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tontolina

Forumer storico
Il combinato disposto dell'aumento dell'esposizione e del crollo della capitalizzazione pone seri problemi all'azionista di controllo. Il 37,57% di Fondiaria-Sai che Premafin aveva in bilancio il 31 dicembre 2009 a un valore di carico di poco superiore a 900 milioni di euro oggi vale, infatti, all'icirca 338 milioni. Non solo dunque i debiti, ma anche una minusvalenza latente di 562 milioni.

da Finanza&Potere - Ligresti, i debiti e oltre 550 milioni di minusvalenza in Premafin che potrebbe obbligarlo a una onerosa ricapitalizzazione
29 giugno 2010 - 16:39 Ligresti, i debiti e oltre 550 milioni di minusvalenza in Premafin che potrebbe obbligarlo a una onerosa ricapitalizzazione

I grandi gruppi italiani sono imperniati sulle catene di controllo. Prendiamo Salvatore Ligresti. Gli interessi del costruttore-finanziere di Paternò sono racchiusi nella Starlife. Attraverso questa scatola finanziaria Ligresti controlla il 100% di Sinergia, e tramite Sinergia e altre società non quotate controlla Premafin, che a cascata controlla Fondiaria-Sai. Con una quantità di capitale modesto, investito nella società che sta in cima alla catena di controllo, Ligresti riesce a nominare il consiglio d'amministrazione, i vari comitati interni e il collegio sindacale del secondo gruppo assicurativo nazionale, dopo Generali. Di Fondiaria-Sai, che ha una base azionaria molto ampia, Ligresti possiede una quota modesta di capitale, ma quanto basta per tenerla in pugno e determinarne le strategie.
Non è che sia una sua particolarità. Tutti i grandi imprenditori italiani, dagli Agnelli a De Benedetti a Tronchetti Provera, hanno strutture di controllo più o meno analoghe. Ligresti, però, adesso è alle prese con un indebitamento rilevante a tutti i livelli della catena e con una preoccupante discesa dei corsi azionari di Fondiaria-Sai, che oggi capitalizza un miliardo 225milioni di euro. La sua situazione è ben circostanziata in un due articoli che potete leggere di seguito al post, uno dell'ottimo Fabio Pavesi, che scrive per l'inserto "Plus" del "Sole-24 Ore", l'altro dell'econimista Alessandro Penati, che scrive per "Repubblica".
Il combinato disposto dell'aumento dell'esposizione e del crollo della capitalizzazione pone seri problemi all'azionista di controllo. Il 37,57% di Fondiaria-Sai che Premafin aveva in bilancio il 31 dicembre 2009 a un valore di carico di poco superiore a 900 milioni di euro oggi vale, infatti, all'icirca 338 milioni. Non solo dunque i debiti, ma anche una minusvalenza latente di 562 milioni.

Se la Consob obbligasse Ligresti ad adeguare il valore di carico di Fondiaria-Sai a quello di mercato, l'imprenditore siciliano dovrebbe ricapitalizzare tutte le società della catena di controllo esponendosi a un vero e proprio salasso finanziario. Ma siccome in questi casi la partecipazione è condiderata "strategica", cioè duratura, per la Consob l'obbligo della svalutazione viene meno.

La Commissione per le società e la Borsa è forte con i deboli e debole con i forti.

Non si fa scrupolo di infliggere 100mila euro di multa a Elio Lannutti per presunta manipolazione dei corsi azionari, in seguito a una dichiarazione del presidente dell'Adusbef e senatore di Italia dei Valori sull'esposizione in derivati di UniCredit (multa annullata qualche giorno fa dalla Corte d'appello di Perugia). Quando però ci sono di mezzo gli interessi dei grandi gruppi, diventa prudente, cavillosa, tentenna senza mai essere incisiva. Ligresti, dunque, almeno da questo lato, può dormire sonni tranquilli. Poco conta se negli ultimi tre anni FonSai ha dovuto farsi carico di una serie di operazioni in conflitto d'interesse come l'acquisto della catena alberghiera Ata-Hotels e come la costosa Opa su Immobiliare Lombarda. Ligresti ha venduto con una mano e comperato con l'altra, prelevando denaro dalla parte bassa della catena, che genera reddito, per portarlo nella parte alta, dove risiede il controllo.



E l'attività di "scarico" verso i piani bassi, scrive su "Repubblica" Giovanni Pons, "continua ancora oggi come dimostra la semplificazione realizzata nel complesso Porta Nuova Isola, dove il 43% in mano a Sinergia è passato al gruppo FonSai, già titolare dello stesso progetto di Porta Nuova-Garibaldi e Porta Nuova Varesine".[più che un assicurazione la Fonsai sta diventando una società immobiliare]
Vedremo come andrà a finire.



