Chi ama i gatti qui dentro? (1 Viewer)

Claire

ἰοίην
Capitolo primo, in ritardo e fuori posto.

Miss Rondinella era, oltre che graziosa, un po’ matta (sarebbe più giusto dire pazzerella). Anche se andava ancora alla scuola per uccellini – dove il Pappagallo dava lezioni di religione – ed era così giovane che i suoi rispettabili genitori non le permettevano di uscire sola la sera, insieme ai suoi corteggiatori si dava grandi arie di indipendenza e si vantava di avere ottimi rapporti con tutti gli abitanti del parco. Era amica dei fiori e degli alberi, delle oche e delle galline, dei cani e dei sassi, dei colombi e del lago. Parlava con tutti, con aria di sufficienza, e non si rendeva conto di suscitare molte passioni.
Perfino il Reverendo Pappagallo, che sbandierava ai quattro venti la sua virtù e che tutti consideravano un mezzo prete per via del periodo passato in seminario, durante le lezioni le faceva gli occhi dolci.
Nonostante tutti questi omaggi, però, nella vita di Miss Rondinella c’era un’ombra: il Gatto Tigrato. O meglio, il fatto di non essere mai riuscita a parlare con lui. Quel tipo superbo e silenzioso, che si credeva chissà chi, le faceva venire il nervoso. Aveva preso l’abitudine di spiarlo mentre dormiva o prendeva il sole sul prato. Nascosta sul ramo di un albero, passava ore ad osservarlo e fantasticava sui motivi per cui il bruttone non se la faceva con nessuno. Ascoltava gli altri che parlavano male di lui, ma poi guardava il suo naso rosa, i suoi lunghi baffi e – non si sa perché – dubitava dei loro racconti. Le rondinelle sono così, non c’è niente da fare. Se cominciano ad avere dei dubbi, è impossibile far loro capire le verità più semplici, certe e provate. Sono cocciute, danno retta solo al loro cuore.
Il Gatto Tigrato, dunque, era l’ombra nella vita chiara e serena di Miss Rondinella. A volte, mentre cantava una delle belle canzoni imparate dall’Usignolo, lei si fermava perché vedeva (o indovinava) il gran corpo del Gatto che passava, diretto al suo angolo preferito. Allora si levava in aria, seguendolo lentamente, e un pomeriggio si era divertita a lanciargli dei pezzetti di legno sul dorso. Il Gatto dormiva e lei se ne stava nascosta tra le foglie degli alberi, ridendo ogni volta che un pezzetto di legno centrava la schiena del pigrone, che apriva un occhio e si guardava attorno. Subito, però, lo richiudeva, pensando che doveva trattarsi di qualche scherzo del vento. Ormai da molto tempo il Gatto Tigrato sapeva che non serve a nulla correre dietro al vento e prenderlo a zampate. La cosa migliore è lasciare che si stanchi dei suoi scherzi. Quel giorno, però, la cosa continuava e lui decise di andarsene. Anche Miss Rondinella se ne andò, felice di aver giocato uno scherzo al Gatto Tigrato.
Fu quello il giorno in cui ebbe il famoso colloquio con la Mucca Mocha. La Mucca Mocha era una delle personalità più importanti del parco. Godeva di un prestigio quasi uguale a quello della Vecchia Civetta. Era tranquilla, addirittura solenne, molto cauta, carica di titoli nobiliari e discendente di un toro argentino di nome Rachel Pucio. Però aveva anche un carattere vendicativo e un umore instabile. Tenerissima con quelli che amava – era molto amica, ad esempio, della coppia di oche – brusca e violenta con chi non le piaceva, come la Mosca Cavallina, i cani e soprattutto il Gatto Tigrato.
Il Gatto Tigrato non le piaceva perché, essendo lei un personaggio altamente rispettabile e d sangue aristocratico, un una certa occasione ormai piuttosto lontana si era ritenuta gravemente offesa dal misero felino. Bisogna dire, infatti, che nonostante la sua circospezione la Mucca Mocha amava, qualche volta, fare dell’ironia. E così una volta, incontrando il Gatto Tigrato nel recinto degli animali (sicuramente ci era andato con la speranza di rubare un po’ di latte), gli aveva detto, un po’ per scherzo, un po’ per disprezzo:
