Chi è il vero Macron? Qualche indizio partendo dal maestro Ricoeur (1 Viewer)

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di Antonello Guerrera
10 maggio 2017

“Be yourself no matter what they say, oh, I'm an alien, I'm a legal alien”, “Sii te stesso, non importa quello che dicono gli altri. Oh, sono uno straniero, uno straniero legale”. Domenica sera Cris Cab, 24 anni, cantante americano di origini cubane, figlioccio di Pharrell Williams e conosciuto in tutto il mondo per il singolo “Liar liar” , è stata la guest star sul palco della festa di Macron. E non ci ha pensato due volte ad adattare alla situazione un capolavoro come “Englishman in New York” di Sting, che per il concerto del neopresidente francese sulla spianata del Louvre di Parigi è diventata “Englishman in Paris”: “Dopo che Macron ha sconfitto Le Pen alle presidenziali non potevo non cantarla: era il mio inno all’immigrazione, a coloro che si sentono distanti in luoghi stranieri”.

E lei Cab, nato da cubani emigrati in Florida, non poteva dimenticarla.
“Già. Per questo ho sentito l’invito di Macron ancora più mio, dopo che lo spettro di Le Pen si era dissolto. Amo il mondo libero, siamo tutti figli di immigrati, le persone devono godersi la libertà ogni giorno”.

Quando l’ha chiamata Macron?
“Due giorni prima della vittoria. Il suo staff mi telefona e mi dice: ‘Emmanuel ama la tua musica e il suo messaggio positivo, lo spirito solare, l’ispirazione reggae… vuoi venire a Parigi a suonare alla sua festa domenica?’. E io: ‘Certo, onorato’. Del resto, i sondaggi andavano molto bene, aveva capito che avrebbe vinto in ogni caso”.

Ha parlato direttamente col neopresidente?

“No, purtroppo domenica è stata una giornata troppo impegnata per lui. Ma abbiamo fissato un pranzo per l’estate, in giugno. Gli farò le mie congratulazioni, esprimendogli la mia felicità perché solo lui può unire l’Europa e renderla un posto migliore di quella che è oggi. Non a caso, ho provato una grande emozione nel cantare il mio pezzo più famoso, 'Liar liar' ('bugiardo, bugiardo), contro quelli che dicono falsità per seminare tensioni. Macron invece è per la verità”.

Qual è la cosa che più le piace di Macron?
“È giovane, sa parlare alle nuove generazioni ed è un ponte tra le divisioni della Francia e dell’Europa, che lui vuole cambiare davvero, eliminando tensioni e violenze. Macron è uno che cerca la pace. Ed è raro di questi tempi”.

E qual è la cosa che l’ha colpita di più della festa di domenica sera?
“Un vento di cambiamento incredibile, come quando vinse Obama. Infatti i due hanno molte somiglianze nel loro approccio al mondo e alle persone”.

Spera che anche l'America possa avere un presidente così, più aperto di Donald Trump?
"Le parole di Trump contro gli immigrati mi hanno fatto molto male. Certo che ci sono anche persone pericolose tra quelle che entrano in America. Ma per il resto siamo tutti umani, tutti bloccati in questo mondo, che in qualche modo dobbiamo per forza di cose condividere. Tirare su muri e voltare lo sguardo dall'altra parte non servirà a niente".

Cris Cab: "Macron somiglia a Obama, ecco perché ho cantato per lui"
 

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  • 11/05/2017 20:01 CEST | Aggiornato 20 ore fa - Danilo Ceccarelli

  • Emmanuel Macron scopre le sue carte in vista delle prossime elezioni legislative, previste per l'11 e il 18 giugno. Oggi il segretario generale di En marche!, Richard Ferrand, ha svelato in una conferenza stampa una prima lista di 428 candidati sui 577 previsti. Come sottolineato dallo steso Ferrand, il 52% dei nomi proviene dalla società civile e "non ha mai esercitato un mandato elettivo o politico". Il segretario ha poi ricordato che "l'età media è di 46 anni", contro i 60 dei deputati uscenti, aggiungendo che è stata perfettamente rispettata la parità di genere "con 214 uomini e 214 donne". Anche se per il neo-presidente c'è la grana dei centristi. Bayrou, il leader del MoDem, principale alleato di En Marche! fin dalla campagna elettorale, ha dichiarato stasera che la lista dei candidati pubblicata oggi "non ha l'assenso" del suo partito. E che gli accordi prevedevano "candidature comuni in tutte le circoscrizioni".

