CARO BABBO NATALE, QUEST'ANNO VORREI UN CONTO iN BANCA CORPOSO ED UN FISICO ASCIUTTO. (1 Viewer)

Val

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Articolo che non fa una grinza

UN FRANCESE, UN’AMERICANA E UN ITALIANO
Un francese, un’americana e un italiano: non è l’incipit di un barzelletta ma coloro che dobbiamo ringraziare per aver imposto con miopia la più assurda tra le assurde guerre che l’Occidente ha condotto in questi ultimi anni in nome dell’imperativo umanitario. Il disastro in Libia e lo spaventoso errore di generare un “regime change” non governato, trasformando quello che era uno dei paesi più stabili e floridi dell’Africa in un cumulo di macerie, hanno tre firme d’autore.
 

Val

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IL FRANCESE
La prima è quella Nicolas Sarkozy, l’ex premier francese, gollista con velleità napoleoniche. Fu lui a volere con tutta la forza l’abbattimento del regime di Gheddafi nella convinzione che la Francia avrebbe recuperato la sua “grandeur” e lui i sondaggi che lo davano peggior primo ministro francese degli ultimi 20 anni (record negativo oggi conquistato da Hollande).
Fu lui a guidare le potenze occidentali al riconoscimento di un governo libico d’insorti che aveva la legittimità di un pinguino nel Sahara e fu lui ad imporre, ad un recalcitrante Obama, i bombardamenti contro l’esercito di Gheddafi che portarono la Nato ad entrare a gamba tesa in una guerra civile schierandosi uno dei contendenti e violando così il principio di non ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano. Fu lui a recarsi nei giorni della fuga di Gheddafi, a Tripoli con al fianco Bernard Henry Levy il filosofo francese di sinistra da sempre protettore delle bombe umanitarie; ufficialmente per rassicurare i libici sul ruolo della Francia nella costruzione della democrazia e per chiudere qualche accordo sullo sfruttamento delle risorse energetiche del ricco paese africano, ufficiosamente per far sparire le tracce sui rapporti non proprio eleganti tra lui e Gheddafi.
 

Val

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L’AMERICANA
Il secondo artefice del disastro è una donna, americana: la democratica Hillary Clinton. Fu lei a trascinare di malavoglia l’amministrazione Obama nella guerra “francese” in nome della difesa di diritti umani che in Libia erano violati più dai ribelli che dai lealisti di Gheddafi; e lo fece applicando un principio del tutto nuovo: quello della guerra umanitaria preventiva. L’idea cioè, che gli Usa, in Libia dovessero intervenire non per i punire crimini commessi dal regime ma quelli che avrebbe potuto commettere. In altre parole, io ti bombardo non per quello che hai fatto ma per quello che io penso, tu farai: una follia nel diritto internazionale.
 

Val

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L’ITALIANO
Il terzo da ringraziare è italiano e si chiama Giorgio Napolitano. Fu lui a spingere l’Italia nella guerra facendoci aderire alla coalizione che doveva applicare la risoluzione Onu, ma di fatto abbattere il regime libico al grido: “non lasciamo calpestare il Risorgimento arabo”. Berlusconi (allora presidente del Consiglio) si era opposto all’intervento militare per ragioni facili da comprendere: primo per un rapporto di fiducia costruito negli anni con il leader libico Gheddafi, fiducia che aveva portato importanti accordi economici tra i due paesi e un impegno della Libia a controllare l’immigrazione clandestina verso le nostre coste (impegno che aveva fatto diminuire gli sbarchi sulle coste italiane del 90%). Secondo, perché sapeva che il vuoto di potere creato sarebbe stato pericolosissimo per i nostri interessi nazionali.
Ma in quei mesi la figura del premier italiano era indebolita, assediata dalle inchieste giudiziarie, dalla perdita di credibilità internazionale dovuta allo scandalo Ruby e dalle manovre in atto di quelle tecnocrazie che avrebbero poi portato al complotto del novembre 2011. Napolitano ne approfittò e, in perfetta obbedienza a quei poteri internazionali per i quali subisce un naturale fascino , impose la nostra entrata nel conflitto non trattando nemmeno i posti a sedere nella gestione del dopoguerra e impedendo che il nostro Paese creasse un’asse neutrale con la Germania (che allo sciagurato attacco alla Libia non partecipò). Anche perché senza le basi italiane e la partecipazione dei nostri aerei sia nelle missioni di bombardamento e interdizione, l’operazione internazionale avrebbe avuto difficoltà a realizzarsi.
 

PILU

STATE SERENI
Na meraviglia...

Milano, 16 dic. (askanews) - Con il perdurare della crisi e dei suoi effetti, non si arresta il trend in continua crescita delle sofferenze bancarie. E' quanto emerso dal consueto bollettino dell'Abi. La rischiosità dei prestiti in Italia è ulteriormente cresciuta, con le sofferenze lorde che sono risultate a ottobre 2014 pari a quasi 179,3 miliardi, rispetto ai 176,9 miliardi di settembre. Il rapporto sofferenze lorde su impieghi è salito al 9,5% ad ottobre (7,7% un anno prima; 2,8% a fine 2007), valore che ha raggiunto il 15,8% per i piccoli operatori economici (13,4% ad ottobre 2013; 7,1% a fine 2007), il 15,7% per le imprese (12,3% un anno prima; 3,6% a fine 2007) ed il 6,8% per le famiglie consumatrici (6,3% ad ottobre 2013; 2,9% a fine 2007). Anche le sofferenze nette hanno registrato ad ottobre 2014 un aumento, passando dagli 81,2 miliardi di settembre agli 83 miliardidi ottobre. Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è risultato pari al 4,61% ad ottobre dal 4,49% di settembre 2014 (3,98% ad ottobre 2013; 0,86%, prima dell'inizio della crisi).
 

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