Fiat (F) Capitalizzazione a 10.8 e Debiti a 6.1 MLD (1 Viewer)

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ordine 11.110
1- UNA VOLTA CHE DICE UNA COSA GIUSTA, SULLA FIAT IN FUGA, TUTTI CONTRO LO SCARPARO! - 2- IL LANCIO DI SCARPE DELLA VALLE CONTRO KAKY ELKANN E MARPIONNE, LIQUIDATI COME “DUE FURBETTI COSMOPOLITI CHE SONO RIUSCITI IN POCHE RIGHE A CANCELLARE IMPORTANTI IMPEGNI PRESI NELLE SEDI OPPORTUNE NEI CONFRONTI DI DIPENDENTI, GOVERNO E DEL PAESE”, SCATENA L’IRA PURE DELLO SMONTEZEMOLATO, IN USCITA DALLA FERRARI: “ESPRESSIONI COME QUELLE USATE DA DIEGO SONO ASSOLUTAMENTE INACCETTABILI E NON DOVREBBERO MAI FAR PARTE DI UNA DIALETTICA TRA IMPRENDITORI” - 3- LA MEJO BATTUTA E’ DELL’AGNELLINO LUPO RATTAZZI, CONSIGLIERE DI AMMINISTRAZIONE DI EXOR: “DELLA VALLE È LA CONTROFIGURA DI SGARBI A LIVELLO INDUSTRIALE CON LO STESSO LIVORE E LA STESSA INCLINAZIONE ALL’INGIURIA GRATUITA” - 4- ROMITONE TROVA CHE “IL PRINCIPALE COLPEVOLE È IL SINDACATO ASSENTE, FIOM ESCLUSA” -


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Paolo Griseri per Repubblica
Il governo chiederà alla Fiat «tutti i chiarimenti necessari» dopo il comunicato di giovedì. Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera annuncia così la strategia del governo di fronte al caso Fiat. La scelta del Lingotto di ripetere e sottolineare che ormai il piano Fabbrica Italia non potrà essere realizzato ha aumentato le apprensioni sul futuro degli insediamenti italiani del gruppo.
Una mossa che ha finito per mettere in difficoltà lo stesso governo. Ieri tutte le forze sindacali e politiche hanno chiesto che l'esecutivo convochi la Fiat per un chiarimento. Lo ha preteso Bersani: «Il governo deve chiedere chiarezza a Marchionne - ha detto il segretario dei Ds - perché la situazione è drammatica». Lo chiedono gli esponenti del Pdl. È duro il commento di Casini: «Dopo le promesse di grandi investimenti è difficile non vedere nell'annuncio del Lingotto la premessa per un disimpegno dall'Italia ».


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-66062/364742.htm Ma il commento più aspro della giornata è certamente la nota con cui Diego Della Valle, patron di Tod's, ha voluto attaccare frontalmente il gruppo di Torino provocando subito la reazione di Luca di Montezemolo. Un attacco che certamente segue le battaglie tra Della Valle e gli Agnelli nel salotto di Mediobanca. Della Valle scrive che «i furbetti cosmopoliti di Torino sono riusciti in poche righe a cancellare importanti impegni presi nelle sedi opportune nei confronti di dipendenti, governo e del Paese».


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-66062/333431.htm Tutto questo, prosegue Della Valle, sarebbe «il risultato del tragico teatrino degli annunci da parte di Fiat, del suo inadeguato amministratore delegato e, in subordine, del suo presidente ». La nota si conclude con la considerazione che «questi supponenti signori» sappiano che «gli imprenditori italiani che vivono veramente di competitiva, che rispettano i loro dipendenti e che onorano gli impegni non vogliono in alcun modo essere accomunati a loro».


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-66062/406751.htm Montezemolo ha preso subito le distanze: «Espressioni come quelle usate da Diego sono assolutamente inaccettabili e non dovrebbero mai far parte di una dialettica tra imprenditori ». «Di tutto abbiamo bisogno in questo momento - aggiunge il presidente della Ferrari - ma non di polemiche che non appartengono alla cultura imprenditoriale e che fanno male al Paese. Tanto più che coinvolgono imprenditori che in settori diversi affrontano una difficile competizione su mercati mondiali». Dura anche la reazione di Lupo Rattazzi, consigliere di amministrazione di Exor: «Della Valle è la controfigura di Sgarbi a livello industriale con lo stesso livore e la stessa inclinazione
all'ingiuria gratuita».


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-66062/280529.htm Nella polemica è entrato anche l'ex ad Cesare Romiti: «L'azienda che interrompe la progettazione è destinata a morire». E poi: «Il principale colpevole è il sindacato assente, Fiom esclusa».


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-66062/360361.htm L'annuncio di Torino ha rinfocolato anche le polemiche tra i sindacati. Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha buon gioco ad osservare che «il modello Pomigliano è una barbarie» che non ha prodotto i risultati annunciati dall'amministratore delegato della Fiat.
Dagli Stati Uniti Marchionne ha continuato a fare dichiarazioni come se il putiferio scatenato in Italia dal comunicato di giovedì non esistesse.