    La torera

    Dopo una carriera passata a cavallo sfidando tori nelle arene del sud della Francia, Marie Sara ha accettato la candidatura per la circoscrizione del Gard, nella regione dell'Occitania. Per questa amazzone 52enne si tratta del primo impegno in politica. "Il Presidente della Repubblica mi ha sollecitata, chiedendomi di andare a difendere i suoi valori per combattere contro il Front National e contro l'oscurantismo" ha dichiarato Sara all'AFP. Il suo rivale sarà Gilbert Collard, una delle figure di spicco del partito di Marine Le Pen, già eletto deputato nel 2012.


    Tra i candidati all'Assemblea anche il 37enne Gaspard Gantzer, nominato nel 2014 a capo del polo comunicazione nel gabinetto del presidente François Hollande. Candidato nella seconda circoscrizione di Ille-et-Villaine, in Bretagna, Gatzer ha frequentato insieme a Macron l'Ecole Normale d'Administration, l'istituto da dove escono i più importanti dirigenti statali dle paese, per poi ritrovarlo all'Eliseo pochi anni più tardi. In un'intervista rilasciata a Libération a gennaio aveva dichiarato che "sarebbe stato difficile" lavorare nuovamente con il suo ex collega, diventato oggi il nuovo Presidente della Repubblica.
    Il matematico

    Era una delle candidature più attese, soprattutto dopo l'endorsement annunciato durante la campagna elettorale. Con il suo look da dandy e un'insolita passione per gli aracnidi, Cedric Villani è il matematico-star candidato alla quinta circoscrizione nell'Essonne, nella regione dell'Ile-de-France. Dopo aver vinto nel 2010 la medaglia Field (l'equivalente del Nobel per la matematica), Villani ha ricoperto diversi ruoli di prestigio, come quello di membro dell'Istituo universitario di Francia. Attualmente è direttore dell'Istituto Henri Poincaré di Parigi e membro dell'Accademia delle scienze e del Consiglio strategico della ricerca. In passato Villani ha votato per il centrista François Bayrou e ha sostenuto la candidatura della socialista Anne Hidalgo alle elezioni per il sindaco di Parigi nel 2014. Lo scorso marzo il matematico ha dichiarato ai microfoni di Rtl che Macron "riesce ad attirare molti talenti che non si riconoscono nei partiti tradizionali".


    L'ecologista

    È stato il primo membro del governo a sostenere ufficialmente Emmanuel Macron. L'ecologista Barbara Pompili correrà nella seconda circoscrizione della Somme, nella regione Hauts-de-France, in cui era già stata eletta nel 2012. In un'intervista rilasciata ad aprile a Courrier Picard, Pompili ha dichiarato che quella di En Marche"! è stata "una politica di apertura nei confronti delle nuove candidature" anche per "i deputati uscenti che hanno già un mandato", proprio come lei.

    Il giudice

    Aveva dato il suo appoggio a Macron cinque mesi fa e oggi corre nella seconda circoscrizione del Calvados, nella regione della Normandia. L'ex giudice 58enne Eric Halphen è salito agli onori delle cronache verso la metà degli anni novanta, quando indagò nel quadro dell'inchiesta sulle assunzioni fittizie al comune di Parigi nel periodo in cui Jacques Chirac era sindaco. Halphen è già stato candidato alle elezioni legislative nel 2002, nella circoscrizione dell'Essonne, per l'ex socialista Jean Pierre Chevenement.



    Il sociologo del tempo libero

    Con i suoi studi riguardanti l'utilizzo dello spazio e dei "tempi sociali", il sociologo Jean Viard ha concentrato le sue ricerche sui temi del tempo libero, delle vacanze e delle 35 ore lavorative. Nel corso della sua carriera accademica ha pubblicato diverse opere, tra cui "Quando il Mediterraneo ci sommerge", in cui tratta della questione dell'accoglienza dei migranti.Insieme ad altri 150 intellettuali, nel 2007 si era schierato a favore della socialista Ségolene Royale per una "sinistra di speranza" contro "una destra d'arroganza". Viard è candidato nella quinta circoscrizione del Vaucluse, nella regione della Provenza Alpi e Costa Azzurra.