“Così piccolino e già con i baffi!”
E il Gatto, con imperdonabile mancanza di rispetto, ebbe il coraggio di risponderle:
“Così cicciona, eppure senza reggipetto!”
La Mucca Mocha stava per assestargli un calcio, ma il Gatto era già lontano e rideva tra sé con la sua risatina malvagia. Il parco intero fu dell’opinione che la Mucca Mocha era stata terribilmente insultata e quella sera stessa molte famiglie andarono a farle visita per dimostrarle la loro solidarietà, visto che lei piangeva ininterrottamente, affranta. Primo fra tutti arrivò il Reverendo Pappagallo, che si ubriacò e divertì gli altri visitatori raccontando le barzellette imparate nella cucina del seminario. Anche la Mucca Mocha smise di piangere e iniziò a ridere, ma poi pianse di nuovo, stavolta per il troppo ridere.
Quando la Rondinella le raccontò in che modo aveva passato il pomeriggio, la Mucca Mocha si dispiacque che lei avesse tirato in testa al Gatto solo qualche pezzetto di legno, invece che sassi grandi così: almeno l’avrebbe fatta finita una volta per tutte. Ma quando la piccola Miss, inorridita per l’idea sanguinaria, le confessò di aver gettato i legnetti solo per poter attaccare bottone col Gatto, toccò alla Mucca inorridire:
“Parlare col Gatto? Davvero ci tieni, pazza che sei? Dio mio, non fare la stupida!”
Poi continuò:
“Allora non sai che quello è un gatto, un gatto cattivo, e che una rondinella rischia di compromettere l’onore della famiglia, se per caso ha a che fare con lui o se soltanto lo saluta? E che i gatti sono i peggiori nemici delle rondini, tanto è vero che molte delle tue parenti sono morte tra le unghie di gatti come quello, tigrati o non tigrati?”
E via con la predica. Come poteva pensare, rondinella pazza, di andare contro una tradizione antica e di disobbedire a regole consacrate dal tempo, facendo un simile sgarbo agi amici e dando un tale dispiacere ai suoi genitori?
“Ma non mi ha fatto niente…”
“E’ un gatto, e per di più tigrato!”
“E anche se è un gatto per di più tigrato? Ha un cuore come noi…”
“Cuore?” si indignò la Mucca Mocha, che come possiamo vedere si arrabbiava facilmente. “Chi te lo ha detto, che ha un cuore? Chi?”
“Io veramente pensavo…”
“L’hai visto, il suo cuore? Avanti, dillo!”
“Vederlo, non l’ho visto.”
“E allora?”
Andò avanti per un pezzo. Raccontò quel che lui le aveva fatto e, ricordando l’insulto, sparse qualche lacrimuccia. Poi altri consigli, altre raccomandazioni: i consigli erano la sua specialità. Infine due o tre regole di buona creanza, piene di moralità un po’ rancida. Le spiegò come deve comportarsi una giovane rondine in età da marito, cosa può fare e cosa non può fare. Prima di tutto, non deve parlare con i gatti e specialmente col Gatto Tigrato.
Miss Rondinella ascoltò attentamente, perché era bene educata, e si fece triste. Non avrebbe dovuto parlare col Gatto, era stata una cattiva idea. La ragione stava certamente dalla parte della Mucca: lei aveva esperienza e una voce così nobile e calda! Solo che la Rondinella, cocciuta, non riusciva a capire perché fosse un peccato così grave parlare col Gatto. Comunque giurò alla Mucca che non avrebbe mai più lasciato cadere pezzetti di legno sul dorso giallo e nero del Gatto Tigrato, e che non le sarebbe più venuto in mente di parlare con lui.
Ma giuramento di rondinella non vale granché, e non bisogna credergli troppo. Figurarsi, poi, il giuramento di una rondinella giovane, con la testa calda e l’anima avventurosa. Sono sicuro che mentre giurava sapeva già che non avrebbe mantenuto il giuramento. Continuò a spiare il Gatto. Non gli tirò mai più pezzetti di legno, ma non per via del giuramento: solo per paura che lui se ne andasse, convinto che il vento gli stesse facendo uno scherzo. E così era andata a spiarlo tutti i giorni, finché, il giorno in cui arrivò la primavera…
Qui finisce il primo capitolo. Ora torniamo alla storia, proprio nel punto in cui l’abbiamo lasciata.
 