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-66062/384885.htm L'ad del Lingotto ha parlato del problema della sovracapacità produttiva in Europa ma per accusare i tedeschi di opporsi all'intervento di Bruxelles nella questione. L'ad ha anche annunciato che la trattativa con i sindacati canadesi per trasferire in quel Paese gli accordi raggiunti negli Usa sta facendo passi avanti anche se «la soluzione non è vicina».
 

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SULLA PELLE DEGLI OPERAI (E DELL’ERARIO) - IL PIANO DI MARPIONNE PER LA FIAT È UN CETRIOLO A TRE PUNTE PER CHI LAVORA IN FABBRICA: SE IL MERCATO STENTA ANCORA, ADDIO A UNO O DUE STABILIMENTI - SE CI SONO SEGNALI DI RIPRESA ALLORA SI VA AD OLTRANZA CON LA CASSA INTEGRAZIONE FINO A NUOVO ORDINE (E LO STATO SGANCIA) - SARANNO DECISIVE LE VENDITE DEL PRIMO MODELLO TOTALMENTE IMPULLOVERATO: LA 500 L PRODOTTA IN SERBIA…


Paolo Griseri per "la Repubblica"

Il piano di Marchionne per l´Italia? Non c´è ancora. Non è stato definito perché l´ad del Lingotto deve sciogliere in queste settimane un dilemma di fondo. Un dilemma costituito da un´alternativa drammatica: allungare la cassa integrazione per aspettare la ripresa del mercato o chiudere uno o due stabilimenti, ipotesi che lo stesso ad ha avanzato pubblicamente già a febbraio.
Monti-Marchionne

A fine agosto, in una riunione riservata con il sindaco di Torino Piero Fassino, Marchionne ed Elkann hanno illustrato quali problemi l´azienda deve affrontare nei prossimi mesi. Marchionne ha spiegato perché sarà necessario arrivare a fine ottobre. Solo allora infatti si capirà se il mercato europeo e italiano danno qualche piccolo segno di ripresa. A fine ottobre, oltre ai dati sull´andamento del terzo trimestre 2012, si conoscerà quale sarà stato l´esito del primo mese di lancio della nuova 500 L, l´auto prodotta in Serbia che rappresenta per l´Europa il primo modello totalmente nuovo realizzato nell´era Marchionne.


MARCHIONNE THE NEW AMERICAN DREAM

Se quei segnali saranno incoraggianti, allora i vertici del Lingotto metteranno in pratica il piano A che si sta studiando in queste settimane a Torino. Prevede un rinvio degli investimenti sui nuovi modelli (compresi i due suv che avrebbero dovuto essere realizzati a Mirafiori entro fine 2013) che utilizzando gli ammortizzatori sociali (contratti di solidarietà, cassa in deroga, cassa a rotazione) consenta di arrivare sul mercato quando, tra due o tre anni, si avrà la ripresa.


SERGIO MARCHIONNE

Una soluzione certamente dolorosa per le migliaia di dipendenti che avrebbero di fronte altri lunghi anni di salari praticamente dimezzati. Ma una soluzione che consentirebbe di non perdere posti di lavoro e, soprattutto, capacità produttiva installata. Soluzione costosa che potrebbe funzionare solo se il ritardo nella ripresa del mercato fosse limitato nel tempo.
Se, al contrario, il verdetto di fine ottobre sarà negativo, se insomma si capirà che non si può aspettare troppo a lungo una ripresa delle vendite che arriverà solo a fine decennio, allora dovrà scattare il piano B, quello che prevede di chiudere uno o due stabilimenti sui quattro presenti in Italia.


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-66103/404710.htm E´ evidente che la scelta è delicata, e non solo per ragioni sociali: chiudere linee produttive quando il mercato va male significa non averle più quando le vendite dovessero risalire. «Marchionne mi ha detto di non voler scassare o scioccare la situazione italiana», ha detto ieri Fassino sintetizzando i contenuti di quel colloquio riservato agostano. Una rassicurazione che attende la conferma dei fatti.
marchionne e fassino

Il ricorso massiccio alla cassa integrazione, conseguente al rinvio dei modelli e allo slittamento nel tempo di Fabbrica Italia spiegherebbe perché il Lingotto ha voluto in questi giorni drammatizzare la situazione. Un intervento del governo che concedesse la cassa in deroga mettendo mano alle casse pubbliche potrebbe essere più facilmente accettato dagli italiani se si sapesse che l´alternativa è la chiusura di una o due fabbriche. Anche di queste ipotesi si sarebbe parlato nei giorni scorsi nei contatti telefonici tra il Lingotto e gli uomini di Monti. Che probabilmente si trasformeranno in faccia a faccia riservati la prossima settimana quando Sergio Marchionne tornerà in Italia dagli Usa.
 

