CHiEDERE AL POTERE DI RIFORMARE IL POTERE... CHE INGENUITA'!! (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Silviooooo ....tu di strada ne devi fare ancora tanta....impara l'arte e mettila da parte.

Vediamo un po' chi sarebbe il compagno Buzzi .....

Il 26 giugno 1980 Salvatore Buzzi, l’ex estremista di sinistra al centro dell’inchiesta su Mafia Capitale, uccise il suo socio Giovanni Gargano con 34 coltellate.
Non solo.
Inizialmente tentò anche di incolpare dell’omicidio la sua fidanzata dell’epoca, una prostituta brasiliana. Lo rivela il quotidiano Imola Oggi.

«Il Buzzi viveva al di sopra delle sue possibilità – scrive il giornale – infatti girava con un’auto da 12 milioni di lire e viveva in un discreto appartamento con la fidanzata brasiliana di cui sopra. Rubava assegni dalla banca per permettersi questo tenore di vita, il socio Gargano li incassava. Gargano era un pregiudicato all’epoca ventenne. Il Buzzi decise di eliminarlo in quanto il Gargano aveva cominciato a ricattarlo. Fu abile nello sfruttare le possibilità che lo Stato italiano offre ai detenuti, si atteggiò a detenuto modello e nel 1983 fu il primo carcerato a laurearsi in cella in Italia. La sinistra italiana fu tutta commossa e ammirata per questo “vecchio compagno che ha smarrito la buona strada ma l’ha poi ritrovata alla grande”.

Condannato a 25 anni per omicidio – ricorda Imola Oggi – rimase in carcere per 11 anni fino al 1992, quando il presidente Oscar Luigi Scalfaro, commosso dalla redenzione del “compagno che sbaglia”, gli concesse la grazia e lo liberò.

:lol::lol::lol: tutti sapevano, ma ora tutti fanno finta di niente :lol::lol::lol:

Forza Silvio, c'è ancora una speranza :lol::lol::lol:
 

Val

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Trovato questo articolo :lol::lol::lol::

Il movimento cooperativo non si è ancora fatto sentire sui gravissimi fatti legati all’inchiesta della cosiddetta MafiaCapitale. Ma, non serve farlo per prendere le distanze. Non basta farlo per sospendere i cooperatori coinvolti. Le coop, sempre pronte ad affermare i principi di legalità e il rispetto delle leggi, non hanno ancora preso le distanza dai fatti che vedono coinvolte le cooperative e per di più, viene tirato in ballo anche il ministro non eletto Poletti, nomina figlia della cooperazione sponsor del governo renziano. Finora, abbiamo solo sentito parlare di rabbia e indignazione. Le solite balle per i beoti. Come se il mondo delle coop fosse nuovo agli scandali. Uno per tutti in ordine cronologico prima di MafiaCapitale: la condanna degli Errani per la vicenda Terremerse (E.Romagna, Terremerse: condannato il presidente Errani (Pd)
Non serve a nessuno una presa di distanza dai fatti giudicati incompatibili e antitetici coi propri valori. Non basta neanche l’allontanamento dei protagonisti per l’incompatibilità col movimento cooperativo. Occorre debellare una volta per tutte questo ‘sistema cooperativo’. Bisogna dire basta al ‘cooperativismo’! Una ideologia che permea le menti della gente e crea dipendenza.
 

Val

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Chi come me vive nel cuore, o a seconda dei punti di vista, nel buco del culo del mondo cooperativo, lo conosce bene. Il ‘sistema’ è un mondo. Un mondo a sé. Il ‘sistema’ è fare, dire, lavorare, curarsi, mangiare, comprare, viaggiare, giocare, leggere, cosa, quando, dove e come vogliono loro. Nessun obbligo è ovvio. Tutto lecito e soprattutto fatto SPINTANEAMENTE. Ma se fai parte del ‘sistema’ lavori, mangi, ti curi ecc. se non ne fai parte fai molta più fatica a lavorare, quindi mangi peggio, non ti curi adeguatamente ecc. Insomma, come fare o non fare parte di un Club.
Ritengo quindi che nel mondo cooperativo, vi sia la necessità di riaffermare il principio di legalità che è andato a farsi fottere per il vantaggio personale ed economico. Credo soprattutto che, attraverso le proprie rappresentanze, BISOGNA collaborare con la Magistratura e DIRE ciò che si deve dire, per combattere le illegalità e le false cooperative.
Inoltre il mondo cooperativo, attraverso le proprie rappresentanze, dovrà costituirsi parte civile nei processi a tutela del danno arrecato alla moralità, alla dignità e all’attività di milioni di soci che vengono sfruttati e truffati dai DIRINQUENTI ai vertici delle stesse.
 