    L'uomo della sicurezza

    "Sono arrivato al termine della mia vita da poliziotto. Prima della fine dell'anno sarò in pensione e vogli continuare a servire i francesi". Con queste parole l'ormai ex numero uno del RAID (le teste di cuoio francesi), Jean Michel Fauvergue, preannunciava pochi mesi fa un suo prossimo impegno in politica. Ex paracadutista appassionato di arti marziali, Fauvergne ha diretto le operazioni anti terrorismo durante la presa di ostaggi dell'Hyper Cacher nel 2015 e durante l'assedio di Saint Denis nel 2016, pochi giorni dopo gli attentati del Bataclan. Inizialmente dato come possibile Ministro dell'interno, Fauvergue sarà candidato nella Seine-et-Marne, nella regione parigina dell'Ile-de-France.

    La juppeista

    Juppeista della prima ora, Aurore Bergé ha lasciato il partito dei Républicains per unirsi a Macron lo scorso 14 febbraio. Già eletta deputata nelle Yvelines, Bergé ha rotto gli indugi dopo aver assistito al meeting di Macron a Lione tre mesi fa. "Ho visto nella sala persone che non si vedevano più nei nostri partiti: trentenni, dirigenti e giovani attivi" ha dichiarato in un'intervista all'Express, guadagnadosi così la possibilità di ripresentare la sua candidatura nella regione dell'Ile-de-France. Nel corso della sua carriera politica, questa trentenne parigina si è schierata a favore dei matrimoni omosessuali, andando così controcorrente rispetto al suo ex partito.
  • La torera, il genio matematico e gli altri: chi sono i candidati di Macron. Grana centrista: Bayrou non ci sta (di D. Ceccarelli)
 
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Buy European Act, ecco i primi screzi fra Macron e Bruxelles - Formiche.net

Lorenzo Bernardi - 09/05/2017

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COS’E’ IL BUY EUROPEAN ACT


Sotto accusa finisce la politica economica di Macron. Tanto per cominciare, il neo presidente non è il falco liberista che qualcuno, almeno in Italia, ha dipinto. Semplicemente, si tratta di un protezionismo a livello europeo e non nazionale. Lo dimostra il Buy European Act, una proposta che punta a restringere l’accesso agli appalti pubblici alle aziende che collochino almeno metà della propria produzione all’interno dei paesi UE.
Si tratta di una manovra che riguarderebbe in particolare gli appalti delle infrastrutture, dove è significativa la presenza di gruppi asiatici. Il problema è stato segnalato tra l’altro dalla Alstom, multinazionale francese nel settore ferroviario, che ha denunciato come la grande apertura dell’Europa al mercato asiatico non sia reciproca e danneggi l’economia del Vecchio Continente. Con il Buy European Act Macron punta quindi a re-impossessarsi del proprio mercato. Del resto l’aveva scritto nel suo programma. “Abbiamo avuto un approccio naif alla globalizzazione. Ma la globalizzazione è una lotta dura, perché non tutti rispettano le regole. Quindi noi faremo della protezione dell’industria europea uno dei maggiori pilastri di rifondazione dell’Ue”.


Il problema è che l’idea di Macron non piace alla Commissione Europea. Lo ha detto chiaramente il vicepresidente Katainen. “Credo che gli europei siano in grado di fornire beni servizi che soddisfino le richieste dei consumatori europei senza l’aiuto di regole artificiali, che forzerebbero le persone o le autorità locali ad acquistare europeo senza una ragione”. Katainen, che comunque ha salutato positivamente l’elezione di Macron, ha proseguito sostenendo che l’Europa non può permettersi di limitare tutti gli appalti pubblici, suggerendo invece la creazione, seppur difficilmente ottenibile, di un sistema di regolamentazione globale. Al presidente francese ha poi concesso ampio credito. “A sentire quanto diceva durante la campagna, sembrava essere pronto a modellare attivamente la globalizzazione, invece che costruire muri attorno alla Francia. Quindi mi aspetto che la Francia possa avere una grande influenza”.