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1- NESSUNO CHE SI SIA FATTO UNA SEMPLICE DOMANDA: PERCHÉ MARPIONNE CAMBIA IL CAPO DEL PERSONALE ALLA VIGILIA DELL’AUTUNNO? FORSE STA PER CAMBIARE LA LINEA DEL LINGOTTO E NON SI PUÒ MANDARE DAI SINDACATI IL CAPETTO VECCHIO, QUEL REBAUDENGO CHE AVEVA FATTO QUALCHE (MINIMA) PROMESSA? LA RISPOSTA È ARRIVATA: FABBRICA ITALIA E I 20 MILIARDI PROMESSI SONO IL SOLITO GIOCO DI PRESTIGIO DEL FURBETTO COL PULLOVERINO. YACHT ELKANN VEDE IL PROPRIO FUTURO A PARIGI E I DIVIDENDI NEGLI USA. ‘’LA STAMPA’’ E LA JUVE SERVONO SOLO A COPRIRSI LA FUGA CON I POLITICI E CON IL POPOLINO. UN ALTRO “MANAGER” DIVENTERÀ RICCO METTENDO SUL LASTRICO PERSONE E FAMIGLIE. AUGURI A ‘STO DE BIASI E AI 25MILA DIPENDENTI FIAT IN ITALIA - 2- “LA STAMPA” DI MARIOPIO CALABRESI USA FASSINO PER AVERE NOTIZIE DAI SUOI PADRONCINI: “HO PARLATO CON MARCHIONNE ED ELKANN DIECI GIORNI FA, MI HANNO DATO RASSICURAZIONI”. POI UNO SI DOMANDA PERCHÉ IL PD HA UN SERIO PROBLEMA DI ROTTAMAZIONE -


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a cura di COLIN WARD e CRITICAL MESS (Special Guest: Dj Patriot)

http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-66102/412060.htm 1- LINGOTTI IN FUGA
La settimana scorsa, la Fiat ha cambiato il cosiddetto "Responsabile delle risorse umane". Si chiama Pietro De Biasi, ha 48 anni, ha mosso i suoi primi passi in Alitalia e ha fatto tutta la sua carriera nel gruppo Riva, quelli dell'Ilva. Lo sappiamo perché abbiamo letto sui principali giornali le solite agiografie, ma nessuno che si sia fatto una semplice domanda: perché Marchionne cambia il capo del personale alla vigilia dell'autunno?
Forse sta per cambiare la linea del Lingotto e non si può mandare dai sindacati il capetto vecchio, quel Rebaudengo che aveva fatto qualche (minima) promessa? La risposta è arrivata nel giro di pochi giorni: Fabbrica Italia e i 20 miliardi promessi sono il solito gioco di prestigio del Furbetto col pulloverino. Yacht Elkann vede il proprio futuro a Parigi e i dividendi negli Usa. La Stampa e la Juve servono solo a coprirsi la fuga con i politici e con il popolino. Un altro "manager" diventerà ricco mettendo sul lastrico persone e famiglie. Auguri a ‘sto De Biasi e ai 25mila dipendenti Fiat in Italia.
La Repubblica degli Illuminati titola a tutta prima: "Fornero: che cosa chiedo alla Fiat". Un "passi" a vita per il paddock di Monza? No: "Marchionne ha le date, aspetto che il telefono squilli". Il governo ritiene ‘inaccettabile' uno stop alla produzione negli stabilimenti italiani. La strategia del Lingotto: cassa integrazione o chiusure" (pp.1-3).


JOHN ELKANN E SERGIO MARCHIONNE jpeg

"I sindacati a Fiat: le fabbriche non si toccano. Angeletti (Uil): "Marchionne deve investire". Bonanni (Cisl): "Torino spieghi le strategie". Camusso all'attacco" (Giornale, p. 18). La Stampa di Mariopio Calabresi usa Piero Fassino per avere notizie dai suoi padroncini: "Fiat non vuole creare choc". Fassino: ho parlato con Marchionne ed Elkann dieci giorni fa, mi hanno dato rassicurazioni" (p. 8). Poi uno si domanda perché il Pd ha un serio problema di rottamazione.
Il Corriere di don Flebuccio de Bortoli mena il can per l'aia alla grandissima: titolo in prima pagina su "I numeri dei ritardi italiani" (ma si riferiva alle estrazioni del Lotto?) e due pagine di sedicente "inchiesta" su produttività e salari. E la Fiat? Due colonnine basse a pagina 5 con la foto di Angelico Angeletti. Perfino il Messaggero e il Secolo XIX, per dire due giornali che non insistono su aree Fiat (Cassino a parte), dedicano una pagina al Lingotto in fuga. Il fatto è che, a parte prendersi la pubblicità, nessun direttore e nessun giornalaio ci ha mai creduto davvero a Fabbrica Italia.
 

