggio 2017 by Federico Dezzani
Twitter: @FedericoDezzani
Il bombardamento della Siria ha regalato all’amministrazione Trump un mese di tregua, ma non è stato seguito dall’auspicata rottura dei rapporti tra Casa Bianca e Cremlino. La visita a Washington del ministro degli Esteri russo ha innescato un furioso attacco contro Donald Trump, col chiaro intento di paralizzarne l’azione: l’oligarchia euro-atlantica rifiuta qualsiasi riconciliazione con la Russia. La presidenza di Trump non sarà comunque un’esperienza inutile: dopo i governi tecnocratici in Europa, il recente golpe bianco in Brasile ed le elezioni francesi sporcate dalla strategia della tensione e dall’eliminazione politica degli avversari, l’accanimento contro Trump testimonia che l’idolo delle democrazia è ormai al tramonto.

L’impossibile riavvicinamento alla Russia

» L’esperienza di Trump ci libera dal falso idolo della democrazia












l’oligarchia atlantica, esponente di potenze marittime come il Regno Unito e gli Stati Uniti, è atterrita dallo scenario di un’integrazione economica, politica ed infrastrutturale tra Mosca e degli altri Stati continentali. Un “blocco euroasiatico”, sufficientemente grande da vanificare la strategia dell’anaconda con cui le potenze marittime strangolano gli avversari, si è già formato in questi ultimi sei anni grazie alle crescenti sinergie tra Russia, Cina ed Iran. Gli angloamericani devono perciò impedire a qualsiasi costo,compresa la guerra, che a quest’entità geopolitica si saldino anche gli Stati europei.
 

tontolina

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Un ex militante siriano ha dichiarato alla pubblicazione Sputnik che i terroristi "attuano la politica degli Stati Uniti e di Israele".

Giovedì, dopo il successo dei negoziati con gli ufficiali russi con i gruppi armati illegali sotto il controllo dell'esercito siriano senza combattere hanno ottenuto decine di villaggi e città e gran parte del confine con la Giordania nella provincia di Deraa. Alcuni militanti hanno accettato di collaborare con le autorità siriane e ha raccontato a Sputnik, che la loro leadership è fuggita all'avvicinarsi delle forze governative, lasciandoli in balia di se stessi. Gli ex terroristi affermano la loro intenzione di combattere nelle file dell'esercito siriano, di fare ammenda nei confronti del proprio paese.

Ad esempio, l'ex militante Muhammad Ibrahim Abboud afferma di essersi erroneamente unito ai gruppi terroristici armati dopo essere stato licenziato dall'esercito. Abboud ha anche sottolineato che non sapeva di aver preso le parti dei nemici della sua terra natale.

"Oggi ritorno nei ranghi dell'esercito siriano, che prima avevo abbandonato. I terroristi erano gli esecutori della politica degli Stati Uniti e d'Israele, non eravamo a conoscenza di ciò, volevamo combattere per la nostra patria, per la sicurezza", ha detto.

Abboud desiderava anche che tutti i belligeranti contro l'esercito siriano "diventassero di nuovo figli fedeli della madrepatria".

Gli abitanti dell'insediamento di Naim hanno già iniziato a tornare alle loro case. L'amministrazione locale e la Mezzaluna rossa araba siriana consegnano acqua e aiuti umanitari ai territori liberati. Inoltre, i residenti di questi insediamenti ricevono assistenza medica e la polizia militare russa e il personale dell'esercito siriano assicurano l'ordine e la sicurezza.


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Ex guerrigliero sulla guerra in Siria: attuavamo politica di USA e Israele (VIDEO)
Un ex militante siriano ha dichiarato alla pubblicazione Sputnik che i terroristi "attuano la politica degli Stati Uniti e di Israele".
 

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