COMUNQUE IL PRIMO ANNO DI ISOLAMENTO E' IL PIU' DIFFICILE POI CI SI ABITUA (1 Viewer)

Val

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Non voglio riproporre a Voi, la nenia che trasmetto a chi incontro.

Mi limito ai dati :

In media ogni giorno oltre 485 persone muoiono in Italia a causa di un tumore.

E circa 600 persone per malattie cardio-circolatorie.

Questa patologia rappresenta la seconda causa di morte (29% di tutti i decessi),
dopo le malattie cardio-circolatorie (37%).

In base agli ultimi dati dell’Istituto nazionale di statistica relativi nel 2016 si sono verificati 179.502 decessi attribuibili a tumore,
tra i circa 600.000 decessi verificatisi in quell’anno.
 

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L'incidenza dei tumori in Italia
  • Si stima che in Italia vi siano in un anno 373.300 nuove diagnosi di tumore,
  • circa 194.800 (52 per cento) fra gli uomini e circa 178.500 (48 per cento) fra le donne.

  • Nel corso della vita circa un uomo su 2 e una donna su 3 si ammalerà di tumore.

  • Considerando l'intera popolazione, escludendo i carcinomi della cute,
  • i tumori in assoluto più frequenti sono quelli del colon retto (13,7 per cento)
  • e della mammella (14,1 per cento),
  • seguiti da quello del polmone (11,1 per cento)
  • e da quello della prostata (9,5 per cento solo nel sesso maschile).

  • Esclusi i carcinomi della cute, i cinque tumori più frequentemente diagnosticati fra gli uomini sono
  • il tumore della prostata (18,1 per cento),
  • il tumore del colon-retto (14,8 per cento),
  • il tumore del polmone (14,3 per cento),
  • il tumore della vescica (11 per cento)
  • e quello del rene (4,6 per cento);

  • tra le donne,
  • il tumore della mammella (29,3 per cento),
  • il tumore del colon-retto (12,6 per cento),
  • il tumore del polmone (11,1 per cento),
  • il tumore della tiroide (5,8 per cento) e
  • quello del corpo dell'utero (4,7 per cento).

  • Ci sono ancora differenze nella frequenza dei tumori nel nostro Paese,
  • con percentuali inferiori nel meridione che tuttavia stanno gradualmente salendo, avvicinandosi a quelli del centro-nord.
 

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  • I decessi dovuti a tumori maligni sono stati, secondo l'ISTAT, quasi 177.301 nell'anno 2014

  • (94.412 fra gli uomini e 77.889 fra le donne).

  • La frequenza dei decessi causati dai tumori è in media ogni anno
  • di circa 3,5 decessi ogni 1.000 residenti uomini
  • e circa 2,5 ogni 1.000 donne.

  • In media un uomo ogni 3 e una donna ogni 6 muoiono a causa di un tumore.

  • La mortalità per tumore è in diminuzione in entrambi i sessi, ma l'invecchiamento della popolazione,
  • che è associato al rischio oncologico, fa sì che le morti siano comunque molte in valore assoluto.
  • Per questo la riduzione che si osserva soprattutto in percentuale è difficile da percepire.

  • Anche i bambini e i ragazzi tra 0 e 19 anni che muoiono di tumore sono sempre meno:
  • i decessi sono circa un terzo di quelli registrati nei primi anni Settanta.
 

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Ci stiamo preoccupando per questa malattia ?

Ci stiamo preoccupando di questi morti ?

Che sono 6 VOLTE quelli per coronavirus
(che detto fra noi, nel dato corona sono inclusi anche i malati di tumore polmonare morti per complicanza virus
e tutti quelli morti per le altre complicanze e non per causa unica e diretta, virus)
 

Val

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Capisco che se ad uno gli capita, è suo, , ma i dati sono questi :

Sinora i morti per "concausa covid" - e non per SOLO covid - sono 29.684,
che spalmati dal 21 febbraio (primo morto), sono 76 giorni = una media di 390 al giorno.
 

Val

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Non bisogna avere timore di esprimere la verità.
Così è successo. I malati venivano lasciati in casa - senza cure - sino a quando
si liberava un posto in terapia intensiva, ma il più delle volte era troppo tardi.

Mentre le vittime cadono una dietro l'altra, un medico piacentino ha un’illuminazione:

perché continuiamo ad ammassare i pazienti in ospedale ?

perché li facciamo arrivare in pronto soccorso quando ormai gli manca l’aria, invece di aggredire prima la malattia?

Luigi Cavanna, primario di Oncologia, oggi è conosciuto come il padre del "metodo Piacenza".

