Chi è il vero Macron? Qualche indizio partendo dal maestro Ricoeur (1 Viewer)

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Forumer storico
di Marina Valensise
6 Maggio 2017 alle 06:14

Ora che il 7 maggio è vicino, con la resa dei conti e il ballottaggio, Emmanuel Macron, candidato centrista e vincitore del primo turno delle presidenziali francesi, si leva i panni del bravo ragazzo e tira fuori le grinfie. Così il golden boy della finanza internazionale, il banchiere progressista che vuole liberare energie, rilanciare il lavoro, integrare gli esclusi compie la sua metamorfosi in vista del secondo turno, e semina il dubbio. Chi è il vero Macron? Quali sono le idee che lo ispirano, e che senso ha l’ascendente filosofico di Paul Ricoeur, che lui rivendica, e cosa resta dell’eredità di quel filosofo della politica, studioso di Aristotele e di Machiavelli che il liberale Macron considera un maestro?

Nella migliore delle ipotesi si plaude al ritorno di un intellettuale al potere, dopo anni di abbandono. L’ultimo nel genere, infatti, fu François Mitterrand, che citava “Il Principe” a memoria, e sognava di scrivere come Flaubert. Poi venne un cultore di sumo e di civiltà precolombiane, seguito da un autodidatta nervoso che, prima di riscoprire Proust grazie alle nozze con una cantautrice italiana, cercò di eliminare “La Princesse de Clèves” dal programma per i concorsi pubblici. Su Hollande, assorto nella lettura dell’“Histoire expliquée aux nuls” in canottiera sotto un ombrellone, stendiamo un pietoso velo. Ma Macron adesso rivendica senza complessi il ruolo emancipatore della cultura e la passione delle idee. Ricorda di aver scritto una tesina su Hegel con Etienne Balibar a Nanterre, e rivendica l’apprendistato filosofico con Ricoeur, dopo aver letto Kant, Aristotele e Machiavelli. E in più rende omaggio alla riflessione sulla democrazia e sui rischi di un potere disincarnato, che non riesce a occupare il posto vuoto lasciato dal re, perché da liberale moderato e antigiacobino (ostile al regicidio del 1793) pensa sia giusto riabilitarlo, restituendo dignità alla funzione presidenziale. E’ un vero liberale, ha spiegato Marcel Gauchet, e testimonia l’incapacità della democrazia moderna di riempire uno spazio, oltreché la fragilità della politica che non riesce più a dare un senso di appartenenza e di identificazione in un destino comune. Allora Macron non segna solo il ritorno di un intellettuale al potere, ma anche il ritorno alla verità in politica, da tradurre magari con la ricerca di un consenso nuovo, forte, reale, sincero, che vada oltre i partiti e le vecchie oligarchie.

Eppure, nel pieno della battaglia, i pareri discordano. Myriam Revault d’Allonnes, che di Ricoeur fu allieva e amica, e oggi siede nel consiglio scientifico del Fondo Ricoeur, denuncia “l’esagerato beneficio simbolico” che Macron cerca di trarre dal comune maestro. E’ vero che è stato il suo assistente, ma solo editoriale, precisa la studiosa, solo per aiutarlo a pubblicare una raccolta di saggi, “La Mémoire, l’Histoire, l’Oubli”, uscita da Seuil nel 2000.
Opposto parere mostra lo scrittore Erik Orsenna, già consigliere letterario di Mitterrand e oggi accademico di Francia: “Come Ricoeur anche Macron persegue l’apertura al possibile, dando a tutti la possibilità di esprimersi, di vivere una vita piena. Come Lévinas in ogni essere umano vedeva un volto, così Ricoeur in ogni uomo vedeva una promessa. Macron come lui resta convinto che il senso vero del progresso sia legato alla cultura, perché la cultura è più grande di noi, ci permette di uscire da noi stessi. E’ il contrario della depressione”. Certo, l’interpretazione è minimale e può suonare agiografica. Ma intanto torna in auge uno dei grandi pensatori del Novecento (Seuil pubblica un’antologia di saggi, “Philosophie, éthique et politique”, a cura di Myriam Revault d’Allonne) e i giornali tolgono dall’oblio il vecchio professore alla Sorbona, a Nanterre, riparato a Lovanio e Chicago per sfuggire la contestazione, morto nel 2005, dopo una vita passata a pensare il conflitto, mettendo al centro la vita della polis, e attraversando in solitudine la deriva strutturalista e il trionfo della psicoanalisi. “Non capisco niente”, rispondeva a Jacques Lacan che insisteva per averlo al suo seminario. In fondo, è stato un moderno aristotelico che ragionava sull’aporia tra il consenso al potere e la logica dell’agire comune, meditando senza indulgenza sull’effetto paradossale, in termini di arbitrio e di violenza, che da quel conflitto ne deriva. Era un realista, un pensatore del male, grande lettore di Machiavelli e Kant che ha insegnato a interpretare i testi classici, e a ragionare sui miti e sui simboli che quei testi hanno generato.
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Chi è il vero Macron?


