CERCASI CONTROFIGURA... PER TUTTA LA DURATA DELLE FESTE NATALIZIE (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
BELLANO – L’incredibile risposta di pubblico, numerosissimo anche in questa occasione, è stata ancora una volta ripagata:
la “Pesa Vegia” di Bellano si conferma tra gli eventi più spettacolare e suggestivo del nostro territorio.

L’edizione 2020 fa registrare il record di figuranti, ben 400 impegnati in una grande rievocazione dove la storia si mischia al racconto popolare, le tradizioni lariane con i simboli dell’Epifania cristiana.



La coincidenza con la giornata di domenica ha permesso agli organizzatori di anticipare alle 14 l’inizio dell’evento con l’apertura delle ambientazioni,
ogni anno sempre più ricche e particolari, e di offrire una cornice pomeridiana alla manifestazione,
con la possibilità di fare giri su storiche carrozze a cavalli e sulle Lucie, le tipiche imbarcazioni lariane.



Un’opportunità che tanti non si sono lasciati scappare così’ come molto utilizzate sono state le ‘navette’ che hanno fatto spola da Varenna e Dervio,
scelta preferibile alla complicata ricerca di un posteggio a Bellano.



Otto le ambientazioni visitabili in diversi punti sparsi per il centro Bellano:
il presepe vivente all’Eliporto, il castello di Re Erode al Cotonificio, il consiglio comunale storico al municipio,
la Corte del Podestà a San Nicolao, la casa di Teresa di Pom in via Plinio, l’oasi dei Re Magi in via Carlo Alberto,
l’accampamento dei cavalieri alla Puncia, l’antico convento all’ex Bar Acli, la mostra dei disegni dei ragazzi sulla storia della Pesa al Palasole.


Alla sera, come da tradizione, la Pesa Vegia è entrata nel vivo, prima con il traino delle pese poi con l’arrivo del governatore Pedro Acevedo
che è sbarcato al molo di Bellano accompagnato da fuochi e giochi di luce; il corteo di dame e cavalieri lo ha scortato fino al municipio dove è stata data lettura della Benevola Ordinanza.



L’evento bellanese ricorda i fatti dell’anno 1606 e l’emanazione del fatidico editto che ripristinava l’uso della vecchia unità di misura (la ‘pesa vegia’ appunto),
annullando la precedente riforma che imponeva l’adozione di un sistema metrico diverso e meno favorevole al commercio locale.



“Pesa nova o pesa vegia?” ha quindi chiesto il governatore al popolo. “Pesa vegia”, ovviamente, la risposta unanime dalla piazza.
I fuochi d’artificio hanno coronato il momento illuminando il lago con i loro colori.



Tanti, come detto, i figuranti ma anche quest’anno una delle attrazioni principali sono stati gli animali:
i dromedari al palazzo di Re Erode, ma anche lama, le più tradizionali pecorelle e asinelli del presepe vivente,
i cavalli all’accampamento romano e in corteo, infine i maestosi cammelli che hanno sfilato con in groppa i Re Magi, che hanno distribuito caramelle ai bambini.



Il finale, come sempre, è stato affidato al falò al molo che, intorno alla mezzanotte e mezza, ha sancito la fine della notte incantata di Bellano.

 

Val

Torniamo alla LIRA
Pronto ??? C'è qualcuno ??? .......silenzio assoluto...nessuna condanna......pazienza.

Anche le minacce di morte. Il capo del Carroccio è stato nuovamente vittima dell'odio social.
Non i soliti insulti, a cui l'ex ministro dell'Interno è ormai abituato, ma qualcosa di più.

Altro che democrazia. Come testimonia l'ultima aggressione social al leader leghista.

Su Twitter, in risposta a un post di Salvini, è comparso il messaggio di un utente dove si legge letteralmente :

"Spero che il primo vero terrorista ti faccia fuori,così impari a dare aria hai denti,comunque ti aspetto a Cesena ce pronto un 7,57 magnum,
fidati che fara centro...... coglione,pensaci bene noi non ti voglamo in casa nostra......".
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il signore non è bene informato. 7,57 non esiste. Informiamolo allora.