Nel 2001 fu la Mediobanca di Vincenzo Maranghi a intervenire ancora una volta a favore dell'ingegner Ligresti. La Montedison allora era sotto scalata da parte dell'Edf e bisognava metterne al sicuro la partecipazione in Fondiaria, che deteneva un pacco di azioni Mediobanca. Ligresti, che era in difficioltà finanziarie, si prestò al gioco. Il contratto di vendita fu sottoscritto in fretta e furia in un'afosa domenica di luglio. Ligresti si salvò e divenne più potente di prima. Oggi è di nuovo pieno di debiti. Ma qualcuno disposto a venirgli incontro, in un modo o nell'altro, lo troverà. Nel capitalismo senza capitali, in fondo, la politica del mutuo soccorso conviene a tutti. Specialmente quando è in gioco il destino di un gruppo al crocevia dell'alta finanza.



Ed ecco cosa scrive Fabio Pavesi sul Sole-24 Ore:
"Che le cose nell’immenso e variegato impero della famiglia Ligresti non andassero bene era risaputo da tempo. Il 2009 ha visto andare in scena i pessimi risultati di Fondiaria–Sai con una perdita di ben 343 milioni di euro. E non che la Milano Assicurazioni abbia dato soddisfazioni con un passivo di 140 milioni. Chi pensava che il 2009 fosse il solo annus horribilis per le società assicurative del gruppo si è ricreduto l’altro ieri con la pubblicazioni dei dati del primo trimestre".
"Fonsai ha lasciato sul campo altri 92 milioni di perdite contro i 21 milioni di utili del primo quarto del 2009. E la Milano Assicurazioni ha replicato, sempre in negativo, con un "rosso" di 25 milioni".
"Ovvio che un avvio d’anno così in salita fa temere per il futuro.

Ma perché le difficoltà dei due gruppi assicurativi del gruppo pongono seri problemi all’intero impero?

Semplice perché le cose che non funzionano a valle si riverberano immediatamente a monte della catena fino a salire in cima alla piramide.
Premafin, la controllante di Fonsai e Milano, ha già accusato il colpo l’anno scorso con una perdita consolidata di 134 milioni di euro. È ovvio che se i risultati delle controllate non miglioreranno sarà un altro brutto colpo per Premafin".
"Tra l’altro, fino a quando la holding di Ligresti potrà tenere a bilancio titoli Fonsai a un valore di 19,2 euro, quando in Borsa oggi il valore è solo di poco più di 9 euro? C’è il rischio assai concreto nel 2010 di dover iscrivere a bilancio delle pesanti svalutazioni.

Ma i guai non finiscono qui.

Ligresti è fortemente indebitato in cima alla catena di comando. La sua Sinergia, la scatola non quotata, non era messa bene già a fine del 2008".
"Solo i debiti verso il sistema bancario ammontavano a 470 milioni a fronte di un patrimonio di soli 105 milioni. Non è ancora disponibile il bilancio 2009 di Sinergia ma, visti i pessimi risultati delle società a valle, difficile pensare che la situazione sia migliorata.



E qui c’è il nodo dei problemi: se Fonsai necessitasse di nuovi capitali dopo le pesanti perdite, difficile che Ligresti possa farvi fronte da solo. Fonsai smentisce di averne bisogno. Ma se così non fosse, la famiglia si troverebbe davanti a un difficile crocevia".

Ecco adesso il pezzo di Penati "Bisogna salvare il soldato Ligresti", pubblicato da "Repubblica":