Val

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Credo possa bastare per oggi .......certo che è un bel modo di fare e ....tutti zitti....altro che mafia.

Quanto sareste disposti a pagare per avere un lavoro da seicento euro al mese? Non serve arrovellarsi troppo, una cooperativa sociale di Padova ha stabilito la cifra congrua: 4000 euro. Questa è la somma che la Codess, membro della Legacoop sociali, chiede ai propri dipendenti neoassunti. Che, almeno sulla carta, sono molto più che semplici dipendenti. In molti casi, la Codess preferisce infatti che i propri lavoratori divengano automaticamente soci della cooperativa. Anzi, «è la condicio sine qua non per essere assunti», spiega Chiara, che per poco più di 600 euro al mese, fino a poche settimane fa, lavorava come educatrice in un asilo nido pubblico di Modena gestito dalla coop padovana. Ed è diventando soci che il posto di lavoro diventa particolarmente “caro”. A prescindere dall’ammontare dello stipendio, che mediamente si aggira tra i 600 e i 1200 euro al mese, un socio lavoratore deve sborsare innanzitutto 3000 euro per comprare la propria quota sociale (molto salata rispetto a quanto chiedono le altre cooperative), soldi che vengono restituiti solo nel caso in cui il contratto di lavoro venga rescisso e il socio chieda di riavere indietro il proprio denaro. Altri 1000 euro devono invece essere versati alla Codess a fondo perduto (quindi senza possibilità di poterli mai rivedere), a titolo di tassa di ammissione soci. Niente paura, però, i 4000 mila euro non bisogna consegnarli subito e in contanti. La cooperativa li scala in piccole e comode rate mensili dalla busta paga.
 

Val

Torniamo alla LIRA
no apettate, c'è l'ultimo. Non poteva mancare .......

È l'avvilente colonna sonora delle primarie Pd: dammi questo voto, zingara. Dopo i cinesi, ecco anche i rom democratici.
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Una rom vota per le primarie del Pd




Il partito di Renzi non si fa mancare nulla e i ras rossi vanno a bussare pure negli accampamenti della desolata periferia romana. La foto dell'aprile 2013 è un sigillo sul sacco capitale, ma l'anno scorso questo era solo un sospetto. Ora l'inchiesta sulla Mafia romana illumina l'intreccio tra partito e coop: la farsa era organizzata. Vizi antichi per il solito scambio di favori. L'eterna ricetta del vecchio Pci che cambia nome per non cambiare niente.
 

PILU

STATE SERENI
Val di che ti lamenti ? zio Silvio ci fa accordi con il PD .. ma non per il bene dell'itaglia.. ma per salvarsi il kiulo....:D:wall:
 

Val

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Cerca cerca e trovi di tutto....ma quelli che dovrebbero controllare ?....mah.....forse ....ma pensare male non è bene :D :lol::lol::lol:

ROMA – “Il miracolo Coop: la grande banca all’insaputa della vigilanza” è il titolo dell’articolo a firma di Giorgio Meletti sulle pagine del Fatto Quotidiano. “A Trieste e in Friuli bruciati da due cooperative 130 milioni di risparmi. I supermercati raccolgono e impiegano 11 miliardi contro ogni regola”.
Alla Banca d’Italia devono essere un po’ distratti. Ci sono circa 11 miliardi di risparmi degli italiani depositati presso i supermercati a marchio Coop e gli occhiuti vigilantes del governatore Ignazio Visco nemmeno lo sanno. O fingono di non saperlo. La storia della banca sommersa di nome Coop è una utile chiave di lettura per lo scandalo Mafia Capitale. L’ormai celebre foto dell’attuale ministro del Lavoro e allora presidente di Legacoop Giuliano Poletti con il ras della cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi non segnala indicibili complicità o silenzi ma una realtà alla luce del sole: alle cooperative, bianche, rosse o nere, tutto è permesso. E secondo una retorica ben rodata chi le critica è un nemico del popolo, anche quando al popolo fanno sparire i risparmi. Il problema della banca clandestina è stato sollevato dal Fatto un anno fa. Se uno porta i suoi soldi in banca, in caso di crac dell’istituto prescelto il suo deposito è garantito dal Fondo interbancario di garanzia. Se uno porta i soldi alla Coop, invece, non c’è nessuna garanzia. Enrico Migliavacca , vicepresidente dell’Associazione delle cooperative di consumo, scrisse al Fatto: “È falso affermare che siano a rischio 10 miliardi di risparmi delle famiglie”. I fatti hanno smentito tanto ottimismo. A Trieste la Cooperative Operaie ha fatto crac al termine di un’acrobatica agonia su cui sta facendo luce la magistratura, e si sono volatilizzati 103 milioni di risparmi di 17 mila risparmiatori. Subito dopo, in Friuli, è saltata la CoopCa, la cooperativa della Carnia. Altri 30 milioni di risparmi. È un mondo a due velocità. I clienti della Tercas, la Cassa di risparmio di Teramo commissariata dalla Banca d’Italia e il cui direttore generale, accusato del crac, è imputato di associazione a delinquere, non hanno perso un euro. I clienti delle Coop, invece, con il crac rischiano di perdere tutto.

 

Val

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Comè possibile? Basta chiamarsi cooperativa, come insegna il maestro Buzzi. Nella citata missiva Migliavacca affermava con nettezza: “Coop non è una banca”. Infatti la raccolta del risparmio che organizza in ogni suo punto vendita (11 miliardi di euro, circa dieci volte la raccolta della Tercas) si chiama “prestito soci”. Il Fatto ha posto alla Banca d’Italia la seguente domanda: “Esiste una forma di vigilanza sul cosiddetto “prestito soci” delle cooperative?”. La risposta è stata: “No. In base alla legge, la Banca d’Italia è competente per la vigilanza sulle banche”. Una seconda, più stringente, domanda (“Un’attività definita di ‘gestione della liquidità dei soci’ può essere svolta da una cooperativa?”), ha ricevuto una risposta più stupefacente della prima: “In assenza di dettagli sulle specifiche caratteristiche dell’attività di ‘gestione della liquidità dei soci’, non è possibile affermare se essa rientri o meno tra le attività riservate agli intermediari finanziari”. Per aprire una banca serve l’autorizzazione della Banca d’Italia e bisogna sottoporsi alla sua vigilanza. Ma se uno apre una banca seguendo due accortezze (non scriverlo nell’insegna e non fornire dettagli alla Banca d’Italia) può fare quel che gli pare.

La questione è quasi teologica. Che cos’è una banca?
Nelle “Istruzioni di vigilanza” della Banca d’Italia si trova la definizione: “La raccolta del risparmio tra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche, fatte salve le deroghe previste dall’art. 11, comma 4, del T.U.”. La deroga riguarda il prestito con cui il socio finanzia l’attività della sua cooperativa.
Poi si legge: “Sono comunque precluse ai soggetti non bancari la raccolta di fondi a vista e ogni forma di raccolta collegata all’emissione o alla gestione di mezzi di pagamento”.

Quindi chi fa raccolta “a vista” o è una banca o delinque.
Che cos’è la raccolta a vista? “La raccolta che può essere rimborsata su richiesta del depositante in qualsiasi momento con un preavviso inferiore a 24 ore”.

Adesso vediamo le cose che i distratti della Banca d’Italia – dopo aver scritto le stringenti regole – potrebbero vedere con una sia pure superficiale ricerca su Internet.

Lo stesso Migliavacca di “la Coop non è una banca” scrive nel “Decimo rapporto delle cooperative dei consumatori”: “Il prestito sociale è una forma di deposito a vista immediatamente liquidabile”. A vista. E continua: “I soci prestatori possono utilizzare la carta Socio-Coop per prelevare contante dal proprio libretto di risparmio e trasferire denaro sul proprio conto corrente bancario. Inoltre (…) i soci prestatori possono utilizzare la carta SocioCoop come strumento di pagamento della spesa e per il prelievo di contante alle casse dei punti di vendita” (…)
 
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