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puntuale la bastonata dell'ultimo giornalista italiano


LINGOTTI IN FUGA E PENNE IN LIBERA USCITA - LO SGARBO DELL***8217;INTERVISTA A ***8216;REPUBBLICA***8217; COSTA A MARPIONNE UN PUNTUTO EDITORIALE DI MUCCHETTI - DON FLEBUCCIO E ABRAMO BAZOLI RIBADISCONO COSÌ A YACHT ELKANN CHE IN VIA SOLFERINO COMANDANO LORO, MENTRE MUCCHETTI REGOLA PIÙ CHE ALTRO I CONTI PERSONALI SCRIVENDO CHE ***8220;L***8217;ESTERNAZIONE DEL TOP MANAGER ERA STATA PREPARATA, IL GIORNO PRIMA, DA UN LUNGO ELOGIO (SU ***8220;REPUBBLICA***8221;) DELL***8217;ECONOMISTA ALESSANDRO PENATI***8221;***8230;



Massimo Mucchetti per il "Corriere della Sera"
ALESSANDRO PENATI

Tanto tuonò che piovve. Incalzato da Diego Della Valle e da Cesare Romiti, l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha rilasciato un'intervista a la Repubblica che ha titolato su 5 delle 6 colonne della prima pagina: «La Fiat resterà in Italia». Lo strillo promette, ma possiamo dirci tranquillizzati? La risposta è: no. Ecco perché.
L'esternazione del top manager era stata preparata, il giorno prima, da un lungo elogio dell'economista Alessandro Penati. Perché, si era chiesto Penati riecheggiando l'ex direttore dell'Economist, Bill Emmott, negli Usa si osanna Marchionne e in Italia lo si critica in modo così aspro? Perché questo Paese è conservatore e consociativo, refrattario all'economia di mercato, è stata la risposta: identica a quella del giornalista britannico. Musica per la Torino del Lingotto.
MASSIMO MUCCHETTI

Una beffa per la Torino operaia, anzi per l'Italia operaia. Un rebus per la classe imprenditoriale divisa tra chi crede ancora nelle virtù taumaturgiche di Marchionne e chi ormai manifesta scetticismo, anche senza ricorrere ai toni sgarbiani del signor Tod's, che possono sì fissare un concetto nell'immaginario collettivo ma di sicuro non aiutano a risolvere i problemi.
Certo, né a Penati né a Emmott viene il dubbio che gli osanna americani dipendano dal fatto che a Detroit si lavora a pieno regime, mentre a Mirafiori si riesce a farlo solo 3 giorni al mese; che negli Usa l'industria automobilistica è stata salvata dai miliardi della Casa Bianca, mentre in Italia il governo - Berlusconi o Monti, in questo caso cambia poco - non può o forse anche non vuole fare alcunché. E tuttavia, nonostante l'assist, il leader della Fiat non ha dissipato nessuno dei timori sul ridimensionamento degli investimenti Fiat in Italia.

Marchionne ha speso due argomenti, peraltro non nuovi: a) la Fiat non ha progettato altri modelli per l'Europa e i mercati evoluti perché, se l'avesse fatto, avrebbe perso miliardi data la crisi epocale della domanda di automobili; b) il buon momento della Chrysler serve a salvare la Fiat in Italia.
Sul primo argomento è inutile ripeterci troppo. Gli altri produttori di automobili non hanno interrotto i cicli di rinnovo dei modelli, la Fiat ha saltato gli ultimi due. Tutti ciechi, gli altri? Marchionne, con la benedizione del suo azionariato, ha scelto di concentrare le munizioni sul fronte più promettente in questo momento: gli Usa. Ma ci andrei piano con i miti globali. Globali sono la Toyota, la Volkswagen, la Ford, la Gm, la Mercedes, la Bmw e la Renault-Nissan. Vista in prospettiva, la Fiat non appare molto più globale di com'è stata altre volte in passato.

Ci fu un'epoca in cui la Fiat possedeva la Seat in Spagna (ceduta a Volkswagen), la Simca in Francia (finita alla Chrysler), la Zastava in Jugoslavia. La Fiat aveva già la grande unità produttiva polacca. A Belo Horizonte ha aperto negli anni Settanta: il Brasile l'hanno scoperto gli arzilli vecchietti. In Unione Sovietica, Agnelli e Valletta erano andati ancor prima. Non aveva gli Usa, la Fiat. È vero. Ma di questo passo si sta giocando l'Europa. E l'Europa non è solo un mercato ancora grande, ma anche e soprattutto è il cuore e la testa dell'automobile. Molto più degli Usa, dove si fabbricano principalmente dei baracconi. Alla fine, quale sarà il saldo?
JOHN ELKANN E SERGIO MARCHIONNE jpeg