La cartuccia calibro 7 Remington Magnum fu commercializzato per la prima volta dalla Remington Arms nel 1962, in realtà non è altro che il risultato di uno studio durato anni, sullo sviluppo di munizioni in 7 mm. Per comprendere meglio la nascita di questo calibro dobbiamo risalire al primo 7 mm e quindi menzionare il 7X57 Mauser. Le potenzialità di una munizione in 7 millimetri furono presto evidenti ai progettisti in tutto il mondo. Questa nuova cartuccia (7X57 Mauser) era in grado di produrre una traiettoria più tesa rispetto alla maggior parte della sua concorrenza, era influenzata poco dal vento e potenzialmente aveva prestazioni terminali superiori alla media, conservando un’ottima energia residua anche sulle lunghe distanze. In seguito a queste scoperte, molti progettisti hanno iniziato a sperimentare munizionamento in 7 mm.

Uno dei primi progetti di munizioni in 7 mm ad alta potenza è stato il 280 Ross, progettato da FW Jones per l'azienda Canadese Ross del Quebec, nel 1906. Questa cartuccia oggi scomparsa potrebbe richiamare il 7 mm R.U.M. anche, gli Inglesi erano molto interessati nel progettare munizioni in 7mm. Holland & Holland introdusse il 275 H & H Magnum nel 1912, in conformità a una versione ridotta di solo 2,5 " del loro .375 H & H. I militari britannici provarono a perseguire questo progetto con la creazione del 276 Enfield, una cartuccia prototipo del fucile P14. Purtroppo la guerra fermò ogni successiva sperimentazione. Queste prime cartucce, la 280 Ross, 275 H & H e 276 Enfield generalmente raggiungevano le 2900fps con palle da 140 grs. Velocità superiori non erano ancora del tutto ottenibili a causa dei limiti del design e delle polveri presenti in quegli anni. Altro problema grave, che affliggeva le canne delle armi camerate per quei calibri, era l' erosione molto marcata dopo un uso intensivo. I primi 7 mm veramente “potenti” furono il 7x61 Sharp & Hart e il 7mm Weatherby Magnum, entrambe le invenzioni presero vita negli Stati Uniti, introdotte nei primi anni 1950.

Il vero successo di queste munizioni arrivò con la polvere a lenta combustione che consentì enormi aumenti di velocità. Tuttavia, anche se la 7x61 S&H e il 7mm Weatherby erano ottime cartucce, trovarono inizialmente una scarsa diffusione nel grande pubblico per via dei prezzi elevati sia delle munizioni sia delle armi che li ospitavano e conseguente offerta limitata.

Un'altra munizione "Wildcat" sembra abbia influito sullo sviluppo del 7 Remington Magnum, la 7mm Mashburn Super Magnum. Sempre partendo dal 300 H&H o .375 H & H restrinsero il colletto fino a 7 millimetri, simile a quel 7x61 S&H e 7 Weatherby Magnum, però invece di essere ridotto di 2,5 ", il 7 Mashburn fu allungato di 2.620 " con conseguente notevole aumento della capacità di polvere.

Il Mashburn era in grado di far volare un proiettile da 160 grs. a 3200fps e per la caccia di medio-lungo raggio in quegli anni, si dimostrò micidiale. In quel periodo presero vita molti altri progetti, tra cui merita di essere menzionato il 280 Remington Magnum (1957.)

Come anticipato, solo nel 1962, dopo molti esperimenti al ranch di Bowman, Remington ha ufficialmente sancito la nascita del 7mm Remington Magnum. In questo momento è ancora una delle cartucce più popolari, da anni detiene il primato di cartuccia più venduta negli Stati Uniti e Canada. E 'stato utilizzato anche dai militari degli Stati Uniti come cartuccia da cecchino per operazioni speciali, ma ora è stato sostituito dal 338 Lapua e .50BMG.
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Il 7 Remington Magnum è sicuramente una delle più efficaci e versatili cartucce da caccia oggi presenti nel mercato. Disponibile in tutto il mondo, non vi è produttore di munizioni che non la proponga in catalogo, o non vi è produttore di armi che non abbia in catalogo un'arma camerata per il 7 Remington Magnum. I detrattori non mancano mai e le principali lamentele sono circoscritte al suo design, molti lamentano un colletto troppo corto e il fatto che sia una munizione "cinturata ". Il colletto corto a volte può generare problemi per l'allineamento della palla ma un buon ricaricatore non si soffermerà sicuramente per questa inezia, mentre la "cintura" può causare problemi di alimentazione, ma un corretto inserimento delle cartucce nel caricatore dell'arma elimina questo fastidioso inconveniente. Oggi nelle munizioni da caccia detiene il primato di essere la Magnum più diffusa al mondo, come il 30-06 Springfiled rimane la cartuccia da caccia non Magnum più diffusa al mondo.