Emmanuel Macron, giovane paladino dell’Europa | Itinerari Costituzionali
 

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di Antonello Guerrera
06 maggio 2017

... Pascal Bruckner è uno dei più famosi scrittori e filosofi francesi. Intellettuale spesso polemista, vicino ai "nouveaux philosophes" come André Glucksmann e Bernard-Henri Lévy usciti dal marxismo, e autore dell'ultimo "Il fanatismo dell'Apocalisse" ... , Bruckner ha scritto anche "Il singhiozzo dell'uomo bianco" e "La tirannia della penitenza, saggio sul masochismo occidentale" e ha seguito con grande attenzione la campagna elettorale delle presidenziali francesi, arrivate al ballottaggio di domani tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Secondo Bruckner, "vincerà Macron. Ma attenzione, non è ancora fatta

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Questo smottamento politico nel suo Paese la preoccupa?

"No, non è un problema così grave. Anche se al primo turno il 50% di loro ha espresso una posizione scettica nei confronti dell'Europa, molti francesi si sposteranno comunque verso il centro al ballottaggio e voteranno in maggioranza per un candidato razionale come Macron. Comunque, si tratta di una frase transitoria, presto torneranno i due partiti principali. Almeno abbiamo evitato un ballottaggio Le Pen-Mélenchon. Sarebbe stato una catastrofe per la Francia".

E cosa ne pensa di Marine Le Pen?
"La detesto, con i suoi modi populisti fa finta di rassicurare il popolo come Angela Merkel. Ma è totalmente diversa: ha un programma economico totalmente folle e lo abbiamo visto anche nel dibattito tv, dove ha esitato moltissimo sull'euro. Non ce la farà, soprattutto per questo".

Neanche se il popolo di Mélenchon, l'esponente di estrema sinistra, cadrà nelle braccia della leader del Front National?
"Non mi stupirebbe se metà degli elettori di Mélenchon votasse per lei. Perché innanzitutto il programma di Marine Le Pen è molto più di sinistra di quello di Macron. E poi storicamente è raro che questa tipologia di elettori si lasci incatenare nelle maglie dei partiti tradizionali. In Francia Mélenchon rappresenta la nostalgia del comunismo, che è ancora viva, decisamente. Molti miei connazionali non hanno mai accettato la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Il comunismo ha oggettivamente fallito, ovunque. Ma per molte persone, come per gli elettori di Mélenchon che ha lodato più volte Castro, Maduro, Cuba, questa ideologia ha ancora un futuro e non è mai caduta".

Perché?
"Perché la Rivoluzione francese ha rappresentato per la Francia la libertà e l'uguaglianza. Per molti francesi l'uguaglianza viene prima della libertà".

E se dovesse succedere l'impossibile secondo i sondaggisti? Se vincesse Marine Le Pen?
"Non voglio sembrare il francese che si sente superiore agli altri. Ma il destino della democrazia in Europa e del mondo libero è sulle spalle della Francia. Il nuovo masochismo dell'Occidente è dire: "Buttiamo giù l'Europa e staremo meglio". Sono tornate le tendenze suicide in Europa, come molto tempo fa. Se il mio Paese domani cede al populismo distruttivo di Le Pen, è finita. Parte della nostra democrazia e dei nostri valori si sbricioleranno. Perciò queste elezioni sono così decisive".