"Un titolo finanziario che, oggi, sia vicino ai valori minimi del marzo 2009, al culmine della crisi, è il chiaro indicatore di una società con problemi. E questo è l' andamento del titolo Fonsai. Dai massimi di tre anni fa, ha perso il 76%, anche includendo i dividendi pagati: non sono tempi facili per le assicurazioni europee, ma Fonsai è riuscita a fare il 56% peggio del settore. A fine marzo il titolo è stato declassato, con outlook negativo: le agenzie di rating hanno perso credibilità, ma ho la sensazione che i conti li sappiano ancora fare. La redditività delle assicurazioni nel ramo danni è molto ciclica: per esempio, quando c' è la crisi, si comprano meno automobili, meno costose, ma il numero di incidenti non diminuisce. Per Fonsai, nel primo trimestre, i danni pagati e le spese di gestione sono stati superiori ai premi incassati: a livello operativo, il ramo danni è in perdita. Per il ramo vita, il problema è garantire stabilmente una remunerazione competitiva alle polizze, con i tassi ai minimi storici, l' aumentata rischiosità del mercato azionario, e ora anche dei titoli di stato, e la fine dei titoli di credito strutturati (cartolarizzazioni, Cdo, eccetera). A questo si aggiunge la pressione delle autorità di regolamentazione per aumentare la patrimonializzazione, in linea con gli altri intermediari finanziari, al fine di ridurre la leva globale, e la prossima introduzione di nuovi criteri contabili più stringenti. Problemi comuni al settore. Aggravati, per Fonsai, da una gestione degli attivi e della struttura finanziaria più consona agli interessi del controllo di Ligresti che di quelli degli investitori. È con i soldi di Fonsai (cioè dei suoi assicurati) che Ligresti è attivo nel settore immobiliare: si vedano la costosa Opa su Immobiliare Lombarda, la partecipazione allo sviluppo delle grandi aree urbane a Milano (Citylife, Porta Nuova-Garibaldi, Porta Nuova-Isola), a Firenze (Area Castello e relative grane giudiziarie), a Roma in tandem con il gruppo Lamaro (Centro Est, progetto Alfiere). Progetti che richiedono grandi capitali, tempi lunghi e grandi rischi, e che mal si conciliano con l'attività assicurativa di una compagnia poco capitalizzata e molto più esposta della media alla variabilità del ramo danni. A volte Fonsai è partner negli investimenti con la holding di controllo (Premafin), come alle Varesine di Milano; a volta controparte, come per l'acquisto di Atahotels. L'utilizzo degli attivi di Fonsai per investimenti difficilmente razionalizzabili, se non in funzione degli interessi dell'azionista di controllo, si estende anche alle partecipazioni: Gemina (Aeroporti di Roma), Mediobanca, Pirelli, Rcs, Igli (Impregilo). In portafoglio, c' è pure quasi il 7% della controllante Premafin, e l'11% di azioni proprie (in carico a 22 euro rispetto agli 8 di mercato). In bilancio ci sono così 5 miliardi di investimenti (su 36 totali) non valorizzati ai prezzi di mercato (3 in immobili e 2 in società collegate e controllate, titoli tenuti a scadenza e riclassificati come crediti) che fanno storcere il naso a qualche investitore: nessuna sorpresa che oggi Fonsai capitalizzi 1,2 miliardi, appena il 45% del suo patrimonio netto. Il management ha annunciato una riorganizzazione che potrebbe portare alla dismissione della Liguria-Sasa. Ma prima di pensare a cedere attività assicurative, il risanamento imporrebbe un aumento di capitale, per mettere in sicurezza la struttura finanziaria e creare valore riacquistando la quota sul mercato della controllata Milano Assicurazioni. L' ho già scritto nel marzo 2009: ma da allora Fonsai, invece di raccogliere nuovi capitali, ha distribuito 190 milioni di dividendi; e il titolo ha perso un altro 37% rispetto al settore. Ma questo aumento non s'ha da fare. Premafin (e le holding al piano di sopra) sono troppo indebitate per sottoscriverlo; e Ligresti rischierebbe di non comandare più, uscendo dai giochi che contano. Impossibile: bisogna salvare il soldato Ligresti".
Per il momento ci fermiamo qua. Ma non mancheranno le occasioni per riparlarne.
 

tontolina

Forumer storico
molto deboli i risultati del 1° semestre 2010 di finmeccanica


però i veri problemi sono altri
molto legati alle abitudini di certe caste legate alla politica corrotta italiana


da http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/articolo-17683.htm
FINMECCANICA, fine guargua – IL COMMERCIALISTA di lorenzo cola svela i REGALI DA MIGLIAIA DI EURO FATTi A GUARGUAGLIONE E CONSORTE: “12 ROLEX E UNA BORSA DA 5.000 EURO PER FESTEGGIARE UNA AcQUISIZIONE” – DIGINT: SPIEGATO IL PASSAGGIO DEI SOLDI DA SINGAPORE ALLA SVIZZERA - mokbel e i fondi neri...


Cristiana Mangani per "il Messaggero"
Cinque ore di interrogatorio per Marco Iannilli, il commercialista dell'ex consulente di Finmeccanica Lorenzo Cola.

Il terzo dal giorno dell'arresto, dopo lo scandalo Fastweb e Telecom Italia Sparkle, e il secondo nel giro di pochi giorni.

Dopo l'ex senatore Nicola Di Girolamo, che dal carcere ha cominciato a collaborare con la giustizia offrendo grossi spunti di indagine, anche Iannilli è diventato personaggio fondamentale per la procura della Capitale.


E così ieri ha raccontato ai magistrati di regali da migliaia di euro che Lorenzo Cola avrebbe fatto al presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini e alla moglie. Dodici orologi Rolex nel Natale del 2008 che sarebbero stati consegnati a Guarguaglini e ad altri dirigenti del colosso per festeggiare l'acquisizione della società Usa DRS Technologies, specializzata nella realizzazione di supporti militari.
L'esito di quella operazione fece incassare al consulente una buona fetta di denaro. Il commercialista ha parlato anche di una borsa di Hermes del valore di cinquemila euro regalata nella stessa occasione a Marina Grossi, moglie del presidente del colosso mondiale per gli armamenti.


I magistrati gli contestano il reato di intestazione fittizia di beni.