Con palle da 140grs. vola a velocità comprese tra 3200 e 3300 fps, ed è in grado di abbattere un ungulato medio oltre i 400 mt, con punte fino a distanze stimate di 650 mt circa. Oltre tale distanza, con questo peso di palla, le prestazioni diventano irregolari e non sono in grado di assicurare abbattimenti immediati, causando spesso ampie ferite.

Caricato con palle da 150-154 grs, le velocità oscillano tra i 3100 e 3200 fps, la 7 R.M. è letale su una vasta gamma di selvatici, con distanze riportate da certa letteratura, a volte superiore i 900 mt. Questo peso è molto più versatile rispetto alle 140 gr. ma è ancora piuttosto limitato su ungulati di stazza veramente importante e potrebbe causare inutili ferimenti se mal piazzata.

Con palle da 160-180 grs sono registrati abbattimenti puliti anche a distanze superiori ai 1000 mt, producendo uccisioni veloci e istantanee anche a queste distanza. Ricordiamo che a parità di peso, però una palla da .30 è molto più letale in quanto produrrà ferite più ampie e garantirà un migliore attraversamento dei tessuti. Con proiettili compresi in questo range, si segnalano abbattimenti di selvatici dal peso superiore ai 300 Kg. Naturalmente considerando la mole, il colpo deve essere piazzato in maniera più precisa possibile.

Tengo subito a porre l’accento che a mio modesto parere, quando parliamo di certe distanze, oltre i 400 mt, non parliamo più di caccia, ma di cecchinaggio. In Europa centrale vi assicuro che sarete mal visti e vi sentirete parecchie imprecazioni se l'accompagnatore si accorge che tentate un tiro non etico. Non voglio giudicare chi, ben allenato, con un' adeguata ottica e un ottimo appoggio, tira a distanze limite, quindi oltre i 600 - 800 mt, ma reputo un grande imbecille chi tenta questo tiro dopo aver acquistato l'arma, forse aver sparato 2 colpi a 100 mt poi si recano a caccia con la pretesa di eseguire un abbattimento a oltre 500 mt con un’ottica da 6 o 8 ingrandimenti.

Essendo una munizione molto versatile, potrà essere ricaricata con qualsiasi palla reperibile in 7 mm. Naturalmente la conformazione dovrà tener conto del selvatico che intenderemo cacciare, delle distanze, la presenza di "sporco", arbusti, fitti boschi ecc. Le combinazioni sono pressoché infinite, ognuno dovrà sperimentare la munizione più idonea alla propria arma. Per le poveri ci indirizzeremo verso i prodotti dalla Norma, IMR, Vihitavuori, Hodgdon, Winchester, per citare le più reperibili in Italia. Con pesi medio-pesanti, i più utilizzati a caccia, si sono dimostrate ottime le polveri IMR 4350, IMR 4831, IMR 7828, N 160, N 560, N 165, H-1000, Norma 204, MRP, MRP-2. Vale sempre la regola che ricaricando con proiettili leggeri si utilizzerà una polvere che brucia velocemente, mentre più pesante è la palla, più la polvere deve bruciare lentamente.

Chi desidera acquistare munizioni commerciali non avrà altro che l'imbarazzo della scelta. Mi raccomando, non acquistate palle ultra leggere perché costano poco, e l'armiere deve svenderle. Se sbagliate peso e tipologia di palla, il 7 Remington Magnum non perdona. Avrete effetti devastanti!