Pascal Bruckner: "Se vince le Pen, sarà la fine dell'Europa e della democrazia"
 
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La commissione nazionale di controllo della Campagna presidenziale francese ha esortato i media a non riferire sui documenti interni diffusi sui social network dopo l'attacco hacker contro lo staff di Emmanuel Macron, candidato social-liberale che domani sfiderà Marine Le Pen nel ballottaggio per l'Eliseo. "La diffusione di informazioni false è suscettibile di costituire un reato, specialmente penale",sottolinea l'organismo di controllo. "Sono in gioco la libera espressione del suffragio e la legalità dello scrutinio". - See more at: Autorità:non date mail hacker su Macron

chi le vuole leggerle mi faccia un bip... :squalo:
 
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7 maggio 2017

A mezzogiorno l'affluenza alle urne è in lieve ribasso rispetto al primo turno: 28,23% rispetto al 28,54%. In ribasso di due punti, invece, rispetto al 2012, quando a votare a mezzogiorno al ballottaggio era stato il 30,66% degli aventi diritto.
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Comunque è la prima volta che il secondo turno vede un'affluenza inferiore, anche se di pochissimo, rispetto al primo. Bassissima l'affluenza 19,54%, - 10 punti, nella Seine-Saint-Denis, regione di sinistra dove aveva vinto ampiamente la sinistra radicale di Jean-Luc Melenchon.

In due candidati hanno già votato. Per Emmanuel Macron è stato bagno di folla fuori dal seggio di Le Touquet dove si è recato insieme alla moglie Brigitte. Invece la candidata del Front National, Marine Le Pen, ha votato a Hénin-Beaumont, pochi minuti dopo il suo avversario.

Per il leader centrista è stato un bagno di folla, con molti sostenitori ad attenderlo a Le Touquet. Il leader di En Marche! ha stretto la mano a molte le persone, altri lo hanno abbracciato o si sono messe in posa accanto per un selfie.
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Elezioni Francia, affluenza il lieve calo. Macron e Le Pen hanno votato - QuotidianoNet



Quanto è di sinistra il programma di Macron?
 

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Bernie Sanders si è congratulato con gli elettori francesi per aver rifiutato xenofobia e razzismo con un voto ad ampia maggioranza

Bernie Sanders Congratulates French Voters For Rejecting Xenophobia And Racism


Bernie Sanders says France 'rejected racism and xenophobia' by voting against Marine Le Pen


Hillary Clinton su Twitter ha scritto di vittoria per Macron, per la Francia, l'Unione Europea e per il mondo

Hillary Clinton shames the media while congratulating France's Macron

Clinton, Sanders weigh in on French election results
 
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"È un onore e una grande responsabilità", ha detto il candidato di En Marche, dopo aver conquistato l'Eliseo. "Farò tutto il possibile nei prossimi cinque anni perché non ci sia più alcuna ragione per votare l'estremismo"

8 Maggio 2017 alle 00:10
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"La Francia ha vinto", ha detto Macron davanti ai suoi elettori, oltre 15 mila persone radunate davanti alla piramide del Louvre. “Ma conosco la rabbia, l'ansia, il dubbio” che una gran parte di francesi ha espresso. E non si può non pensare anche al livello record di astensione (25,3 per cento) e di schede bianche e nulle (12 per cento). "Conosco le divisioni della nostra nazione che hanno portato alcuni a voti estremi. Li rispetto”, ha detto Macron. “ Ma farò tutto il possibile nei prossimi 5 anni perché non ci sia più alcuna ragione per votare l'estremismo".

“Rispetto la decisione di chi ha avuto dubbi – ha ribadito Macron - ma ora mi adopererò per proteggere i più deboli, per garantire l'unità della nazione. Dietro ogni parola che ho pronunciato ci sono volti, vite, ci siete voi. Ed è a voi che mi rivolgo. Siamo eredi di una grande storia e di un grande messaggio da trasmettere”, ha rilanciato il neo-eletto presidente, che punta poi sul tema della difesa della Francia e dell'Unione. "Lavorerò per ritessere il legame tra l'Europa e le nazioni che la formano, tra l'Europa ei suoi cittadini."