Al centro dell'atto istruttorio di ieri, c'è stato anche il percorso di circa otto milioni di euro legati alla vicenda Digint, società alle cui quote di acquisizione era interessato l'imprenditore Gennaro Mokbel. Per gli inquirenti una parte consistente di quella somma, destinata all'operazione finanziaria, avrebbe preso la strada dei paradisi fiscali con l'obiettivo della creazione di fondi neri.
Un flusso di denaro che sarebbe transitato tra Singapore e Hong Kong per fluire in Svizzera e Lussemburgo.



Iannilli avrebbe fornito pochi particolari su questa vicenda, anche se ha spiegato che porterà altra documentazione e bonifici bancari nella prossima audizione in programma ad agosto.
Il commercialista, che si trova agli arresti domiciliari ed è difeso dagli avvocati Fabio Lattanzi e Piergiorgio Manca, è il nuovo teste chiave dell'inchiesta stralcio che ha coinvolto Finmeccanica. Gli inquirenti, infatti, ritengono che sia lui a coinvolgere Gennaro Mokbel nell'affare Digint, a presentarlo a Lorenzo Cola, e questo, a sua volta, ai vertici della società di armamenti.

Iannilli ha anche consegnato ai pm gli estratti conto di alcune operazioni spiegando le singole voci sia in entrata che in uscita.


E ora i magistrati dovranno effettuare dei riscontri anche alla luce della recente trasferta in Svizzera dove sono stati individuati i soldi riconducibili a Cola grazie alle indicazioni di Corrado Prandi, altro uomo di fiducia dell'ex consulente di Finmeccanica.
Era stato, infatti, lo stesso manager arrestato a parlare a Capaldo, durante l'interrogatorio di garanzia, di dieci milioni di euro che si trovavano nella sua disponibilità in Svizzera ed erano gestiti dall'ex dipendente di Ernst&Young, Marco Prandi. Parte dei soldi, ha precisato Cola, provenivano da bonifici di Finmeccanica.
 

tontolina

Forumer storico
e ligrsti dà una sistematina ad un'altra controllata:IMCO

insomma tutto fa brodo...
o meglio tutto serve per scaricare i debiti di famiglia


Conti Swiss Life e ristrutturazione debito holding spingono FonSai


Di Francesca Gerosa


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Fondiaria Sai in cima al Ftse Mib grazie alla ristrutturazione del debito della holding della famiglia Ligresti e ai conti superiori alle attese della svizzera Swiss Life (+5,39% a Zurigo). L'accordo per il rifinanziamento dei debiti della galassia Ligresti si è concluso con la ristrutturazione di Sinergia, società su cui gravavano a fine 2009 339 milioni di euro di debiti e che detiene direttamente e indirettamente (attraverso Immobiliare Costruzioni) il 20% circa di Premafin, a sua volta azionista con il 47,07% di FonSai.

L'operazione si concentra sulla vendita da parte di Sinergia della Società Agricola Tenuta Cesarina per 76 milioni alla controllata ImCo (Immobiliare Costruzioni), che a sua volta raccoglierà nuovi finanziamenti per massimi 150 milioni, di cui 130 milioni erogati da un pool di banche capitanate da Unicredit.

"La notizia è sicuramente positiva perché allevia ogni possibile timore relativo a vendite infragruppo, esterne all'attività principale delle società assicurative quotate", commentano stamani gli analisti di Intermonte. "Confermiamo comunque il giudizio neutrale su Fondiaria Sai con un prezzo obiettivo a 9 euro e sempre il giudizio neutrale con un target a 2 euro su Milano Assicurazioni".
Al momento le due azioni segnano a piazza Affari rispettivamente un +1,76% a 8,11 euro e un +0,07% a 1,41 euro, mentre Premafin sale dello 0,45% a 0,8925 euro.

Per quanto riguarda invece Swiss Life, il gruppo svizzero ha quasi raddoppiato l'utile nel primo semestre, grazie ai buoni risultati della controllata tedesca Awd e al taglio dei costi, anche se i bassi tassi di interesse hanno compresso i margini.
Il profitto netto del numero uno svizzero delle assicurazioni vita si è attestato a 269 milioni di franchi (258 milioni di dollari), dai 139 milioni del primo semestre 2009. Inoltre, la raccolta premi è cresciuta del 20% nel semestre, a 12,2 miliardi di franchi, oltre le previsioni degli analisti, sostenuta dal miglioramento del contesto economico che ha favorito un ritorno della clientela sulle polizze vita, soprattutto in Francia e Germania.
La controllata Awd, gruppo tedesco di consulenti finanziari indipendenti acquisito nel 2008 per 1,2 miliardi di euro, è tornata in utile con un profitto operativo di 20,4 milioni di euro, in linea col target di 40-50 milioni per l'intero 2010. "Nonostante ci troviamo di fronte grosse sfide, dovute a un contesto fatto di bassi tassi e concorrenza più serrata, siamo fiduciosi di poter centrare i nostri obiettivi per il 2010", ha affermato l'Ad di Swiss Life, Bruno Pfister, aggiungendo che l'azienda è sulla buona strada anche per il raggiungimento dei target di redditività fissati per il 2012.
 