Un confronto tra i 7 mm oggi più utilizzati negli U.S.A :

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  1. 7 Remington Ultra Magnum
  2. 7 Remington Magnum
  3. 7 WSM
  4. 7 - 08 Remington
  5. 7 mm - 30 RG "Wildcat"
1 2 3 4 5


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Peso medio Palle = da 100 a 175 grs.
Diametro massimo proiettile = 7,23 mm - 284"
Inneschi = Large Rifle Magnum
Lunghezza max del bossolo = 63,50 mm Lunghezza max della cartuccia assemblata (O.A.L) = 83,57 Lunghezza del bossolo
consigliata per ricarica = 63,30 mm
Angolo di spalla = 25° Lunghezza del bossolo sopra la spalla = 56,62 mm
Lunghezza del bossolo sotto la spalla = 51,82 mm

Diametro del colletto = 8,00 mm Diametro alla base della spalla = 12,47 mm Diametro del fondello = 13,51 mm Diametro alla base del corpo = 13,03 mm RCBSReference Chart DIE Group = A
Shell Holder = 4 / 26
Lube Die = 4# Rotary Case Trimmer Pilot Caliber = 28 Rifle Recoil Table ( vedi pagina dedicata ) Bullet Weight=160 gr Recoil Energy = 21.50 Recoil Velocity= 12.80 Recoil Factor = 275,20

Passo di rigatura commerciale per le armi camerate in questo calibro 1 giro in 9" Le armi camerate per questo calibro solitamente utilizzano una Lunghezza delle canne ( Standard medio commerciale ) da 580 - 620 mm ( 22,83" - 24,40" ) !! ATTENZIONE !! Ricariche personali dell'autore, leggere attentamente tutte le note
Note: Le armi utilizzate nei test sono generalmente di serie; alcune di esse però, sono state migliorate negli scatti, altre possono aver subito interventi anche massicci come bedding, sostituzione gruppo scatto, lappatura, aggiunta di freni, ecc. Le armi durante le prove sono state poste su Shooting Rest dotato di appoggio anteriore e posteriore. Le rosate pubblicate indicano la dispersione massima dei fori, misurata da centro a centro tra i colpi più distanti, compreso di eventuale “flyers”(colpo anomalo) su cinque cartucce sparate per ogni “barilotto”. Rappresentano il miglior “cartello” realizzato e spesso sono il risultato di più sessioni di tiro, quindi è impensabile credere di replicare i dati riportati che rimangono sempre puramente indicativi. Potreste ottenere prestazioni nettamente migliori con le vostre armi, come peggiori; i risultati rimangono influenzabili da molteplici fattori, compresi quelli climatici come temperatura, vento, luce, presenti nel giorno della prova.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ci è voluta un'ora per recuperare le due persone precipitate per oltre 100 metri nella zona del rifugio Azzoni, versante sopra Morterone, poco dopo mezzogiorno.

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Sul posto sono intervenuti gli equipaggi dell'elisoccorso di Como e di Milano con l'équipe sanitaria per la presa in carico dei feriti.
Si tratta di una donna che ha riportato un trauma facciale importante e che è stata trasportata al Sant'Anna di Como.

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L'uomo che era con lei invece è stato dirottato all'ospedale di Gravedona per politrauma stabile
 

Val

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Doveva essere una giornata di divertimento, invece è finita in tragedia.

I genitori avevano deciso di raggiungere la loro baita di proprietà nella zona della val Viola a circa 1.700 metri d’altezza.
La giornata di sole, con temperature decisamente sopra la media, sembrava perfetta per una gita e per far giocare i due piccoli sulla neve.
Dopo qualche discesa però hanno visto il bob, con a bordo il figlio di 3 anni e mezzo alla guida e il fratellino più piccolo di solo un anno,
dirigersi improvvisamente a grande velocità verso un pendio troppo ripido senza riuscire a intercettarlo in tempo.
Il bimbo non è più riuscito a controllarlo e sono finiti un bosco.

A causa del ripido pendio hanno preso ancora più velocità, si sono ribaltati più volte e la corsa è terminata contro un pino.
I due piccoli sono stati sbalzati a diversi metri di distanza a causa del violento impatto con l’albero.
Ad avere la peggio è stato il bimbo di più grande che si trovava davanti alla guida del bob ma anche il più piccolo ha rimediato parecchie ferite nell’impatto.

I genitori hanno lanciato immediatamente l’allarme con una telefonata al 112 e in val Viola è intervenuto l’elisoccorso da Como.

Il bimbo di quasi quattro anni è stato stabilizzato e poi trasportato sull’eliambulanza.
Anche il fratellino più piccolo curato sul posto è stato poi trasferito a bordo e insieme sono stati portati
all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo specializzato nelle cure pediatriche.

Poi, però le condizioni del bambino più grande sono precipitate, è spirato domenica sera all’ospedale bergamasco.
 