In un paese segnato da un lunghissimo stato di emergenza e dal costante allarme terrorismo, Emmanuel Macron ha assicurato che "la Francia sarà in prima linea nella lotta contro il terrorismo sul suo suolo e nelle azioni internazionali. Un nuovo capitolo della nostra lunga storia si apre stasera”. Mi batterò con tutte le mie forze – ha concluso Macron - e costruiremo un futuro migliore, di speranza e di fiducia. Nei prossimi cinque anni la mia responsabilità sarà ritrovare l'ottimismo, servire la Francia a nome vostro".

Il discorso di Macron da presidente: "E' in gioco il destino comune dell'Europa"

07/05/2017 - Alma Pantaleo
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Emmanul Macron ha ringraziato dal suo quartier generale gli elettori che in questo ballottaggio gli hanno, di fatto, aperto le porte dell’Eliseo con un risultato tutt’altro che scontato: 65,5% contro il 34,5% dell’avversaria Marine Le Pen.
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«DIFENDERÒ L’EUROPA»

«Mi rivolgo a tutto il popolo francese: Difenderò l’Europa, la comunanza di destini che si sono dati i nostri popoli. E’ in gioco la nostra civiltà». Ha spiegato il leader di En Marce! e nuovo successore di Hollande, aggiungendo: «Ricostruirò il legame tra l’Europa e i popoli che la compongono, tra l’Europa e i suoi cittadini».

IL MESSAGGIO AI DUBBIOSI E L’IMPEGNO CON I PIÙ DEBOLI

«Mi rivolgo a tutti voi, qualunque sia stata la vostra scelta. Non nego le difficoltà economiche, sociali, l’abbattimento morale. In questo momento voglio rivolgere il mio saluto repubblicano al mio avversario, la signora Le Pen».

«Rispetto la decisione di chi ha avuto dubbi, ... – continua -, ma ora mi adopererò per proteggere i più deboli, per garantire l’unità della Nazione. Dietro ogni parola che ho pronunciato ci sono volti, vite, voi. Ed è a voi che mi rivolgo. Siamo eredi di una grande storia e di un grande messaggio da trasmettere. Voglio garantire l’unità della nazione», spiega Macron in una dichiarazione in cui è apparso emozionato e solenne nel tono.

«Rispetterò gli impegni presi, anche la lotta per il clima – continua Macron. Sarò, saremo in prima linea contro il terrorismo, una battaglia che porteremo avanti senza debolezze. Si apre una nuova pagina, di speranza e di fiducia. Non mi lascerò fermare da niente, da nessuno».

Il neo presidente della Repubblica francese dice che si batterà «con tutte le mie forze e costruiremo un futuro migliore. Cari concittadini, rendo omaggio al presidente Hollande. Nei prossimi cinque anni la mia responsabilità sarà ritrovare l’ottimismo, servire la Francia a nome vostro».

LAVORO, SCUOLA, CULTURA PER UN FUTURO MIGLIORE

Attraverso il lavoro, la scuola, la cultura «costruiremo un futuro migliore», spiega. «Cercherò di eliminare le paure, ritrovare l’ottimismo, unire uomini e donne pronti ad affrontare le sfide enormi che ci aspettano». E conclude: «A partire da stasera voglio con umiltà, devozione e determinazione servire la Francia a nome vostro. Viva la Repubblica, viva la Francia!».

Cosa ha detto Macron nel primo discorso da presidente della Repubblica francese - Formiche.net
 

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6 maggio 2017 - 07:10 di Franco Locatelli

Chi parla conosce bene Macron e non nasconde tutta la sua simpatia per il leader di En Marche. E’ Franco Bassanini, giurista raffinato, presidente di Astrid e di Open Fiber, consigliere del Presidente del Consiglio e già ministro della Funzione Pubblica nel primo governo Prodi quando lanciò la riforma della Pubblica amministrazione che porta il suo nome.

Bassanini ha da sempre un rapporto speciale con la Francia di cui conosce tutta l’elite, sia di destra che di sinistra, che gli ha manifestato più volte apprezzamento, chiamandolo a far parte di numerose commissioni di studio, tra cui la celebre Commissione Attali, e del consiglio d’amministrazione dell’ENA dove nei primi anni Duemila conobbe Emmanuel Macron. A lui FIRSTonline ha chiesto un profilo del candidato liberal-progressista all’Eliseo e, inevitabilmente, un confronto con Matteo Renzi. Ecco l’intervista.