Voce pacata, eloquio ordinato.

Riesce a rendere chiaro anche quello che a molti appare oscuro.

"All’inizio si pensava fosse una infezione virale, forse più brutta dell’influenza, ma nulla di così rilevante.
Poi ci siamo resi conto che invece è una malattia drammaticamente seria".

In poche parole il suo rivoluzionario approccio al coronavirus può essere riassunto così:

"Il paziente deve essere trattato tempestivamente e questo vuol dire che va curato a casa".

Semplice, eppure piuttosto complesso.

Soprattutto se devi inventarlo quando, nei primi istanti dell’epidemia, la scienza medica si sta dirigendo in massa nella direzione opposta.

"Se torniamo indietro nel tempo, ricorderete che tutte le televisioni, nazionali o locali, facevano questa raccomandazione agli italiani:
state a casa e non andate al Pronto soccorso. Il problema è che diverse persone hanno seguito il consiglio assumendo solo tachipirina
e alla fine non riuscivano più a respirare, chiamavano il 118 e arrivavano di corsa in ospedale".


A quel punto i medici si trovavano di fronte ad un malato ormai quasi irrecuperabile.

"Il virus all'inizio si moltiplica, poi innesca una risposta immunitaria dell'organismo
che determina una infiammazione che distrugge gli alveoli dei polmoni".

In poco tempo gli organi si lacerano per sempre.
 

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"Lavoro in oncologia ed ematologia, reparti abituati a confrontarsi con la sofferenza e la morte.
Ma in quei giorni ho avuto l'impressione ci trovassimo di fronte a qualcosa mai visto prima.
Faceva paura, talmente tanti erano i malati in quei lettini di fortuna.
Le ambulanze arrivavano in fila a portare altri pazienti, io mi guardavo intorno, incrociavo gli occhi dei colleghi.
Avevamo la percezione di non farcela".

È in quello stato di impotenza che sboccia l'idea di cambiare approccio.

"Nelle riunioni cercavamo sempre di aumentare i posti nelle emergenze e nelle rianimazioni,
ma poi abbiamo capito che questa è una infezione virale che ti lascia del tempo per intervenire.
Non è un ictus, un infarto o un arresto cardiaco che colpiscono in pochi minuti o in pochi secondi:
ti lascia una settimana o anche 10-15 giorni".


C’è quindi spazio per agire prima che il quadro clinico si aggravi.

Il ragionamento è logico: se il paziente in ospedale viene sottoposto a un trattamento basato su un antivirale
e sull'idrossiclorochina (un antimalarico), tutti farmaci che si assumono per via orale,
cosa ci impedisce di iniziare la cura all'insorgere di primi sintomi?

"Ci siamo detti: cerchiamo di andare nelle case, non solo per la semplice visita ai malati,
ma con tutto l’occorrente per curare la malattia tempestivamente".

Così il 1° marzo Cavanna e un infermiere iniziano il loro tour a domicilio.

Sono spedizioni diverse da quelle realizzate da altre Unità speciali (Usca) in Italia.

Non vanno solo a visitare il paziente a casa o a fare il tampone, sono lì per curarlo come se fossero in ospedale.

Con loro portano i Dpi, un termometro, i palmari per realizzare l’ecografia sul posto, un saturimetro, il tampone e un kit di farmaci già pronti all'uso.

Compresa l’idrossiclorochina, già usata contro Sars e malaria.

"Se l'ecografia toracica è dubbia e mostra polmoniti interstiziali, dopo aver chiesto il consenso del paziente,
consegniamo i farmaci e gli diciamo: 'Lei inizi la terapia, anche in attesa del risultato del tampone'.
Alle persone che presentano polmoniti severe lasciamo anche l'ossigeno.
Poi ogni giorno i pazienti ci comunicano i dati della propria saturazione, in modo da poterli monitorare dall'ospedale".

I primi esperimenti Cavanna li porta avanti (quasi) da solo.

Poi dal 15 marzo l'Ausl piacentina si organizza e mette in pieni alcune Usca dedicate allo scopo.

"La prima fu una paziente oncologica, una signora che vive da sola", ricorda Cavanna.
"Era entrata al pronto soccorso con la febbre, la tac aveva evidenziato una polmonite interstiziale,
ma lei aveva atteso lì per dieci ore. Poi aveva firmato la cartella, chiamato un taxi e si era fatta portare indietro.
Il giorno dopo mi ha chiamato dicendomi: 'Io sono a qui, da sola, sto male. O mi venite a visitare a casa o io muoio'.