Claire

ἰοίην
La primavera è finita

I genitori della piccola Miss continuavano a sgridarla. Ma erano così entusiasti del loro atto eroico (avevano avuto il coraggio di affrontare il Gatto Tigrato per salvare la figlia) che in fin dei conti non la sgridavano così tanto. Papà Rondine diceva a Mamma Rondine:
“Quanto vogliamo bene a nostra figlia, l’abbiamo salvata!”
E Mamma Rondine rispondeva:
“Che bravi genitori siamo, noi sì che sappiamo proteggerla!”.
E si guardavano, ammirandosi l’un l’altro.
Proibirono una volta per tutte alla Rondinella di avvicinarsi ancora al feroce nemico. Ma, se le promesse di una giovane rondine valgono poco o nulla, si sa che le proibizioni servono solo a farla diventare più curiosa. Non che la Rondinella fosse di quelle che, a dirle: “Non fare questo e quest’altro”, subito lo fanno. Anzi, era affettuosa e obbediente, amava i genitori. Era bene educata, gentile e buonissima. Però preferiva essere convinta in modo giusto e ragionevole, e nessuno le aveva ancora dimostrato che mantenere rapporti cordiali col Gatto Tigrato fosse un peccato o un delitto. E dunque, quando appoggiò la gentile testolina sul petalo di rosa che le serviva da cuscino, aveva già deciso di continuare la chiacchierata il giorno dopo.
“ E’ brutto, ma simpatico…” mormorò prima di addormentarsi.
Quanto al Gatto Tigrato, in quella prima notte di primavera pensò anche lui alla dispettosa Miss Rondinella, mentre posava la testa sul cuscino. Anzi no: a dire il vero lui non ce l’aveva, il cuscino. Oltre che brutto e cattivo, il Gatto Tigrato era anche povero, e appoggiava la testa sulle zampe. Ma era un tipo di poche pretese e gli andava bene così. Le cose di cui sentiva la mancanza erano altre: simpatia, affetto e salsicciotti viennesi.
Era andato a dormire più tardi. Prima aveva vagato per il parco, graffiando la corteccia dei tronchi e miagolando senza ragione, con una gran voglia di andarsene in giro per i tetti come faceva negli anni lontani della giovinezza. Il buon profumo della terra gli penetrava nel naso, e i lunghi baffi vibravano inquieti. Si sentì così giovane che gli venne perfino voglia di correre con i cani.
E forse l’avrebbe fatto, se loro non si fossero allontanati, preoccupatissimi, quando lui si avvicinò.
Si sentiva così languido e così pieno di vago desiderio che mormorò tra sé:
“Forse sto male.”
Si mise una zampa sulla fronte e disse:
“Brucio di febbre…”
Verso sera, tornando al suo letto (un vecchio straccio di velluto), guardò in un fiore e ci vide riflessi gli occhi a mandorla della Rondinella. Febbricitante, andò al lago per bere un po’ d’acqua e anche là gli sembrò di vedere la Rondinella che sorrideva. E la riconobbe in ogni foglia, in ogni goccia di rugiada, in ogni raggio del sole al tramonto, in ogni ombra della notte che stava arrivando. Poi la scoprì, vestita d’argento, nella luna piena, e miagolò verso di essa un triste miagolio. Era notte fonda quando riuscì a prendere sonno. Sognò la Rondinella, ed era la prima volta che sognava, dopo tanti anni.
Bisogna concludere che il Gatto Tigrato dai brutti occhi screziati e dalla pessima, tenebrosa fama si fosse innamorato?
C’è gente che non crede all’amore a prima vista. Altri, invece, non solo ci credono, ma dicono che questo è l’unico vero amore. E sia gli uni che gli altri hanno ragione. Perché l’amore se ne sta nel cuore delle creature, addormentato, e un giorno si sveglia, con l’arrivo della primavera o anche col freddo dell’inverno. In primavera è più facile, ma questa è un’altra faccenda e adesso non c’entra.
Il Gatto Tigrato, quella notte, non pensò a nessuna di queste cose. A dire il vero non sapeva ancora di essere innamorato. L’idea non gli passava neppure per la testa. Quando era giovane si innamorava tutte le settimane, di solito il martedì, e si disinnamorava il venerdì, perché era pigro e il sabato, la domenica e il lunedì preferiva riposare. Aveva spezzato il cuore a gatte di tutti i colori, a una coniglietta argentata e a una giovane volpe. Ma era successo tanto e tanto tempo prima che non ricordava più né i nomi né i fatti. Viveva tranquillo nel suo angolino, come abbiamo già detto, prendendo il sole, gustando la dolce carezza del vento e il freschetto delle sere estive o il freddo frizzante dell’inverno. Adesso era arrivata la primavera a turbare la sua pace.
Il giorno dopo, mentre, appena sveglio, si lavava la faccia, pensò alla Rondinella e ricordò il sogno che per tutta la notte gli aveva fatto compagnia: lui e la piccola Miss discutevano di bellezza e di bruttezza. Se ne andò nel suo angolo preferito, per scaldarsi al sole sul vecchio straccio di velluto. Nel parco, intanto, la vita si svegliava.
Eccolo là, il Gatto Tigrato. Sdraiato in tutta la sua lunghezza, come sempre, perché il piacevole sole primaverile possa scaldarlo tutto. Ma stranamente non riesce a chiudere gli occhi come al solito, anche se sa per esperienza che ad occhi chiusi si gustano di più il calore del sole e il venticello fresco.
In quel secondo giorno di primavera, invece, teneva gli occhi aperti e rivolti verso l’albero dove, il giorno prima, stava Miss Rondinella. Appena se ne rende conto si infuria e guarda da un’altra parte, fischiettando sottovoce, in cerca di un altro paesaggio. Guarda i cani che corrono (non sanno fare altro, quegli stupidi), gli alberi coperti di foglie e perfino il Reverendo Pappagallo che recita le sue preghiere del mattino, con una mano sul petto e gli occhi al cielo. Il Gatto, vedendo quella sua aria untuosa, non riesce a trattenersi e gli fa una linguaccia. Il Pappagallo, allarmato per quel gesto inaspettato e minaccioso, interrompe le preghiere e saluta:
“Buongiorno, carissimo dottor Gatto Tigrato. La salute come va? Bene, ringraziando Iddio?”
Il Gatto neppure si degna di rispondergli. Tra l’altro, sta di nuovo fissando l’albero su cui la Rondinella si era posata il giorno prima.
Ma lei, ingrata, non è venuta! Ed ecco il nostro amico Tigrato per niente allegro e di umore ben diverso da quello di prima. Ormai non si sentiva più giocherellone come al risveglio e leggero come il giorno prima; il lunghi baffi pendevano all’ingiù, mosci e avviliti. Un brutto segno, nel caso del Gatto Tigrato, perché i suoi baffi erano il segno del suo umore.
Guarda ancora una volta l’albero: l’aveva già fatto tante volte… la Rondinella non c’è, l’ombra dell’albero si allunga sul suo gran corpo. Gli occhi screziati si incupiscono. Come mai gli fa male il cuore?
E intorno, intanto, è primavera.
Allora si alza, e non sa bene neppure lui perché lo faccia. Forse per restarsene al sole. Si alza, comincia a camminare e all’improvviso si accorge che i suoi piedi (ma non gli riesce più di controllarli?) lo hanno portato vicinissimo al lontano albero dove abita la famiglia di Miss Rondinella: un albero, è bene chiarirlo, che sta dall’altra parte del parco.
I genitori della Rondinella erano usciti in cerca di cibo; lei aveva visto arrivare il Gatto e lo aspettava sorridente. Ai piedi dell’albero, il Gatto Tigrato cerca con lo sguardo e scopre la Rondine.
Solo allora si rende conto di dove è arrivato, e si arrabbia. “Cosa ci faccio qui?” dice tra sé. E subito decide di tornare indietro (accidenti, i piedi gli sono diventati così pesanti che sembrano di piombo), ma la Rondinella gli dice, dolcemente:
“Non mi dice buongiorno, signor maleducato?”