Presidente Bassanini, si racconta che Emmanuel Macron debuttò sulla scena pubblica francese nel 2006 nella Commissione Attali per la liberazione della crescita di cui lei faceva parte insieme a Mario Monti e ai migliori intellettuali, manager pubblici e privati e imprenditori francesi: fu in quell’occasione che lo conobbe e che impressione le fece?

"No, per la verità l’avevo conosciuto qualche anno prima, nel 2002, all’ENA quando io ero nel consiglio d’amministrazione e lui era ancora studente. Poi, ancora prima della Commissione Attali, ci conoscemmo meglio nel Comité d’évaluation des strategies ministerielles de réforme nel quale Raffarin mi aveva nominato grazie alla riforma della Pubblica amministrazione che porta il mio nome e che in Francia è stata studiata e apprezzata… più che in Italia. Macron ne era il rapporteur e mi fece subito una grande impressione: a 26-7 anni era già super, molto competente e molto preparato. Mi ricordava un po’, per il suo spessore culturale e per la sua brillantezza intellettuale, Giuliano Amato con 35 anni meno. Poi ci siamo frequentati e conosciuti meglio quando diventò segretario generale del gruppo dei Gracques, un think tank liberal-socialista che ha molto contribuito alla sua maturazione politica e con cui la nostra Astrid è gemellata. I lavori della Commissione Attali, di cui pure era rapporteur, hanno cementato la mia amicizia e la mia stima per lui, che si è poi rafforzata durante la sua successiva carriera politica e di governo".

C’è chi dice che in qualche modo Lei e Monti, contribuendo a scrivere il Rapporto finale della Commissione Attali, abbiate ispirato il programma attuale di Macron che di quel Rapporto ha fatto tesoro.

"Troppo onore. Anche volendo, Macron non avrebbe potuto replicare nel suo programma il Rapporto Attali per la semplice considerazione che quasi l’80% delle raccomandazioni di quel Rapporto sono già state attuate. Quel che però è vero è che Macron ha fatto suoi alcuni motivi ispiratori della Commissione Attali, come l’idea forte di liberare le energie dell’economia e della società, imbrigliate da troppi lacci burocratici e regolatori, come l’ossessione per gli investimenti nel capitale umano (dagli asili nido alle Università, alla formazione), considerati la priorità delle priorità delle politiche pubbliche, e come la visione positiva e ottimista della Francia e dell’Europa, che non sono condannate al declino se faranno le riforme necessarie".
... qual è il suo giudizio su Macron e quali sono i suoi maggiori pregi e i suoi difetti?

"Premetto che non sono un giudice imparziale perchè sono troppo amico di Macron. Tra i suoi maggiori pregi vedo l’eccellenza della sua preparazione culturale, sia economica che giuridica, nettamente superiore alla media dei leader europei. Tra i suoi difetti, ancorchè corretti nella sua recente campagna presidenziale, vedo invece una scarsa empatia nella sua comunicazione, che è un po’ troppo indiretta e cerebrale e poco carismatica. Ma è sui contenuti che più colpisce la novità di Macron".

In che senso?

"In primo luogo perché Macron ha capito con grande chiarezza che il populismo non si combatte inseguendolo ma sfidandolo con proposte costruttive, che affrontino i problemi e i disagi di cui si alimenta. In secondo luogo perché s’è mostrato perfettamente consapevole che l’Europa va profondamente rifondata ma è la sola risposta che abbiamo per vincere le sfide della globalizzazione. In terzo luogo, perché ha capito che per l’Europa e per la Francia serve discontinuità sia sul piano delle idee che delle classi dirigenti. Infine Macron ha compreso che i programmi elettorali non sono i programmi di governo, devono mobilitare coscienze, motivare passioni, far appello ai valori, indicare grandi obiettivi, ma devono nel contempo essere coerenti con precisi progetti di riforma che saranno il cuore del programma di governo".

In una parola come potremmo classificare politicamente Macron? Liberal, progressista, centrista, liberal-socialista, liberale di sinistra o che altro?