Sul secondo argomento, servono ancor meno parole. Marchionne avverte: «Se la Fiat vuole essere partner di Chrysler, deve essere affidabile». Ma non ci era stato detto che era stata la Fiat a comprare la Chrysler? E Steven Rattner, l'obamiano zar dell'auto, non aveva bocciato l'autosalvataggio della casa di Auburn Hills perché era indietro di 10 anni? Adesso scopriamo che la legge la dettano dall'altra parte dell'Atlantico. Non perché siano capaci di fare macchine migliori, ma perché di là si guadagna, dopo aver perso a rotta di collo. E si guadagna perché il governo ha pagato con i denari dei contribuenti la chiusura di decine di stabilimenti e ha dunque tagliato i costi fissi di Detroit. Esauriti i due argomenti, eccoci ai silenzi.
Nel pur lungo colloquio, il capo del gruppo Chrysler-Fiat non ha affrontato i tre nodi reali sui quali la Fiat Spa è chiamata a fare i conti. Il primo è la sovraccapacità produttiva in Europa. La recessione l'ha accentuata, ma c'era anche prima e rendeva fin da subito poco credibile il raddoppio della produzione previsto da Fabbrica Italia. In sede Acea, l'associazione europea dei produttori di auto, Marchionne ha sostenuto l'idea di coordinare le chiusure delle fabbriche di troppo e di assegnare alle società incentivi pubblici alla bisogna. Com'era avvenuto per l'acciaio.

Ma per i tedeschi solo le case non abbastanza brave hanno fabbriche in eccesso. Dunque, chiudano loro, e senza aiuti di Stato. Marchionne ha attaccato i tedeschi. È stato respinto. Che cosa conta di fare, adesso? Torino ha già lasciato Termini Imerese. La francese Psa dice che, forse, taglierà 8 mila posti. La Opel, probabilmente, smantellerà qualcosa. Ma non basta.
Anche perché la Fiat va peggio della concorrenza ed è dipendente da un mercato, quello italiano, che soffre più di tutti. Promettere che la Fiat resterà in Italia significa poco se non si spiega con quanti stabilimenti, con quante persone, con quali risorse e per fare che cosa. Sostiene Marchionne: «Mi impegno, ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell'Italia». La storia dei suoi investimenti - tutti sussidiati dai Paesi dove li ha fatti: Usa, Brasile, Serbia - fa sospettare che Marchionne stia per bussare a quattrini con il governo. Se così non è, restiamo in attesa di capire in che cosa consista il «contributo dell'Italia».
BILL EMMOTT

Il secondo nodo su cui continua il silenzio è la disponibilità della Volkswagen ad acquistare il marchio Alfa Romeo, assieme a uno stabilimento italiano che, altrimenti, verrebbe chiuso. IlCorriere sta dando informazioni in materia. Abbiamo anche indicato il nome della banca - la Lazard - che ha presentato l'idea sia a Marchionne sia ad Elkann. Oggi aggiungiamo che esperti tedeschi hanno visitato tutti e quattro gli stabilimenti in teoria papabili: Mirafiori, Cassino, Melfi e Pomigliano.
Hanno pure stilato un rating. Queste visite fanno pensare che qualcosa possa accadere. Che magari entri nel pacchetto anche un po' di tecnologia. Stupisce il disinteresse di Cisl e Uil e dei sindacati minori davanti alla possibilità che un investimento estero, fatto dalla casa automobilistica più forte d'Europa, venga a risolvere una parte dei problemi aperti dal declino della Fiat in Italia e a portare un po' di concorrenza. E stupisce anche il silenzio dei tanti aedi della concorrenza. Temono di disturbare i manovratori? In ogni caso, questa è anche materia del governo che parla tanto di attrarre i capitali esteri e forse farebbe bene a intervenire prima che le situazioni degenerino come a Termini Imerese o, per altre produzioni, a Portovesme.

Il terzo punto sul quale Marchionne tace è quello finanziario: del debito e della moneta. Il debito Fiat è ancora considerato spazzatura, le sue obbligazioni junk bond. Pesa certamente il rischio Italia, ma ancor più pesa il rischio Fiat-Chrysler (nonostante i primi profitti americani). Basta confrontare i differenziali tra i Btp e i Bund e quelli tra le obbligazioni Fiat e le obbligazioni Volkswagen per accertare come da anni i primi siano inferiori ai secondi.
Che cosa ha in animo di fare la Fiat per risalire la china che la svantaggia nella competizione con case che già investono di più e in aggiunta si finanziano a tassi inferiori? Che senso ha benedire Monti e non porgli il problema dei tedeschi che finanziano le vendite ai clienti a tasso zero o quasi grazie al fatto che entrambi, noi e loro, stiamo nell'euro, ma loro sopra e noi sotto?

Prima che sia troppo tardi, e cioè prima che la politica del carciofo adottata da Marchionne abbia consumato anche l'ultima foglia, è forse il caso di affrontare la questione Fiat come una grande questione industriale del Paese, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, ma andando tutti - azionisti, management, sindacati, banche e governo - oltre le chiacchiere vaghe e il duello infantile tra paure e desideri per cominciare ciascuno, da adulto, a prendersi le proprie responsabilità.