tontolina

Forumer storico
da L’imprenditore della “cricca” l’ultima ancora per i conti in rosso di Salvatore Ligresti | Il Fatto Quotidiano

L’imprenditore della “cricca” l’ultima ancora per i conti in rosso di Salvatore Ligresti
Riccardo Fusi, amico del coordinatore Pdl Denis Verdini, indagato nell'inchiesta fiorentina, si accolla gli alberghi del costruttore siciliano i cui conti sempre di più segnano un saldo negativo
Aiuto, mi si sono ristretti gli alberghi, si lamenta Salvatore Ligresti alle prese con i guai grossi della sua catena Atahotels. Perdite, debiti, clienti in calo anche per colpa della recessione.
E allora che si fa?
Per salvare il salvabile Ligresti si allea con Riccardo Fusi. Proprio lui, uno dei protagonisti della cricca degli appalti, il grande amico e sodale del coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini, lo stesso Fusi che è indagato nell’inchiesta giudiziaria fiorentina sugli appalti per la caserma dei marescialli.
A dire il vero anche Ligresti a Firenze non se la passa granché bene. I magistrati lo vogliono mandare a processo per corruzione nella vicenda delle concessioni edilizie per l’area Castello. Una storiaccia che ha travolto anche gli ex assessori del capoluogo toscano Gianni Biagi e Graziano Cioni.

Poco male. In attesa di risolvere i loro problemi sul fronte penale, Ligresti e Fusi progettano le nozze.
In sostanza Atahotels dovrebbe presto fondersi con Una, la catena alberghiera, tra le più importanti in Italia, di proprietà della famiglia Fusi.
Il progetto, di cui si parlava da tempo negli ambienti finanziari, è stato confermato con un’intervista a un quotidiano economico da Ernesto Albanese, l’amministratore delegato della società di Ligresti.
“Potrebbe essere una buona operazione”, si sbilancia (ma neppure troppo) Albanese nell’intervista spiegando che le due catene sono complementari per “distribuzione geografica” e “mercati di riferimento”.
Sarà.
Ma le affinità elettive tra i promessi sposi non si fermano qui.
E per scoprirlo basta sfogliare i bilanci delle due società.
Ormai da un paio di anni Atahotels naviga a vista, costretta di volta in volta ad aggiornare (al ribasso) i piani di rilancio.
Ma anche la società di Fusi, giusto l’anno scorso, è stata costretta a chiedere aiuto alle banche per evitare il naufragio.

Gli ultimi dati ufficiali disponibili segnalano che nel 2008 Una è andata in perdita per 23 milioni su 55 milioni di ricavi. L’accordo con gli istituti di credito, tra cui Popolare di Milano, Monte dei Paschi e Intesa ha dato un po’ di respiro alla catena alberghiera.
Giusto il tempo di guardarsi attorno e mettere in cantiere il rilancio.
Impresa difficile, anche perché la recessione globale continua ad avere un impatto pesantissimo sul business degli hotel.
Come se non bastasse la famiglia Fusi, azionista anche dell’impresa di costruzioni Baldassini Tognozzi Pontello è stata investita in pieno dalla tempesta giudiziaria delle inchieste sulla cricca. Ad aprile Riccardo Fusi è stato tra l’altro costretto a dare le dimissioni dalla presidenza di Una.

E così le nozze con Atahotels finiscono per assomigliare tanto a un’ultima spiaggia, un tentativo estremo di salvataggio studiato e sponsorizzato dalle banche creditrici.

E Ligresti? In mancanza di meglio, almeno per il momento, il costruttore di Paternò non può fare a meno di presentarsi al tavolo delle trattative.
Il suo gruppo Premafin, che ha come principale attività la compagnia di assicurazioni Fondiaria, l’anno scorso ha perso oltre 400 milioni di euro. Ed entrambe le società, sia Premafin sia Fondiaria, sono ormai da mesi in ribasso costante in Borsa.
D’altra parte Ligresti è una pedina fondamentale negli equilibri dell’alta finanza nazionale, a cominciare dal Corriere della sera e Mediobanca. E questa sua posizione certo aiuta a raccogliere consensi e appoggi tra le grandi banche creditrici, in prima fila Unicredit.
Atahotels però resta una spina nel fianco, una zavorra che costa ogni anno perdite per decine di milioni. Nei primi sei mesi del 2010 il conto economico si è chiuso con un passivo di 18 milioni. All’orizzonte c’è l’alleanza con Fusi, ma in attesa che l’operazione vada in porto Ligresti è già corso ai ripari.
A modo suo.
E così, l’anno scorso, ha ceduto la compagnia di gestione alberghiera alla Fondiaria quotata in Borsa. Una parte delle perdite di Atahotels è stata così scaricata sui piccoli azionisti della compagnia di assicurazioni. Saranno loro a pagare il conto. In attesa, chissà quando, dell’arrivo Fusi, il salvatore con i bilanci in profondo rosso.

di Vittorio Malagutti

da Il Fatto Quotidiano del 5 settembre 2010
 

tontolina

Forumer storico
Lasiatelo in pace poverello se nn ruba a voi polli come fa' insieme a massimo a mantenere quel po po' di giocatori e il mitco mourigno

pagato 16mln di euro lordi all anno ...........