"E’ un liberal moderno che sa raccogliere il meglio dell’anima e della cultura liberaldemocratica e di quella liberalsocialista. Pragmatico com’è, Macron rifugge dalle definizioni. Ma non è lontano dal quel modello di moderna economia sociale di mercato, che piace ai tedeschi e che è stato adottato dal Trattato di Lisbona; non avrà difficoltà a intendersi con Angela Merkel, ma non subirà passivamente la guida tedesca. Le racconto un fatto inedito che chiarisce meglio di tante parole l’orientamento di Macron sull’Europa".

Prego.

"Nel dicembre del 2015, durante una cena che apriva la conferenza annuale delle società di assicurazione francesi, Enrico Letta fece un’analisi molto approfondita e raffinata dei problemi dell’Unione europea e sostenne che, per risolverli, occorreva, piacesse o no, rilanciare l’asse franco-tedesco. Macron dichiarò di condividere al 100% l’analisi di Letta, ma non la conclusione perché, a suo avviso, il rapporto di forze tra Germania e Francia è ormai troppo sbilanciato a favore dei tedeschi e un asse a due sfocerebbe in un’Europa a egemonia tedesca. Al contrario, disse in quell’occasione Macron, per rilanciare l’Europa serve un motore formato da tre o quattro grandi paesi nel quale l’Italia e forse la Spagna insieme alla Francia possano controbilanciare la Germania e spingere verso politiche più favorevoli alla crescita e agli investimenti".

Bassanini: "Macron, una scossa per la Francia, per l'Europa e anche per l'Italia"
 

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7 maggio 2017

Numerose le reazioni internazionali alla vittoria schiacciante di Macron nel ballottaggio delle presidenziali francesi.
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Il presidente della Commissione europea , Jean-Claude Juncker, ha scritto a Emmanuel Macron per congratularsi per la sua vittoria alle presidenziali. Juncker si è detto felice che i francesi abbiano scelto un futuro europeo e ha detto di voler lavorare con Macron "per un'Europa più forte e più giusta".

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Tusk: hanno scelto la libertà non le fake news "Congratulazioni a Emmanuel Macron e ai francesi che hanno scelto la Libertà, l'Uguaglianza e la Fraternità e detto 'no' alla tirannia delle 'fake news'". Così il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk su Twitter dopo l'elezione di Macron all'Eliseo.

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Tajani: congratulazioni Macron, ora cambiare Ue "Congratulazioni a Emmanuel Macron, contiamo su una Francia che contribuisca a cambiare l'Unione per riavvicinarla ai cittadini!". Così su Twitter, dopo la vittoria di Macron, il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani che, secondo quanto apprende l'Ansa, ha intenzione di invitarlo a intervenire in plenaria all'Europarlamento.

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Weber (Ppe): vittoria Macron è "immenso sollievo" Il presidente del gruppo del Partito popolare europeo all'Europarlamento, Manfred Weber, ha definitivo la vittoria di Emmanuel Macron alle presidenziali in Francia come "un immenso sollievo. Weber si è congratulato con Macron su Twitter. "Questo è un voto per la democrazia e lo stato di diritto, per l'Europa, per le riforme e per il futuro", ha scritto il capogruppo del Ppe. "Queste elezioni dimostrano che la gente è pronta a lottare contro l'estremismo e il populismo", ha aggiunto Weber.
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Le felicitazioni al neopresidente francese giungono anche dal premier spagnolo, Rajoy.
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Franco Mirabelli ·
8 maggio 2017

La politica francese in queste settimane è diventata il centro del mondo
. Il risultato elettorale delle presidenziali di Francia, infatti, è importante per tutta la politica europea e non solo, in quanto determinerà il futuro dell’Europa oltre che della Francia stessa.

Come è noto, le questioni europee sono state un punto determinante nel dibattito politico che ha caratterizzato le elezioni francesi e la vittoria di Emmanuel Macron, in questo senso, credo sia un segnale molto importante.

Il confronto elettorale tra Macron e Le Pen, infatti, è stato molto simile a quello che si è verificato in altri Paesi europei ma anche negli Stati Uniti e in Italia (dove, su posizioni lepeniste, si ritrovano Salvini e Meloni).