Grande mucchetti:D
 
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ordine 11.110
PER MARPIONNE LA FIAT HA UN SOLO PROBLEMA: QUELLO DI ESISTERE - FRIGNA DI AVERE AIUTI PUBBLICI MA NON VENDE AUTO PERCHE’ FANNO SCHIFO E SE LA PRENDE COI COSTI DEGLI OPERAI - TELESE: L'AVVOCATO MORIRÀ DAVVERO SOLO OGGI, PER EFFETTO DI UN PARADOSSO BEFFARDO: QUELLO DI ESSERE UCCISO DA UN INCONTRO BILATERALE DOPO ESSERE SOPRAVVISSUTO AD UN DECESSO…

1- FRIGNA DI AVERE AIUTI PUBBLICI MA NON VENDE AUTO PERCHE' NON PIACCIONO
Bankomat per Dagospia

Non sarà' sfuggito che l'aiutano le imprese che investono con finanziamenti ed incentivi vari. Questa in sostanza la replica del Dr Marchionne all'elegante tentativo di ieri del Ministro Passera, in visita in Brasile, di ricordare che se in Brasile la Fiat funziona meglio bisogna chiedersi cosa non funziona per avere successo anche in Italia ed in Europa.
Elegante si fa per dire. Sembrava un rimbrotto ma oggi scopriamo che era un assist.
IL QUOTIDIANO TEDESCO #HANDELSBLAT# CHE CITA MARCHIONNE COME IL #PINOCCHIO DEL GIORNO#

Marchionne, con inusitata arguzia, sorvola costantemente sull'unico tema manageriale ed industriale vero. Un'azienda compete meglio di un concorrente se progetta produce e vende meglio di altri. Vi risulta che le Fiat o le Lancia si vendano meno perche' costano troppo in quanto prodotte in Italia. Palle. Sono o meno convincenti o peggio distribuite dei prodotti della concorrenza, o entrambe le cose.
Per progettare e vendere bene occorre management all'altezza, servono si' quattrini ma anche capacita' di pianificare progetti ed investimenti. Ma soprattutto servono uomini.
Nessuno osa dire, ma tutta la business community lo sa da anni, che manager scappano letteralmente dall'entourage di Marchionne. Nessuno lo sopporta a lungo.
Non che Romiti fosse Madre Teresa, ne' l'Avvocato un vero capitano d'industria, ma i manager (tranne Ghidella) a modo loro li fidelizzavano. Vittorio Ghidella sapeva in realta' anche di automobili e quindi sarebbe stato pericoloso persino per Marchionne.
Chissa' se Monti Passera e Fornero sapranno discutere anche di queste cose, o come al solito parleranno solo di soldi. I nostri.
 

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le balle di fiat

Fiat mente su liquidità? Titolo in picchiata

di: WSI-Agenzie Pubblicato il 08 ottobre 2012| Ora 16:09

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I rumor su un'indagine della Consob sulla reale consistenza del cash posseduto dal Lingotto mette sotto pressione il titolo. Da Torino (foto: Sergio Marchionne) la smentita: "Non siamo al corrente di alcuna indagine". Consob risponde con "no comment".


Torino - Fiat, come le altre società quotate, "riceve abitualmente richieste di informazioni da Consob su varie materie (inclusa la liquidità) a cui risponde regolarmente, ma non è al corrente di alcuna 'indagine'" nei suoi confronti sulla consistenza della liquidità messa a bilancio. ''No comment'' e' l'unica risposta che si ottiene sia dal Lingotto che dall'autorita' guidata da Giuseppe Vegas.

Lo precisa l'azienda in una nota in cui replica a un articolo apparso oggi su 'Il Messaggero' e 'Il Mattino' in cui viene riferito che la Consob "ha acceso un faro sulla reale consistenza della liquidità - 22,7 miliardi al 30 giugno di quest'anno - dichiarata nei bilanci del Lingotto". "Qualsiasi insinuazione circa il fatto che Fiat non disporrebbe della liquidità dichiarata nella propria comunicazione finanziaria periodica - aggiunge il Lingotto - è falsa e come tale sarà trattata da Fiat".

"Nell'articolo - spiega Fiat - si aggiunge che Consob avrebbe avviato una 'indagine', rappresentata in modo tale da insinuare dubbi sulla correttezza dell'informazione societaria resa da Fiat. Fiat, come le altre società quotate, riceve abitualmente richieste di informazioni da Consob su varie materie (inclusa la liquidità) a cui risponde regolarmente, ma non è al corrente di alcuna 'indagine' nei termini riferiti dall'articolista".

Intanto, il titolo a piazza Affari è arrivato a perdere oltre il 3%.
 