Cominciano quindi a intravedersi le difficoltà che l’europeista Macron dovrà affrontare per riformare un’Unione estremamente in difficoltà, che forse è l’obiettivo prioritario del suo mandato. È chiaro sin d’ora che non sarà una passeggiata, anche perché il presidente francese dovrà fare i conti con un partner difficile, la Germania. E proprio da Berlino arrivano segnali, se non già di ostilità, quantomeno di fastidio. In primis da Martin Schultz, candidato alla cancelleria per l’Spd ed ex presidente del Parlamento europeo. Il quale prima si è ampiamente congratulato con Macron e poi ha aggiunto: “Alla luce della dibattito della campagna presidenziale in Francia, considero sbagliate la critiche al nostro surplus commerciale”. Si parla dell’annosa questione del “tesoretto” da 266 miliardi di euro che la Germania, secondo le regole, dovrebbe reinvestire nel mercato europeo. Ma nei fatti questo non avviene. Un problema su cui Macron ha puntato il dito ripetutamente definendolo “un rischio per l’Eurozona”, e che ora Schultz liquida così: “Non dobbiamo vergognarci di avere successo. Le nostre esportazioni sono il risultato del buon lavoro che abbiamo fatto in Germania”. Se non bastasse, il candidato socialdemocratico ha invitato il presidente francese a concentrarsi sugli investimenti.


Angela Merkel, sul punto, è d’accordo con il rivale. Sottolineando che il surplus dovrebbe comunque calare nei prossimi anni, la Cancelliera ha dichiarato che “un grande surplus è frutto della qualità dei nostri prodotti. Ed è frutto anche delle politiche della Bance Centrale Europea, che noi non possiamo influenzare”.

Non è finita. Anche il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha ammonito la Francia, invitando Macron a tagliare la spesa pubblica. “Abbiamo un problema in Francia”, ha detto, sottolineando come una percentuale fra il 53 e il 57% del prodotto interno lordo transalpino finanzi la spesa pubblica. “Questo non può essere positivo, sul lungo periodo, con un debito piuttosto alto. Con la Francia dovremo trovare un compromesso. E la Germania non è l’unica a insistere per politiche di stabilità, ci sono anche altri paesi”.

Insomma, Macron è avvisato (anche se il taglio alla spesa pubblica è ben presente nel programma di Macron): il braccio di ferro comincia ora.
 

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La sfida di Macron tra identità e appartenenza – Francesco Nicodemo – Medium

Francesco Nicodemo - Mar. 24
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Visto da qui, dall’Italia quello che più ci interessa e che in un certo senso ci riguarda è che il leader di En Marche nella sua corsa all’Eliseo mette l’Europa tra le priorità. Nell’anno del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, nel periodo in cui la scarsa convinzione verso una gestione dell’Europa improntata all’austerità e basata prevalentemente su regole fiscali viene confusa con la messa in discussione del progetto europeo stesso, sapere che proprio in Francia ci sia un europeista convinto rincuora. “.. se siamo solo un po’ europei, se lo diciamo timidamente, abbiamo già perso” aggiunge ancora, e poi “Marine Le Pen vuole ricreare la conflittualità tra i Paesi europei, ma io sono nato in una zona piena di cimiteri militari e per me vale sempre la frase di Mitterrand: il nazionalismo è la guerra”.

Già perché il bivio è questo: aperura o chiusura, pro o contro Europa, conservatori o progressisti. Parole, solo parole, potrebbero pensare gli scettici ma Macron le parole le pesa e le distingue. Sa bene che una cosa è essere patrioti, essere orgogliosi dei propri colori e che altra è essere nazionalisti. “La battaglia che sarà condotta, è tra i patrioti che siamo noi e i nazionalisti del Front National!” si legge in un tweet del 23 marzo. Patrioti in grado di conciliare passato e futuro.
È consapevole del fatto che c’è differenza tra identità e appartenenza. “Più che il concetto di identità francese, io preferisco quella di appartenenza.” Ha scritto dal suo account Twitter il 9 marzo. Si è francesi o si può diventare francesi? Qui sta l’apertura, nell’essere accolti e nell’accoglierne la cultura, i precetti, i valori. Eppure i timori sono tanti, le paure legate a una società multietnica e multiculturale visti i tempi attuali esistono e non si possono ignorare. Secondo molti si rischia di soccombere all’altro, a chi viene da fuori, perdendo proprio quella identità nazionale su cui punta il Front National. Invece no, perché l’apertura è la ricchezza della cultura francese senza il rischio che quest’ultima venga dispersa o perda di consistenza, come scrive in un tweet del 17 marzo.