“Buongiorno, Rondinella…”
“Miss Rondinella, prego…”
E siccome lui fece la faccia lunga, diventando ancor più brutto, lei gli concesse:
“Ecco… può chiamarmi Rondinella, se le fa piacere… e io la chiamerò Brutto.”
“Le ho già detto che non sono brutto.”
“Caspita, che presunzione! Sei il più brutto tra tutti quelli che conosco. Confronto a te la mia madrina, la Civetta, è una bellezza…”
“Ma insomma, qui cosa ci sto a fare?” pensava il Gatto Tigrato. Questa Rondinella, appena una ragazzina, non gli dimostra nessun rispetto (ma voleva davvero che lei lo trattasse con rispetto?), lo insulta, lo stuzzica, lo chiama brutto. Ecco cosa succede a dar confidenza a una rondinella qualunque. In fondo lei era una scolaretta che imparava il catechismo dal Pappagallo. Cosa poteva avere in testa, di cosa poteva mai parlare con lui, che era un gatto serio, pieno di esperienza, una persona superiore, più colta degli altri abitanti del parco, e che soprattutto si considerava un bel gatto?
Decise di andarsene e di non parlare mai più con quella Rondinella irriverente (ah! I suoi piedi erano di piombo, tonnellate e tonnellate di piombo). Su, un piccolo sforzo:
“Arrivederci.”
“Guarda un po’, si è offeso… E’ perfino più permaloso che brutto…”
Perché mai cominciava a trovare divertente tutta la faccenda? Adesso non erano solo i piedi che non gli obbedivano, ma anche la bocca si apriva in un sorriso, mentre lui avrebbe voluto restare serio, con aria offesa. Un’autentica congiura contro il Gatto Tigrato. La Rondinella continuava a chiacchierare:
“Non c’è bisogno che lei se ne vada. Non la chiamerò più Brutto. La chiamerò Bello e basta.”
“Non è questo che voglio.”
“E allora come devo chiamarla?”
“Gatto.”
“No, non posso.”
“Perché?”
Era diventata triste? La sua voce non era più scherzosa.
Il Gatto Tigrato chiese ancora:
“Perché?”
“Non posso parlare con un gatto. Sono nemici delle rondini, i gatti.”
“Chi gliel’ha detto?”
“E’ vero, lo so.”

Il Gatto fece una faccia tristissima e Miss Rondinella, che amava l’allegria e non poteva vedere facce tristi, continuò:
“Ma noi non siamo nemici, no?”
“No.”

“Allora possiamo chiacchierare.”
E subito aggiunse:
“Se ne vada, arriva papà. Poi verrò sul pruno a parlare con lei, bruttone…”
Il Gatto ride e sparisce nella macchia d’erba che cresce là intorno. Era di nuovo contento. Mentre cammina agile tra i cespugli ripensa alla Rondinella e la sua voce melodiosa gli risuona nelle orecchie. Lei non poteva parlare con un gatto. I gatti sono cattivi, alcuni sono stati colti in flagrante mentre mangiavano rondinelle per pranzo, e questo non era del tutto falso. Come si poteva essere così perfidi? Come si fa a mangiarsi per pranzo una creatura bella e delicata come Miss Rondinella?
Il Gatto Tigrato si sdraia sotto il pruno in fiore. Ed ecco arrivare la Rondinella, che descrive grandi cerchi nell’aria: una danza di primavera meravigliosa e improvvisata. L’Usignolo, che da lontano la segue con lo sguardo, comincia a cantare e la sua canzone d’amore riempie il parco.
Quando lei si posa su un ramo basso, il Gatto Tigrato applaude. Poi riprendono le chiacchiere interrotte.
E chiacchierano per tutta la primavera, senza mai trovarsi a corto di argomenti. Cominciarono a conoscersi, facendo ogni giorno una nuova scoperta. E non parlavano soltanto. Girarono insieme tutto il parco, lui correndo sulla terra verde d’erba, lei volando nel cielo azzurro: scoprirono nuove sfumature di colore nei fiori, una nuova dolcezza nel vento, un’allegria che forse era più dentro di loro che nelle cose intorno. O meglio: l’allegria era già in ogni cosa, e loro non se n’erano mai accorti. Perché abbiamo occhi per vedere e occhi per non vedere, dipende dal cuore ci ciascuno.
E, per concludere, non si davano più del lei. Appena si vedevano, ogni mattina, lui le domandava:
“Che hai fatto, da ieri a oggi? Ti trovo più bella, anche più bella di com’eri stanotte nel mio sogno.”
“Raccontamelo. Io non ti racconto il mio perché ho sognato un bruttone: ho sognato te…”
Eccoli, lui con la sua profonda risata da gatto cattivo, lei con la risata argentina di giovane rondinella.
Questo è ciò che accadde in primavera.
 