Siamo tutti finocchi ...col culo degli altri....
Caso Telecom: fatta la festa, gabbatu lu santu?

Giuseppe Rombolà Martedì 28 Settembre 2010 23:39


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E' un paese ben strano il nostro. Si sollevano polveroni, si consumano fiumi d'inchiostro, si monopolizzano i TG, si descrive una vicenda quasi fosse l'Apocalisse in Terra e dopo pochi giorni tutto è dimenticato, sparito, cancellato, prendendo a prestito un detto popolare: “fatta la festa gabbatu lu santu”. È quanto è successo anche con l'affare Telecom: tante prime pagine, tante parole e poi quando si arriva ad un primo importante pronunciamento del Tribunale di Milano, tutto tace, come se sulla vicenda un'entità superiore avesse ordinato il silenzio stampa. Eppure la sentenza del Giudice Panasiti del 28 maggio scorso ha messo dei paletti fondamentali per comprendere l'intera vicenda Telecom.
La Panasiti era chiamata, tra l'altro, a chiarire se gli spioni avessero agito per interesse personale o nell'interesse di Telecom-Pirelli. E la sentenza, dopo aver analizzato alcuni dei dossier più importanti realizzati dagli spioni (tra cui il dossier Ladroni), afferma che senza ombra di dubbio non si poteva parlare di cani sciolti che agivano per proprio conto: non vi è quindi appropriazione indebita a danno delle aziende. Si legge nella sentenza a pag.192:
….pare univocamente evidenziato che le operazioni complessivamente realizzate in concorso tra i funzionari della security (TAVAROLI,GHIONI, IEZZI) e i titolari delle agenzie investigative (CIPRIANI, BERNARDINI, SPINELLI), lungi dal poter essere riportate ad iniziative esclusive ed autonome dei detti imputati, realizzate, secondo l’ipotesi accusatoria formulata, da una “security impazzita” al fine di “drenare” risorse dalle due società TELECOM e PIRELLI, siano state in realtà eseguite sulla scorta di un interesse aziendale alla esecuzione delle operazioni, talora di un interesse pressoché esclusivo del PRESIDENTE delle due società, in ogni caso nell’ambito di una gestione dei compiti e dei ruoli della security pienamente conosciuta, ma anche condivisa a livello aziendale sia a livello di vertici della azienda, sia a livello dei vari funzionari e quadri".
Quindi nessun dubbio vi è sul fatto che gli spioni agissero su ordine e nell'interesse aziendale, o dei vertici aziendali. E non trova riscontro quanto affermato dalle difese di Pirelli e Telecom, che l'organizzazione operava in autonomia sotto la guida del Tavaroli. Scrive a riguardo la Panasiti a pag.193:
"Ma qualora si volesse sostenere, come pure è stato sostenuto da taluni dirigenti delle due società, che il vero artefice di tutte le operazioni sia stato Giuliano TAVAROLI, che si era dato un ruolo che esulava dalle mansioni previste, ed in tali ambiti aveva ritenuto di individuare, in via assolutamente autonoma ed autoreferenziale, esigenze delle due aziende, che personalmente ed altrettanto autonomamente aveva ritenuto di perseguire con le attività che hanno costituito l’oggetto di contestazioni nel procedimento, in tal modo finendo con l’interpretare autonomamente ed in via esclusiva possibili esigenze delle due aziende e personali del PRESIDENTE, non può non osservarsi come tutta una serie copiosa di indicazioni acquisite al fascicolo processuale, depongano in senso radicalmente diverso".
Ma un'altra circostanza è alquanto singolare in tutta la vicenda: l'appiattimento della Procura sulle tesi delle difese Telecom e Pirelli. Circostanza che è stata segnalata dallo stesso giudice Panasiti quando a pagina 194 scrive:
"La tesi sostenuta dai Pubblici Ministeri, dai legali delle due aziende e dal Presidente delle due aziende, è che le indicazioni di tal fatta sono da ricondurre esclusivamente ad una strategia difensiva degli imputati, volta a minimizzare loro esclusive responsabilità. Un tale assunto si è già visto stridere vistosamente con la stessa logica: appare difficilmente sostenibile, invero, la esecuzione di una complessa e capillare attività di accertamento, di acquisizione di informazioni, di intrusione informatica quale quella posta in essere in nome e per conto delle società PIRELLI e TELECOM, tutta realizzata per operazioni alla più apparente evidenza poste in essere nell’interesse delle società medesime o del suo Presidente, senza che le aziende medesime ed i loro dirigenti se ne rendessero mai conto negli anni".
In conseguenza di tale impostazione accusatoria la Procura di Milano non ha inizialmente ritenuto di inquisire i vertici aziendali. Il presidente Telecom, Tronchetti Provera, è stato infatti sentito solo in qualità di testimone. Solo dopo la pronuncia del giudice Panasiti il Corriere della Sera ha riportato che il presidente e l'amministratore delegato di Telecom, rispettivamente Tronchetti Provera e Buora, erano stati iscritti nel registro degli indagati da almeno sei mesi.
L'impostazione iniziale della Procura era sembrata ai più alquanto strana, ed anche il giudice Panasiti aveva sottolineato questa impostazione della Procura; sempre a pag.194 della sentenza infatti scrive:
"Si tenga presente, tra l’altro, che le illecite operazioni investigate nel procedimento iniziarono in PIRELLI e trasmigrarono in TELECOM con riferimenti temporali che coincidono con i nuovi assetti dei vertici aziendali: più chiaramente le attività di investigazioni e la stessa attività di collaborazione del CIPRIANI e della sua agenzia investigativa italiana, la Polis d’Istinto, iniziarono in PIRELLI fin dal lontano 1996/1997, allorquando ai vertici della società sedevano Carlo BUORA, in funzione di Amministratore delegato, e Marco TRONCHETTI PROVERA, in funzione di Presidente. Dopo di che, allorquando il gruppo TELECOM passò al medesimo azionariato e Carlo BUORA e Marco TRONCHETTI PROVERA assunsero anche in TELECOM la veste rispettivamente di AD e di Presidente, la attività del CIPRIANI, e successivamente del BERNARDINI (e di altre agenzie di investigazioni, i cui dirigenti non sono stati comunque raggiunti da contestazione) passarono ( sarebbe più opportuno dire“trasmigrarono”) anche in TELECOM".