Le riflessioni di Macron su identità francese e appartenenza francese ci offrono il pretesto per pensare a questi stessi concetti declinati in chiave europea. Se l’identità è l’eredità delle radici da cui proveniamo, la casa in cui ci sentiamo unici e inconfondibili, l’appartenenza invece è la libertà di scegliere proprio quella casa in cui condividere valori fondanti e meritare l’eredità culturale che essa rappresenta. Quanto ci sentiamo europei? Quanto ne condividiamo i valori? Non è una domanda banale perché l’appartenenza si sperimenta soltanto in una dimensione collettiva, solo se si fa parte di un gruppo, condividendone valori, ideali, esperienze. L’Europa come gruppo esiste, siamo noi, popoli uniti non solo dai trattati, ma dalla storia e dai suoi insegnamenti. Qui si gioca il futuro che, nemmeno a dirlo, è un destino comune. Abbiamo un bagaglio da preservare, da riscoprire e soprattutto da valorizzare.

Come dice Macron, amiamo furiosamente l’Europa, ma rifondiamola, e in fretta.




Così Macron porta la questione identitaria nella casa progressista
 

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16 MAGGIO 2017 - 15:34

L'annuncio del nuovo governo francese inizialmente previsto per oggi slitta di 24 ore. L'Eliseo riferisce in una nota che i nomi dei ministri del nuovo esecutivo guidato dal premier Edouard Philippe verranno svelati domani dalle ore 15.

La decisione di posticipare a domani l'annuncio del nuovo governo francese consentirà al fisco di verificare che ogni singolo ministro sia in regola con le tasse.

"Nel rispetto degli impegni per moralizzare la vita pubblica - si sottolinea nella nota diffusa dall'Eliseo - il presidente della Repubblica (Emmanuel Macron, ndr.), in coordinamento con il premier (Edouard Philippe, ndr.), ha voluto introdurre un tempo di verifica affinché la Direzione Generale per le Finanze Pubbliche e l'Alta autorità per la Trasparenza della Vita pubblica possano realizzare le verifiche necessarie" sulla "situazione fiscale" e scongiurare eventuali "conflitti d'interesse" dei futuri ministri.

Tutti i membri del governo, prosegue la nota, dovranno inoltre "firmare sul loro onore un impegno di integrità e moralità in cui attestano di non essersi mai macchiati di attività contrarie alla legge o alla probità". A loro verrà infine chiesto di impegnarsi ad "esercitare la funzione governativa in modo esemplare".

SDA-ATS
Francia: l'annuncio del nuovo governo slitta di 24 ore
 

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Chi è Édouard Philippe, il primo ministro (conservatore) scelto da Emmanuel Macron - Formiche.net


16/05/2017
L'analisi di Gennaro Malgieri, giornalista e saggista

Era fin troppo scontato che Emmanuel Macron guardasse all’elettorato di centrodestra consapevole che la Francia è in larghissima maggioranza di centrodestra. E lui, per quanti “distinguo” e precisazioni si possano fare, ne incarna la sostanza nuova. Sicché la scelta di Éduard Philippe come primo ministro è coerente con il disegno perseguito fin da quando il neo-presidente abbandonò il governo ed il Partito socialista: la creazione di un grande rassemblement, al di là dei vecchi e moribondi partiti, che possa seguirlo nella ricostruzione del Paese e rinnovare quella “certa idea” della Francia così cara al generale De Gaulle. Chi meglio del giovane sindaco di Le Havre, nonché deputato dei Républicains, con un passato a sinistra ed un presente a destra, sedotto prima da Michel Rocard e poi da Alain Juppé, del quale è stato ritenuto il “delfino” fino a quando il navigato politico gollista ha ceduto il passo a François Fillon, poteva essere più adatto ad incarnare l’idea di governo di Macron?

Creatura di due politici pragmatici, dissimili per formazione, ma prossimi nel concepire lo Stato nazionale nelle sue articolazioni sociali e nella sua intangibilità, Philippe ha così maturato nel corso del tempo una concezione della politica estremamente realistica, non soltanto grazie alla formazione ricevuta all’Ena (come lo stesso Macron), ma sul campo, prima quale sostenitore di Antoine Rufenacht, suo predecessore a Le Havre e poi come allievo e collaboratore di Juppé (del quale è stato capo di gabinetto nel 2007 al ministero dell’Ecologia) quando questi fondò nel 2002, con la collaborazione di Sarkozy, Fillon, Copé l’Ump, erede dell’Rpr, il partito gollista, e generatore della nuova formazione ben presto lacerata da lotte intestine che non poco hanno influito sull’esito delle presidenziali.