È stato un confronto tra chi, di fronte alle paure e alle insicurezze delle persone provocate dalla globalizzazione, sceglie di chiudersi, costruendo muri e utilizzando ricette che guardano indietro e chi, invece, riesce a rendere credibile – come ha fatto Macron – un progetto di speranza per il futuro che guardi avanti senza rinunciare agli ideali e ai valori che hanno fatto grande l’Europa.

La vittoria di Macron dice che questa opzione può vincere e battere il populismo di chi specula sulle paure anziché affrontare i problemi e di chi cerca capri espiatori invece che soluzioni per migliorare la vita delle persone.

Penso, inoltre, che la vittoria di Macron sia utile per l’Europa.

Se avesse vinto Marine Le Pen, infatti, non avrebbero perso le banche – come affermano i suoi sostenitori – ma l’Europa.

Sicuramente l’Europa va riformata – e questo lo sostiene anche Macron – ma fino ad ora ci ha garantito anni di pace. Negli ultimi anni, purtroppo, l’Unione Europea è stata vissuta come un impedimento e non come un’opportunità e occorre lavorare per farla tornare un’opportunità.

E Macron ha vinto anche perché ha saputo spiegare che ci può essere un futuro politico per l’Europa senza rinunciare ai valori e all’identità europea, senza chiudersi e senza costruire muri; ma chiarendo che costruire muri, al contrario, significherebbe perdere una parte di noi stessi e dell’Europa.

Macron ha convinto i cittadini su questo, riuscendo a dare speranza ad un Paese martoriato dagli attacchi terroristici.

Questo è un aspetto molto importante. Solo qualche mese fa in Europa si pensava che avrebbero trionfato i populisti sia in Olanda che in Francia e ciò avrebbe portato alla dissoluzione dell’Europa.

Il Front National, inoltre, aveva fatto una bandiera proprio della lotta all’immigrazione e si ipotizzava che gli attacchi terroristici avrebbero potuto dare al movimento una spinta forte e, invece, nonostante ciò, in Francia ha prevalso l’idea che un Paese non deve perdere se stesso e che ci può essere una speranza da costruire, mentre l’idea della Le Pen è disperata e non guarda al futuro.

Sono contento, quindi, della vittoria di Macron perché vuol dire che si è scelto di cambiare guardando avanti e non indietro, senza rinunciare ai nostri valori che nascono con la Rivoluzione Francese e mostrano che non sono i muri a risolvere i problemi ma, anzi, bisogna aprirsi e non chiudersi.

Questo non significa non governare l’immigrazione o non combattere il terrorismo ma vuol dire farlo senza perdere la nostra identità.

Anche per l’Italia la prospettiva deve essere quella di non chiudersi. Serve una speranza diversa: il PD lavora con questa stessa visione. Noi siamo l’unico partito che ha fatto un congresso vero, con migliaia di iscritti e primarie aperte, un congresso che ha riconfermato a larga maggioranza il segretario Matteo Renzi. Ora il PD, dopo un periodo di difficoltà, è in grado di ripartire e mettere in campo un progetto per il Paese e, intanto, c’è un Governo che sta completando le riforme avviate in questi anni e i cui risultati si stanno cominciando a vedere.

Un errore dei sostenitori di Marine Le Pen è stato poi quello di considerare Macron come la “continuità”.

Macron, invece, non rappresenta la continuità ma è la rottamazione del sistema politico francese e dei suoi partiti tradizionali.

Macron è una spinta verso il riformismo sano. La politica francese con questo esito elettorale ne esce profondamente cambiata e la forza di questo cambiamento sta nella capacità di rompere i vecchi schemi.

Anche il PD è nato per fare questo in Italia. E questo è stato ciò che gli elettori francesi hanno riconosciuto e che spiega l’elevato numero di consensi ottenuto dal movimento nuovo di Macron.

Macron non è un personaggio nuovo ma ciò che ha saputo fare dimostra che sicuramente non è in continuità con ciò che è stato.

Il sano riformismo di Macron
 

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06/05/2017 - Francesco Bechis

Il saggio uscito per Il Mulino di Lorenzo Bini Smaghi ha un titolo paradossale: “La tentazione di andarsene”. Perché nel libro Bini Smaghi, già membro dell’Executive Board della Bce ... , invita a fare l’esatto opposto: non solo a restare nell’Europa e nell’euro, ma a restarci convinti, a uscire dall’ambiguità della facile retorica antieuropeista e riportare l’Italia nel posto che le spetta a Bruxelles. Venerdì scorso alla Luiss l’autore ha presentato il libro con i suoi amici e colleghi della Luiss School of European Political Economy: Jean-Paul Fitoussi, Marcello Messori e Gianni Toniolo.