Lei cosa avrebbe fatto?". Domanda retorica.

"Il dramma di questa infezione è che ha abituato gli italiani a morire da soli.
Veder arrivare due sanitari a portare dei farmaci, che lasciano un numero di telefono da chiamare,
un saturimetro e ti spiegano cosa fare, per loro era già una mezza salvezza.
A me questo ha messo in crisi, perché i malati in un Paese evoluto
non dovrebbero mai avere la percezione di sentirsi abbandonati".


In Italia, purtroppo, è andata così.

La cura "precoce" e "a domicilio" si rivela da subito molto efficace.

"Le persone non peggiorano, guariscono prima e soprattutto non muoiono".

Presto i risultati degli studi sul "metodo Piacenza" saranno pubblicati su una rivista per dare informazioni alla comunità scientifica.

Ma le analisi che a fine aprile Cavanna anticipa sono straordinarie:

"Su 250 pazienti curati a domicilio, le posso dire che nessuno di loro è morto. Né a casa né in ospedale.
Di questi, è stato ricoverato meno del 5% e tutti sono tornati a casa, di cui la metà entro pochi giorni".


Si tratta di dati "veri", "rilevanti" e "rincuoranti", su cui occorrerà fare delle riflessioni.

"Per tanto tempo si è discusso di aumentare i posti in terapia intensiva, una strategia criticabile.
Ma quando un malato va in rianimazione lo dobbiamo vedere come il fallimento della cura.
Dovrebbe essere l'ultima spiaggia: la malattia virale va aggredita precocemente".

Così si può sconfiggere il Sars-Cov-2, "ridurre gli accessi al pronto soccorso"
e "bloccare la storia naturale" del morbo.

Evitando un fiume di vittime.
 

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Quale titolo od aggettivo utilizzare per un governo ed un ministro che non sanno fare 2 + 2 sulle loro decisioni.
Situazione assurda.

“Con la necessità di andare ad adeguare i registratori di cassa per potere applicare la corretta aliquota Iva;
noi commercianti siamo stanchi di essere presi in giro e di essere trattati come uno zerbino dallo Stato
Dopo essere rimasti chiusi per due mesi, con l’unica entrata legata ai 600 euro che non tutti hanno ricevuto
e dopo avere adottato tutte le misure di protezione richieste dalle mascherine alla sanificazione,
sostenendo costi importanti visti gli aumenti spaventosi nell’approvvigionamento,
abbiamo riaperto lavorando nell’ottica di questa possibilità dell’asporto.

Salvo poi scoprire che nel DPCM del 26 aprile nessuno ha pensato di prevedere una norma transitoria,
per queste settimane in cui possiamo restare aperti solo per il take away o le consegne a domicilio,
che tenesse l’Iva da applicare ferma al 10% come di solito avviene per le realtà che fanno somministrazione,
come pubblici esercizi o pasticcerie!


E così se un cliente prende una birra l’Iva da applicare è al 22%, così come se vendiamo un piatto che non abbiamo preparato direttamente noi.

Ma vi sembra normale?

Per tre-quattro settimane di lavoro in queste condizioni dobbiamo adeguare il registratore di cassa sostenendo ovviamente un costo?

Senza dimenticare che abbiamo avuto aumenti anche del 300% su alcuni materiali (tipo guanti o bicchierini)
indispensabili per garantire l’asporto e che non possiamo di certo aumentare il prezzo finale per il consumatore!

Credo che sia una profonda mancanza di rispetto per noi imprenditori. E davvero inaccettabile”.
 

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Altro provvedimento per il quale non trovo il giusto aggettivo.

Qesta mattina, giovedì 7 maggio, le telecamere di Pescate hanno ripreso sei, tra ragazzi e bambini,
giocare insieme a calcio nel parco Addio Monti.

Un comportamento non certo a norma di legge visto che l’attività fisica è consentita solo singolarmente
e che bisogna evitare ogni tipo di assembramento.

Così il sindaco Dante De Capitani ha deciso di non fare sconti ai sei ragazzini,
mettendo al lavoro la Polizia locale per identificarli e recapitare poi alle loro famiglie una multa salata.

“Ore 8.21 al parco Addio Monti di Pescate. Fin che ci saranno irresponsabili come questi nella foto, la pandemia non cesserà…
Come le sanzioni da 400 euro, appena saranno identificati dalle numerose riprese fotografiche già in possesso dalla Polizia locale”.
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Giusto per la statistica.
Nel paese, su 2221 abitanti, ci sono ad oggi 11 abitanti colpiti dal virus........chiamala pandemia.
 

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