Val

Torniamo alla LIRA
La celebre separazione dei potericardine dello stato di diritto – dovuta a Montesquieu
e sulla quale molti amano discettare, a volte senza neppure capire bene cosa essa comporti, in Italia non funziona abbastanza.

È sotto gli occhi di tutti infatti che da alcuni decenni a questa parte e soprattutto negli ultimi anni,
si è affermata una nuova Repubblica, quella giudiziaria, la quale in modo pervasivo influenza ogni aspetto della vita sociale e politica.

Ciò è dovuto probabilmente al fatto che mentre il potere esecutivo e quello legislativo
non possono in alcun modo sindacare il potere giudiziario e neppure sono in grado di lambirne le modalità di esercizio,
al contrario, quest’ultimo è legittimato a valutare in continuazione sia l’esercizio del primo che quello del secondo.

In altre parole, mentre ministri, sottosegretari, parlamentari non hanno modo di mettere il naso nelle vicende giudiziarie,
i magistrati delle Procureche non sono neppure giudici – possono a lor piacere intromettersi nelle faccende che vedono quelli come protagonisti della vita pubblica.

Insomma, esiste un evidente squilibrio che fa della separazione dei poteri una separazione in certa misura fittizia
e perciò incapace di garantire, come invece dovrebbe essere, la impermeabilità di un potere nei confronti dell’altro.


L’effetto di questo squilibrio è che qualunque pubblico ministero di qualunque Procura italiana è in grado, in qualunque momento,
di intervenire su qualunque espressione degli altri poteri, mettendone in grave crisi l’esercizio e gli scopi da raggiungere. Non solo.
Costui potrà pure intralciare l’azione governativa e legislativa, come il caso recente dell’Ilva ha dimostrato,
quando abbiamo assistito ad un vero braccio di ferro fra diversi governi di diverso colore politico che
– allo scopo di mobilizzare e destinare alla vendita molte tonnellate di acciaio già finite e collocate presso l’acciaieria di Taranto –
hanno dovuto confezionare decreti su decreti pur di superare l’ostacolo posto dal sequestro operato dalla Procura proprio su quelle tonnellate, considerate frutto del reato.


Insomma, sembra quasi che certi uffici giudiziari siano espressione di uno Stato diverso
rispetto a quello ove invece si trovano ad operare il potere esecutivo e quello legislativo e ciò è davvero inammissibile.

Ne è ulteriore prova la vicenda di Catania, ove il Tribunale dei Ministri accusa l’ex ministro Matteo Salvini di sequestro di persona,
accusa del tutto e palesemente infondata, come può bene capire – e subito – chi appena abbia sentore del perimetro concettuale del reato contestato:
basti ricordare che i migranti della nave ferma al porto avrebbero ben potuto – se avessero voluto – tornarsene al luogo di partenza.
E questo sarebbe sequestro di persona?

E tuttavia, Salvini rischia di essere processato per un reato inesistente,
mentre i partiti si fronteggiano e litigano sul problema dell’autorizzazione da concedere o no.


In questo modo la contesa politica risulta inquinata da elementi estranei che non avrebbero dovuto in alcun modo intervenire.

Per arginare lo strapotere giudiziario, Angelo Panebianco ritiene doversi fare appello al buon senso dei suoi componenti,
aggiungendo che quando un pubblico ministero assume iniziative a raffica che interferiscono gravemente con l’azione di governo,
risultando infondate, allora dovrebbe essere rimosso o punito. Già.

Tuttavia Panebianco dimentica che in Italia non esiste un sistema che possa condurre ad una tale rimozione o punizione.


Il Consiglio Superiore della Magistratura è organo inane, del tutto autoreferenziale e che obbedisce supinamente alla logica spartitoria delle correnti
anche dopo il caso Palamara: mai sarà perciò in grado di fare ciò che dovrebbe.

Lo si può riformare come e quanto si voglia, come pure è stato fatto in passato. Tutto inutile, finché non si faccia scoppiare il bubbone.

Il bubbone è rappresentato dalle correnti dei magistrati, veri partiti che ne costituiscono il cancro silente ma rovinoso.

E lo ripeto: non si creda che dopo il caso Palamara sia cambiato qualcosa.

Forse nelle forme, ma non nella sostanza.

Bisogna allora avere il coraggio di proibire per legge le correnti.