Forse proprio la sua esperienza alla Bce di Jean Claude Trichet, che lo ha confermato tra gli economisti di punta in Europa, ha permesso a Bini Smaghi di vivere il risentimento anti-Ue negli anni peggiori della crisi. Il suo libro ne affronta il volto più evidente, quello della sfiducia nelle istituzioni. In questo l’Italia è tra i primi posti in Europa: dal governo Monti a Letta passando per Renzi, la fiducia degli italiani nelle istituzioni dell’Ue è andata scomparendo.
La teoria del “complotto” di un’UE comandata da Berlino a danno dei paesi del Sud trova però una risposta simmetrica.

Per Bruxelles i Paesi del sud non lavorano abbastanza, non pagano i debiti, e si divertono con le donne, per parafrasare una sortita del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.
Chi ha allora la responsabilità di questa “dissonanza cognitiva” che porta a dare sempre la colpa all’Europa? In primis quei politici italiani che si dicono “europeisti” ma poi inseguono i populisti nelle critiche all’UE: “Perfino Mario Monti alla fine del suo governo ha ammesso di aver esagerato con l’austerity rinnegando se stesso”. Poi il riferimento al braccio di ferro con l’UE di Matteo Renzi negli ultimi mesi a Palazzo Chigi: “Quello di Renzi in Italia doveva essere il primo governo europeista dopo la crisi. Alla fine ha tradito questo suo europeismo per correre dietro ai grillini. Ma gli elettori preferiscono sempre la versione vera rispetto alla copia falsa”.

Per questo l’ex premier non è affatto il “Macron italiano”: “Chi è il Macron italiano? Non esiste, nel dibattito con Marine Le Pen lui non ha mai detto che la colpa di tutti i problemi è l’Europa. Macron è il primo vero candidato francese europeista. Mitterand, Chirac e gli altri prima di lui hanno fatto campagna elettorale contro l’Ue ma poi una volta all’Eliseo hanno cambiato opinione. Macron dice ‘dobbiamo cambiare la Francia per cambiare l’Europa’, nel nostro Paese si vuole cambiare l’Europa per evitare di cambiare l’Italia”.

Anche Fitoussi, che come è noto non è un ammiratore di questa Europa né tantomeno dell’euro, guarda a Macron con speranza ...
Per Fitoussi le cause della diffidenza delle persone verso l’Ue non sono tanto economiche quanto politiche. Innanzitutto si percepisce una crisi della rappresentanza, una sfiducia circa il reale peso politico del voto nazionale: “La gente ormai pensa che con il voto si può cambiare governo ma non tipo di politica: è quello che è successo con Tsipras quando è stato eletto in Grecia”. A questo si aggiunge che i Paesi membri sono sempre più restii a cedere sovranità a Bruxelles quando non ne scorgono i benefici: la crisi migratoria a cui la Grecia e l’Italia hanno dovuto far fronte da sole è un esempio lampante, “l’Ue è stata così incapace di affrontare il problema che ha dato a un mercenario, la Turchia, il ruolo di gestire le sue frontiere”.

“Ci sono allora due modi di abbandonare l’UE”, conclude Bini Smaghi, “il primo è quello del Regno Unito: una nazione che fa una scelta difficile, si aggrega dietro al capo del governo e inizia a dialogare con i precedenti partner. Poi c’è quello della Grecia, che si è accorta di voler uscire ma non ha avuto la forza per trovare un’alternativa seria”. L’Italia deve evitare di rimanere in bilico e abbandonare “la tentazione di andarsene” se vuole contare in Europa: “il mio timore è che l’Italia rimanga attaccata all’Ue col cordone ombelicale ma incapace di incidere sul suo futuro: un atteggiamento del genere non farebbe che aumentare l’antieuropeismo e allungare la crisi”.

Cosa dicono Bini Smaghi e Fitoussi su Europa, euro e Macron - Formiche.net
 
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