“Sconosciuto”, si è detto subito, ma Philippe non lo è nei circoli politici che contano e nel mondo giornalistico dove si esprime con regolarità pubblicando le sue analisi su Libération (giornale che abbandonato la sua connotazione di sinistra “intransigente” per assumere le fattezze di un foglio progressista, liberal ma aperto a molte opinioni dissenzienti). Ed il fatto di ospitare Philippe, notoriamente ostile ai matrimoni tra gay come ad altre derive laiciste a cominciare da un ecologismo spinto fino alla prefigurazione di un pauperismo inaccettabile per un Paese tra i più industrializzati e produttivi dell’Occidente), ne è la prova. Macron ha investito su di lui, non soltanto perché gli è amico da tempo, ma per la maturità dimostrata nell’amministrare una grande e complessa città. Del resto, il presidente si è fatto le ossa come studente dell’Ena girovagando per municipi, prefetture e dipartimenti, laddove cioé lo Stato lo si “vive” toccandolo con mano. E la funzione di sindaco, Philippe l’ha interpretata proprio alla maniera di come Macron guarda alla cosa pubblica: basta sfogliare le pagine del suo libro-manifesto, Révolution, per rendersene conto.
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Perché Éduard Philippe a Palais Matignon spiazza e intriga il centrodestra francese - Formiche.net
 

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Commento | Le scelte anti-sistema di Macron

di Stefano Montefiori

Il nuovo governo francese mantiene la promessa di una parità tra i ministri politici e gli altri, espressione della società civile, quelli che da noi avremmo chiamato tecnici.
È una scelta anti-sistema coerente con il percorso del presidente Emmanuel Macron, che ha conquistato l’Eliseo senza mai essere stato eletto in precedenza e che è diventato capo di Stato senza l’appoggio di un vero partito.

Il movimento En Marche! sta provocando il collasso dei partiti tradizionali e per accelerare questo processo il presidente ha scelto come premier un deputato dei Républicains (destra), Édouard Philippe. Ci saremmo potuti aspettare un governo con molti baroni della destra per proseguire su questa strada e spaccare il partito avversario in vista delle elezioni legislative, invece Macron ha preferito dare un colpo al sistema nel suo complesso.
Si spiegano forse così, come uno schiaffo alla destra e alla sinistra un tempo egemoni, la Giustizia affidata al centrista Bayrou e gli Affari europei alla sua fedele Marielle de Sarnez, entrambi non certo simboli di rinnovamento. Ma i due consumati centristi sembrano l’eccezione in un governo ricco di novità.
Sono solo due anche i Républicains, Le Maire (Economia) e Darmanin (Conti pubblici), mentre sia il premier Philippe sia il ministro dell’Interno Collomb traggono la loro legittimità dall’azione locale come sindaci di Le Havre e Lione. Poi, un ambientalista all’Ecologia, un professore all’Educazione, un medico alla Sanità, una campionessa di scherma allo Sport. Poca vecchia politica, come promesso. Ma un’antica abitudine resiste: tranne la Difesa a Sylvie Goulard, gli altri ministeri importanti — Interno, Esteri, Ambiente, Educazione, Economia, Giustizia — toccano agli uomini

17 maggio 2017 (modifica il 17 maggio 2017 | 22:49)
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Commento | Le scelte anti-sistema di Macron



Chi sono i ministri scelti da Macron


Macron affida a un gollista l’Economia della Francia
 

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la metamorfosi cancerosa dell'europa: se un tempo la destra era nazionale socialista ora si potrebbe dire che la destra e' europea socialista
non e' cambiato molto solo che gli estremisti europeisti non vengono etichettati come nazisti ma progressisti
 

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La destra affine alla destra nazionalista e socialista del passato è quella dei nazionalisti reazionari, anti UE e anti-Euro.
Partiti come Alba Dorata in Grecia , AfD in Germania e in parte il FN in Francia, non a caso partiti nazionalisti e non liberali.
Il FN in Francia probabilmente cercherà di moderarsi per diventare più accettabile per l' elettorato di centrodestra.
 
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