Ma solo a dirlo, si solleverebbero tutti : magistrati, giornalisti benpensanti, politici progressisti, ovviamente capeggiati da Marco Travaglio e dal Fatto Quotidiano.

Questa la prova migliore che sarebbe davvero la strada giusta: basterebbe fare l’esatto contrario di ciò che costoro chiedono. E non si sbaglia.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il 2020 sarà l’anno dello Yuan digitale.

Ne ha parlato direttamente un funzionario della Banca Centrale cinese (PBOC), Mu Changchun
come riportato dal South China Morning Post e quello che ha detto a molti nn è piaciuto.

Mu ha confermato che il digital Yuan, al contrario di quanto accade per Bitcoin e perfino per le altre stablecoin,
non sarà utilizzato per le attività speculative, ma sarà solo uno strumento di pagamento.

Questo fa pensare ad una valuta digitale non decentralizzata, senza mining, e strettamente collegata alla valuta cinese.

Il fatto che si parli dell’impossibilità di utilizzarla per attività speculative da un lato ha fatto arrabbiare molti investitori e speculatori cinesi,
che non hanno capito la mossa ed hanno affermato che troveranno qualcosa di diverso su cui agire,
dall’altro dovrebbero invece fortemente inquietarci: infatti come evitare la speculazione se non attraverso una valuta , su blockchain, che sia perfettamente tracciabile?

La Blockchain ha la caratteristica di poter garantire l’assoluta trasparenza, per cui,per chi la sa leggere,
è possibile percorrere ogni singolo passaggio della valuta virtuale stessa.

Questo, unito ad una identità digitale unica e centralizzata, come quella di cui ha recentemente parlato un ministro pentastellato in Italia,
porterebbe alla possibilità di controllare in modo capillare le spese di ogni singolo cittadino e di bloccarle anche alla bisogna.

Una situazione che farebbe passare il perverso futuro disegnato in 1984 di Orwell come un gioco da dilettant
i e che va esattamente in direzione opposto a quello che era il desiderio di Satoshi Nakamoto, il creatore di Bitcoin.

Non casualmente lo sviluppo dello Yuan digitale è partito proprio quando Facebook ha iniziato a sviluppare la propria idea di valuta digitale stabile con Libra.

In fondo Facebook è giunto strumento di conferma dell’identità digitale e la valuta su blockchain avrebbe completato il progetto,
esattamente come poi disegnato dala PBOC, ma lasciandolo in mano ad un privato, il quale avrebbe perfettamente tracciato i consumi.

Tutto questo va esattamente in direzione opposto rispetto alla libertà ed alla necessità di riservatezza.
Speriamo che il pubblico se ne renda conto quanto prima.
 

Val

Torniamo alla LIRA
I mass media parlano del disastro degli incendi in Australia, con vittime e distruzioni enormi, come l’effetto del “Cambiamento climatico”.

Le cose stanno ben diversamente.

La polizia australiana ha arrestato ben 183 persone fra New South Wales, Queensland, Victoria, Tasmania e Southern Australia con l’accusa di incendio doloso.

Nel Queensland sono stati definiti come volontari 83 focolari ed hanno portato all’arresto di 98 persone delle quale 67 sono dei minori.

Il legame annuo fra incendi e numero di piromani è ben documentato nella storia australiana e non è per nulla un caso
che questi incendi accadano soprattutto nel periodo delle vacanze estive che, nel continente australe, coincidono con il Natale.

La polizia australiana ha ben chiaro questo legame e sta predisponendo squadre speciali per perseguire i piromani,
anche perchè si parla di un 85% dei roghi aventi causa umana, dolosa o colposa:

Police are now working on the premise arson is to blame for much of the devastation caused this bushfire season.
A strike force will investigate whether blazes were deliberately lit, and bring those responsible to justice. https://t.co/TWh1KQycs4
https://t.co/TWh1KQycs4 @ebatten7 #NSWFires #7NEWS pic.twitter.com/Dul8dMFrZv

— 7NEWS Sydney (@7NewsSydney) January 3, 2020

Per quanto riguarda il lato colposo il governo sta preparando normative più stringenti sulla possibilità di fare fuochi all’aperto e sulle attività ritenute a rischio.