Claire

ἰοίην
L’estate

Questo è un capitolo breve, perché l’estate, con il suo sole ardente e le notti stellate, se ne andò on fretta. Il tempo della felicità se ne va presto. È un tipo difficile, il tempo. Quando vogliamo che si prolunghi, che scorra lento, lui scappa via e non ci si accorge nemmeno di come le ore fuggono. Quando vogliamo che voli più veloce del pensiero, perché stiamo soffrendo e passiamo un brutto momento, lui diventa pigro, le ore non passano mai.
Il tempo dell’estate fu brevissimo, per il Gatto Tigrato e la Rondinella. Lo riempirono di vagabondaggi, di lunghe chiacchiere all’ombra degli alberi, di sorrisi, di sussurri, di sguardi timidi ma eloquenti… e anche di qualche broncio.
Ma forse broncio non è la parole giusta. Mi spiego meglio: qualche volta la Rondinella trovava il Gatto avvilito, con i baffi ammosciati e gli occhi cupi. Il motivo era sempre lo stesso: la Rondinella era andata a passeggio con l’Usignolo, aveva chiacchierato con lui e aveva preso qualche lezione di canto. L’Usignolo era professore. La Rondinella non capiva l’atteggiamento del Gatto e le sue tristezze improvvise, che si trasformavano in difficili silenzi. Lei e il Gatto non si erano mai scambiati una parola d’amore, e poi la Rondinella diceva che per lei l’Usignolo era come un fratello.
Un giorno che la lezione di canto durò più del solito e i baffi del Gatto erano così afflosciati da toccar terra, lei gli chiese perché fosse così triste. Il Gatto Tigrato rispose:
“Se non fossi un gatto, ti chiederei di sposarmi…”
La Rondinella rimase in silenzio, un silenzio profondo come la notte. Era sorpresa? No, aveva già indovinato quel che accadeva nel cuore del Gatto. Allora era arrabbiata? Neppure, perché quelle parole le avevano fatto piacere. Ma aveva paura. Lui era un gatto, e i gatti sono nemici giurati delle rondini.
Volò proprio sopra il Gatto Tigrato, lo sfiorò con l’ala sinistra; lui poté sentire il battito del piccolo cuore di Miss Rondinella. Lei volò più in alto e lo guardò ancora, di lontano. Era l’ultimo giorno d’estate.
 

Claire

ἰοίην
Parentesi dei pettegolezzi

(La Mucca Mocha mormorava all’orecchio del Pappagallo: “Quando mai si è vista una cosa del genere? Una rondinella, della razza volante delle rondini, che amoreggia con un gatto della razza dei felini? Quando mai si è visto, quando mai si è visto?”. E il Pappagallo mormorava all’orecchio della Mucca Mocha: “Quando mai si è visto – Padre Nostro che sei nei cieli – che una rondinella vada a nascondersi negli angoletti con un gatto? Ave Maria piena di grazia, c’è chi dice, c’è chi dice, ma io non ci credo, non ci credo – credo in Dio Padre Onnipotente – che a quando pare, pare, lui vuole sposarla. Dio mi salvi e mi protegga, lo vuole proprio, proprio lo vuole, Amen”. E il Colombo diceva alla Colomba, in un sussurro: “Quando mai si è vista una rondinella, bellissima e pazzerella, andare in giro, detto fatto, con un gatto? Eppure c’è un vecchia, vecchia legge: colombo con colomba, oca con oca, uccello con uccello, cane con cagna, gatto con gatta. Quando mai si è vista una rondinella fidanzata con un gatto?”. E la Colomba sussurrava al Colombo: “E’ la fine del mondo, i tempi sono cambiati, non c’è più rispetto per le leggi.”. E il cane bisbigliava all’orecchio della Cagna: “Povera Rondinella, va a spasso col Gatto, ma non si rende conto che lui alla fine la mangerà”. La Cagna scuoteva la testa e rispondeva: “Quel perfido Gatto vuol solo mangiarsi la Rondinella”. E l’Oca Pernostico diceva all’Oca Pepita: “Disapprovo energicamente il comportamento indecoroso di questa sciocca Rondinella. È pericoloso, indecente e immorale. Parla col Gatto Tigrato come se lui non fosse un gatto. Proprio con quello lì, un criminale nato!”. E l’Oca Pepita rispondeva all’Oca Pernostico: “Oca con oca, colomba con colombo, cagna con cane, gallina con gallo, rondine con uccello, gatta con gatto”. E gli alberi mormoravano, al passare del vento: “Quando mai si è visto? Quando mai si è visto?”. E i fiori arrossivano e sussurravano all’orecchio della Terra: “La Rondinella non può, non può sposarsi, sposarsi con un gatto”. E cantavano in coro: “E’ peccato mortale!”. Il padre della Rondinella sentì le chiacchiere, e anche la madre della Rondinella le sentì. E il padre, arrabbiatissimo, disse alla madre: “Nostra figlia si comporta male, va in giro col Gatto Tigrato”. Rispose la madre: “Nostra figlia è una sciocca, facciamola sposare”. Domandò il padre: “Sposare, ma con chi?”. Rispose la madre: “L’Usignolo da un pezzo me l’ha chiesta”. E tutto il parco approvò: “Che bel matrimonio per la Rondinella, l’Usignolo è bello e gentile, sa cantare, è della razza dei volatili, con lui sì che può sposarsi. Col Gatto Tigrato no e poi no. Rondinella con Gatto: quando mai s’è visto?”. E il Pappagallo disse: “Tre volte Amen”.)
 