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1- MACCHÈ “NESSUNA INDAGINE”! IERI “IL MESSAGGERO”, OGGI “MILANO FINANZA”: I GUARDIANI CONSOB INTENZIONATI AD ANDARE FINO IN FONDO NELLA DISPUTA CON IL LINGOTTO - 2- GIUSEPPE VEGAS NON HA ATTESO LA RISPOSTA ALLA 19ESIMA LETTERA DI RICHIESTA INFORMAZIONI SPEDITA A TORINO: LA CONSOB CHIEDERÀ LUMI ALLA FIAT SULLA LIQUIDITÀ CHE HA IN CASSA E SUL SUO UTILIZZO E PER FARLO ARRIVERÀ FIN DENTRO I CONTI CORRENTI - 3- IL DUELLO TRA LA CONSOB E LA PIÙ GRANDE AZIENDA ITALIANA DURA DA OLTRE UN ANNO -


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Luciano Mondellini e Roberto Sommella per MF-Milano Finanza

Giuseppe Vegas non ha atteso la risposta alla 19esima lettera di richiesta informazioni spedita a Torino e ha deciso di andare fino in fondo: la Consob chiederà lumi alla Fiat sulla liquidità che ha in cassa e sul suo utilizzo e per farlo arriverà fin dentro i conti correnti della casa automobilistica.



IL PRESIDENTE DELLA CONSOB GIUSEPPE VEGAS

Una scelta forte che, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza da fonti autorevoli, è la logica conseguenza di un braccio di ferro tra un'istituzione e la più grande azienda italiana che dura da oltre un anno. E che, Tuf (Testo unico della finanza) alla mano nel suo articolo 115, non poteva che finire così dopo le numerose schermaglie tra l'azienda e i vigilantes di borsa, che dal 2010 cercano di capire qualcosa di più degli intenti del Lingotto sull'ormai defunto progetto di Fabbrica Italia.

La norma in questione stabilisce che «la Consob, al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico può, anche in via generale, richiedere agli emittenti quotati, agli emittenti quotati aventi l'Italia come Stato membro d'origine, ai soggetti che li controllano e alle società dagli stessi controllate, la comunicazione di notizie e documenti, fissandone le relative modalità».


marCHIONNE E ELKANN big

Tra i documenti che può richiedere rientrano anche le linee di credito e, nel caso, le disponibilità sui conti correnti, quello che starebbe accadendo per Fiat. Ma non si tratta di una dichiarazione di guerra né di uno step intermedio verso un nuovo faccia a faccia con il governo (ieri la Commissione si è trincerata dietro un «no comment» alla domanda di questo giornale di conoscere qualche particolare in più su tale richiesta di informazioni): è la prassi, dicono gli addetti ai lavori, seguita in tutti i casi importanti.


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-67657/263281.htm Molto meno di prassi è stata però la giornata in borsa del titolo Fiat, che ieri, sulla spinta di indiscrezioni rilanciate da Il Messaggero, ha chiuso con un calo del 4,16%. L'azione ha infatti pagato le notizie di stampa, secondo le quali la Consob avrebbe acceso un faro per verificare la reale consistenza della liquidità, 22,7 miliardi al 30 giugno di quest'anno, dichiarata nei bilanci del gruppo torinese, quando invece, come spiegato sopra, si tratta di una procedura normale.


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-67657/280522.htm Al di là della normalità o meno delle decisioni dell'organo di vigilanza, la Fiat ha subito precisato con una nota ufficiale che, «come le altre società quotate, riceve abitualmente richieste di informazioni da Consob su varie materie (inclusa la liquidità) a cui risponde regolarmente, ma non è al corrente di alcuna indagine nei termini riferiti dall'articolista».
marchionne monti

Gli uomini dell'ad Sergio Marchionne hanno inoltre sottolineato che «qualsiasi insinuazione circa il fatto che Fiat non disporrebbe della liquidità dichiarata nella propria comunicazione finanziaria periodica è falsa e come tale sarà trattata da Fiat». Insomma il Lingotto in modo molto perentorio ha voluto precisare che le attività in corso della Commissione di borsa rientrano nel novero delle normali attività di controllo, circostanza che peraltro non viene negata dagli stessi controllori.

Troppo poco, però, per sedare le polemiche. Che la casa automobilistica, sempre più americana, sia ormai nel mirino dei vari palazzi romani per le sue scelte strategiche non sorprende più di tanto. MF-Milano Finanza ha infatti rivelato da tempo che il governo aveva intenzione di verificare la qualità della liquidità dichiarata dal Lingotto nei bilanci (vedere articoli del 21 e 22 settembre), mentre il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, i cui uomini torneranno a incontrarsi con quelli di Marchionne per fare il punto sulle scelte industriali entro il 15 ottobre, ha già pronta una lettera di messa in mora indirizzata proprio ai vertici di Torino (si veda MF-Milano Finanza del 5 ottobre).