La sentenza afferma quindi in modo perentorio che gli spioni non agivano per proprio conto ed interesse.
Tale decisione è stata contestata in modo alquanto irrituale dall'avvocato difensore di Pirelli, prof. Rampioni, il quale in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera il 29 giugno 2010 ribadisce la teoria difensiva di assoluta estraneità all'attività di dossieraggio da parte dei vertici aziendali. La risposta a tale tesi non tarda ad arrivare: sempre sul Corriere della Sera il 2 luglio viene pubblicata una lettera degli avvocati della parte civile Mucchetti.
Gli avvocati Pulitanò e Zanchetti rispondono al prof. Rampioni, sostenendo che la sentenza è ben fondata e ribadiscono che “il cuore della sentenza è che le indagini illegali sono state compiute su mandato e nell' interesse di Pirelli e Telecom, entrambe guidate all'epoca da Marco Tronchetti Provera e da Carlo Buora". I due avvocati non risparmiano critiche, molto dure in verità, ai pm Milanesi, scrivono infatti: “Non è questa la sede per approfondire i fatti del 2004, …....., per quanto le indagini dei Pm Civardi e Piacente siano parse lente e superficiali.
Ed infine scrivono, non senza ironia: "L'ipotesi di un Tavaroli capo supremo della nuova Spectre ha l'attendibilità degli asini che volano".
La sentenza della Panasiti è solo un primo passo verso l'accertamento della verità, e la lotta tra le parti processuali si va via via inasprendo, tuttavia un primo punto essenziale è stato segnato: all'interno di Telecom non vi era una struttura che operava clandestinamente e per proprio interesse.
Del resto tutti i dossier, così come scritto dalla Panasiti, sono stati realizzati nell'interesse delle aziende o dei vertici aziendali. E tra i tanti dossier realizzati dagli spioni vi è il famoso dossier Ladroni. Esso consiste in accertamenti molto approfonditi nei confronti dell'ex arbitro De Santis, realizzati alla fine del 2002. Tavaroli ha riferito in aula durante il suo interrogatorio di aver incontrato Moratti e Facchetti presso gli uffici della Saras e di aver appreso da Facchetti che un arbitro (sappiamo trattarsi di Danilo Nucini, che al riguardo ha deposto al processo Calciopoli di Napoli, ndr) gli aveva riferito di un sistema Moggi per condizionare le partite di calcio, sistema di cui l'arbitro De Santis era un elemento fondante.
Fabio Ghioni, uno degli imputati, in merito al dossier Ladroni riferisce (pag.129):
Tutte le aziende alle quali era interessato, come azionariato, il signor Tronchetti, nel senso che aveva una partecipazione, le consideravamo aziende di Gruppo; tra queste consideravamo anche l’Inter un’azienda di Gruppo”. Ne conseguiva che anche l’Inter, in quanto azienda del Gruppo, veniva tutelata e gestita, esattamente,come se fosse Telecom Italia...
Cipriani riferisce poi che tutte le operazioni svolte per conto dell'Inter per ragioni di opportunità, come ebbe a spiegargli lo stesso Tavaroli, non dovevano essere fatturate dalla Polis d'Istinto direttamente alla società nerazzurra. Il Cipriani riferisce che tramite la società inglese WCS emise fattura consegnata direttamente a Tavaroli. Dice infatti Cipriani (pag.131):
...perché nelle intenzioni dell’INTER così come segnalatomi da TAVAROLI era opportuno che l’investigazione non risultasse o comunque fosse difficilmente individuabile".
S'è accertato quindi che il dossier Ladroni è stato commissionato dall'Inter, che è stata realizzata una operazione di controllo a 360° sull'ex arbitro De Santis e che l'Inter veniva considerata una società del Gruppo Telecom da tutelare come ogni altra società del Gruppo. Si aggiunga infine che Tronchetti e Buora erano al contempo al vertice di Telecom e nel CDA dell'Inter. Ma tralasciamo gli aspetti giudiziari e passiamo agli aspetti sportivi.
In un precedente articolo avevamo chiarito come la Procura sportiva avesse aperto un'indagine in seguito alle insistenti notizie di stampa, e come poi senza colpo ferire avesse archiviato il fascicolo perché a dire di Palazzi non vi erano fattispecie di rilievo disciplinare.
Dopo la lettura delle motivazioni della sentenza Telecom scritte dal giudice Panasiti, ci sembra sempre più singolare l'operato del procuratore Palazzi in merito al dossier Ladroni. E' appurato che i vertici dell'Inter hanno commissionato un'opera di spionaggio ai danni di De Santis, ovvero dei tesserati FIGC hanno fatto spiare un arbitro in attività.
Tale circostanza non costituisce illecito secondo Palazzi.
Ma ormai non ci sorprendiamo più, quando c'è di mezzo l'Inter le decisioni di Palazzi sono quasi sempre in dissonanza con le sentenze della giustizia ordinaria.
Ma questo continua ad essere tollerabile in uno stato di diritto?
Fino a quando la giustizia sportiva può continuare ad ignorare le sentenze della giustizia ordinaria, senza temere alcuna conseguenza?
PS. E' proprio di questi giorni la notizia della richiesta di danni che l'ex arbitro De Santis ha presentato nei confronti dei mandanti dell'attività di spionaggio a suo danno, Moratti in primis, ma per carità non fatelo sapere a Palazzi, potrebbe aversene a male.
 