Claire

ἰοίην
L’autunno.

Il giorno dopo arrivò l’autunno, spogliando gli alberi delle foglie. Il vento aveva freddo e per scaldarsi correva nel parco fischiando. L’autunno portò con sé in corteo di nuvole e con esse dipinse il cielo di grigio. E non era solo il paesaggio a cambiare con la stagione, come il lettore avrà intuito. Era cambiato anche l’atteggiamento degli abitanti del parco nei confronti del Gatto Tigrato. Non avevano certo smesso di avercela con lui, né gli avevano perdonato i vecchi torti. Ma adesso non ne avevano più paura, basti pensare ai commenti sulla sua storia con la Rondinella: prima mormorii, poi timidi sussurri e alla fine un rumore insistente. Ricordiamoci che, all’inizio di questa storia, tutti tremavano se solo il Gatto Tigrato apriva un occhio. Come mai adesso non lo temevano più e commentavano quasi apertamente le sue passeggiate con la Rondinella?
Fatto è che il Gatto, in primavera e in estate, era vissuto felice e contento. Non aveva minacciato nessuno né rovinato i fiori a zampate, non aveva gonfiato il pelo né respinto i cani a baffi dritti, insultandoli tra i denti. Era diventato gentile e mite e salutava per primo gli abitanti del parco, lui che non aveva quasi mai risposto ai loro timorosi buongiorno.
Si potrebbe addirittura dire che in quel periodo coltivò sentimenti buoni e generosi. E lo conferma, oltre a fatti di minore importanza, il modo in cui aveva affrontato, durante l’estate, il Serpente a Sonagli. Al suo apparire tutti si erano nascosti, perfino il Cane Danese che sbraitava minacce in continuazione.
Il Gatto aveva attaccato il Serpente, era riuscito ad evitare il suo colpo mortale e gli aveva dato tante sberle sulla testa da farlo fuggire per sempre dal parco.
Solo la Rondinella aveva lodato il suo gesto. Tutti gli altri avevano pensato che se aveva affrontato il Serpente era stato solo per mettersi in mostra e darsi arie da eroe. La Mucca Mocha arrivò perfino a rimpiangere che il Serpente avesse sbagliato il colpo.
Il Gatto, insomma, continuava ad avere una pessima fama, ma gli abitanti del parco pensavano, di fronte alla sua attuale gentilezza, che, nonostante l’estrema cattiveria, non fosse più così pericoloso. Stava invecchiando, si stava indebolendo, e così cercava di riabilitarsi. Non avevano più paura di lui. Il Pappagallo, illuso, cercò addirittura di farselo amico per servirsene contro i suoi nemici: per esempio l’Oca Pernostico, che sparlava di lui a più non posso. Il Gatto tollerò che il Pappagallo gli si avvicinasse (in fondo quell’ipocrita aveva sempre a che fare con la Rondinella, perché le insegnava religione), ma non gli diede confidenza. Allora il Pappagallo, offeso, inventò una crudele storiella per spiegare la gentilezza del Gatto: era cambiato perché soffriva di un male incurabile e, vicino alla morte, tentava di farsi perdonare i suoi peccati.
Non bisogna pensare, per questo, che nel parco regnasse la cattiveria. La pessima fama del Gatto Tigrato era antica e consolidata. Come avrebbero potuto capire, gli altri, che il Gatto era cambiato, da quando la Rondinella era entrata nella sua vita? Che sotto la pelle dura e il pelo dritto del Gatto batteva un cuore tenero? Così tenero che il primo giorno d’autunno sorprese il Gatto mentre scriveva una poesia. Coperto da uno spesso mantello di lana (il Gatto era freddolosissimo), contava le sillabe con le dita e cercava le rime in un grosso dizionario scritto dal famoso Grammatico Formichiere, premio nazionale di letteratura e membro dell’Accademia di Lettere. Sì, scrisse perfino una poesia. Ho la copia di quest’unica opera letteraria del Gatto Tigrato, persona seria che prima si era sempre tenuta lontana da simili stupidaggini. Me l’ha data il Rospo Cururù, che nel tempo libero fa il critico letterario, per mostrarmi un esempio di pessima poesia. E inoltre l’illustre Rospo scoprì che il Gatto l’aveva copiata, quella poesia: e nessuno può mettere in dubbio le parole di un’autorità come lui.
Ma poiché il lettore possa dare un suo giudizio sia sulla poesia, sia sull’accusa del Rospo, ecco, di seguito, i versi del Gatto.
 

Claire

ἰοίην
Parentesi poetica

Poesia dell’amore impossibile per l’adorata Miss Rondinella

Rondine Rondinì
Rondine Rondinò
La bella le ali aprì
E via se ne volò.

Io vivo tristemente,
io non canto e non volo
e non so fare niente,
neppure un verso solo.