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-67657/412601.htm Insomma uno scenario incandescente, che è stato smorzato molto poco dall'incontro di due settimane fa a Palazzo Chigi tra l'esecutivo e il presidente di Fiat John Elkann e l'amministratore delegato Sergio Marchionne. Per l'esecutivo è fondamentale capire che cosa intende fare la Fiat dei suoi quattro stabilimenti e a questo serve la missiva messa a punto da Passera, che lamenta il fatto che nel primo incontro del tavolo tra ministero dello Sviluppo e Lingotto, i rappresentanti del gruppo avrebbero avanzato proposte generiche e non realizzabili dal governo italiano. Per la Consob, invece, è importante capire se Fiat ha dato tutte le informazioni necessarie al mercato.
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ordine 11.110
Fiat: Via A Trattativa Su Ccsl.
Azienda Gela Sindacati, Non C'e' Un Euro


di: Asca Pubblicato il 11 ottobre 2012| Ora 13:47
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(ASCA) - Torino, 11 ott - Parti distanti nel primo incontro per il rinnovo del contratto di lavoro Fiat, ma toni tranquilli, malgrado l'esordio non incoraggiante da parte aziendale sul fronte economico. La delegazione Fiat ha detto infatti che 'non c'e' un euro' per aumenti contrattuali, a fronte di una richiesta di 150 euro nel triennio da parte dei sindacati metalmeccanici firmatari del Ccsl. Le parti si sono ritrovate oggi all'Unione Industriale di Torino per l'avvio della trattativa che ha gia' comunque registrato qualche elemento positivo sul welfare aziendale, prevedendo una piu' ampia copertura sanitaria, e la volonta' di approfondire ed eventualemente modificare qualche aspetto normativo. ''L'azienda - sottolinea Ferdinando Uliano segretario nazionale Fim - ha premesso che non ci sara' nessuna chiusura ne' alcun ridimensionamento occupazionale negli stabilimenti italiani e questo e' molto importante. Noi abbiamo ribadito che il nostro spirito e' lo stesso di quello della firma del contratto, ma anche che dobbiamo tutelare il potere d'acquisto dei lavoratori''. La novita' piu' interessante riguarda la messa a disposizione di tutto il personale dipendente di un pacchetto base per la copertura sanitaria, (analisi del sangue, elettrocardiagramma, analisi preventive) con un impegno di 20 euro a dipendente per 1,8 milioni complessivi. Per il resto prevale la cautela sull'avvio del confronto, ma i sindacati si dichiarano fiduciosi sul fatto che possa essere raggiunta un'intesa entro l'anno. Sono stati costituiti alcuni gruppi di lavoro, con la presenza di dieci rappresentanti sindacali e dieci aziendali, per approfondire gli aspetti normativi del contratto firmato lo scorso anno, economici e del welfare aziendale. La trattativa riprendera' il prossimo 20 novembre. ''La discussione - spiega Eros Panicali segretario nazionale Uilm - non puo' non tenere conto di un contesto difficile che conosciamo bene. Ma l'importante e' che il potere d'acquisto venga recuperato nell'arco dei tre anni. Mentre le aziende del gruppo che vanno bene - aggiunge Panicali - devono subito trovare formule di redistribuzione degli utili''. ''Abbiamo preso atto della disponibilita' dell'azienda di proseguire la trattativa - dice Vincenzo Aragona della Fismic - Sono fiducioso, perche' credo in quello che ho firmato il 13 dicembre scorso''. ''Abbiamo presentato una piattaforma snella, onesta e lineare - osserva Antonio D'Antolfo segretario dei metalmeccanici Ugl - Le distanze sono dovute alla situazione congiunturale, ma abbiamo fiducia sulla possibilita' di chiudere la trattativa entro fine anno''.
 

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ordine 11.110
marchione sfascista

Disastro Marchionne

Europa: mercato auto KO. Fiat sempre peggio

di: WSI-TMNEWS Pubblicato il 16 ottobre 2012| Ora 08:39


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Le vendite sono crollate al ritmo peggiore in quasi due anni, e la crisi dei debiti sovrani ha messo in ginocchio la domanda anche in Germania. La quota di mercato del Lingotto è ormai misera: pari al 6%.

Crollo del mercato dell'auto in Europa nel mese di settembre. Italia -25,7%.


Roma - Ancora un crollo per il mercato dell'auto in Europa a settembre. Le immatricolazioni di nuove autovetture hanno segnato una flessione del 10,8% rispetto allo stesso mese del 2011, a 1.099.264 auto. Si tratta, spiega l'Acea, del dodicesimo calo consecutivo.

In nove mesi la diminuzione è stata del 7,6% per un totale di 9.368.327. Tra i paesi peggiori c'è l'Italia con una flessione a settembre scorso del 25,7%, preceduta solo dalla Spagna il cui calo è stato del 36,8%.

In calo anche la Germania con un -10,9% e la Francia con una flessione del 17,9%. Da gennaio a settembre le immatricolazioni sono cresciute in Gran Bretagna con un +4,3% mentre sono calate in Germania dell'1,8%, in Spagna dell'11%, in Francia del 13,8% e in Italia che sui nove mesi è la peggiore tra i grandi paesi europei con una flessione del 20,5%.

Prosegue il calo delle vendite di auto Fiat nell'Europa a 27, segnando a settembre -18,5%. I veicoli venduti sono stati 65.925 (sono stati 80.864 nello stesso mese dello scorso anno). Si restringe ulteriormente la quota di mercato al 6% (era al 6,5% nel 2011). Lo rileva l'Acea.
 

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