tontolina

Forumer storico
la trasmissione REPORT di ieri non è stata tenera con le assicurazioni di ligrsti

anche se non ha approfondito significativamente sul solo titolo

ma solo sull'ISVAP che dovrebbe risolvere diversi problemi
ma i dirigenti percepiscono solo 500mila euro all'anno di stipendio;
insomma le poltrone in italia spettano solo ai politicastri non eletti
e si pagano pure bene
tanto paga pantalone
 

tontolina

Forumer storico
ieri REPORT su RAI3
ha messo in evidenza il giochino
PACINI BATTAGLIA- GUARGUAGLINI (moglie inclusa)




che dire
sanno molto bene come arricchirsi


ma quel che più mi ha schifato
sono i nostri politicastri: LA RUSSA IN TESTA A TUTTI

solo TRE giorni dopo il terremoto dell'Abruzzo si seppe che per la ricostruzione ci volevano 13 miliardi... e i noistri ministri Berluschini che hanno fatto?
hanno approvato una spesa militare a favore di Finmeccanica (ergo... varie tangenti che poi ritornano nelle loro tasche per vie oscure) di ben 15 miliardi


e ancora oggi la gente in Abruzzo vive tra le macerie




ma pensate forse che la suonata di tangenti sia finita?
NO! Quando MAI!
sempre a derubarci stanno affacendati!
è proprio di questi giorni la decisione del consiglio del ministri capeggiati da LA RUSSA, ha approvato una spesa militare di 1 miliardo per dotare di armi efficienti gli elicotteri del costo di 15 miliardi sopra citato,
mentre i SOLDI per il VENETO NON CI SONO
e servirebbe solo 1 miliardo....


CLASSE POLITICA CORROTTA E DISONESTA!
 

tontolina

Forumer storico
ieri Report su RAI 3
ha spegato bene il giochetto
studiato dal duo: PaciniBattaglia + Guarguaglini

che serviva ad eludere l'IVA da verare
ed aumentare il fatturato per far sì che gli obiettivi del management fossero raggiunti e percepire alti premi autocertificati



una duplice fregatura
1-come cirradini italinai
2- come azionisti! ------ QUANDO L'AZIONE DI RESPONSABILITà?
 
Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

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