Amo la Rondinella,
me la voglio sposare,
ma lei che è così bella
non mi vuole ascoltare,

perché io sono un gatto
e ho le unghie per graffiare:
io ci divento matto
e non so cosa fare.

Gatto Tigrato
 

Claire

ἰοίην
L’autunno cotinua

Torniamo alla nostra storia, ossia andiamo avanti a parlare della poesia: non l’ho tirata fuori per caso, infatti, ma perché ha a che fare con quel che accadde dopo.
Andò così: l’ultimo giorno d’estate, dopo quella scena tra la Rondinella e il Gatto Tigrato, quest’ultimo fece una lunga chiacchierata con la Civetta. Di tutti gli abitanti del parco, la Civetta era l’unica che apprezzava il Gatto Tigrato, l’abbiamo già detto. Quella notte la Rondinella non si fece vedere e il Gatto cercò di capire cosa le stesse accadendo e quali fossero i suoi sentimenti. Triste e solo com’era, decise di andare a parlare con la Civetta, che si stava svegliando dal suo sonno di vecchia e apriva gli occhi alla Notte, la sua amica più cara.
Il Gatto si sedette su un ramo dell’albero, accanto alla Civetta, e si misero a parlare del più e del meno. Però la Civetta, che era un’indovina, capì perché il Gatto Tigrato era andato da lei, e fu sincera: non solo gli riferì i pettegolezzi del parco (che fecero infuriare terribilmente il Gatto), ma alla fine gli disse anche la sua opinione:
“Mio vecchio amico, non c’è niente da fare. Come hai potuto pensare che la Rondinella potesse prenderti per marito? Non è mai successo… Anche se ti amasse – e chi ti dice che ti ami? – non potrebbe mai sposarti. Da che mondo è mondo, alle rondinelle è proibito sposarsi con i gatti. Tu dici di piacerle, e che se dipendesse solo da lei… Può darsi, anzi credo che sia così. Ma la legge delle rondinelle è ancora più forte: è in loro sin dall’antenato più lontano, dalla prima rondine. E per disfare une legge ci vuole una rivoluzione…”
Poi concluse, scuotendo la testa:
“E tutto sommato ci vorrebbe proprio, una piccola rivoluzione… ne abbiamo un gran bisogno.”
Il Gatto Tigrato non disse nulla. Neppure che la Rondinella gli piaceva tanto e che aveva sognato di averla accanto, sullo straccio di velluto. Aveva dimenticato che le rondini dormono nei nidi sugli alberi, e i gatti dormono per terra, sugli stracci abbandonati. Salutò la Civetta senza fare commenti. Arrivato a casa, cominciò a scrivere la famosa poesia: gli ci volle tutta la notte e tutta la mattina seguente, ma non riuscì che a mettere insieme i versi così malgiudicati dal Rospo.
Quel primo giorno d’autunno, tuttavia, incontrò la Rondinella. Lei era seria e non sorrideva, non era allegra e disponibile come sempre. Anche il Gatto Tigrato non riusciva a nascondere la propria tristezza, perché le parole della Civetta gli pesavano sul cuore. Camminarono in silenzio nei luoghi dove erano andati a spasso in primavera e in estate. Ogni tanto si scambiavano parole senza importanza, ma tutti e due avevano l’aria di voler evitare un argomento che comunque era nell’aria.
Per la Rondinella venne l’ora di andarsene e il Gatto le diede la poesia. Lei volò via, voltando molte volte la testina graziosa per vederlo, con le lacrime agli occhi.
Il giorno dopo – e fu il giorno più lungo dell’autunno – la Rondinella non si fece vedere. Lui girò inutilmente intorno all’albero dove lei abitava, ma non la vide. Quella notte ricordò certi pettegolezzi del parco e allora rincorse l’Oca Nera, spaventò a morte il Pappagallo che diceva le preghiere della sera, graffiò sul muso il Cane Danese, rubò le uova nel pollaio e non lo fece per mangiarsele, ma – estrema cattiveria – per abbandonarle nel prato. Nel parco ricominciarono ad aver paura del Gatto Tigrato e le chiacchiere rumorose diventarono segreti mormorii.
Il terzo giorno d’autunno il Piccione Viaggiatore gli tirò una lettera da lontano (quando mai avrebbe trovato il coraggio di andargli vicino?). il Gatto la lesse tante volte che alla fine la sapeva a memoria. Era una triste lettera d’addio mandata da Miss Rondinella. “Una rondinella non può assolutamente sposare un gatto.” Diceva che non dovevano vedersi più. Ma diceva anche che non era mai stata felice come nei giorni in cui lei e il Gatto avevano vagabondato per il parco. E concludeva così: “Per sempre tua, Rondinella”.
Lei aveva giurato di non vederlo più. Ma ho già detto che un giuramento di rondine non va preso sul serio. Tornarono a passeggiare per il parco e a visitare gli angoletti che avevano scoperto in primavera. Solo che adesso quasi non parlavano, era come se una barriera invisibile li dividesse. In questo modo trascorsero il tempo grigio dell’autunno, mentre gli alberi si spogliavano a poco a poco delle foglie, e il cielo dell’azzurro. Dato che il Gatto Tigrato faceva di nuovo paura ed era tornato alla sua solitudine, senza parlare con nessuno, non sapeva che in casa della Rondinella c’erano sei ragni sarti al lavoro, intenti a preparare il corredo della sposina. Il matrimonio tra l’Usignolo e Miss Rondinella era fissato per l’inizio dell’inverno. Nell’ultimo giorno d’autunno, umido e un po’ nevoso, spazzato da un vento che singhiozzava per il freddo, la Rondinella volle andare in tutti i posti che aveva imparato ad amare in primavera e in estate. Era stranamente chiassosa e chiacchierona, come se la barriera che la separava dal Gatto fosse caduta all’improvviso, permettendole di superare la distanza che si era creata tra loro. Era la stessa Rondinella un po’ pazza della primavera e dell’estate, e il Gatto Tigrato la guardava commosso. Camminarono finché non cadde la notte. Allora lei gli disse che quella era l’ultima volta e che si sarebbe sposata con l’Usignolo: ohimè, una rondinella non può sposare un gatto. Volò su di lui a volo radente, come aveva già fatto un giorno, e lo sfiorò con l’ala sinistra (era il suo modo di dare un bacio), ma stavolta il battito di quel piccolo cuore di rondine era troppo debole perché il Gatto potesse sentirlo. Lei si allontanò nell’aria e non guardò indietro.
 