Chi ha viaggiato in Australia ha già notato come sia praticamente ovunque vietato tenere barbecue all’aperto,
mentre sono gratuitamente disponibili barbecue elettrici pubblici, in aree protette, in quasi tutte le stazioni di sosta o località turistiche.

Sempre chi conosce l’Australia ha però ben presente l’enormità del suo entroterra in cui le aree non coltivate vedono una vegetazione non curata che è facile preda del fuoco.

Naturalmente è molto più facile dare la colpa al cambiamento climatico, che cercare i responsabili degli incendi.

La colpa è della società, mai delle persone…
 

Val

Torniamo alla LIRA
In tre sono in possesso di password e credenziali per accedere al conto corrente privato sul quale finiscono i soldi (restituiti) degli stipendi dei 315 parlamentari del M5s.

I tre «fortunati» sono il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e gli ex capigruppo di Camera e Senato,
Francesco D'Uva (oggi Questore della Camera) e Stefano Patuanelli (ministro dello Sviluppo economico).

Da mesi una pattuglia di deputati e senatori ha messo nero su bianco, chiedendo formalmente (senza alcun riscontro)
una copia degli estratti del conto corrente sul quale transitano parte delle indennità dei parlamentari grillini.
L'ultima richiesta ufficiale porta la firma dell'ex senatrice Elena Fattori, espulsa dal Movimento.

Di Maio, fino ad oggi, si è sempre rifiutato di fornire una copia della documentazione bancaria.
L'unica concessione riservata ai parlamentari è la pubblicazione, per linee generali,
dei progetti finanziati con i soldi restituiti dai gruppi parlamentari dei Cinque stelle.

Ma nel dettaglio, nessuno, tra i 315 parlamentari del Movimento, conosce quali operazioni bancarie siano state effettuate dal 4 marzo 2018 ad oggi.
Spese, bonifici e fatture: tutto in gran segreto.

Eppure, Di Maio, Patuanelli e D'Uva gestiscono un tesoretto che si aggira sui 4 milioni e mezzo di euro:
ogni parlamentare restituisce (dovrebbe restituire) mensilmente circa 2mila euro.

Con il nuovo regolamento dei Cinque stelle è cambiato anche il meccanismo delle restituzioni.
Nella passata legislatura, i parlamentari restituivano direttamente allo Stato (il fondo per il Microcredito) parte dell'indennità.

Nella versione nuova, i soldi vengono depositati su un conto corrente privato, attivo alla Banca Profilo in Via Cerva 28, a Milano.
L'istituto è controllato dal fondo Sator presieduto da Matteo Arpe, ex enfant prodige della finanza italiana ed ex amministratore delegato di Capitalia,
protagonista nel 2007 di un duro scontro con l'allora presidente Cesare Geronzi.
Il conto è intestato al comitato per le rendicontazioni nel quale figurano tre esponenti del Movimento: Di Maio, D'Uva e Patuanelli.

Come vengono spesi i soldi?
Da un lato, il Movimento finanzia alcuni interventi di pubblica utilità: dalla ricostruzione di scuole ai fondi per i paesi colpiti dal sisma.

Ma rientrano anche altre spese? Vengono dirottati fondi per iniziative politiche? Nessuno è in grado di sapere.
Perché fino ad oggi alla richiesta di trasparenza, Di Maio ha opposto un muro di silenzio.
E c'è un altro punto contestato nel nuovo meccanismo: al momento dello scioglimento del comitato (a fine legislatura)
i soldi rimasti sul conto finiranno nelle casse dell'associazione Rousseau di Davide Casaleggio.


Ora con la coda di polemiche che sta accompagnando addii ed espulsioni nel Movimento, il tema delle restituzioni ritorna centrale.
E anche la richiesta di trasparenza a Di Maio è stata riproposta.

Giovedì è in programma una assemblea congiunta tra deputati e senatori: all'ordine del giorno ci sarà la questione delle rendicontazioni.

E Di Maio dovrà fornire copia degli estratti conto, prima di adottare decisioni contro i parlamentari non in regola con le restituzioni.

I morosi sarebbero 40.
Di Maio vorrebbe adottare il pugno duro, mettendo alla porta i furbetti.

C'è chi però suggerisce una sanatoria, una restituzione forfettaria per rimettersi in carreggiata.
Si teme un esodo di massa dai gruppi parlamentari.

E un altro smottamento avrebbe conseguenze pesanti per la tenuta del Movimento.
 

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