Claire

ἰοίην
L’inverno

Questo avrebbe dovuto essere un capitolo lungo, perché l’inizio dell’inverno fu tempo di dolore. Ma perché raccontare simili tristezze, perché parlare delle cattiverie del Gatto Tigrato, i suoi occhi erano così cupi da sembrare neri? Ne parlano anche troppo le lettere spedite dagli animali del parco e portate in parchi lontani dal Piccione Viaggiatore. Le notizie giunsero perfino nel lontano nascondiglio del Serpente a Sonagli, e anche lui tremò di paura. Si parlava delle cattiverie del Gatto, ma anche della sua solitudine. Il Gatto Tigrato non rivolse mai più la parola a nessuno. Una solitudine così grande commosse la Rosa Tea, che confidò al suo ultimo innamorato, il Gelsomino:
“Poveretto! È così solo, non ha nessuno al mondo…”
Ma la Rosa Tea si sbagliava, se credeva che il Gatto Tigrato fosse solo e non avesse nessuno. Invece lui aveva un mondo di ricordi, di bei momenti ormai passati, di memorie liete. Non che fosse felice, che non soffrisse. Soffriva, ma non era ancora alla disperazione perché poteva vivere di quel che lei gli aveva dato. Certo era triste, perché la felicità non si nutre solo di ricordi, ha bisogno anche di sognare il futuro.
Il matrimonio della Rondinella con l’Usignolo avvenne in un giorno di piacevole sole invernale. Ci fu una gran festa, con dolci e champagne. Il matrimonio civile si fece in casa della sposa e a celebrarlo fu il Gallo, che tenne un discorso sulle virtù e i doveri di una buona moglie, e specialmente sulla fedeltà verso lo sposo. Della fedeltà dello sposo alla sposa non parlò. Lui era musulmano e tutti sapevano che aveva un harem. Il matrimonio religioso fu ospitato dall’albero di arancio, che era la cappella del parco, e il Reverendo Padre Avvoltoio venne da un lontano convento apposta per la cerimonia. Il Pappagallo fece da sagrestano e alla sera si ubriacò. Il sermone dell’Avvoltoio fu commovente e la madre della Rondinella pianse molto.
Nel momento in cui il corteo nuziale uscì in volo dalla cappella, la Rondinella vide il Gatto nel suo angolo. Volando riuscì, non si sa come, a far cadere su di lui un petalo di rosa, una delle rose rosse del suo mazzolino da sposa. Il Gatto se lo mise sul cuore: sembrava una goccia di sangue.
Per concludere allegramente questa storia, dovrei descrivere la festa data dai genitori di Miss Rondinella e magari raccontare qualcuna delle barzellette con cui il Pappagallo divertì gli ospiti. Erano stati invitati tutti gli abitanti del parco, tranne il Gatto Tigrato.
Ma dirò solo che l’orchestra degli uccelli era incantevole e che le sue melodie arrivarono fino al Gatto, tutto solo nel parco. Non aveva niente, ormai, con cui nutrire il suo impossibile sogno d’amore.
Quella del matrimonio di Miss Rondinella fu una notte senza stelle. Solo un petalo rosso sul cuore, una goccia di sangue.
 

Claire

ἰοίην
Notte senza stelle

La musica gli faceva dolere il cuore. Per gli sposi era una canzone, per il Gatto Tigrato un canto funebre. Prese il petalo di rosa, guardò ancora una volta il parco sotto la coltre dell’inverno e si avviò lentamente. Conosceva un posto lontano, dove vive soltanto il Serpente a Sonagli, che nei campi e nei parchi nessuno vuole. Il Gatto si diresse verso gli stretti sentieri che portano all’incrocio dove finisce il mondo. Passando davanti alla casa della festa ne vide uscire gli sposi. Anche la Rondinella lo vide e indovinò la direzione dei suoi passi. Allora qualcosa rotolò giù dal cielo, sul petalo che il Gatto portava con sé. Sul rosso sangue del petalo di rosa brillò la lacrima di Miss Rondinella e illuminò il cammino solitario del Gatto Tigrato, nella notte senza stelle.
 

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